Quarta Beatitudine
Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.
Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio.
(Gv 4,34).
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Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati
Gesù, ci porta ai gradini più alti delle Beatitudini e, secondo le parole del profeta «Beato l'uomo che ha in te la sua forza e nel cuore le ascensioni» (Sal 83,6), ha disposto i sentieri dell'ascesa nel nostro cuore.
Qual è la giustizia che riguarda tutti, il cui desiderio si offre a tutti quelli che hanno lo sguardo rivolto alla mensa evangelica? Che tu sia ricco o povero, nobile di nascita o meno, nessuna condizione né aggiunge né toglie nulla al discorso della giustizia.
È necessario applicare un oculato discernimento delle molte e varie cose che si offrono al nostro possesso, su cui si accanisce il desiderio della natura umana; in tal modo riusciremo a distinguere, ciò che nutre da ciò che nuoce, affinché quello che sembra essere assimilato dall'anima come cibo, non procuri morte e rovina anziché vita. Gesù condivise con noi tutto, fuorché il peccato, e fu partecipe con noi di tutte le sofferenze; non giudicò la fame un peccato, né si rifiutò di fare esperienza di quel bene: accolse l'istinto della natura che tende al nutrimento e non si negò le occasioni di condividere qualche pasto con amici, familiari e discepoli.
Gesù digiunò per quaranta giorni, poi ebbe fame; il demone, quando si accorse che i morsi della fame erano riusciti a infiltrarsi anche in Lui, decise di eccitare l'istinto proponendo: «Comanda che queste pietre diventino pane» (Mt 4,3). Il demone ripete ancora oggi, a chi è messo alla prova dal proprio desiderio, di ricavare il pane dalle pietre. Si nutre di pietre chi ha posto il pane nell'avidità, chi si è procurato e ha accumulato beni con le ingiustizie, chi si abbandona a mense ben più ricche rispetto alla reale necessità di vita. Che cos'è la fame? È il desiderio di ciò di cui si ha bisogno e, quando la necessità del nutrimento scompare, ciò che rimane è un di più che non ha ragione di essere soddisfatto.
Se porti dell'oro alla bocca, anziché del pane, sazierà forse il tuo bisogno? Chi cerca materie non commestibili in luogo del cibo, non fa altro che nutrirsi di pietre. La natura si esprime esclusivamente con la sensazione della fame: quando il corpo ha bisogno di "carburante", richiede cibo. Ma tu ascolti la natura e dai al corpo ciò che cerca o, forse, ti preoccupi che la tua tavola si appesantisca di oro e di argento? In tal modo dai ascolto al tentatore che ti sobilla a bramare la "pietra", ossia ad appagare desideri smodati, esibizioni turpi, spettacoli sensuali, tutto ciò che ti porta alla "sequela dei vizi", alimentando il cibo della dissolutezza. Chi distrugge le tentazioni, non bandisce dalla natura la fame, come se fosse la causa dei mali, ma lascia che la natura si gestisca entro i propri limiti.
Gesù dice ai discepoli, dopo l'incontro con la samaritana al pozzo, alla quale chiede di placare la sua sete: «Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio» (Gv 4,34). La volontà del Padre vuole che tutti gli uomini siano salvati e che giungano alla conoscenza della verità. Se Lui desidera che noi siamo salvati, se il Suo cibo è la nostra vita e se da noi desidera essere dissetato, ora noi conosciamo quale uso fare di questa disposizione dell'anima. Dobbiamo avere fame e avere sete della volontà divina, che è la nostra salvezza. Chi ha questa fame e questa sete si attira la grazia divina.
Il Logos, riportando che la giustizia è offerta a chi ha fame, indica attraverso questa forma di virtù anche tutte quelle che da essa derivano, cosicché sia stimato ugualmente beato chi ha fame di prudenza, di coraggio, di temperanza e di qualsiasi altra azione che possa essere definita virtù. D'altronde, se tutte le virtù non fossero animate da un profondo senso di giustizia, sarebbe impossibile definirle tali e sostenere che siano bene. Non si potrebbe dire, infatti, che la giustizia è stolta o temeraria o licenziosa o figlia di qualsiasi altro vizio. Se la giustizia esclude tutto ciò che è cattivo, essa senza dubbio comprende in sé ogni bene. Bene è, poi, tutto ciò che è secondo virtù. Con il nome di giustizia è indicata dunque ogni virtù; chi ha fame e sete di essa è chiamato beato da Gesù, che promette la pienezza di quanto desiderato. Il possesso della virtù, non è misurato dal tempo né limitato dalla sazietà, esso offre sempre a chi vive secondo virtù, un'acquisizione e un'esperienza dei beni che gli sono propri. Gesù promette la pienezza a chi ha fame di questi beni, una pienezza che non svigorisce con la sazietà, ma anzi alimenta costantemente il desiderio di tale sazietà.
Di che cosa confessa di aver sete Davide, offrendo a Dio questa sofferenza dell'anima, quando dice in un salmo: «L'anima mia ha sete di Dio, il forte, il vivente; quando andrò e rivedrò il volto di Dio?» (Sal 42,3). Davide, sicuramente introdotto dalla potenza dello Spirito a comprendere la magnificenza della dottrina divina, predice a se stesso la pienezza di quest'appetito: «Ma, io, per la tua bontà vedrò il tuo volto, mi sazierò, al destarmi, del tuo aspetto»
(Sal 17,15)
Anche Paolo, che aveva gustato dei frutti ineffabili del paradiso, confessa, di essere stato riempito dall'oggetto del suo desiderio, quando afferma: «Non sono già più io che vivo, ma Cristo che vive in me» (Gal 2,20) e, dimenticando ciò che ha vissuto, tribolato o conquistato nel passato, si protende sempre in avanti, come un insaziabile affamato, dicendo: «Corro verso la meta, per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,13); corre non perché ha già ottenuto tutto o si considera perfetto, ma perché sente l'insaziabile necessità di conquistare la pienezza della comprensione divina.
Beati dunque coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati; una fame e una sete di giustizia che si avranno solo in questa vita terrena, mentre la loro sazietà si realizzerà in un altro luogo, dove non esiste peccato (si tratta di quella sazietà di giustizia che si incontra negli angeli santi e nei santi). Noi che siamo affamati e assetati della giustizia, dobbiamo continuamente ripetere a Dio: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,10). Per questo Gesù, dopo aver acclamato che per raggiungere la Beatitudine occorre avere fame e sete nella giustizia, afferma: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete» (Gv 6,35). La giustizia è l'uomo che è sfamato e dissetato dalla presenza di Dio. La giustizia è arrivare a capire dove sta veramente la presenza di Dio.
Gesù, quando ha fame e, dopo trenta giorni di digiuno, viene tentano dal demone che lo pungola a trasformare le pietre in pane, prende lo spunto per asserire di che cosa deve aver fame l'uomo: «non solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4), ossia della giustizia divina, perché giusto è solamente Dio. E tu, che aspiri a salire ancora più in alto verso la vetta del Regno promesso, devi desiderare di vivere solo secondo la parola di Dio, tenendo sempre insaziata la tua fame e sete di giustizia.