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ENDIMIONE CON LA BERTA

Percorrendo la statale Feltrina da Treviso verso nord, ci si allontana progressivamente dalla campagna piatta e talvolta nebbiosa ma di un fascino indicibile, sempre che riusciamo a guardare al di là delle costruzioni che costeggiano la strada: capannoni, centri commerciali, industrie e case senza soluzione di continuità, tanto che la nostra bella Marca diventa un grande ed unico agglomerato urbano. Nonostante tutto ciò, ad un tratto si delinea all’orizzonte un profilo di monti quasi sempre di un colore bluastro salvo che l’atmosfera non sia resa pura e tersa da un temporale di stagione. Si possono osservare, in alcuni tratti, tutte le cime dal massiccio del Grappa fino al Col Visentin. Per la sua imponenza e la diretta vicinanza posiamo lo sguardo sull’Endimione; la sua forma arrotondata ci dà l’idea di un panettone ma, non conoscendo questo prodotto, gli antichi chiamarono questa montagna Endimione. Il nome deriva da un pastore dell’Asia Minore, condannato da Giove a dormire per sempre, avendolo sorpreso in teneri atteggiamenti con Giunone. Ci sono altre versioni di questa leggenda, e tutte richiamano storie d’amore verso questo pastore e tutte concludono con il sonno perenne di questo giovane, un sonno che lo fa divenire immortale. Si dice che Selene (Luna), innamorata del giovane, entrasse di notte nella grotta dove dormiva e rimanesse per ore ad osservarlo. Tanto le bastava e mentre la Luna spariva dal cielo i naviganti dovevano affidarsi alle stelle per raggiungere la loro mèta. Poi fu la volta di Diana, dea cacciatrice, famosa per la sua riluttanza all’amore, che avrebbe concepito con il bel pastore la bellezza di cinquanta figlie. Evidentemente non si limitava a sfiorarne le labbra.
Ebbene la montagna che ci troviamo davanti …dorme per sempre come il giovane che essa rappresenta.
La leggenda di Endimione ispirò molti artisti ma il fascino discreto della montagna che porta il suo nome fece presa particolare su Antonio Canova. Le sculture mitologiche del Canova non sono il risultato di committenze ma sono l’espressione di una sua libera visione dell’arte. Nei suoi rientri a Possagno dal soggiorno romano egli non poteva non guardarsi attorno e chiedersi perché un monte avesse tale nome. Non era difficile neppure incontrare qualche gregge ed immaginare il sonno notturno del pastore alle pendici del Monfenera. Il giovane condannato a dormire senza invecchiare, divenne scultura col nome di Endimione ed è senz’altro opera di rara bellezza. Se qualcuno ha presente il modello della Gipsoteca di Possagno o, meglio ancora il marmo che si trova in Inghilterra, sarà incuriosito dal cane che giace a fianco del pastore, “senza museruola”, rappresentazione singolare di devozione al padrone. Le orecchie, dritte nella vigile veglia, rapportate alla realtà della natura, sembrano i cipressi di Mercato Vecchio, l’antica Montebelluna, che lasciamo a sinistra della statale avendo già abbandonato sulla destra il colle del Montello e puntando direttamente sulla valle feltrina.
D’incanto rimaniamo anche all’apparire della Berta, la nuvola bianca che esce dal canale di Feltre e si adagia sull’Endimione. E’ il segno che è in atto un calo di pressione che porterà acqua sui nostri paesi.
“La Berta sul canal, piova sensa fal” così ripetevano i vecchi delle nostre contrade quando le previsioni del tempo non erano affidate alla televisione. Ma qual è l’origine di questa Berta? La sua presenza sotto le sembianze di un manto candido ci farebbe immaginare la giovane di Ciano, sfuggita alle insidie di qualche uomo molesto, e colà rifugiatasi per intervento divino con l’impegno di filare un manto per riscaldare il bimbo di Betlemme ad ogni Natale.L'Endimione con la sua nuvola Berta
Della Berta si narra ancora: un’anziana donna che altro non sapeva che filare incontrò Nerone e gli disse “…che tu possa vivere per mille anni …” Forse la vecchia era uscita di senno con la sua affermazione, conoscendo le voci che giravano circa la crudeltà dell’imperatore di Roma. In realtà, convocata a palazzo, il giorno dopo, su richiesta dell’imperatore stesso, confermava quanto detto il giorno prima aggiungendo “…dopo uno cattivo, ne arriva uno di peggiore”. L’arguta risposta impressionò Nerone a tal punto da dimostrare che anch’egli avesse un cuore. Chiamato il suo luogotenente decretò che fosse assegnato alla vecchia filatrice un pezzo di terra misurato in lunghezza e larghezza in base al filo che fosse riuscita a filare durante la notte. L’esperta signora divenne ricca.
Altre donne si sarebbero rivolte all’imperatore per ottenere un pezzo di terra e Nerone avrebbe risposto “…non è più il tempo che Berta filava”.
L’anziana Berta, dopo la morte, avrebbe scelto come dimora la Valle di Feltre per riscaldare Endimione con i suoi indumenti di lana tessuti durante la lunga stagione invernale e noi continuiamo a vederla in quella suggestiva nuvola bianca.
Ci fu un tempo in cui tante filande si insediarono nelle nostre zone. La prima industrializzazione mirava a risolvere la necessità più impellente dopo il cibo, il vestire.
Berta divenne quindi, a pieno titolo, titolare di una storia che le mamme, filandiere e non, raccontavano ai bimbi per farli addormentare.
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Tiziano Biasi - ottobre 2003