Il Fabraterno 2007/01


essere o avere
moloch
il dilemma continua...


di Federica Turriziani Colonna

Chi è costui? È il dio che tutti adoriamo, il dio per cui combattiamo le guerre, è la causa e il fine di ogni nostra azione: è il dio-denaro. Allen Ginsberg urlava il suo nome nel ’55, e lui, Moloch, sotto processo, veniva accusato di aver mandato a rovina le migliori menti di tutta la generazione Beat (e non solo!), di averle ridotte ad agognare una dannatissima dose, ad annegare nell’alcool, o più semplicemente, di averle condotte alla pazzia. Questo ha di straordinario Ginsberg: una lucidità spiazzante, che gli permette di analizzare in modo oggettivo e distaccato la condizione non solo dei Beat, tra cui egli stesso, ma dei giovani di tutte le società industrializzate. Moloch ci ha ridotti così, tutti: ci ha illusi con la promessa di una vita migliore, all’insegna del comfort, ma ci ha portato via la libertà, l’indipendenza. Lo aveva già capito Marx che il denaro è alla base di ogni cosa; siamo ossessionati dalla logica dell’avere: avere denaro, oppure avere semplicemente “la roba”, come Mazzarò, purché si abbia. Il verbo avere nella nostra società non è più transitivo, non importa cosa si ha. Bisogna avere, e basta. Il “cogito ergo sum” cartesiano diventa “habeo ergo sum”. Il denaro non è più il mezzo, ma il fine, l’unico fine. Crediamo che il denaro sia l’espansione del nostro essere, proprio come una donna sente nei propri tacchi il prolungamento delle gambe, ma non è così. Quando Marx immaginava la società comunista, non considerava che l’uomo è come un asino, che cammina soltanto se ha una carota davanti agli occhi. Studiare, per i giovani, significa prenotare un posto in prima fila nella società di domani, e non, semplicemente, studiare, amando ciò che si legge, ciò che si impara, che poi è quello che si diventa. Il lavoro non dovrebbe essere considerato lo scopo, ma la naturale conseguenza. Ecco come Moloch ci porta via la libertà. È difficile giudicare chi sia veramente il colpevole: Moloch, o noi uomini, che lo adoriamo?