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SPIGOLATURE D’AUTUNNO

Non che io abbia la pretesa di avere uno stuolo di lettori, ma, per i più fedeli, quelli che leggono volentieri di tutto, credo di dover spiegare perché ho cominciato a scrivere questi brevi racconti che tendono a ricordare una cultura popolare trascurata, spigolature che vanno riaffiorando. Vecchie leggende o semplicemente modi dire e di fare dei nostri nonni devono avere il loro giusto spazio. Il rischio, nella società dei “media”, è quello di correre sempre più in fretta avvalendoci di sofisticate tecnologie e di finire col perdere la memoria, quella che racconta di noi, delle nostre origini, del perché viviamo così il nostro presente, con i cellulari, i computers, la rete.La bicicletta dello "spigolatore"
Vorrei parlarvi dello spigolare, un’usanza che risale a tempi lontani quando esistevano carestia, povertà, fame ed i proprietari terrieri (i "paroni dei campi") consentivano ai propri salariati di spigolare dopo la raccolta. Quei tempi sono anche i nostri tempi perché nel mondo ci sono carestie, povertà e fame. Sono lontane da noi solo perché risulta facile ignorarle ma all’occhio attento sono fuori dalla nostra porta di casa.
Il mio luogo di osservazione è Crocetta del Montello ma ciò vale solo ad identificare meglio chi scrive, perché la scena si potrebbe rappresentare in qualsiasi paese del Trevigiano. Qualche giorno fa, percorrendo una strada lungo il canale Brentella sono stato testimone di un episodio che mi ha ricordato il termine spigolare.
Abbandonato il motociclo lungo una leggera scarpata che dava in un campo di granoturco, dove restavano peraltro solo le stoppie, un anziano signore gironzolava tra un solco e l’altro, raccogliendo di quando in quando qualche pannocchia e riponendola in una busta di plastica. Avete capito bene una busta di plastica, un contenitore che segna la storia di una civiltà. Il vecchio cesto è appeso nelle taverne dove abbiamo relegato con finta nostalgia il passato.
L’atmosfera era proprio di quelle autunnali, una luce biancastra senza sole rendeva pallida ogni cosa dintorno ed il vecchio si stagliava come un’ombra scura quasi irriconoscibile nel volto. La spigolatura consisteva nel ripulire i campi da quello che rimaneva dopo la mietitura del grano o della raccolta di altri prodotti. Allora qualche spiga sfuggiva alla raccolta manuale, mentre oggi quello che rimane sul campo dopo il passaggio dei mezzi meccanici è lo “sfrido” già conteggiato nel costo del raccolto. Una prima considerazione alla vista di questo vecchio che va spigolando potrebbe indurci a pensare ad una concessione ancestrale (res nullìus) o forse ad una forma di accaparramento non lontana dalla taccagneria. Con quattro pannocchie il vecchio potrebbe mantenere gratis due polli ruspanti da propinare al genero che viene a passare il fine settimana nella casa di campagna che domani sarà sua.
Lungo il campo, i platani alti ed assonnati, potrebbero sussurrare…quel vecchio non è uno dei nostri. Ma non c’è vento in questa mattinata d’autunno e il loro bisbiglio non arriva al mio orecchio.
D’un tratto il mio pensiero è andato ad un personaggio ben più noto che in altri tempi ed in altra stagione, piena di sole, se ne andava…
“Me ne andavo un mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.”

Si tratta della “Spigolatrice di Sapri” immortalata dai versi di Luigi Mercantini, forse rimossa dai programmi scolastici per effetto di revisioni cicliche che un giorno ci porteranno via anche Dante. Certamente non è più tempo di idealizzare azioni militari avvolte nel romanticismo anche se storia e poeti raccontano così il nascere dell’Italia Unita. La triste fine del bel Capitano Pisacane, massacrato con i suoi “trecento giovani e forti” nel tentativo di far insorgere il Sud, troverà un risvolto più fortunato, qualche anno dopo, nell’impresa del Generale Garibaldi.
Non finiremo di stupirci quando la critica più attenta ci farà notare che la “Spigolatrice” non fosse una bella contadina che andava raccogliendo spighe di grano ma una giovane intenta a pescare spigole…a noi più note come branzini.
La delusione di questa singolare conclusione mi riporta al vecchio spigolatore nella grigia mattina d’autunno, e vedo in lui lo straniero, colui che ha abbandonato la sua patria seguendo il miraggio del mercato globale. Involontariamente egli è l’interprete di una storia millenaria che si ripete, anch’essa sempre più velocemente, l’emigrazione.
Tutto quello che avviene oggi è già stato scritto.
“Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete il campo fino ai margini, non raccoglierete ciò che resta da spigolare; lo lascerete per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, il vostro Dio” (Levitico 23,22).
Ognuno di noi sa che cos’è l’emigrazione, ma il benessere ha allontanato dalle nostre menti il pensiero che un giorno ci saremmo potuti confrontare col fenomeno inverso. Già, ci dovevano pensare i politici. E noi?
Doman l'é festa, se magna la minestra, se beve 'n goto de vin.Viva viva San Martin.
Anche queste sono spigolature.
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Tiziano Biasi - ottobre 2003