Il Fabraterno 2007/01


dopo 370 anni dalla sua formulazione l’enigma noto come teorema di Fermat, è stato risolto
un avvincente thriller matematico
ecco il resoconto di una sfida a colpi di numero


di Giovanni Battista Del Brocco

 

Si è svolto nel mese di marzo corrente anno a Roma il “Festival della Matematica” voluto fortissimamente dal sindaco Veltroni. Caso unico al mondo quattro grandi geni matematici a confronto hanno illustrato la bellezza dei numeri e non solo… basti pensare che il loro quoziente d’intelligenza potrebbe fondere il carbonio puro cristallizzato. Eccoli qui di seguito: =DOUGLAS HOFSTADTER: Premio Pulitzer per lo straordinario Godel, Escher, Bach sull’intelligenza artificiale, con l’aria da eterno ragazzo. =Sir MICHAELATIYAN: medaglia Felds nel ’66, l’equivalente del Nobel per la matematica che, come è noto, non esiste. Vivacissimo ostenta una vitalità invidiabile dati i suoi 77 anni. =JOHN NASH: premio Nobel per l’economia e celebre matematico che ha ispirato il film “A Beautiful Mind” con la sua straordinaria drammatica vita, segnata da lunghi anni in cui il grande scienziato ha visto il proprio genio inghiottito dal buco nero della schizofrenia. Il film sopra citato ha commosso il mondo e ha commosso anche me e consiglio a tutti di vederlo. Resta il fatto che mai come oggi i matematici godano di clamore mediatico per merito soprattutto della Cultura Illuministica che privilegia la ragione facendoci amare i numeri e non solo. =ANDREW WILES: il grande matematico inglese che ha dato la dimostrazione del teorema di FERMAT, un teorema elaborato nel XVII° secolo quasi per gioco. Ciò che rendeva speciale quel teorema era la sua ingannevole semplicità. Sembrava così facile, eppure i grandi matematici della storia non erano stati capaci di risolverlo. Pierre de Fermat non era un matematico professionista, ma solo un appassionato, un dilettante. Come detto, l’aspetto più paradossale del teorema è che a prima vista sembra semplicissimo, perfino banale. Ciò deriva dal fatto che poggia su una delle nozioni matematiche più note: il Teorema di Pitagora, che recita: in un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti, che tradotto in linguaggio matematico diventa: X? +Y? = Z?. E’ possibile trovare un’infinità di numeri (le cosiddette terne pitagoriche) che soddisfano questa equazione, la più semplice è: X = 3, Y = 4, Z = 5, da cui 3? + 4? = 5?, cioè 9 + 16 = 25. Fu giocando con l’equazione di Pitagora che a Fermat venne in mente di sperimentare qualche variante. Cominciò con: X? +Y? = Z?. Ripetuti tentativi lo convinsero che era difficilissimo, praticamente impossibile, trovare una soluzione. Provò con potenze superiori a 3 sempre con il medesimo risultato e disse:«E’ impossibile scrivere un cubo come somma di due cubi oppure una quarta potenza come somma di due quarte potenze. Ma io dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema» fu la sibillina argomentazione del matematico francese, che morì il 12 gennaio 1665. Ma ritorniamo ad Andrews Wiles, dal giorno del suo primo approccio con il teorema quel giovane ne aveva fatta di strada. Laureatosi a Cambridge, si era trasferito oltre oceano all’Università di Princeton dove era diventato professore. Per Andrews Wiles il teorema era diventato una vera ossessione: «Pensavo soltanto a questo, era il mio primo pensiero quando mi svegliavo la mattina e l’ultimo prima di addormentarmi». Finché, nel 1995, il teorema venne risolto. Dal punto di vista matematico la dimostrazione di Wiles, ha scritto John Coats, eminente professore dell’Università di Princeton, «E’ l’equivalente della fissione dell’atomo o della scoperta della struttura del DNA». I matematici si dividono in due schieramenti. Gli scettici sostengono che l’ultimo teorema fu il risultato di una debolezza di Fermat, che dopo aver scritto «Dispongo di una meravigliosa dimostrazione» si rese conto dell’errore. Gli ottimisti ritengono che il francese avrebbe potuto ottenere una dimostrazione valida. Qualunque essa fosse stata, doveva basarsi sulla matematica del ‘600 e doveva possedere un ragionamento così ingegnoso che è sfuggito a tutti. Personalmente ho seguito il festival, che si è svolto a Roma, attraverso la stampa e posso assicurare, anche se non sono un matematico, che la matematica è un’arte liberale, come il titolo soggettivo ed appropriato “La bellezza dei numeri e i numeri della bellezza”.

Giovanni Battista Del Brocco