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Folklore calabrese
La licantropìa
Fra tutti i popoli, contrariamente a quanto affermano oggi gli etologi,
l'immagine del lupo è stata sempre quella di una bestia feroce e aggressiva. Di
questa triste fama approfittavano gli adulti per farci stare buoni e conciliarci
il sonno durante la nostra infanzia. L'idea che il lupo dovesse guidare le anime
dei defunti nell'Oltretomba si perde nella notte dei tempi. Essendo infatti più
abile e più forte dell'uomo, l'animale rivestiva un ruolo totemico e nei rituali
sciamanici veniva imitato per propiziarsi lo spirito.
"Lykaion", territorio del lupo, era invece ad Atene il bosco sacro attorno al
tempio di Apollo dove il filosofo Aristotele teneva le sue lezioni, tanto che
il termine "liceo" ha significato un luogo di sapere.
La "licantropìa" (dal greco "lykos", lupo e "ànthropos", uomo) è un disturbo
mentale delirante di tipo somatico per cui i malati, solitamente isterici, si
credono trasformati in belve.
Nelle leggende del nostro continente l'anomalia si collegava al mito del "lupo
mannaro" e i soggetti colpiti vagavano di notte, urlando come detti animali. Si
poteva divenire lupi mannari per una maledizione scagliata da una persona
timorata di Dio in seguito ad un cattivo comportamento di un individuo, per
stregoneria, per infezione licantropica o vampirica, per un patto col demonio o
per altri diversi motivi.
La luna piena, che ha sempre esercitato una forte azione nella fervida fantasia
dei romanzieri ed in quella popolare, col suo fàscino singolare conduceva
l'individuo alla violenza. La metamorfosi animalesca, il nostro satellite, i
luoghi di sepoltura avvicinavano sempre più la mentalità degli avi a quella
delle culture primitive. L'influsso negativo è stato anche descritto da noti
moralisti, nonché storici greci e latini come Plutarco e Plinio il Vecchio.
Gli studiosi hanno riscontrato un'incidenza di crimini durante il plenilunio,
molto più elevata rispetto agli altri periodi.
Essendo il corpo composto per circa due terzi di acqua, la luna determina
l'incremento delle "onde di marea umana".
Ai poteri malefici e magici del satellite si collega la licantropìa, già nota in
Babilonia dove il re in persona, Nabucodonosor, si riteneva d'essere un lupo.
Anche presso i Romani, Gaio Petronio Arbitro nel "Satyricon" racconta di
Nicerote che persuade un suo ospite ad accompagnarlo nel viaggio:
"Si trattava di un soldato coraggioso come un leone. Ci avviammo al canto del
gallo: splendeva la luna che pareva giorno. Ma, arrivati a certe tombe, il mio
uomo si nasconde a fare i suoi bisogni tra le pietre, mentre io continuo a
camminare canticchiando e mi metto a contarle. Mi volto e che ti vedo? Il mio
compagno si spogliava e buttava le vesti sul ciglio della strada. Mi sentii
venir meno il respiro e cominciai a sudar freddo. Senonché quello si mette a
inzuppare di orina le vesti e divenne d'improvviso un lupo".
Numerosi episodi del genere vengono riportati da noti scrittori e da studiosi.
Nel romanzo postumo dello spagnolo Miguel de Cervantes, "Persiles y Sigismunda",
che nella dedica al conte di Lemos del 19 aprile 1916 reca la frase:
"Con il piede già nella staffa, nell'angoscia della morte...", s'incontrano
isole di lupi mannari e di streghe che si mutano in lupe onde allevare la prole.
Per secoli i "lupi mannari" e le "versiere" (donne malvagie e scarmigliate)
costituirono il terrore delle foreste, poichè si riteneva che vi fosse nei
medesimi l'influsso demoniaco.
Il diavolo poteva trasformare in lupi famelici ogni stregone.
Lo attestano Strabone, Dionisio Afro, Varrone e tanti altri.
Scrive Virgilio nelle "Egloghe":
"His ego saepe lupum fieri et se condere silvis
Moerim, saepe animas imis excire sepulchris
atque satas alio vidi traducere messis".
("L'ho visto spesso trasformarsi in lupo e nascondersi nel bosco di Moerim, far
uscire spesso le anime da profondi sepolcri e trasportare messi ben piantate
altrove").
L'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, figlio di Carlo IV, che conosciamo per
aver costretto l'antipapa Giovanni XIII a convocare il Concilio di Costanza,
fece discutere in sua presenza il problema dei lupi mannari. Fu stabilito che la
trasformazione di questi animali costituiva un fatto positivo e qualunque
scroccone poteva spacciarsi per una versiera onde mettere in fuga la gente.
Si riteneva che gli stregoni portassero, fra carne e pelle, pelo di lupo.
Al dire di Fincel, un giorno si prese al laccio un lupo mannaro che correva per
le vie di Padova. Gli furono amputate le zampe e subito la bestia riprese le
sembianze umane, ma con braccia e piedi tagliati.
Si legge ancora nel "Dizionario infernale":
"L'anno 1588, in un villaggio distante due leghe da Apchon, nelle montagne
d'Alvernia, un gentiluomo, trovandosi verso sera alla finestra, vide un
cacciatore di sua conoscenza e lo pregò di recargli la cacciagione. Il
cacciatore glielo promise, ed essendosi avanzato nella pianura, videsi un grosso
lupo che gli veniva incontro. Egli prese la mira e gli vibrò un colpo che andò
fallito. Il lupo gli si scagliò addosso e lo assalì vivamente. Ma l'altro
difendendosi, gli tagliò una zampa col suo coltello da caccia, e il lupo
storpiato si mise in fuga, né si lasciò più vedere. Siccome avvicinavasi la
notte, il cacciatore giunse alla casa del suo amico, il quale gli domandò se
aveva fatta buona caccia. Egli trasse la zampa che aveva tagliata al preteso
lupo: ma fu meravigliatissimo di vedere quella zampa convertita in mano di
donna, e ad un dito stava un anello d'oro, che il gentiluomo conobbe appartenere
a sua moglie. Egli andò tosto a trovarla, e la vide seduta presso il fuoco che
nascondeva il braccio destro sotto il grembiule. Siccome ricusava di farlo
vedere, egli le mostrò la mano che il cacciatore aveva recata, e l'infelice così
scoperta, confessò che ella lo aveva assalito in forma di lupo mannaro. Il
marito sdegnato la pose in mano alla giustizia che la fece dare alle fiamme".
Un episodio riguardante la "licantropa di Nicastro", è stato pubblicato nel 1883
a Londra nella guida turistica: "Cities of Southern Italy and Sicily".
Il Conte di Masano, appassionato di caccia, aveva sposato la bella figlia del
Barone di Arena. Possedendo costui una vasta riserva, per tenere lontani i
bracconieri la faceva controllare dai suoi fidati guardiani.
Uno di questi ultimi, tornando dal padrone, raccontò che un compagno durante la
notte era stato aggredito da un branco di lupi e che per difendersi aveva
ingaggiato un'aspra lotta. Il malcapitato, col coltello, era riuscito ad
amputare una zampa ad uno di quei feroci animali. Ma quale non fu la sua
sorpresa allorquando, nell'estrarre dal tascapane la zampa, la vide trasformata
in una mano di donna che dall'anello il Conte riconobbe essere quella della sua
consorte? Effettivamente, chiamata, la signora aveva un braccio fasciato; tolte
le bende apparve il moncherino sanguinante. Per punizione la nobile donna, prima
fu rinchiusa nel castello e poi venne condannata a morte.
Nei racconti, chiaramente, si lavorava molto di fantasia.
Pure nella nostra società agricola pastorale del passato s'immaginava che nelle
notti di plenilunio il lupo mannaro ("marcalupu", "lupu minàriu" o
"lupupampinu") andasse in giro urlando e depredando, alla ricerca di sorgenti
d'acqua per sbrodolarsi. I peli diventavano ispidi, le unghie gli si allungavano
e poteva sbranare chiunque incontrasse, compresi amici e familiari.
A S. Martino di Taurianova si consigliava di pungere con una canna appuntita,
da un posto sicuro - possibilmente dall'alto, il licantropo che, alla prima
perdita di sangue, faceva ritorno alla dimensione umana.
In altre località della Piana di Gioia Tauro, il lupo mannaro, appena uscito di
casa, custodiva gli abiti in un posto segreto per scorrazzare nei campi e alla
periferia del paese. Prima dell'alba, poi, riprendeva i vestiti e raspava alla
sua porta, ma soltanto al terzo tentativo i familiari potevano aprirgli. Anzi,
in qualche
abitazione si praticava un foro nell'uscio per essere certi dell'avvenuta
trasformazione del proprio congiunto da lupo a uomo.
Il segno di croce incuteva paura al licantropo che evitava, perciò, di
attraversare ogni quadrivio. Lo stesso motivo induceva i nostri antenati a
tracciare a Natale con dei carboni accesi, per tre notti consecutive, una croce
sotto la pianta dei piedi dei piccoli affinché venisse loro scongiurato da
grandi l'eventuale grave disturbo.
Per fortuna, col diffondersi dei mezzi di comunicazione, il lupo mannaro ha
trovato il suo nuovo ruolo soltanto nei film di fantascienza e non turba più il
sonno di tante creature innocenti.
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