L' Alternato 7

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e per trovarli si opererà come precedentemente fatto e cioè mettendo alla Base i suoni sovrapposti (rivelati):

DO - LA - FA d. - MI b già fatta nel formare il «GRUPPO A».

Lo «Spettro prismatico dei suoni» è così completato.

Vi è da rilevare che noi possiamo avere, partendo con una medesima nota, una Scala di Gruppo A o una Scala di Gruppo C:

Le alterazioni che incontriamo (in rapporto al Sistema diatonico-tonale) se considerate nella tonalità DO ci servono:

il RE b per formare l'accordo di 6a napoletana;

il Mi b ed il Mi beq., il LA b ed il LA beq. per il cambio di modo;

il Fa diesis lo troviamo nell'accordo di 6a eccedente (vedi Scala di Fenaroli) e soltanto il SI b sta a dimostrare che la scala poggia sulla dominante e non sulla tonica.

Però, mentre nell'ambiente TONALE i suoni hanno tendenza ad obbedire alla attrazione del SEMITONO (ascendente o discendente), nell'ALTERNATO i suoni stessi sono liberati dal movimento costante e possono invertire il loro moto o spaziare seguendo tendenzialità determinate da interpretazioni differenziate dei suoni stessi sotto particolari spinte emozionali; da qui già un arricchimento di movimenti che non sono più condizionati dai movimenti melodici delle parti.

Dobbiamo tener sempre presente che l’« Alternato» considera come dato di fatto acquisito il TEMPERAMENTO EQUABILE ed ha in questo una nobilissima antesignana nella teoria di Gioseffo Zarlino il quale con molta praticità risultata scientificamente accettabile nei limiti della sensibilità dell'orecchio umano, propone proprio il «temperamento equabile» per gli strumenti da tasto sgombrando il campo dalle perplessità inerenti al comma (81/80) e proprio in un'epoca (la metà del Cinquecento) in cui abbondano le ricerche sui toni grandi e piccoli, sugli intervalli 25/24, 16/15, 27/25 e sui 1/4 di tono, con la conseguente costruzione di strumenti atti alla esecuzione di tali intervalli differenziati. Primeggia in quest’epoca la realizzazione dell'«Archicembalo» di Nicola Vicentino, strumento concepito (e questo è un dato di immensa portata culturale) per la composizione di musica che tenga conto espressivo delle flessioni anche minime dell'idioma; flessioni, quindi, veramente recepite nella loro differenziazione acustica ed emotiva. Né va dimenticato che il buon Artusi attaccando Monteverdi per certe sue asserzioni che sanno molto, a nostro parere, di chiara omofonia, asserisce che certe licenze sono valide sugli strumenti da tasto, ma non con le voci. Ciò significa che nel Rinascimento il «temperamento equabile» era cognito ed accettato, ma (cosa questa della massima importanza per ben comprendere la immensa differenza esistente fra una concezione estetica altamente naturistica e la susseguente schematizzazione) i suoni, i movimenti delle parti in senso orizzontale ed i movimenti dei blocchi armonici avvenivano sempre secondo particolari tendenzialità che si rifacevano alla natura del «suono armonico» determinante del timbro della espressione fonica.

L’«Alternato» così come è stato organizzato da Vito Frazzi è un sistema che si basa sul «temperamento equabile» e quindi sulla omofonia, ma Frazzi quando segna le proprie note non segue il sistema solito di schema e considera i blocchi armonici con i propri suoni notizzati secondo la successione delle armoniche per cui il

         e il

hanno differenziate tendenzialità pur permettendo il gioco della omofonia.

E' una considerazione, questa, che va meditata perché in essa sta forse la chiave per raggiungere la completa liberalizzazione del suono espressivo.

Tornando allo «spettro prismatico dei suoni» proposto da Frazzi vediamo che la «tavolozza del musicista» ha sette combinazioni: i tre «Gruppi» primitivi, un «Gruppo» di accoppiamento fra I e II gruppo, un «Gruppo» per accoppiamento dei suoni del II e III gruppo, un «Gruppo» unendo i suoni del III e del I gruppo ed infine un «Gruppo» misto.

«I tre colori puri, adoperati in prevalenza, hanno dato luogo (scrive Frazzi) alla diatonia ed all'alternato, mentre gli accoppiamenti hanno formato l'esafonia e la dodecafonia le quali sono, per ragione congenita, le più povere di colore; l’ esatonia per il suo modo di procedere per toni interi che dà la possibilità di combinare soltanto due tipi di scala per l'intero sistema; la dodecafonia perché formata di un solo colore ottenuto dall'unione costante dei tre «Gruppi» che non consente varietà se non nel campo timbrico, il che dà al discorso un senso ibrido e monotono, quando il musicista non la usi con grande parsimonia».

Abbiamo riportato il passo tratto dalla «Teoria» di Vito Frazzi, non per mera documentazione critica dei vari sistemi, ma perché l'insistenza della ricerca del «colore», nell'«Alternato», pone tale procedimento armonico in condizione di risolvere, se usato cum grano salis, i problemi armonici che particolari accentuazioni verbali pongono in evidenza; ed a proposito di «colore», giova analizzare le risultanze della ricerca operata sui suoni di uno stesso «Gruppo» che vede accordi maggiori e minori, consonanti e dissonanti, fondamentali ed in rivolto, oltre ai suoni isolati od accoppiati sotto forma di intervallo; e questo è elemento di grande efficacia per dare libertà al SUONO ARMONICO.

Rimandiamo il lettore al «Trattato» di Vito Frazzi (cap. IV) per

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