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LO SCANDALO E IL SUO TEMPO

Una definizione di un comportamento che pervade la nostra esistenza, divenuto parte integrante del nostro vivere quotidiano è assai difficile. Mi riferisco al termine scandalo per cercarne un significato etimologico. La sua origine è greca e letteralmente significa laccio, insidia, occasione di peccato. Non vi è dubbio quindi che una parola conosciuta migliaia di anni or sono sia la diretta conseguenza di una pratica diffusa fin dalla notte dei tempi. Oggi mi pare di poter affermare che allo scandalo diamo più il significato dell’effetto che esso produce più che dell’azione in se stessa. Gli scandali affiorano e il mondo intero si meraviglia. Saremo poi tutti indotti a tentare di comportarci allo stesso modo?
L’evangelista Matteo ci sorprende, più corretto sarebbe dire ci scandalizza quando, sulla insinuazione degli esattori che Gesù non avrebbe pagato la tassa dovuta per il tempio come tutti gli ebrei dopo il compimento del ventesimo anno di età, questi avrebbe chiesto a Pietro: ”chi deve pagare le tasse, il figlio del re o i sudditi?” concludendo che i figli del re ne erano esenti. Non era un tentativo di disobbedienza fiscale ma esenzione per vincolo di …sangue. Lo straordinario libro dei Vangeli, al quale il riferimento è d’obbligo, ha sempre una risposta ai grandi interrogativi, e, a qualsiasi titolo se ne voglia discutere, una cosa è certa e cioè che quelle scritture sono di grande attualità per essere il fondamento di una religione, religione che oggi vorremmo adattare alle esigenze di ciascuno. Ebbene, per non scandalizzare il popolo, Gesù ordina a Pietro di recarsi al mare, gettare l’amo e pigliare il primo pesce. Nella sua bocca si troverà il denaro sufficiente per pagare la quota di Gesù e anche quella di Pietro. E qui è meglio tagliare corto perché siamo già sconfinati in zona miracolo. Come risolvere il problema degli scandali è impresa assai ardua e anche quello del calcio, che ci sta attraversando in piena tenzone mondiale ci sta confermando che il binomio ambizione-denaro è la causa di ogni male. Purtroppo c’è sempre qualcuno disposto a comprare ed un altro a vendere e così questa inesorabile legge di mercato finisce per trasformare gli uomini in mercanti. Anche i giochi della Grecia classica non erano esenti da imbrogli e vanità. Le gare che si svolgevano ad Olimpia, alla presenza di migliaia di spettatori, dovevano essere l’omaggio a Zeus che avrebbe, dal canto suo, favorito il miglior atleta. Le cronache raccontano che nel 388 A.C. il pugile Eupolus avesse offerto dei doni a ben tre avversari perché questi andassero al tappeto prima della conclusione della gara: è questo il primo scandalo che la storia ricordi nel mondo dello sport. Nell’antica Roma avvenne poi che, attraverso la corruzione dei giudici, Nerone avesse fatto introdurre anche la poesia tra gli sport olimpici e, nemmeno a dirlo, conquistasse l’alloro. La vittoria procurava l’esaltazione del concorrente mentre la sconfitta ne decretava la maledizione. Di questi forti contrappunti ha avuto sempre bisogno l’umanità e dello scandalo ha bisogno ai nostri giorni per stupirsi, per avere emozioni, per inorridire. Se esecrabili sono i comportamenti nel tentativo di corrompere il corso del destino, resta da vedere se è già nato colui che riuscirà a porre fine a questo stato di cose. Dimenticavo di dirvi che il mio dizionario tra i sinonimi di scandalo include il mal esempio e la pubblicità. Chi mai potrà salvarci?

Tiziano Biasi - giugno 2006