£ G R E P P I A I T A L I A £ ...in giro c'è grossa crisi... |
La forza e la
debolezza dell’On. Di Pietro.
14/05/2010
Di F. Allegri
Oggi ho deciso di rammentarvi il convegno organizzato dall’IDV di Empoli con il
giudice Davigo e con lo scrittore Bruno Tinti, previsto a Corniola il prossimo
11 giugno alle 21:30.
Per questo ho deciso di scrivere un pezzo su Antonio Di Pietro e di ripercorrere
due scritti de Il Fatto Quotidiano. Il primo è del 6 febbraio e si intitola
“Tonino di Pietro: davanti e didietro”.
Il titolo è simpatico, ma il testo inquieta in quanto si parla del rapporto tra
criminalità organizzata e politica. L’articolo inizia con il testo di un
intercettazione di un boss della ‘Ndrangheta dove si discute di politica e si
parla delle elezioni politiche del 2008.
Tal testo emerge una preoccupazione chiara: si temeva che in caso di vittoria
del centro – sinistra Antonio Di Pietro divenisse ministro della giustizia!
Come sappiamo il centro sinistra perse e quindi il problema non si è posto.
Un dato resta chiaro: la criminalità teme l’eroe di Mani Pulite.
Questi grandi criminali erano convinti che un ministero della giustizia guidato
da un parlamentare minore o chiacchierato fosse ideale per loro. Come dargli
torto?
Di Pietro non andava bene, era l’uomo che avrebbe fatto funzionare il ministero
della giustizia.
Io mi fermo un attimo a meditare e vi lascio alla constatazione tratta da Il
Fatto Quotidiano, riprendo dopo: “In 15 anni di Seconda Repubblica, se la classe
politica non ha ancora smantellato del tutto il Codice penale, lo dobbiamo al
fattore Di Pietro. Non si contano le volte che, mentre destra e sinistra erano
sul punto di accordarsi sulle peggiori leggi pro-mafia e pro-corruzione, l’ex pm
s’è messo a urlare e le ha bloccate in extremis. Senza la concorrenza spietata
delle sue truppe raccogliticce, il Pd avrebbe fatto molto peggio del peggio che
è sotto gli occhi di tutti.”
Forse vorrete rileggerlo, ma in queste poche riga c’è quell’equazione che si
vede in tanti manifesti ovvero il PD = PDL e non viceversa. Voglio approfondire
e sostenere che per me non si tratta di una sinistra che dimentica Berlinguer,
ma di un sistema politico che genera corruzione e criminalità e di conseguenza
le sue articolazioni sono tali.
La data di questo scritto accentua l’importanza di tale asserzione: eravamo alla
vigilia del congresso dell’IDV e c’erano molti nodi da sciogliere.
Nell’articolo si riporta un parere di Giorgio Bocca espresso in una puntata di
Annozero: “L’ha detto il grande Giorgio Bocca l’altra sera ad Annozero: la
guerra infinita a Di Pietro, iniziata nell’estate ‘92 col “poker d’assi” di
Craxi, proseguita con decine di inchieste-farsa a Brescia sui dossier Gorrini e
D’Adamo, distillata ancora un anno fa con le bufale intorno al figlio Cristiano
che aveva addirittura raccomandato un elettricista di Termoli, e ora giunta alla
comica finale con la cena delle beffe, non è dovuta ai suoi difetti, ai suoi
limiti, ai suoi errori.”
A 3 mesi di distanza constato la sterilità degli attacchi a Di Pietro, fango che
si smacchia con l’acqua fredda e il trascorrere dei giorni.
I grandi nemici di Tonino sono muniti dell’arma della comunicazione distorta, ma
non sono riusciti a colpirlo e considero irrealizzabile lo scellerato progetto
dell’impunità totale per le classi dirigenti.
Nel finale lo scritto critica una parte della base dell’IDV, si parla di
“imbarcati” nel partito e di credibilità da riconquistare.
Il giorno successivo la critica a Di Pietro fu più forte e l'articolo si
intitolo: "De Luca, l’IDV e l’acclamazione barzelletta".
E' probabile che i redattori sapessero già di quella decisione contestata e
contestabile, in tal caso il pezzo del giorno prima avrebbe dovuto essere
diretto e più duro.
Per me non è un caso se i delegati dell'IDV espressero un voto per acclamazione
sulla scelta del sindaco di Salerno come candidato alla presidenza della regione
Campania.
Sarebbe servita una struttura politica diversa per votare e decidere in modo
difforme.
Il risultato del voto ci ha anche detto che non c'era una sinistra alternativa a
De Luca, al massimo si può cercare tra gli astenuti, ma senza certezze.
Ma perché De Luca e in quel modo?
Il modo di voto deriva dal fatto che anche l'IDV è un partito creato e di
proprietà di un persona o di un gruppo ristretto. Siamo davanti a strutture
burocratiche e verticistiche che riservano alla contesa democratica solo gli
spazi residui della contesa tra partiti (elettorato d'opinione).
Il perché De Luca è più difficile! Da un lato c'è chi può pensare che l'alleanza
con il PD sia virtuosa di fatto o che divisi si perde e Di Pietro non voleva
essere la causa di una sconfitta maggiore!
Io penso anche ad un altra ragione: in politica, un potere personale si
consolida quando si convincono i propri sostenitori a fare cose inconsuete. Ecco
che il modo e il fine si incontrano nel personalismo di Antonio Di Pietro.
Come sempre e come tante volte in passato, ricordo qui lo scontro con Elio
Veltri che mi vide testimone, insieme a tanti amici.
Forse è il caso di ribadire che le mie preferenze per il "Pool di Milano" sono
perenni, ma subito dopo devo negare che si possa considerare quel voto IDV come
un errore politico che costerà molto caro al movimento di Antonio Di Pietro.
Non condivido questa tesi del giornale Il Fatto, da un lato l'elettorato
dimenticherà o ha dimenticato da tempo, dall'altro come ho detto si tratta della
manifestazione della vera natura dell'organizzazione guidata dall'ex giudice.
La manifestazione di una realtà politica fa sempre bene alla verità.
Il Fatto Quotidiano fece bene a chiedersi: "Detto in altre parole: qual è la
differenza tra De Luca, Berlusconi o Fitto?", ma questa era una domanda da porsi
in un secondo momento!
Il Fatto argomentò: "Badate bene, qui non si tratta di discutere di etica, di
giustizialismo, di selezione delle classi dirigenti demandata (sbagliando) alla
magistratura, o di altro. Il problema invece è la coerenza."
Qui riscontro la carenza che vi ho detto sopra: non si parla della natura delle
strutture e vi saluto con una frase di Jean Monnet che ho letto di
recente:"senza la gente, nulla è possibile, ma senza le istituzioni, nulla
resiste”.
E a causa di un'interpretazione distorta di questo principio che le nostre
classi dirigenti creano partiti di quel tipo che agiscono di conseguenza.
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