BACCO A ROMA |
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Anche a Roma esiste un dio del vino, Bacco il quale, però, è sentito dai romani in maniera molto diversa rispetto al Dioniso dei Greci. Infatti, mentre quest’ultimo è associato spesso alla visione di un dio vendicatore e diabolico, Bacco è un personaggio allegro e godurioso e il vino veniva considerato dai romani una merce di lusso e la più piacevole delle bevande tanto più che la penisola italica si dimostrò, sin dai primi tentativi, adattissima alla coltivazione della vite. Non è un caso che il suo antico nome era “Enotria”, terra del vino. |
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Bacco di Caravaggio |
Orazio e Plinio, i più illustri esperti di questa bevanda, affermavano che i vini più prestigiosi provenivano dalla Campania settentrionale, dal Lazio meridionale, della Sicilia e dal Veneto. Si deve, inoltre, proprio ai discendenti di Romolo l’espansione di questa coltura ad alcune province dell’impero, come la Gallia, la Spagna, le terre bagnate dal Reno e dalla Mosella e, infine, l’Inghilterra. Nel modo di bere il vino i Romani di ieri si differenziavano dai contemporanei; non solo, infatti, il vino veniva allungato con l’acqua, ma anche dolcificato con il miele. |
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Nel Medioevo la vera regina della viticoltura fu la Francia, ma in generale la produzione del vino era un momento importante della vita agricola lo dimostra la frequenza con cui, nei cicli pittorici e scultorei dei mesi, troviamo scene di vendemmia e di pigiatura (Antelami). | ||
Menade di Antelami |
Dobbiamo arrivare al 1716 perché il Granduca di Toscana Cosimo III prolungasse le prime disposizioni che regolavano la produzione del vino e ciò vale in particolare per il Chianti che era ormai divenuto talmente pregiato da meritare vere e proprie leggi volte a tutelarlo. Tuttavia il vino italiano non era ancora pronto a gareggiare con quello francese che era diffuso in tutte le corti europee costituiva l’aristocrazia enologica del Mondo. Così, anche se il Chianti, il nobile di Montepulciano e la Vernaccia di San Gimignano erano tra i vini più antichi dell’Europa, fino a pochi decenni fa la loro diffusione era contenuta e venivano considerati solo prodotti locali. |
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A questo va aggiunto che all’inizio del Novecento l’Italia subì il grande attacco della filossera che distrusse gran parte dei vigneti. La filossera è un insetto che aggredisce le radici della vite per nutrirsi della sua linfa e arrivò nel vecchio continente dell’America alla fine dell’Ottocento. I vitigni italiani furono tutti reimpiantati perciò oggi è difficile ritrovare quei vini che si possono considerare discendenti diretti dell’antica tradizione greco-romana, se non nei passiti meridionali ossia vini ottenuti dalle uve lasciate ad appassire sulla pianta. Attualmente, tuttavia, la produzione enologica italiana sta conoscendo un momento assai favorevole in quanto è difficile trovare nel mondo un paese che vanti di una tale ricchezza di terreni e di microclimi come la penisola italica. |