CRITICA  LOCALE

LA  LETTERA  DI  RALPH  NADER

( nostra esclusiva la versione italiana )

[16 luglio 2010]

Se il Mississipi fa la sanità come l’Iran …..

di Ralph Nader

Un articolo sul numero in edicola di AARP Bulletin ha portato i lettori a domandarsi “Ma cos’è questo?”.Il titolo era “Iranian Cure for the Delta’s Blues” e proseguiva con “il Mississippi guarda al sistema sanitario iraniano”, “Quel modello ha migliorato notevolmente la salute”; “potrà funzionare a Baptist Town?” I media hanno dipinto l’Iran come un paese arretrato del terzo mondo, con 72 milioni di abitanti che hanno davvero poco da insegnarci.

Il presidente Bush e Obama promuovono una visione dell’Iran molto limitata guardando ad esso esclusivamente dal punto di vista militare. Gli iraniani soffrono di una mancanza di libertà d’espressione e di continue violazioni dei diritti umani.

Diffidate degli stereotipi che ci fanno credere che un popolo non possa avere aspetti funzionali della loro vita e, in questo caso, ha un’esperienza rilevante e profonda utile per Baptist Town – una comunità trascurata e impoverita dall’affare del paga - o - muori del sistema sanitario americano.

Ci sono troppe malattie trascurate e prevenibili in quella città, come ci sono in tutto il delta del Mississippi – il luogo di nascita del Blues – e in numerose zone di povertà nella “land of the free, home of the brave”.

Come scrive Joel K. Bourne Jr, uno scrittore del bollettino: “Questa area soffre di gravi drammi sanitari, con uno dei più alti tassi di diabete, obesità, ipertensione e mortalità infantile della nazione”.

Molti milioni di dollari spesi riflettono il modello medico mal collocato, impersonale, senza prevenzione e dispendioso che abbiamo conosciuto nel decennio passato e hanno fatto troppo poco per la popolazione del Delta.

E’ accaduto che un anziano pediatra di 77 anni, Aaron Shirley che 40 anni fa aiutò ad avviare la tutela sanitaria nella zona del delta e che era disperato per i cambiamenti necessari, si è imbattuto in un nativo iraniano, il dottor Mohammad Shahbazi, presidente del Department of Behavioral and Environmental Health della Jackson State University.

L’ Iran ha un sistema sanitario moderno, lodato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), che il dottor Shahbazi credeva fosse utile adottare.

La sua semplicità è la sua genialità.

E’ centrato sulla prevenzione, sulla diagnosi e sulla corretta suddivisione delle varie malattie su tre livelli.

A livello base sono le “health houses” stabilite e presidiate da gente locale addestrata, detta “behvarzes”, che fornisce servizi sanitari di base fino ad un massimo di 1500 persone.

Così ci sono 17 000 case della salute con un numero doppio di behvarzes - metà donne e metà uomini - che raggiungono il 90% della popolazione rurale. Questi presidi sanitari si diffondono ora nelle periferie delle città.

Il centro sanitario regionale supervisiona i Bhevarzes e le health houses.

Il centro sanitario regionale inoltre si occupa degli ammalati che non possono essere ricevuti dalle “health houses”. Tra di loro, circa l’80% dei casi viene curato.

Per le malattie più gravi o i traumi ci sono gli ospedali più grandi.

Gli iraniani possono andare a qualsiasi livello che preferiscono. Il governo iraniano ritiene il sistema delle “health houses” un modello politico che fornisce un’assicurazione sanitaria non costosa per chiunque, secondo il Bulletin.

Negli ultimi trenta anni, questo programma rivoluzionario ha ridotto la mortalità infantile nelle aree rurali del 90 per cento e diminuito fortemente molte altre malattie e infezioni grazie all’attenzione preventiva di queste “health houses” le quali sono gestite dai membri delle loro comunità.

Si è verificato uno scambio di personale medico da e per l’Iran e il Mississippi, per poter capire come adattare tale contesto alla differente cultura del Profondo Sud, dove la maggior parte delle persone non può sostenere le spese per l’assicurazione medica. Un paese povero, con il PIL del Connecticut, fa quello che la nazione più ricca del mondo non fa: organizzarsi per mettere da parte l’avidità aziendale e riformare la sanità.

Attualmente, oltre 46 milioni di americani non hanno una copertura sanitaria e 45.000 di essi muoiono ogni anno di conseguenza (vedi pnhp.org/excessdeaths/health-insurance-and-mortality-in-US-adults.pdf).

E’ vero, il Delta non ha i mullah per fronteggiare le assicurazioni mediche private.

Ma i suoi medici pubblici assediati sicuramente sanno che quel sistema medico di base ha funzionato in tutti i posti del mondo in cui è stato sperimentato (Costarica, Cile, Cuba, Brasile e, da quando è divenuta capitalista, la Cina).

Entrando in azione, il Dottor Shirley e i suoi colleghi, che possiedono già molte cliniche a Jackson, hanno chiesto 20 milioni di dollari al U.S. Department of Health and Human Services per finanziare il programma di costruzione di 10 “health houses” pilota in Louisiana, Arkansas e Mississippi.

Senza aspettare troppo, sta ristrutturando le baracche di Baptist Town in un centro primario gratuito per diagnosi e vaccinazioni per la gente del posto.

J. Miller, un consulente medico che lavora con il Dr. Shirley, ha detto a Joel Bourne che “la cura preventiva della gente che sta per ammalarsi messa al primo posto e la cura post operatoria faranno risparmiare miliardi di riammissioni. Sarebbe una vera risposta alle sofferenze del sistema sanitario americano. Ma dimenticando i soldi, che dire della sofferenza umana? Che dire del valore di restituire alla società uomini sani e produttivi? Va cambiato il modo di pensare. Se guardate alla disparità sanitarie per le minoranze negli USA, siamo da considerare come i paesi sottosviluppati per il modo in cui trattiamo i nostri cittadini”.

Con l’eccezione, apparentemente, dell’Iran.

Certamente, il concetto dietro le “health houses” e del sistema a tre livelli è noto da molti anni a tutti i professionisti medici ed alle compagnie assicurative degli Stati Uniti da molti anni.

Il problema è che tale sistema è visto come una minaccia per le intransigenti società mediche, avide di grandi profitti, alle quali non importa dei poveri innocenti che per avere una copertura sanitaria si fanno reclutare per combattere le guerre criminali di Bush e di Obama.

Quelli che servono nelle forze armate ottengono piena copertura sanitaria. Tale ironia deve farci vergognare e poi agire!

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Tradotto da Franco Allegri il 19/11/2010

[July 16 2010]

(senza titolo)

By Ralph Nader

An article in the current issue of the AARP Bulletin is likely to get a “What’s this?” reaction from many of its millions of readers. It is titled “Iranian Cure for the Delta’s Blues,” with the eye-opening subtitles: “Mississippi Looks to Iran’s health care system” “That model has improved health dramatically”; “Will it travel well to Baptist Town?” The media has painted Iran as a backward third world country of 72 million people, who have little to teach us.

Presidents Bush and Obama further a narrow view of Iran by looking at it through a military lens. Iranians do suffer from a lack of freedom of expression and widespread human rights abuses.

But, beware of stereotypes of an entire people as being unable to have functional aspects of their life and, in this case, deeply relevant experiences for Baptist Town, Mississippi—an impoverished community neglected by the rapacious pay-or-die business of health care.

There is much unattended and preventable illness in that town as there is throughout the Mississippi Delta – birthplace of the Blues – and other large poverty pockets in the “land of the free, home of the brave.”

As Bulletin author Joel K. Bourne Jr. writes: The area “now suffers a host of health woes, with some of the highest rates of diabetes, obesity, hypertension and infant mortality in the nation.”

Many millions of dollars, reflecting the mis-located, impersonal, after the illness, wasteful medical model we’ve come to know over the last decade, have done too little for the Delta’s population.

It just so happened that a 77 year old pediatrician, Aaron Shirley, who 40 years ago helped start public health care in the Delta, and was despairing of any changes occurring, bumped into a native of Iran, Dr. Mohammad Shahbazi, chair of the Department of Behavioral and Environmental Health at Jackson State University.

Iran has an innovative primary health care system, praised by the World Health Organization (WHO), that Dr. Shahbazi believed was worth visiting.

Its simplicity is its genius.

Its focus on prevention, diagnosis and proper referral for various illnesses goes through three tiers.

At the ground level, first stop “health houses” were established and staffed by trained villagers called “bhevarzes” who provide basic health services for up to 1500 people.

So far there are 17,000 health houses with twice the number of behvarzes - half male and half female - who reach 90 percent of the rural population. These health outposts are now setting up in urban neighborhoods.

Regional health center staff supervise the bhevarzes, and health houses.

A regional health center also receives the patients that cannot be helped by the “health houses.” Between them, about 80 percent of the cases are treated.

For the more serious illnesses or traumas, there are the larger hospitals.

Iranians can go to any level they choose. The Iranian government got this “health house” system underway as part of a policy, according to the Bulletin, that provides inexpensive health insurance for everyone.

Over the past thirty years, this top-down-bottom-up program has reduced infant mortality in rural areas by 90 percent and sharply reduced other illnesses and infections by the preventive attention of these “health houses,” operated by people in their communities.

There has been an exchange of medical personnel back and forth between Iran and Mississippi to learn about how to adapt this framework to the different culture of the Deep South, where most people can’t afford any health insurance at all. A poor country, with a GDP the size of Connecticut, can do what the richest country in the world cannot do to organize itself to take on corporate greed and get it done.

Presently, over 46 million Americans have no health insurance and 45,000 of them die every year as a result (see pnhp.org/excessdeaths/health-insurance-and-mortality-in-US-adults.pdf).

True, the Delta doesn’t have the Mullahs to face down the Aetnas.

But its beleaguered public health physicians surely know that similar primary care models work anywhere they have been tried in the world—Costa Rica, Chile, Cuba, Brazil and, until it mutated into crypto-capitalism, China.

Swinging into action, Dr. Shirley and his colleagues, who already have a large community clinic in Jackson, are applying for a $20 million grant from the U.S. Department of Health and Human Services to fund 10 health house pilot programs in Louisiana, Arkansas and Mississippi.

Without waiting, he is renovating a Baptist Town shack into a primary care clinic for free screenings and immunizations by trained people living in their town.

James Miller, a health consultant working with Dr. Shirley, told Joel Bourne that “preventive care keeps people from getting sick in the first place and postoperative care will save billions in readmissions. This really could be an answer for what ails the U.S. health care system. But forget about the dollars, what about the human suffering? The value of taking a healthy, productive human being out of society? We’ve got to change the way we think. If you look at the health disparities for minorities in the U.S. we look like some undeveloped countries in how we treat our citizens.”

Except, apparently for Iran.

Certainly, the concept behind “health houses” and a three-tier system has been known by many health care practitioners and policymakers in the U.S. for many years.

The problem is that such a system is seen as a threat to intransigent corporatized medicine lusting for ever greater profits, no matter the cost to penniless innocents from an economic class recruited to fight the criminal wars of Bush and Obama.

Those who serve in the armed forces get full health coverage. The ironies should shame us into action!

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SOMMARIO DELLE ULTIME LETTERE:

158 - Libri da leggere in USA (e non solo)

157 - Martellare il povero e il vulnerabile

156 - 36 Domande per la Kagan, candidata alla corte Suprema

155 - La nuda insicurezza (sui rischi dei controlli negli aeroporti e il diritto al controllo alternativo)

154 - Teatro dell'assurdo a Washington (su sanità, Deepwater e guerra in Afganistan)

153 - Per la riscossa del giornalismo in USA

152 - Nader e la tragedia del Deepwater Horizon

151 -  OTA: lo svuotò Gingrich e la devolution (sul caso Deepwater Horizon)

150 - Non c'è tempo per la difesa del consumatore  (sulla riforma finanziaria di Obama - quinto articolo)

149 - Nell'Interesse pubblico - Cominciamo a conoscere Elena Kagan

148 - Il sostegno di Nader alla FCA (sulla riforma finanziaria di Obama - quarto articolo)

147 - La ricchezza per la giustizia (estendibile alla riforma finanziaria di Obama - terzo articolo)

146 - Rafforzate la gente! (sulla riforma finanziaria di Obama - secondo articolo)

145 - Nessun interesse per il risparmio (sulla riforma finanziaria di Obama - primo articolo)

144 - Lo stato miserabile della sicurezza in miniera

143 - Gli infortuni nei laboratori di genetica

142 - La decadenza USA e la forza delle lobbies*

141 - Idee contro la riforma sanitaria di Obama*

140 - Il vecchio film dell'ostruzionismo

139 - All'ombra del potere del Distretto di Columbia

138 - Impero, Oligarchia e Democrazia (sulla crisi Greca e sulla guerra in Afganistan, ma non solo)

 

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