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VERSO ORIENTE

Una corsa verso occidente, in una limpida giornata d’inverno ci porta alle soglie di Milano. E’ il 6 gennaio, l’ultima e conclusiva festa di un ciclo annuale che si ripete sempre più velocemente da quando sono passati gli anni in cui si aspettava trepidanti l’arrivo della befana. Mentre mi faccio attraversare da questi pensieri sorrido nel guardare i due amici che stanno in auto con me. Dei magi, proprio quelli che venivano da oriente, non abbiamo le sembianze e la nostra mèta è l’abitazione di un professore tibetano che ha scelto di vivere in Italia da quando il Tibet è stato invaso dai Cinesi. Non si parla mai abbastanza di questi eventi e di quei popoli. La voce che risponde al citofono, in perfetto italiano, indica di salire al primo piano. Da uno sguardo rapido ai nominativi dei campanelli mi riesce difficile ammettere che siamo a Cologno Monzese. Lui attende all’ingresso e ci stringe le mani in un cordiale saluto. Un tenue odore d’incenso pervade quel piccolo angolo d’oriente e, mentre la conversazione si attiva ci troviamo di fronte una tazza di the dal sapore intenso. Il professore è un religioso buddista e racconta del suo impegno volto alla costruzione di una scuola “laica” nel suo lontano Tibet. “La scuola deve stare al passo con i tempi. Spesso, esaurita l’esperienza religiosa, i giovani si trovano senza lavoro e la sola pratica ascetica non può sopperire alle mutate esigenze di un mondo che non ha più confini”. E’ convinto di quello che dice e glielo si legge nello sguardo penetrante. Lui siede in un angolo, scalzo. Accanto a lui manuali di preghiera, ai muri immagini del Buddha e foto del Dalai Lama, sugli scaffali libri tibetani e non. All’angolo opposto un albero di Natale. Ci sentiamo a nostro agio fra queste pareti anche quando il discorso si focalizza sullo scopo della nostra visita: la traduzione letterale e poetica dei canti d’amore del VI Dalai Lama che le cronache ufficiali dicono morto nel 1706 dopo una vita tormentata e dissoluta. La curiosità certamente, ma non solo questa, ci spinge verso il pensiero orientale. Vi contribuisce il disagio di un occidente che prova ad andare a ritroso, verso la fonte dell’illuminazione. E’ da quella parte che arrivano le gemme della saggezza ricordandoci che, indipendentemente da cultura, filosofia e religione, tutti siamo fatti di carne, ossa e sangue e, ciò che più importa, abbiamo gli stessi sentimenti, desideri, speranze, ambizioni. Tutti cerchiamo di evitare la sofferenza e conseguire la felicità.
Sulla strada del ritorno non possiamo fare a meno di considerare che le sfide della contemporaneità non danno tregua. Forse un po’ di sollievo ci viene dalla poesia che nasce, ad oriente come ad occidente, al chiaro di una sola luna.

Tiziano Biasi - gennaio 2006