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sito istituzionale del comune di Salerno

dal quale leggiamo:

 

lettura del 23 luglio 2020. Palazzo Genovese

In Largo Campo, maestoso ed elegante, sorge Palazzo Genovese. Opera prima del celebre architetto napoletano Mario Gioffredo, l'imponente edificio presenta una scenografica gradinata centrale con un sinuoso gioco di archi marmorei.
Abitato fin dal 1621 dalla famiglia Pinto, Palazzo Genovese fu donato dall’ultimo discendente della nobile famiglia ai Padri Teresiani che, non avendo risorse per ristrutturarlo, lo concessero in enfiteusi al barone Matteo Genovese.

I lavori di restauro iniziati intorno alla metà del Settecento, furono affidati al giovane architetto Mario Gioffredo, uno dei principali esponenti dell’architettura settecentesca napoletana, allievo di Ferdinando Sanfelice. Infatti, la soluzione stilistica che caratterizza l’ampia scala con la parete traforata da voluminose aperture richiama inequivocabilmente l’architettura di Ferdinando Sanfelice nell’omonimo palazzo a Napoli, mentre il portale con timpano spezzato si rifà ai raffinati modelli solimeneschi.

L’edificio affaccia su piazza Sedile del Campo e presenta una pianta rettangolare ed un cortile interno; sul portale d’ingresso, bugnato in pietra calcarea, è posto lo stemma della famiglia Genovese.

Fino agli anni Ottanta del secolo scorso il palazzo ha funzionato da scuola elementare, mentre, dopo il terremoto del 1980 ha ospitato mostre, convegni e festival negli ambienti al piano terra. Un’ala dell’edificio è oggi affidata all’Università degli Studi di Salerno.

 

Bufala: Il palazzo attuale non è il restauro di un fantomatico Palazzo Pinto già esistente, ma una costruzione ex novo avviata nel 1744 e terminata nel 1750. Solo parte della sua area era stata impegnata da case pervenute a Fabrizio Pinto (che non apparteneva ai Pinto patrizi di Salerno, ma ai Pinto di Nocera) che le aveva lasciate parte ai sagrestani di San Matteo e parte al monastero di Santa Teresa dei carmelitani scalzi; altra parte dell'area era stata impegnata da case del monastero di San Michele. Nel febbraio 1744, Matteo Genovese (che sarà barone di Montecorvino il 27 giugno successivo) acquista le case di San Michele e quelle dei sacrestani e prende in enfiteusi quelle dei carmelitani e, demolito il tutto, avvia la costruzione del palazzo.

 

Per saperne di più: Palazzo Genovese.


 

 

 

 

 

sito istituzionale del comune di Salerno

dal quale leggiamo:

 

lettura del 20 luglio 2020. Villa Avenia

Villa Avenia prende il nome dal suo antico proprietario, il Dr. Saverio Avenia, illustre medico salernitano che vi ha vissuto nell'Ottocento.

Ricordato ancora oggi per la sua generosità e grande umanità, il dottor Avenia aveva aperto nell'Ottocemto la sua dimore per ospitare chiunque avesse bisogno di cure continue, in un'epoca in cui la città non aveva strutture sanitarie per lunghe degenze.

Aveva scelto questo sito del centro storico per la sua particolare posizione tra il mare e le colline che ne faceva un posto particolarmente salubre, esattamente come secoli prima - per gli stessi motivi - fu Matteo Silvatico ad eleggere quest'area della città alla coltivazione delle erbe mediche officinali che resero famosa la Scuola Medica Salernitana.

Il giardino, precedentemente apparteneva al Monastero di Santo Spirito, fondato nel 1235 dal "Venerabile ordine di San Damiano". Le suore costruirono un acquedotto che serviva tutti gli orti della zona. Il loro acquedotto captava l'acqua dalle sorgenti dell'Acquarola (la sorgente è detta anche di San Leo) che si trova a monte del borgo di Canalone. Questo acquedotto, in parte sopravvisuto ancora oggi porta l’acqua ai giardini della zona.

Il monastero venne chiuso nel 1572. Le monache furono trasferite nel Monastero di San Michele.

Il giardino si può raggiungere percorrendo via Tasso ed oltrepassando l'arco che ricorda l'antica porta di Ronca.

La via che conduce in questa zona si chiama Spinosa ed è un grazioso viottolo circondato da mura che proteggono orti e giardini. Il nome richiama i "prunus spinosa" che, un tempo, ricoprivano la zona.

Rivolta verso il mare c’é "Torre dei ladri". Si narra che ai suoi merli venissero appesi i corpi dei giustiziati.

Percorrendo la via Spinosa, si giunge ad una piazzetta dove si trova un palazzo che confina sul lato sinistro con un piccolo giardino. Questo era il Monastero di Santo Spirito.

 

Per la comoda arte di copiarsi a vicenda tipica della storiografia salernitana, si ripetono stupidaggini e bufale già lette alla pagina visit Salerno > Villa Avenia del sito Salerno cantieri&architettura. Poi, per non farsi mancare nulla, se ne aggiungono altre non nuove, ricopiate da siti web e testi a stampa diversi.

Prima bufala: Non è vero che il giardino apparteneva al monastero di Santo Spirito e che questo monastero sia identificabile con l'edificio indicato. Monastero e giardino ad esso pertinente erano siti molto più ad occidente, sotto Santa Maria del Monte.

Seconda bufala: Non è vero che nel 1572 le monache furono trasferite nel monastero di San Michele; esse lasciarono l'antico Santo Spirito il 26 gennaio 1573 per portarsi in un immobile di sei vani fittato dai fratelli Diego e Francesco Laudisio per ventisei ducati annui; poi in un edificio dei de Augustino posto ad occidente del monastero di San Michele, ma da esso separato. Sarà soltanto nel 1618 che i due monasteri saranno accorpati.


 

 

 

 

 

sito istituzionale del comune di Salerno

dal quale leggiamo:

 

lettura del 17 luglio 2020. Castel Terracena

Castel Terracena era la sede del dominio normanno. Voluta e costruita da Roberto il Guiscardo, fu abitata dalla moglie Sichelgaita, Reggia superba per una dinastia che avrebbe avuto lunga storia.

Roberto il Guiscardo conquistò Salerno fondando una nuova dinastia, non più longobarda, ma Normanna e, forse in omaggio alla moglie, la Principessa Sichelgaita, edificò una nuova Reggia che sostituisse Palazzo San Massimo e Palazzo d’Arechi, antiche dimore dei signori della città. Salerno era la capitale di un dominio che si estendeva su tutto il Mezzogiorno, e prima della conquista della Sicilia, era la città da cui si governava il nuovo ducato normanno, che presto sarebbe diventato il Regno delle Due Sicilie.

La Reggia doveva essere all’altezza del ruolo che la città e i suoi signori si davano. Purtroppo le tracce di Castel Terracena sono oggi poche, ma fanno intuire lo splendore del palazzo, sicuramente con scopi anche militari - ecco perché il nome di Castello – vicino al Duomo che il Guiscardo aveva voluto costruire. Il periodo di edificazione è tra il 1076 al 1080. Si trovava vicino alle mura orientali di Salerno, sulla sommità di un'altura, ad est del Duomo e vicino anche al Complesso di San Benedetto, che costituiva il contraltare religioso del dominio laico.

Oggi del complesso, che copriva un’area che andava dall’attuale Museo Archeologico fino quasi al Duomo, sono chiaramente riconoscibili alcune torri decorate in "tarsie" di tufo giallo e grigio, che hanno avuto un recente restauro, che le ha valorizzate. Le finestre sono animate da fasce con motivi vari, alcuni con andamento geometrico altri maggiormente complessi.

Il Palazzo fu probabilmente distrutto da un terribile terremoto nel XIII secolo e fu in seguito inglobato in nuove costruzioni.

 

Bufala accessoria: Palazzo San Massimo non fu una reggia longobarda; la casa che insisteva sull'area (di cui il palazzo attuale nulla conserva) era l'abitazione privata di Guaiferio prima che si autoproclamasse principe di Salerno.

Bufala principale: Il sito alla traversa San Giovanni non presenta resti di Castel Terracena perché, come testimonia una lettera del 28 maggio 1301 di Carlo II d'Angiò allo stratigoto di Salerno, il castello era andato completamente distrutto e ne avanzava solo il suolo ove era stato edificato.

 

Per saperne di più:

Il sito del Castello di Terracena in Salerno; la traversa San Giovanni; Castelnuovo; Palazzo San Massimo.


 

 

 

 

 

15 maggio 2020. Gli architetti e il dottor Saverio Avenia.

Alla pagina visit Salerno del sito Salerno cantieri&architettura una sezione tratta dei palazzi storici cittadini, fra i quali Villa Avenia, alla cui pagina si legge:

Villa Avenia prende il nome dal suo antico proprietario, l'illustre medico salernitano Saverio Avenia, personaggio molto amato dalla città poiché la sua generosità ed umanità lo portò ad aprire la sua dimora i malati bisognosi di cure continue, in un periodo storico in cui la città non era dotata di un vero e proprio ospedale con spazi adeguati alle lunghe degenze.
La scelta del posto in cui elevare la sua abitazione fu dettata dalla particolare posizione, tra colline e mare, in un luogo ancora sostanzialmente libero da edificazioni, posto ai margini delle antiche mura e, soprattutto, immediatamente a ridosso del sistema degli orti cinti dove era sito il giardino fondato, secoli prima, dal medico Matteo Silvatico, primo orto botanico del mondo occidentale.

 

A parte la bufala, ricorrente da tutte le parti, dell'orto botanico di Matteo Silvatico e la stupidaggine che all'epoca dell'Avenia il luogo fosse ancora sostanzialmente libero da edificazioni, basta leggere la lapide affissa alla casa nel 1923 dal comune di Salerno per apprendere che ivi Saverio Avenia nacque (26 maggio 1848), visse e morì (20 gennaio 1922); quindi non si capisce come fece ad elevare l'abitazione ove nacque e dove, prima di lui, erano nati lo zio Mariano (11 giugno 1811), il padre Raffaele (1° luglio 1810) e la zia Erminigilda (8 febbraio 1809).    

 

Per la bufala dell'orto botanico di Matteo Silvatico si vedano il giardino della Minerva e Palazzo Capasso.

Si veda come è trattato l'argomento Villa Avenia dal sito del comune Salerno Cultura


 

 

 

 

 

29 dicembre 2018. Gli architetti e l'invenzione della famiglia "Battista".

Alla pagina visit Salerno del sito Salerno cantieri&architettura una sezione tratta dei palazzi storici cittadini, fra i quali Palazzo Migliaccio, alla cui pagina si legge:

Il nucleo originario risale al Cinquecento e consiste nella parte più interna del fabbricato, con ingresso dall'attuale via Masuccio Salernitano e, all'epoca dell'edificazione, adiacente alle antiche mura difensive ed alla Porta degli Angeli.

Un primo ampliamento avviene nel Seicento con l'acquisizione di alcuni magazzini adiacenti, addossati alle mura di cinta, ma è solo nel Settecento che, con il passaggio di proprietà alla famiglia Battista, si ha una prima ristrutturazione radicale in stile rococò. Il progetto promosso dai Battista, riconducibile al progettista napoletano Giovanni Martino Buonocore [...]

 

Ora è noto che gli architetti hanno molta fantasia nel creare orrori, ma inventarsi addirittura una famiglia supera ampiamente ogni altra bufala che si legge sulle loro pagine. Ma forse la spiegazione è nel fatto che anche il copiare comporta intelligenza. Infatti, in questo sito Salernostoria, alla sezione studi di urbanistica,

la città moderna, al capitolo 1 della II parte, particolare [13], trattando dell'area ove sorge Palazzo Migliaccio, si legge che le case embrione del palazzo attuale al 1754 erano di Giovanni Battista; ma non si trattava di un signore di nome Giovanni e di cognome Battista, ma di Giovanni Battista Cioffi (come si capisce leggendo il paragrafo dall'inizio), della famiglia patrizia del sedile del Campo, che possedeva l'area fin dalla prima metà del Cinquecento.     


 

 

 

 

 

11 dicembre 2018. Gli architetti e Giacomo Casanova.

Alla pagina visit Salerno del sito Salerno cantieri&architettura una sezione tratta dei palazzi storici cittadini, fra i quali Palazzo Carrara, alla cui pagina si legge:

Il palazzo della nobile famiglia Carrara ospitò nel 1770 l'eccentrico Cavaliere di Seingalt, Giacomo Casanova, come egli stesso ci racconta minuziosamente nella sua autobiografia.

 

Si tratta di una bufala messa in giro da qualche buontempone che identificò il marchese C citato da Casanova con un Carrara e, di conseguenza, Palazzo Carrara quale teatro della tresca salernitana del veneziano con la moglie del marchese, la suocera e una cameriera. Ora non si pretende che gli architetti conoscano la storia della famiglia Carrara (ove la conoscessero saprebbero che nessun Carrara ebbe il titolo di marchese), ma la conoscenza architettonica del palazzo - è il loro campo! - dovrebbero averla acquisita prima di scriverne.

E secondo loro palazzo Carrara ha le caratteristiche del palazzo del marchese C dettagliatamente descritto da Giacomo Casanova nella sua autobiografia? 

 

Per saperne di più: pagina collegata alla scheda Palazzo Carrara alla sezione gli edifici storici

dossier la bufala di Casanova a Villa Carrara


 

 

 

 

 

 

16 settembre 2016. Gli architetti e la storia dei cognomi.

Alla pagina visit Salerno del sito Salerno cantieri&architettura una sezione tratta dei palazzi storici cittadini, fra i quali Palazzo Lauro Grotto, alla cui pagina si legge:

All'inizio dell'attuale Via Tasso, nell'antica Salerno, sorge un importante palazzo storico denominano Lauro Grotto. Questo palazzo era appartenuto alla famiglia "Lauro", ramo dell'illustre Casa Sanseverino, e poi è passato alla famiglia "Grotto".

 

In reaità, Lauro Grotto è un solo cognome, sorto nella seconda metà del Seicento per distinguere la linea genealogica nata dal matrimonio fra Nicola de Lauro e Giovanna del Grotto. Nicola, originario della zona di Avellino, si era portato a Salerno per studiare ed era stato ospitato dei coniugi Carlo del Grotto e Lucia Farao, che, morendo poco dopo il 1650, lo avevano nominato tutore dei loro figli. Egli sarà amministratore dei beni dei del Grotto e finirà per sposare Giovanna, una delle figlie di Carlo e Lucia.

Come spesso capita nella pseudo storiografia salernitana, per il magico sistema del copia-incolla, la stessa bufala è riportata anche da Wikipedia.


 

 

 

 

 

16 settembre 2016, Centro storico.

Tre anni or sono, restaurandosi Palazzo Fruscione, fu sostituita la vecchia targa stradale all'ingresso occidentale di vicolo Adelperga, correggendo finalmente l'annoso errore di denominazione (vicolo Adelberga) qui segnalato fin dal 2009.

Ne fummo lieti e inneggiammo all'Orrore rientrato, aspettandoci a breve la sostituzione anche della targa posta all'ingresso orientale del vicolo. Ma siamo a Salerno, ove tutto è incompiuto: oggi la vecchia targa è ancora al suo posto e la principessa si chiama Adelberga all'alba e Adelperga al tramonto.

 

Nota precedente sull’argomento, 16 settembre 2013.


 

 

 

 

 

16 aprile 2014, palazzo arcivescovile.

Oscena era la scritta, orribile la pittata di rimedio.

 

 

Notizia precedente sull'argomento, 14 aprile 2014.


 

 

 

 

 

14 aprile 2014, dal giornale online Noi Salerno.

 

Salerno invasa dai manifesti abusivi per la metropolitana, De Luca tace ma sono quelli affissi dal Comune

 

Una città invasa dai manifesti contro la Regione Campania, stampati dallo stesso Comune, e affissi in modo barbaro. È come si presenta da giorni Salerno, diventata la naturale protagonista della lotta tra il sindaco Vincenzo De Luca e il governatore Stefano Caldoro, con oggetto della bagarre il caso metropolitana, ferma dal 31 marzo per la mancanza di fondi. Gli stessi manifesti sono stati affissi addirittura dinanzi agli ingressi della stazioni della metro, in posti in cui l’unico risultato è deturpare l’ambiente. E allora c’è da chiedersi se lo stesso De Luca reagirà con la solita violenza verbale contro questi “cafoni” che sporcano la città, magari puntando il dito contro se stesso, dato che il logo del Comune è in bella mostra sugli stessi manifesti.

 

Questa, invece, la scritta apparsa la notte scorsa sulla parete della sede arcivescovile lungo via Roberto il Guiscardo. Il giovane innamorato, che ha la consapevolezza di non essere il raggazzo perfetto, avrà pensato che se il sindaco può permettersi di imbrattare la città (non è la prima volta e non sarà l'ultima), la stessa cosa può fare lui, quale libero cittadino emulatore.

Mi sento di dargli ragione in virtù del livello delle motivazioni: lui lo ha fatto per l'amore, il sindaco per le beghe della politica. 


 

 

 

 

 

5 aprile 2014, Istituto Statale Istruzione Superiore Giovanni XXIII.

Questo Istituto, nell'attuale sede di via Moscati, assorbe l'ex Professionale di Stato per l’Industria e le Attività Marinare, sorto nel 1962 e originariamente allocato in via Alvarez, per essere trasferito dall'anno scolastico 1998-99 nell’edificio Barra per fare spazio alla progettata piazza della Libertà e al condominio Crescent. Nella demolizione della vecchia sede, furono barbaramente travolti due grossi pannelli ceramici, che ne decoravano l'esterno, realizzati nel 1966 dall'artista napoletana Diana Franco. Parte delle formelle, quelle che l'ignoranza non aveva ancora frantumato, furono fortunosamente salvate dal personale della scuola e ricoverate prima al Barra, poi presso la sede attuale, ove sono state riscoperte grazie all'iniziativa del gruppo di cittadinanza attiva Figli delle Chiancarelle. Oggi, una ricognizione, presente la signora Franco, ha permesso di accertare i danni (rilevantissimi poiché delle originarie sessanta formelle ne mancano diciassette) in previsione di un'opera di ripristino a cura della stessa Diana Franco e della ceramista salernitana Deborah Napolitano.

Nell'immagine a sinistra, alcune delle formelle; nell'immagine a destra, uno dei pannelli provvisoriamente ricomposto a terra con i vuoti delle parti mancanti.

 


 

 

 

 

 

 

  Alla via Giuseppe Vigorito, che da via Roma sale dividendo piazza Sant’Agostino dal largo Dogana Regia, ulteriori lavori di riqualificazione hanno eliminato l'orrido nastro di asfalto che la ricopriva.

Notizia precedente sull'argomento, 9 novembre 2009.


 

 

 

 

 

20 dicembre 2013, la Città.

Al di là dall'esagerazione giornalistica, quest'ultimo tocco al restauro (già discutibile) di Palazzo Fruscione appare veramente infelice, non solo per la sovrapposizione alla struttura appena recuperata, ma anche per la bruttezza dell'inserimento per altro inutile, essendo presente di fronte un'altra targa toponomastica.

 

 

 

 

 

 

17 novembre 2013, dal giornale on line Salernotoday.

"E' stato inaugurato il dormitorio nella chiesa Santa Maria dei Barbuti, che potrà ospitare fino a 20 senzatetto. Neppure ventiquattro ore prima - rivela il quotidiano La Città - numerosi residenti del centro storico avevano alzato la voce chiedendo spiegazioni ai volontari che si accingevano a portare materassi e coperte all'interno della struttura medievale. Da sempre, infatti, gli abitanti della zona si sono detti contrari alla decisione prese dalla Caritas diocesana e dal Comune di Salerno sul trasferimento del dormitorio da via Tasso a largo Barbuti. Dallo loro parte era sceso in campo anche il Comune che si era detto profondamente contrario alla trasformazione della chiesa in dormitorio.“

"il Comune si era detto profondamente contrario?", ma per

favore: aveva concesso il cambio di destinazione d'uso, altro che contrario.

 

Notizia precedente sull'argomento,

24 luglio 2013.


 

 

 

 

 

16 settembre 2013, Centro storico.

Restituito il nome alla moglie di Arechi II.

Nota precedente sull’argomento,

12 gennaio 2012.


 

 

 

 

 

24 luglio 2013, la Città.

Notizia precedente sull'argomento, 21 luglio 2013.


 

 

 

 

 

21 luglio 2013, la Città.

È veramente il caso di chiedersi quando questa città riuscirà ad affrancarsi da questi personaggi che si ritengono i padroni del suo patrimonio storico-artistico.

Notizia precedente sull'argomento, 19 marzo 2013.


 

 

 

 

 

19 luglio 2013, Torrione.

L'utilità sociale delle fontanelle.


 

 

 

 

 

11 giugno 2013, Palazzo di Città, sala giunta, ripavimentazione.

Le belle cose di pessimo gusto.


 

 

 

 

 

13 aprile 2013, Corriere del Mezzogiorno.

 

Chi era:

Sabato Visco fu fisiologo e nutrizionista, primo firmatario del Manifesto degli scienziati razzisti, capo dell'Ufficio per gli Studi e la Propaganda sulla Razza del MinCulPop, membro del Consiglio Superiore della Demografia e della Razza; nel 1939 dichiarò alla Camera dei deputati che l'università italiana perdeva i docenti ebrei con la più serena indifferenza. Anni fa si tentò addirittura di fargli intitolare una scuola nel comune nativo di Torchiara.


 

 

 

 

 

Dal sito del Comune di Salerno, 8 settembre 2009.

 

Il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca ha inaugurato questa mattina, martedì 8 settembre alle ore 10.30, le nuove strutture ed impianti realizzati nel sottopiazza dalla Concordia dopo la demolizione della nave Concord.
Dopo la demolizione dell’imbarcazione e le opere di bonifica ambientale, il Comune di Salerno ha realizzato, con un investimento di 185mila euro, una passeggiata a mare, un solarium, un impianto per la pratica sportiva, servizi igienici e sanitari.


 

27 marzo 2013, la Città.

 

 

Come presto il solarium, ma non è già stato inaugurato oltre tre anni fa?

Sarà trasformato e ancora inaugurato, come per piazza Montpellier? (14 settembre 2012) 


 

 

 

 

 

 

Dal sito del comune di Salerno, 21 marzo 2013. Festa di primavera dell'associazione culturale Scuola di falegnameria in collaborazione con l'Istituto comprensivo San Tommaso d'Aquino, Matierno. A scuola di culto della personalità.


 

 

 

 

 

19 marzo 2013, la Città.

In verità sono anni che la Soprintendenza per i Beni Architettonici è all'oscuro di quanto avviene ai Beni che sarebbe chiamata a tutelare.


 

 

 

 

 

21 febbraio 2013. Pubblicità elettorale senza limiti e vergogna (dalla pagina fb Figli delle Chiancarelle).


 

 

 

 

 

10 febbraio 2013, da via san Benedetto.

 

La buona notizia è che il prossimo giorno 18 riapre il Museo Archeologico, quindi orrore rientrato;

la cattiva è che i visitatori non vedranno più il platano secolare che ne ornava l'ingresso,

volato nel paradiso degli alberi già raggiunto

dai suoi fratelli di Santa Teresa.

Vita dura (anzi nessuna vita) per i platani nella città giardino del sindaco De Luca.

 

Notizia precedente sul Museo, 15 novembre 2010.

Notizia precedente sui platani, 13 aprile 2010.


 

 

 

 

 

17 novembre 2012, da vicolo Seminario Diocesano.

Riceviamo da Massimo La Rocca la segnalazione della scomparsa dell'epigrafe in immagine dalla facciata orientale dell'antico Palazzo de Vicariis, proprio nelle adiacenze di una delle porte minori della Cattedrale.

Egli scrive: Sembra che l' Epigrafe sia scomparsa dopo i lavori di ristrutturazione effettuati sull'entrata di un Box Auto privato. A nome dei cittadini salernitani che hanno a cuore i beni storici della propria città, si chiede cortesemente alla Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Salerno di sapere che fine ha fatto l'Epigrafe, o, se non a conoscenza, di svolgere opportuni accertamenti per conoscere la sua sorte. Nel caso malaugurato che l'Epigrafe sia andata distrutta si chiede ovviamente che i responsabili della distruzione vengano perseguiti.
 


 

 

 

 

 

3 novembre 2012, video matarAzz di Giuseppe Nolè.

La chiusura delle isole ecologiche di Fratte e di Arechi, causata dalla situazione debitoria del Comune nei confronti del Consorzio di bacino Sa2, ha determinato la comparsa di piccole discariche cittadine, ove i contribuenti salernitani, vessati dalla Tarsu più alta d'Italia, abbandonano i rifiuti ingombranti, in particolare materassi.

  


 

 

 

 

 

3 ottobre 2012.

(dalla pagina facebook Figli delle Chiancarelle).

Notizia precedente sull’argomento immondizia davanti alle chiere del centro storico, 26-29 giugno 2010.


 

 

 

 

 

14 settembre 2012, piazza Montpellier.

Da alcuni giorni, sul sito ufficiale del Comune si leggeva: Il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca procederà questa sera giovedì 13 settembre alle ore 19.30 all’inaugurazione della nuova rotatoria in piazza Montpellier sulla Lungoirno all’altezza del Parco Pinocchio. (come nuova rotatoria? - ecco la bufala - Ma non esisteva già il senso rotatorio intorno alla fontana?)

Ora mi chiedo come sia possibile che nel suo stesso entourage non ci sia persona capace di fargli rilevare il ridicolo di questo tipo di manifestazione. Una qualsiasi persona di normale senso del pudore, nel trasformare in aiuola una fontana che per responsabilità della sua stessa amministrazione non funzionava, dovrebbe fare atto di contrizione chiedendo scusa alla comunità per gli errori commessi dai progettisti cui si affida e per le ulteriori spese fatte sostenere dai contribuenti. Invece inaugura? Ma cosa inaugura, l'evidenza dei suoi fallimenti?

 

 

settembre 2007

 

settembre 2012

immagini di Massimo Pica dagli album propagandistici (allora come oggi) di Vincenzo De Luca

Notizia precedente sull’argomento, 13 giugno 2012.


 

 

 

 

 

agosto 2012, area prefabbricati leggeri post terremoto 1980 fra Fratte e Matierno.

Finalmente liberati da occupanti abusivi, gli ingressi di questi moduli abitativi (come sono definiti in burocratese) sono stati murati e l'intera area recintata da una cancellata. Quanto è costato tutto questo ai cittadini salernitani? Non era più semplice procedere direttamente alla demolizione?

 

agosto 2012, area prefabbricati leggeri

post terremoto 1980, Matierno.

Uno di questi moduli abitativi, murati invece di essere opportunamente demoliti, ha misteriosamente preso fuoco.

Sotto il muro di contenimento che si vede, corre il viale Fausto Andria, fiancheggiato

da prefabbricati pesanti regolarmente

abitati; naturalmente l'incendio ha causato non pochi rischi per i residenti, sopratutto

in ambito respiratorio, visto la natura dei materiali di coibentazione. 

Si attende ora che la Magistratura, cui

alcuni residenti si sono rivolti, accerti le responsabilità in ordine alla incauta

custodia da parte dell'Ente proprietario,

ossia il comune di Salerno.


 

 

 

 

 

13 giugno 2012, piazza Montpellier.

Quando la riconversione di una fontana,

già inaugurata in pompa magna, è definita

Manutenzione straordinaria stradale e fognaria

al modico costo di € 400.000.

Si ignora, come per tutte le opere cittadine,

la data di fine lavori, ma si è facili profeti se

si ipotizza il san Matteo prossimo, naturalmente con nuova inaugurazione. 

 


 

 

 

 

 

 

7 giugno 2012, via Piave.

Continua la distruzione sistematica di tutto quanto intralcia la megalomania deluchiana. A volte, però, i cittadini, in questo caso il Comitato di quartiere San Francesco, non ci stanno.

Forse questa città può ancora sperare.

 

8 giugno 2012, aggiornamento.

Notizie di stampa sembrano rassicurare sulla sorte dell'albero: l'ufficio comunale competente parla di prossima messa in sicurezza. Vogliamo crederci, anche se non dimentichiamo la messa in sicurezza di Palazzo Sabbetta.


 

 

 

 

 

12 marzo 2012. Riceviamo da Carmelo Currò:

NON SOLO POMPEI
Denuncio da anni la sparizione di materiale artistico e culturale da strutture pubbliche della provincia di Salerno. Mi sono imbattuto per caso in quanto era accaduto, ossia in reati consumati in data più o meno imprecisabile, quando un giorno dalla Sovrintendenza salernitana un funzionario mi chiese telefonicamente se io ricordassi le pale d’altare che si trovavano nella chiesa di S.Salvatore in Drapperia, nel pieno del centro storico e delle vie della movida. Infatti, anni prima io avevo condotto una ricerca (pubblicata due volte) sulla storia dell’antico edificio sacro. Le pale, all’epoca della telefonata, risultavano sparite; non si sa quando non si sa da dove non si sa per colpa di chi. La responsabilità del furto (chiamiamo il fatto per nome) era palleggiata fra le diverse istituzioni. Nessuno ne sapeva niente; ed io stesso non sono riuscito più a conoscere altri particolari. La Sovrintendenza stessa, rispondendo alla fine sulla stampa a un mio articolo, si diceva meravigliata che io sollevassi la questione dopo qualche anno dalla scoperta del misfatto, costringendomi a rispondere che certo io non sospettavo neppure come da depositi che ufficialmente doveva essere protetti e sorvegliati potesse sparire qualche cosa che appartiene a tutta la comunità.

Secondo tempo: Archivio parrocchiale di Perito, in provincia di Salerno. Dovevo scrivere un libro sul piccolo centro cilentano ma non trovai nessuno tra gli antichi registri che pure un tempo erano conservati senza che vi fossero stati danni a causa di incendi o terremoti. Per raccogliere qualche notizia necessaria al mio lavoro, mi reco allora all’Archivio di Stato di Salerno. Chiedo la cartella che contiene i regesti notarili che pure sono censiti, e puntualmente elencati nell’indice dei documenti conservati in sede. Immaginarsi la mia meraviglia quando la cartella mi viene portata ma completamente vuota. Ossia: esiste una cartella con tanto di titolo sul dorso ma degli antichi documenti che dovevano essere conservati al suo interno, nessuna traccia.
Nessuna traccia anche per i preziosissimi volumi dell’Archivio parrocchiale di Ricigliano, da me utilizzati per scrivere il libro “Il ritorno di Ulisse”, sulla storia del piccolo contro distrutto dal terremoto del 1980, e da me fatti ammirare a Rai 1 e Rai 3 per la loro importanza storica. Fortunatamente avevo già ricopiato tutti gli appunti essenziali; ma i libri vennero dati in prestito molti anni fa ad uno “studioso” locale di cui il parroco del tempo mi ha fatto nome e cognome. Purtroppo lo “studioso” è morto e i libri, fino alla mia ultima visita a Ricigliano, non avevano fatto rientro in parrocchia.

Nessuna traccia per i volumi di alcune parrocchie di Cava dei Tirreni che devono essere anch’essi scomparsi negli accoglienti scaffali di autoproclamati storici e studiosi i quali non hanno restituito un materiale che appartiene esclusivamente alla comunità.

E questi sono soltanto alcuni casi di cui ho personalmente certezza, avendoli constatati di persona. Ma che dire di altri di cui si parla sottovoce?

Io ho proposto in televisione e in articoli di controllare chi abbia preso “in prestito” questo materiale; e se non è possibile (come mi hanno risposto all’Archivio di Stato di Salerno poiché all’epoca dello “smarrimento” non esisteva la registrazione telematica di chi consultava o qualcosa del genere), basterebbe controllare chi si è interessato alle carte, scoprendo le persone che hanno pubblicato saggi o articoli su determinati paesi o famiglie. E’ possibile, per esempio, che sedicenti nobili ed estensori di alberi genealogici più o meno veritieri, abbiano fatto sparire carte compromettenti, in cui i loro antenati non figurano mai come nobili ma come semplici braccianti?

Ma è possibile, prima di tutto, che nonostante la mia denuncia inviata al Ministero dei beni culturali e al mio allarme lanciato più volte, nessuno abbia offerto una vera risposta e abbia dato notizia sullo stato delle indagini? Se è vero che le pale d’altare di S.Salvatore de Drapperia sono scomparse da un deposito del Museo diocesano, come mai il suo responsabile ossia il canonico Carucci è stato lasciato in carica fino alla sua morte? e come mai un suo sostituto e amico è stato ancora lasciato nello stesso incarico? e quali provvedimenti sono stati decisi negli Archivi da cui sono scomparsi i documenti?    

Fino a questo momento, nonostante questa nuova protesta sia stata inviata a tutte le autorità competenti, nessuna risposta.

Dal museo greco di Olimpia si è scoperto che sono spariti 62 antichi reperti e il giorno 17 febbraio il ministro della cultura ha rassegnato le sue dimissioni. Prima di individuare i ladri, credo che i responsabili abbiano la responsabilità morale di un evento, e che se ne debbano assumere (o far assumere) le conseguenze.

Carmelo Currò Troiano


 

 

 

 

 

E Salerno? Salerno si gingilla fra "S"; ridimensionamento nel logo comunale della scritta Ippocratica civitas; rotatorie inutili; sagrati delle chiese invase dai rifiuti; opere d'arte rinchiuse al sicuro, tanto al sicuro da essere invisibili a cittadini e turisti. (Si veda 2 febbraio 2012). 


 

 

 

 

 

 

 

 

1° marzo 2012.

Da questo sito, alla pagina http://www.ingenioloci.beniculturali.it/smatteo/23.htm, leggiamo a proposito di un sarcofago presente nell'atrio della cattedrale:

Sarcofago strigilato recante ai lati due stemmi aggiunti posteriormente, appartenenti, secondo alcuni, alla famiglia Santomango, ma ritenuti da altri della famiglia Guarna. In questo caso il sarcofago sarebbe la sepoltura degli Arcivescovi Romualdo I e Romualdo II.

Al di là del fatto che lo stemma certamente non è dei Guarna, la bufala doppia pascola nell'ultima affermazione, poiché la relazione della Visita pastorale del 1613 assegna ai due arcivescovi, naturalmente, due sepolture diverse e precisa che il primo Romualdo non era un Guarna: d.s Romualdus P.mi non Guarna, sed d.ni tum.q Rom. 2. Guarna

 

Dallo stesso sito, 26 dicembre 2011.


 

 

 

 

 

26 febbraio 2012.

Questa pagina del sito http://www.cattedraledisalerno.it/ riporta elenchi separati dei vescovi e degli arcivescovi di Salerno. Il primo di essi è conforme alla serie che si vede su questo nostro sito (i vescovi & gli arcivescovi) e si conclude con Amato I, al quale è attribuito, come da 

noi, il numero 34. Il problema inizia con l'elenco degli arcivescovi, ove allo stesso Amato, che fu prima vescovo (982-983), poi arcivescovo (983-993), è assegnato il nuovo numero 35, come si trattasse di presule diverso. La conseguenza è che tutti gli arcivescovi successivi avanzano di un numero fino a Giulio Pignatelli (1784-1796), che per noi è 99, per loro è 100. Miracolosamente, con Fortunato Pinto i numeri si riallineano, essendo egli 101 per noi come per loro, tant'è che gli elenchi si concludono entrambi con Luigi Moretti al numero 114. Come si spiega? Semplice: il loro elenco non riporta Salvatore Spinelli (1797-1805), nostro numero 100, che si colloca fra Pignatelli e Pinto. Singolare sono poi i periodi: infatti quello di Spinelli viene assegnato grosso modo a Pignatelli, mentre fra questi e il suo predecessore Isidoro Sanchez de Luna (1759-1783) ci sarebbe stata una sede vacante lunga tredici anni.


 

 

 

 

 

2 febbraio 2012.

Il Crocifisso (XIV secolo) e la statua di papa san Gregorio VII (XVII secolo) qui a lato, per secoli sono state fra le opere d'arte che danno danno pregio alla nostra cattedrale, la prima posta nell'accesso settentrionale della cripta, la seconda nell'abside destra della basilica superiore, ove da sempre è posta la sepoltura del grande pontefice.

Con la realizzazione del nuovo seminario metropolitano di Pontecagnano, inaugurato il 4 settembre 1999 da sua santità Giovanni Paolo II, l'allora arcivescovo Gerardo Pierro dispose che le due opere fossero trasferite in quella sede sottraendole al culto dei cittadini e al godimento di cultori dell'arte e turisti.

Da qualche giorno è stata lanciata da alcuni gruppi facebook, che hanno a cuore la tutela dei beni storico-artistici-ambientali salernitani, una petizione all'attuale arcivescovo Luigi Moretti affinché le due opere ritornino alla loro sede naturale.       

 

2 febbraio 2012. Aggiornamento. In relazione a quanto sopra, il 30 gennaio scorso Matteo La Rocca segnalava la questione, oltre che all'Arcivescovo, ai vari enti di tutela del patrimonio artistico e alle autorità politico-amministrative del Comune e della Provincia. In data odierna, il soprintendente Miccio risponde:

In relazione alla nota del “DUOMO DEPAUPERATO” del Sig. La Rocca Massimo da Salerno pervenuta a questo Ente a mezzo PEC si riscontra che la tutela e la corretta collazione delle opere sono di competenza della BSAE.
Si ritiene, comunque, opportuno segnalare che lo spostamento delle suddette opere, eseguito allorquando la competenza era assorbita nell'allora unico istituto ministeriale – Soprintendenza BAPPSAE, avvenne in assenza delle necessarie autorizzazioni e fu allora oggetto di relative corrispondenza tra i due Enti.

 

23 febbraio 2012. Aggiornamento. Il signor La Rocca rende noto di aver ricevuto dalla Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici questa nota: In riferimento alla mail del 30/01/2012... inviata alle SS.LL. dal sig. La Rocca, avente per oggetto il trasferimento di due opere d'arte (crocifisso ligneo di epoca medievale e scultura marmorea raffigurante S. Gregorio VII) dal Duomo di Salerno al Seminario Arcivescovile di Pontecagnano Faiano, si comunica che, dagli accertamenti d'archivio, è risultato che il trasferimento in questione è avvenuto a seguito di colloqui formali tra gli Istituti interessati e da una nota scritta fra i medesimi Istituti.
Nel far presente che, ad oggi, risulta che le opere sono in siti sicuri, per quanto attiene al ritrasferimento delle stesse opere d'arte ogni decisione sarà assunta solo in seguito a precisa volontà del possessore ed a seguito di valutazione dei luoghi e della sicurezza
.

 

Quindi la tesi è: non è prioritario che le opere d'arte siano fruibili dal pubblico, ma che siano custodite al sicuro, magari in spazi privati. La proposta del curatore di questo sito è: perché non sopprimere le Soprintendenze e destinare gli stipendi di questi geni all'acquisto di letti per un Pronto soccorso?


 

 

 

 

 

20 gennaio 2012. Orrore o bufala?

Ambienti solitamente bene informati vicini alla stanza di Regia del Comune lasciano trapelare che è allo studio l'ipotesi di rilasciare, a presentazione del certificato di nascita, a tutte le cittadine salernitane di età compresa fra i quindici e i sessantacinque anni, un buono per il ritiro gratuito presso esercizi commerciali convenzionati del capo qui presentato. 


 

 

 

 

 

 

 

17 gennaio 2012. Questo sito, alla pagina

http://www.versosalerno.it/Verso_Salerno/Historia_Salerni/Voci/2011/8/25_Salerno_bizzantina.html pubblicata in data 25

agosto 2011, raccoglie una intera mandria di bufale. Leggiamo: [in epoca bizantina, a Salerno] il tempio capitolino divenne una chiesa consacrata a S. Sofia, mentre la basilica romana fu riadattata a sede del pretorio bizantino, probabilmente nella stessa area che fu anche, nei secoli successivi, occupata dal maggiore edificio giudiziario della città; furono, inoltre, aperte nelle mura altre sei porte: la Respizzi, la Nocerina, la Rateprandi, la Porta di Mare, la Elina e la Rotese.

Adesso chi lo racconta al conte Guaiferio, figlio di Guaiferio, (già scambiato da altri storiografi con l'omonimo principe) che la sua Santa Sofia era stata ricavata un quattro/cinque secoli prima della sua nascita da un tempio capitolino? E chi lo spiega ai vari edifici sedi dei vari tribunali nel corso dei secoli che tutti sono figli di un presunta basilica romana? E chi si incarica di chiedere agli antichi salernitani come facevano ad entrare in città e ad uscirne prima dell'epoca bizantina, visto che tutte le porte furono aperte solo allora? E chi chiederà all'autrice di dedicarsi ad altro?

 

Dallo stesso sito e dalla stessa autrice, 27 dicembre 2011.  

 


 

 

 

 

 

15 gennaio 2012.

Da Gianluca Aliberti ci perviene l'immagine a lato scattata nella serata di ieri alla balaustra della gradinata del duomo con il commento: duomo di Salerno balaustra cade a pezzi.

Secondo Filippo Brindisi il danno (confessiamo che non l'avevamo mai notato) risale a qualche anno fa per l'incauta manovra di una automezzo impegnato in lavori nella piazza sottostante. In ogni caso, tanto più se l'episodio è ormai annoso, non possiamo che sollecitare il restauro.


 

 

 

 

 

http://www.ambientesa.beniculturali.it/BAP/?q=luoghi&luogo=&provincia=&comune=&src=&ID=17

 

 

14 gennaio 2012.

Leggiamo a proposito di Palazzo Fruscione:

I prospetti laterali conservano pregevoli decorazioni databili intorno alla metà del XIII secolo d.C. ed appartenenti ad un antico edificio che poteva essere l’Episcopio di Salerno [...].

Si tratta di una delle maggiori bufale della storiografia salernitana ripresa da un saggio di Arturo Carucci del 1981 con il quale riconosceva negli ambienti ipogei di San Pietro a Corte l'antica cattedrale e in questo edificio l'episcopio (a proposito si veda L'ubicazione dell'antica cattedrale dei vescovo salernitani).

La domanda é: ma il soprintendente Miccio ci crede veramente o non legge quanto si pubblica sul suo sito?

 

 

Dallo stesso sito, 18 dicembre 2011.


 

 

 

 

 

 

 

12 gennaio 2012, rione Alcide De Gasperi.

Salerno è città dai molti (reali o presunti) primati: la scuola medica più antica; le luci più sfavillanti; gli avori unici, come unici sono i resti dell'acquedotto e della reggia longobardi; il sindaco più amato; il logo più insulso e costoso; e ancora avrà la semirotonda sul mare più grande; il crescent più alto; la sirena più straordinaria. Ma crediamo sia indubbio che il primato irripetibile rimarrà quello della capacità ineguagliabile delle sue amministrazioni di storpiare i nomi dei personaggi ai quali si decide di dedicare vie. Abbiamo già visto i casi Guaimaro, Gisolfo, Adelberga, Gaitelcrina; oggi aggiungiamo quello del generale Fidenzio Dall'Ora (si veda alla pagina nati in città), ribattezzato Fulgenzio D'Allora.

Accetti le nostre scuse, generale, lei che ebbe la ventura di nascere per caso in questa città grande nel passato, poi sempre più miserrima e cialtrona. Se può consolarla, sinceramente contriti, qui la ricordiamo con Guaimario IV, Gisulfo II, Adelperga e Gaitelgrima.       


 

 

 

 

 

immagine di Luciano Guasco

4 gennaio 2012, via delle Botteghelle, 45.

In questo immobile, non so da quando e da chi, fu posta questa lapide, ma è una bufala.

Nel 1154-55 la famiglia dell'arcivescovo (il padre conte Pietro e i fratelli Roberto, abate di San Gregorio; Luca, signore del castello di Mandra; e Giovanni, non il beato, che verrà due generazioni dopo) abitavano in case site in quello che oggi è il cortile murato di fronte al portone del complesso di Santa Sofia, ove testimonieranno che scale poste nello stesso cortile appartenevano alla badia di Cava.

Fra Quattrocento e primi del Seicento, Casa Guarna sarà l'attuale Archivio di Stato, tant'è che la cappella di San Ludovico era detta de Guarna. L'immobile di cui alla lapide nel Cinquecento rientrava nel complesso di Casa de Ruggiero, che si estendeva lungo ambi i lati di via delle Botteghelle; al Carasto onciario (1754) sarà in possesso di Saverio de Ruggiero.


 

 

 

 

 

 

 

27 dicembre 2011. Questo sito, alla pagina

http://www.versosalerno.it/Verso_Salerno/Historia_Salerni/Voci/2011/8/11_Salerno_preromana_e_romana.html, pubblicata in data 11 agosto 2011, riprende, facendola acriticamente

propria, la vecchia tesi di Michele de Angelis relativa alle mura romane di Salerno e lo fa inserendo la Tavola I, dal titolo Michele de Angelis - Elaborazione della sua carta delle mura di Salerno, annessa al lavoro studi di urbanistica salernitana - la città medievale, presente su questo sito dal dicembre 2009.

Un consiglio (articolato in più voci) del tutto amichevole all'autrice: lasci perdere Michele de Angelis, meritevole per aver dato l'avvio agli studi di urbanistica cittadina ma ormai irrimediabilmente smentito; conduca propri studi esercitando prima dell'arte dello scrivere, quella più ardua del leggere (magari quanto scrivo nel capitolo da cui trae la tavola); si eserciti nel disegnare piantine o, almeno, preferendo il più comodo utilizzo di quelle altrui, citi la fonte, non per un obbligo di legge, ma per un più semplice moto di gratitudine e cortesia.    


 

 

 

 

 

26 dicembre 2011. Donatello Ciao scrive su facebook:

Cari amici, nella mia ultima visita guidata a Sant'Andrea De Lama, mi sono accorto che nelle cassette depositate tra gli scavi, qualcosa era stato spostato, e subito mi sono ricordato di cercare questo volto, che ovviamente non c'era più e mai rivedremo, credo...questa foto resterà l'unica testimonianza..


 

 

 

 

 

 

26 dicembre 2011.

Da questo sito, alla pagina http://www.ingenioloci.beniculturali.it/smatteo/89.htm, leggiamo:

Sulla parete di sinistra è collocato il monumento funebre dell’Arcivescovo Biagio de Vicariis, morto nel 1731, il cui stemma è murato nel pavimento.

Si tratta di una bufala, poiché Biagio de Vicariis non fu arcivescovo, ma vicario capitolare in occasione delle sedi vacanti 1690-1692 (dopo la morte dell'arcivescovo Passarelli), 1695-1697 (dopo la morte dell'arcivescovo de Ostos), 1722-1723 (dopo la morte dell'arcivescovo Poerio), 1729-1730 (dopo la morte dell'arcivescovo de Vilana Perlas). Dal 1728 ebbe la titolarietà della sede vescovile di Cafarnao.

 

Dallo stesso sito, 9 dicembre 2011.


 

 

 

 

 

http://www.ambientesa.beniculturali.it/BAP/?q=luoghi&luogo=&provincia=&comune=&src=&ID=41

 

 

Immagine del Giardino della Minerva

dal sito della Soprintendenza.

 

 

 

18 dicembre 2011.

Dallo scorso giorno 6 abbiamo tentato di avere dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Salerno e Avellino lumi intorno alla fonte storica che permette l'affermazione sul sito di quell'ente, che fu re Roberto d'Angiò a dare incarico a Matteo Silvatico di realizzare il giardino dei semplici che oggi si identifica con quello detto della Minerva (si veda lo scambio di e-mail alla pagina note e discussioni).

Non essendo pervenuta l'informazione, ma soltanto un rimando ad altro sito che, per altro, nulla chiarisce, possiamo classificare l'affermazione come

bufala! Ma ci chiediamo: cosa è questa MP Mirabilia srl che firma i testi che appaiono sul sito della Soprintendenza salernitano-avellinese?

 

Si tratta di una società romana che ha per sottotitolo L’Arte di Comunicare l’Archeologia, l’Architettura, la Scultura, la Pittura, il Paesaggio, il Cinema (!).

Una domanda al soprintendente Miccio: ma non pensa che a Salerno, intorno al nostro patrimonio storico, ci sia qualcuno (e non ci riferiamo solo al curatore di questo sito) che ne possa scrivere di  meglio lasciando tranquille le bufale


 

 

 

 

 

16 dicembre 2011.

Oggi riapre il Museo diocesano.

 

Notizia precedente sull’argomento, 11 aprile 2010.  

 

a lato: avori salernitani,

Il primo giorno della creazione


 

 

 

 

 

 

 

9 dicembre 2011.

Da questo sito, alla pagina http://www.ingenioloci.beniculturali.it/smatteo/30.htm, leggiamo (con riferimento al monumento funebre posto nell'atrio della cattedrale di cui l'immagine a lato):

Inserito in una nicchia è il sepolcro del giurista Agostino Pontano. Il giurista è raffigurato disteso sulla cassa avvolto nella toga.

Si tratta di una bufala, poiché, come si legge scolpito nel marmo, si tratta della sepoltura del giurista Pontano (de) Augustino, marito di Prospera Solimena e padre di Geronimo e Michele (de) Augustino, che qui lo posero nel 1547.

 

 

 

 

 

8 dicembre 2011. Loghi.

 

Duiciento milia euri!

U aname du' Priatorio!

Se il logoschifezza da 200.000 euro non avesse conquistato la notorietà televisiva di Striscia la notizia avremmo preferito non parlarne; ma tant'é, ci corre l'obbligo di proporre, gratis, alcune alternative.

In alto a sinistra: via Masuccio Salernitano.

In basso a sinistra: residui 1980.

In basso a destra: Giardino della Minerva.  

 

La città europea, turistica e illuminata cresce.


 

 

 

 

 

27 settembre 2011, Fratte.

1: vista da via Sant'Alfonso Maria de' Liguori della via che collega (?) il piazzale dell'ingresso principale del cimitero a via Irno.

2: vista da via Irno della stessa strada.

 

Lo stradario di Salerno (sito ufficiale del Comune) recita: Gaitelcrina - Km. 0,088
via - rione Fratte - dalla via Irno alla via Sant'Alfonso Maria De' Liguori
.
 

Gaitelcrina? Chi sarà stata costei per dover subire il disonore di tale dedica? Mica il Consiglio Comunale che il 20 maggio 1967 (sindaco Alfonso Menna) deliberò, su verbale della Commissione di toponomastica, tale intitolazione intendeva riferirsi ad una delle due

figlie di Guaimario IV che ebbero nome

1 2

Gaitelgrima? Se così fosse, la linea di storpiamento dei nomi di nostri concittadini illustri perseguita dagli ignoranti che hanno amministrato e amministrano questa città sarebbe salva, poiché questa perla andrebbe ad aggiungersi a Gisolfo II (in luogo di Gisulfo), a Guaimaro IV (in luogo di Guaimario), ad Adelberga (in luogo di Adelperga).

Ci risparmiamo qualsiasi commento sullo stato dei luoghi.

 

Nota precedente sull'argomento, 6 dicembre 2009.    


 

 

 

 

 

http://www.ambientesa.beniculturali.it/BAP/?q=luoghi&luogo=&provincia=&comune=&src=&ID=9

 

18 settembre 2011.

Avevo sempre creduto (ingenuamente) che l'appellativo a Corte facesse riferimento alla corte dominica dei principi longobardi, ma dal sito della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino (sempre sia lodata) apprendo che:

La chiesa sorge nella zona detta già in età romana ad Curtim.

Rivelazione folgorante, ma quale sarà la fonte?

 

 

Dallo stesso sito, 16 luglio 2011.


 

 

 

 

 

16 settembre 2011, Gradoni Madonna della Lama.

Il giorno 14 scorso il crollo di un solaio ha interessato lo stabile di fronte la chiesa di Santa Maria de Lana, causando il ferimento di una persona. L'immobile, di proprietà dell'azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona, non contiene affreschi di Leonardo, né di Giotto, però fa parte di quel retaggio storico di questa città che retrogradi come chi gestisce questo sito tentano di sottrarre all'avanzata della Città Europea fatta di fontane, buchi nella Porta Nova e luminarie natalizie. Siamo certi che l'amministrazione comunale lo giudica solo un vecchio edificio senza alcun interesse, che ben volentieri demolirebbe; ma questa volta (vendetta di Palazzo Sabbetta), si prospetta un singolare conflitto di interessi, poiché questo edificio fa da sostegno ...

 

 

... all'ala verso meridione di Palazzo Ruggi d'Aragona, ove ha la propria sede centrale

la Soprintendenza per i Beni Architettonici

e Paesaggistici (ex Zampino, ora Miccio)!

 

in alto: lato orientale dell'edificio, visto dall'ingresso di Santa Maria de Lama.

a lato: vista da via Tasso; la parte candida

è l'ala verso meridione di Palazzo Ruggi d'Aragona 


 

 

 

 

 

18 agosto 2011.

Il signor Massimo La Rocca invia una serie di immagini che sono il Prima e il Dopo della ricostruzione del santuario sul Monte Stella. Come egli lamenta, l'intervento ha completamente cancellato le poche, ma significative, evidenze superstiti della costruzione trecentesca dovuta alla munificenza testamentaria (1308) di Riccardo Scillato, che dispose un legato di ottocento once d'oro per l'erezione della chiesa e di un annesso monastero, affidando il compito a Filippo Cavaselice, della badia di Santa Maria de Vetro di Ogliara, dal quale il nuovo cenobio avrebbe dovuto dipendere.   

Come si vede, quella che nella parte bassa dell'immagine qui a sinistra (Dopo) potrebbe addirittura credersi una costruzione ex novo in realtà è il restauro (?) della facciata che si vede nella parte alta (Prima). Nell'operazione, è scomparso l'arco acuto di accesso, che giungeva fino all'oculo che si vede superstite nell'immagine in basso, e anche l'arco, uguale, di accesso all'area absidale.

Che non si tratti di una costruzione ex novo (che avrebbe comunque comportato la demolizione di quanto rimaneva dell'edificio trecentesco), lo dimostrano le due immagini in alto, ove si vedono evidenziati i pilastri di sostegno della muratura trecentesca presenti anche nella ricostruzione, bellamente intonacati di bel nuovo. Nell'immagine in alto a destra si nota anche l'ex arco acuto di accesso all'area absidale, ora ribassato con perdita della propria identità.

Risparmio ogni commento circa i colori della facciata.

 

Cosa aggiungere? Ci chiediamo, il signor La Rocca ed io, chi possa aver fatto tutto questo, chi ha concesso la licenza edilizia, ove fosse la Soprintendenza. Ma forse la risposta l'abbiamo: I responsabili sono gli stessi che hanno pavimentato di rosso i Barbuti, che hanno rivestito di ceramiche San Gregorio, che hanno demolito Palazzo Sabbetta.       


 

 

 

 

 

http://www.ambientesa.beniculturali.it/BAP/?q=luoghi&luogo=&provincia=&comune=&src=&ID=27

 

16 luglio 2011.

Il sito della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino tratta del

Conservatorio Ave Gratia Plena,

però la prima delle due immagini che presenta ritrae la chiesa di San Giovanni di Dio.

 

 

2 agosto 2011.

A cura del signor Giovanni Amatuccio è stata segnalata alla Soprintendenza l'errore. Oggi l'immagine è stata rimossa.


 

 

 

 

 

26 marzo 2011, chiesa del Monte dei Morti.

 

post di Massimo Matteo La Rocca con immagini di Filippo Brindisi sulla pagina facebook Per Palazzo Sabbetta.

 

Scomparsi i dipinti presenti nella chiesa del Monte dei Morti prima dell'inizio dei restauri. Incredibile che solo ora si viene a sapere, ossia a sei mesi dalla fine dei lavori.

 

All'ipotesi che le tele siano presso il Museo Diocesano, il dottor Antonio Braca risponde: Errore, sono involate. Erano al loro posto fino all'inizio dei restauri. Aperto il cantiere nessuno ha pensato, o se l'hanno fatto non si sa chi, a rimuoverle e metterle in un posto sicuro. Quando si è andati per cercarle... voila, non c'erano più. E non si sa che fine abbiano fatto. Chi ha notizie da poter fornire è pregato di farsi avanti. Parliamo di un san Domenico e di un Francesco del 1618 di cui esiste anche documentazione fotografica.

 


 

 

 

 

 

25 marzo 2011,

sfogliano vecchi giornali.

 

 

 

 

 

 

Notizia precedente sull’argomento, 21 marzo 2009.

 

 

 

 

 

13 dicembre 2010, via Vernieri.

Acquedotto medievale

e vasche post-moderne

 

immagine di Raffaele Avallone


 

 

 

 

 

Museo provinciale, 15 novembre 2010

Serrata a tempo indeterminato

immagini gentilmente fornite da Luigi Carlino

 


 

 

 

 

 

5 novembre 2010,

dal Corriere del Mezzogiorno

Buchi alla porta di San Matteo, Nicolais: la Soprintendenza chiarisca

L'ok all'installazione delle «Luci d'artista» con la foratura della superficie marmorea di Porta Nova e le polemiche

SALERNO— I chiodi metallici affissi alla porta di San Matteo in piazza Flavio Gioia diventano un caso nazionale e finiscono in Parlamento. L’eco di quanto avvenuto a Salerno, ossia la foratura della superficie marmorea in travertino di Porta Nova, l’unico varco medioevale ancora esistente in città, su cui si erge dal 1756 la statua di San Matteo, è arrivata fino a Roma. A prendere posizione contro la "superficialità" della Soprintendenza ai beni artistici e storici della provincia di Salerno è stato il deputato del Pd Gino Nicolais, ex assessore regionale della giunta Bassolino ed ora uno dei membri più autorevoli della Commissione Cultura della Camera. «Voglio approfondire la questione di Salerno — ha esordito Nicolais — e sono pronto già domani ad informare il capo gabinetto del ministero delle Politiche Culturali per ottenere un intervento diretto del ministro Bondi. Poi presenterò una interrogazione parlamentare sul fatto, per capire quali siano le responsabilità specifiche. Siamo in un Paese dove si parla sempre poco di cultura e di beni artistici, e quando accade, purtroppo, ci rendiamo conto che troppo spesso la cultura e la tutela del patrimonio sono messe in un angolo».

Insomma quei buchi sono proprio indigesti, non solo ai salernitani che tanto amano quella porta in piazza Flavio Gioia, uno dei simboli della città, ma anche a quei parlamentari, come Nicolais, che dimostrano sensibilità per la valorizzazione della storia e della memoria collettiva. «Non ho letto i documenti ed il carteggio formale che è intercorso tra la Soprintendenza, il Comune e la ditta appaltatrice — ha aggiunto il parlamentare del Pd — e dunque dire apertamente in questo momento di chi sia la responsabilità di ciò che è accaduto mi sembra azzardato. Di sicuro la Soprintendenza è il soggetto titolare della cura del patrimonio artistico e quindi un simile evento denota quantomeno una certa superficialità. Non si possono avallare azioni del genere. In casi simili, però, occorre andare a verificare anche le eventuali responsabilità delle ditte che si occupano di certi lavori, in quanto non è raro il caso in cui si operi senza tutte le autorizzazioni del caso ed a volte con scarsa attenzione».

Ma Nicolais è ancora più netto quando si analizza il danno arrecato al monumento: «Qui non si tratta di un semplice graffio, parliamo invece di un danno permanente che non sarà più ripristinabile. L’attività di restauro andrà a sanare la ferita, ma il danno sottostante resterà per sempre. Oggi il moderno concetto della cultura ci impone di rispettare la storia e di tramandarla ai nostri posteri. Dunque occorre fare di tutto per difendere queste opere da ogni forma di danneggiamento».

 

4 novembre 2010, il lupo (di cui scrivevamo lo scorso giorno 1, o forse un altro lupo, poiché pare si tratti di una diversa Soprintendenza, ma il livello della dirigenza non cambia) ha già  azzannato un pezzo del patrimonio storico salernitano

dal Corriere del Mezzogiorno

il caso: un pilone si regge su porta nova

La Soprintendenza autorizza
buchi nella porta di San Matteo

Il motivo: servono per sistemare le Luci d’artista.
L'inaugurazione il 5 novembre col sindaco De Luca

SALERNO— Un trapano a percussione e quattro chiodi d’acciaio: ecco come è stata ferita la storica porta medioevale della città, dedicata a San Matteo, e collocata in piazza Flavio Gioia. Magari qualcuno non aveva fatto caso al fatto, visto il tourbillon di operai al lavoro per le ultime e febbrili operazioni relative alla collocazione delle «Luci d’artista», le creazioni di luce che saranno inaugurate ufficialmente venerdì 5 novembre dal sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Eppure l’impatto visivo del pilone d’acciaio — che regge una delle creazioni artistiche collocate nella popolare "Rotonda" — è notevole: quel pilone si regge proprio su Porta Nova, l’ultima porta d’accesso alla città risalente al 1754, sulla cui
sommità — nel 1756— fu collocata anche la statua del santo patrono, realizzata dallo scultore Francesco Pagano. Martedì pomeriggio abbiamo provato a fare una passeggiata nel cuore di piazza Flavio Gioia, completamente immersa nelle attività di messa a dimora delle luci d’artista. Nonostante il nostro stupore e quello di tanti altri cittadini che si trovavano a transitare nella zona, quei chiodi— che bucano la storica porta cittadina — esistono davvero e sono pure di notevoli dimensioni, così come sono notevoli quelli posizionati sul lato posteriore della porta, applicati sulla borchia retrostante che ne bilancia il peso. A prima vista un vero e proprio sfregio, ma andando a guardare le carte è tutto assolutamente in regola. Infatti la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici della provincia di Salerno ha preso atto della collocazione delle luci utilizzando come base d’appoggio l’arcata marmorea, interamente ricoperta di travertino. Abbiamo anche provato a chiedere il perché di quella installazione e la risposta l’abbiamo ritrovata nel carteggio inviato dalla Soprintendenza, dove si fa chiaramente riferimento ai buchi effettuati nel marmo per reggere il peso della struttura luminosa. Ci è stato anche assicurato che nei prossimi giorni — nella parte posteriore della porta — verrà collocato un contrappeso che consentirà di scaricare la massa della struttura e le eventuali vibrazioni.

Non contenta di quanto autorizzato, la Soprintendenza — che a Salerno pone vincoli anche per un semplice chiodo — è riuscita a fare anche di più. Nella nota di autorizzazione inviata al Comune, ha anche evidenziato che quei buchi saranno eliminati. Con un intervento a spese del Comune. Che dovrà porre rimedio con un intervento tampone, seppur con moderne tecnologie di restauro. Chissà se a Roma autorizzerebbero di trapanare le mura del Colosseo per un cartellone pubblicitario o a Firenze consentirebbero di piazzare qualche chiodo negli Uffizi. A Salerno invece no. Anche la porta simbolo della città può essere bucata. Qualche settimana fa, le luci d’artista furono sistemate addirittura nella parte alta della porta di San Matteo. Dopo una rivolta popolare, quell’intervento fu rimosso. Evidentemente la lezione non è servita alla Soprintendenza. Che è riuscita anche a fare di più.

Umberto Adinolfi


 

 

 

 

 

1° novembre 2010, in bocca al lupo al patrimonio storico salernitano

Nello scorso mese di ottobre, al vertice della Soprintendenza per i Beni Architettonici, a Giuseppe Zampino è subentrato Gennaro Miccio. Non staremo qui a riconsiderare le capacità del partente, poiché di esse già ampiamente narra il delitto di via Masuccio Salernitano, ma cercheremo di conoscere quelle del neopromosso attraverso la scelta di tre perle scaturite dal suo ingegno.

Nell'opuscolo Salerno Porte Aperte 2004, trattando del recupero della parete nord della chiesa del Santissimo Crocifisso, asseriva che le indagini avevano posto in evidenza

un portale appartenente probabilmente ad un diverso orientamento nord-sud della chiesa. Ora, chiunque mastica di edilizia sacra medievale (la chiesa è citata per la

prima volta nel 1140)  sa che un luogo di culto dell'epoca non poteva che essere edificato sull'asse est-ovest, avendo una porta piccola su uno dei lati lunghi, che è quella che meraviglia e scatena la fantasia dal Nostro.

L'anno successivo, il nuovo Salerno Porte Aperte e il recupero di San Matteo Piccolo erano occasione di un nuovo dotto intervento, poiché il Nostro scriveva: L’attuale Cappella quasi sicuramente non è quella fondata nel 970 dal conte longobardo Pietro Gastaldo (figlio di Landolfo) e dalla moglie Aloara che la dedicarono a San Matteo e San Tommaso [...] Ma l’antico edificio longobardo, anche se individuato ‘in loco ubi a li canali dicitur’, doveva trovarsi quasi sicuramente alcune decine di metri più a monte. Certo che l’attuale chiesa non è quella fondata dal conte Pietro (gastaldo non è cognome, ma il titolo che Pietro deteneva prima di diventare conte), per il semplice motivo che quella era in Orto Magno, a settentrione di San Gregorio e a meridione dell’archiepiscopio; è altrettanto certo che non è quella esistente ai Canali fra il Duecento e il Seicento, per il fatto che quella era ove attualmente se ne vede l’abside altomedievale sotto il fronte del conservatorio della Santissima Annunziata Minore e anche perché la costruzione dell'edificio attuale è documentata al Settecento.

La terza perla la si legge nel protocollo 24617, a sua firma e controfirmato da Zampino, emesso dalla Soprintendenza il 15 settembre 2009 nell'ambito della questione Palazzo Sabbetta, ove si parla di Convento di Santa Maria della Pietà e Monastero della Piantanova, mostrando di ignorare che Piantanova è un appellativo dato al Santa Maria della Pietà dopo la ristrutturazione realizzata fra il 1574 e il 1622.

In bocca al lupo, non a lui, ma al patrimonio storico salernitano affidato al suo ingegno.


 

 

 

 

 

 

7 settembre 2010, Centro storico.

Murales, forma d'arte molto apprezzata dal sindaco di questa città barbara.


 

 

 

 

 

26 giugno 2010, Centro storico.

Città europea a vocazione turistica cercasi

 

a sinistra: Santi Crispino e Crispiniano

al centro: Sant'Andrea de Lavina

 

 

 

 

 

queste immagini sono state riprese e pubblicate il 27 giugno da www.dentrosalerno.it

e il 28 giugno da www.12mesi.it e dai quotidiani Cronache del Mezzogiorno

e la Città

 

 

 

 

 

29 giugno 2010, Centro storico.

Tre giorni dopo: nessuna resurrezione


 

 

 

 

 

26 maggio 2010, Seminario diocesano.

Nel trigesimo delle morti di san Francesco d'Assisi e san Ludovico di Tolosa

Nella serata del 3 ottobre 1226 è morto un certo Francesco, originario di Assisi, noto alle cronache per una bizzarra vita in povertà e umiltà, spregiatore delle ricchezze paterne, fondatore di un certo ordine monastico destinato ad essere dimenticato come la memoria del suo fondatore, poiché costui, in vita, non ha pensato nemmeno a farsi innalzare una statua a futura gloria.

Il 19 agosto 1297 è morto anche Ludovico, figlio del re di Sicilia Carlo II. Altro personaggio bizzarro, costui: seguace del Francesco di cui sopra, ottusamente rinunciò al trono paterno e pur essendo stato nominato vescovo di Tolosa, anche lui, come il suo maestro spirituale, non si fece erigere alcuna statua.

Il 26 aprile 2010 un certo Gerardo, che ebbe la ventura di essere nominato arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, nel compiere gli anni e nel lasciare la guida della diocesi per la meritata pensione, ha pensato, lui sì geniale, di farsi erigere una statua per la gratitudine che i popoli, non è chiaro a quale titolo, gli dovrebbero.

Quindi oggi, 26 maggio 2010, ricorre il trigesimo di Francesco d'Assisi e di Ludovico di Tolosa, perché se essi morirono nei corpi nel 1226 e nel 1297,  nello spirito sono morti il 26 aprile scorso.   


 

 

 

 

 

Una mano di colore a coprire!

26 maggio 2010, Centro storico.

In epoca napoleonica, quando questa città subì irreparabili danni al proprio patrimonio storico-immobiliare, nel ridurre a stalla la cappella di San Ludovico alla Regia Udienza (oggi all'Archivio di Stato) si pensò di nascondere il crimine stendendo una mano di colore sulle volte a fine decoro e sull'affresco trecentesco poi fortunosamente riscoperti. In via Masuccio Salernitano si è prodotto altro crimine che, analogamente, il vandalo di turno ha pensato potesse essere nascosto da altro colore. Passano i secoli, ma questa città continua a subire inerte e distratta,

ieri dal nume dei fasti imperiali, oggi da quello delle luminarie, per l'occasione nelle vesti di alto patrono di schifezze graffitare. Per fortuna esiste la speranza che i secoli ancora una volta facciano giustizia.


 

 

 

 

 

4 maggio 2010, Torrione.

Il costone orientale del moncone di collina su cui si erge la torre la Carnale, sottoposto allo stress del taglio di alberi e arbusti che lo ricoprivano e all'assalto delle ruspe deluchiane, è finito per franare lasciando un nudo strapiombo. L'intero rimasuglio di quella che fu la collina argine della città verso oriente sarà circondato da una barriera cementizia che farà la gioia degli artisti dello spray.

 


 

 

 

 

 

4 maggio 2010, via Masuccio Salernitano dopo la cura De Luca.

Si veda il dossier il delitto di via Masuccio Salernitano.

 


 

 

 

 

 

3 maggio 2010, via San Benedetto. No comment. Anzi, sì: vergogna!

 


 

 

 

 

19 aprile 2010, Archivio di Stato, inaugurazione del restauro della cappella di San Ludovico d'Angiò

Ma san Grammazio era francescano?

L'occasione di questa inaugurazione non ha mancato di porre in rilievo le ampie manchevolezze che caratterizzano gli addetti ai lavori ai quali è affidato il nostro patrimonio storico-artistico. Infatti, in dotti interventi è stato auspicato che ricerche future pongano in luce la natura dell'ambiente (?) e come mai esso si trovi dove lo vediamo (?). Ove quei signori avessero sfogliato Salerno Sacra, seconda edizione, 2001, o avessero consultato questo sito, l'identità dei luoghi, il civico 8 del largo Abate Conforti, avrebbero le risposte da circa un decennio.

Il vertice dell'insipienza è stato raggiunto con l'intervento di un noto critico d'arte che già si distinse all'epoca della scoperta dell'affresco con l'individuare san Grammazio nel santo vescovo raffigurato, presumendo che qui fosse stato il luogo di culto a lui dedicato (che fu demolito nel 1670!). Lui insiste. Peccato che il nostro santo, come nel dipinto di Simone Martini raffigurante san Ludovico d'Angiò che si conserva al Museo di Capodimonte a Napoli, indossi il saio francescano sotto i paramenti vescovili, mentre alla morte di san Grammazio (25 gennaio 490) erano molto di là da venire sai, francescani e lo stesso poverello d'Assisi.

a lato: tavola di Simone Martini e affresco di Salerno.

 

 


 

 

 

 

 

 13 aprile 2010, futura piazza della Libertà

Non cercateli, sono andati!

Legambiente Salerno "Orizzonti" (www.giovanisalerno.it/legambiente) comunica che lo scorso sabato ha avuto inizio, disattendendo tutte le rassicurazioni precedentemente elargite, l'abbattimento dei secolari platani di via Alvarez, sacrificati sull'altare della megalomania deluchiana alla ricerca della mitica città europea.

 

In pari data la Sala stampa del Comune informa che il prossimo giorno 17 si terrà in città La festa degli alberi 2010 (nel senso che faranno la festa ad altri alberi?).

 

Il principe de Curtis a questo punto si esibirebbe nella sua mitica pernacchia (o pernacchio, come amava sottilizzare).


 

 

 

 

 

     11 aprile 2010, Museo diocesano.

 

È inutile bussare qui, non aprirà nessuno...

Questo portone è chiuso a cittadini e turisti dalla fine del 2007, quando si concluse l'esposizione degli avori salernitani e della cassetta di Farfa.

Qui dentro rimangono nascosti alla cultura di questa città, che si dichiara europea e a vocazione turistica in virtù di brutte fontane e inutili rotatorie, oltre i citati avori, la croce di Roberto il Guiscardo, l'Exultet del XIII secolo, la Crocefissione di Roberto d'Oderisio, il San Michele di Cristoforo Scacco, diverse opere di Andrea Sabatini, una ricca serie di dipinti tardomanieristi e di cultura napoletana del Seicento e del Settecento, oltre a lapidi e altri oggetti di spoglio, fra cui le balaustre (colpevolmente rimosse) che una volta coronavano l'altare maggiore della Cattedrale, e ancora monete, medaglie e addirittura una copia della Sacra Sindone realizzata a Torino nel Seicento, forse dono al monastero di San Michele della beata Maria Francesca di Savoia, come ci ha ricordato lo scorso 6 aprile un articolo a firma Massimo La Rocca apparso alla pagina 8 del quotidiano Cronache del Mezzogiorno


 

 

 

 

 

25 marzo 2010, Matierno. Cabina del metano: esempio di rispetto del bene pubblico da parte di candidati.

 

25 marzo 2010, Matierno.  Il candidato al palo:

speriamo ci resti.

 

Esempi precedenti dello stesso disinvolto fare, 8 maggio 2009.


 

 

 

 

 

Notizia precedente sull’argomento, 7 luglio 2009.

25 marzo 2010, Matierno.

A tre giorni dall'appuntamento elettorale si annunciano Grandi lavori a Matierno.

Peccato che gli stessi Grandi lavori furono già annunciati il 7 luglio dell'anno scorso e da allora non è stata mossa una pietra.    

 


 

 

 

 

 

24 marzo 2010, rione Gelso. Aurelio Nicolodi, chi era costui?

Il signor Massimo La Rocca, come sempre attento osservatore di quanto avviene in questa città a vocazione europea (!), come ama definirla il Primo Cittadino, segnala che al rione Gelso la via una volta intitolata Duca Guglielmo oggi è dedicata ad Aurelio Nicolodi. Chi sarà stato mai costui per meritare di prendere il posto del duca d'Altavilla, nipote di Roberto il Guiscardo e governante del più rilevante stato italiano con capitale Salerno? Si tratta di una delle solite genialate che prendono forma e si consumano nelle secrete stanze della Commissione di toponomastica, ove sono sconosciuti, oltre a Guglielmo d'Altavilla, i principi Gisulfo e Guaimario e la principessa Adelperga (che per quell'ufficio continuano ad essere Gisolfo, Guaimaro, Adelberga). Una sola la nostra speranza: che in sua morte (che prima o poi avverrà), al genio che ha fatto la scelta non sia dedicata una via.   


 

 

 

 

 

9 febbraio 2010, Corriere del Mezzogiorno.it

Salerno, crolla il solaio di casa, bimbo cade per 6 metri: illeso

Paura in largo Montone a Salerno, sigillato il complesso È «atterrato» in una chiesa sconsacrata

Un volo di sei metri. Nel buio di una chiesa sconsacrata. Tragedia sfiorata ieri pomeriggio a Salerno, nel cuore del centro storico. Siamo in Largo Montone, a pochi passi da via Trotula De Ruggiero. Un bambino giocava tranquillamente in casa quando alle 14.45 è crollato una parte del solaio. Il piccolo, 8 anni, ha fatto un volo di circa 6 metri prima di cadere in un vano della chiesa sottostante di Santa Maria Alimunda. In casa, con lui, c’erano la madre e i fratelli. Spaventati dal rumore e richiamati dalle grida del piccolo, i familiari hanno subito chiesto aiuto.

Nel frattempo uno dei fratelli è uscito dall’abitazione recandosi dinanzi all’ingresso della chiesa. Dopo aver sfondato la porta, il ragazzo si è infilato in una piccola apertura prima di poter accedere nella zona in cui era caduto Andrea. Sul posto sono subito arrivati i carabinieri e l’ambulanza. Fortunatamente il bambino non ha riportato gravi conseguenze. Per lui solo contusioni e qualche graffio. Poteva andare molto peggio, anche perché il bambino è atterrato su di una vecchia lavatrice abbandonata nella chiesa.

Il piccolo resterà in osservazione per 48 ore al Ruggi, ma solo a scopo precauzionale. Dopo le prime concitate fasi di soccorso, sono arrivati in Largo Montone i vigili del fuoco, i caschi bianchi e gli uomini della Protezione Civile. L’abitazione è stata posta sotto sequestro in attesa dei controlli di stabilità che partiranno già questa mattina. «La macchina dei soccorsi ha funzionato bene — spiega Augusto De Pascale, assessore comunale alla Protezione Civile — in pochi minuti sono intervenute tutte le componenti, Protezione Civile inclusa. Abbiamo provveduto a chiudere la casa perché bisogna fare accertamenti più approfonditi per verificare l’agibilità». De Pascale ha poi aggiunto che, dalle prime indagini svolte, sembrerebbe che l’immobile sia di proprietà dell’Azienda ospedaliera salernitana. «La casa sarebbe di proprietà dell’ospedale — spiega — abbiamo chiamato il direttore Attilio Bianchi che ha trovato una sistemazione temporanea per la famiglia».

Ieri notte i familiari di Andrea hanno trovato ospitalità da una vicina ma, già da questa sera, dovrebbero dormire presso una casa di accoglienza convenzionata con l’Azienda ospedaliera . Solo dopo aver accertato l’agibilità dell’immobile, si deciderà se far tornare il nucleo familiare all’interno di quell’abitazione. Intanto, dopo la caduta di alcuni calcinacci da Palazzo di Città, tre giorni dopo si è verificato questo episodio in Largo Montone che inevitabilmente porta alla mente il crollo di Favara dove hanno perso la vita due sorelline di 3 e 14 anni. Quello dell’agibilità nei centri storici resta un problema complesso ma a Salerno, assicura l’assessore De Pascale, la situazione: «E’ ampiamente sotto controllo».

Carlo Gravina

 

Domanda: visto che non si tratta né di fontane né di rotatorie, Vicienzo (con il tacito assenso dell'esperto Zampino) abbatterà casa e chiesa? scheda di Santa Maria de Alimundo  

 

 

 

 

 

 

29 dicembre 2009, Archivio di Stato.

Fortuitamente, come a volte capita,

a questo sito, un benefattore anonimo ha fatto pervenire l’immagine a lato.

Si tratta della cappella gentilizia originariamente della famiglia della Porta, oggi all’interno dell’Archivio di Stato, ove, nel giugno dello scorso

2008, fu rinvenuto l’affresco

trecentesco raffigurante san Ludovico d’Angiò che nell’immagine si vede al

centro in alto.

Ov’è l’orrore? Nel fatto che questo bene culturale della Città, fisicamente di proprietà della Provincia, sia sottratto alla fruizione pubblica e alla disponibilità dello stesso Archivio (che vorrebbe utilizzarlo quale spazio espositivo) dall’atteggiamento della Soprintendenza zampiniana, che dilaziona i tempi, a domande sull’argomento (ma è comportamento noto) non risponde, accampa scuse quali il non avvenuto completamento del restauro conservativo (ma da circa sei mesi nessuno vi pone mano e nell’ambiente non vi sono tracce di un cantiere attivo). Da fonte bene informata (direbbe qualche giornalista di grido) pare che ciò che manchi sia il riposizionamento di alcune lapidi settecentesche rimosse dalla parte più interna dell’ambiente per il loro restauro (già completato a novembre) e la posa in opera di una rampa lignea per facilitare l’accesso al sito, opere per le quali mancherebbe la copertura finanziaria. Pare anche che altra cosa che manchi sia uno studio sulla storia del luogo, sull’identità (?) del santo, sulle implicazioni storico-artistiche dell’affresco, da presentarsi all’apertura ufficiale dell’ex cappella, al quale starebbe lavorando uno degli scienziati zampiniani.

Una offerta: non sforzi la mente, poiché gran parte di quanto gli serve appare già su questo sito (alla pagina il civico 8 del largo Abate Conforti e volentieri gliene facciamo dono (quindi può liberamente ricopiarlo, poiché non lo consideriamo nostra proprietà intellettuale, ma patrimonio della Città), basta che si sbrighi.


 

 

 

 

 

6 dicembre 2009, piazza Sant’Agostino.

Questa mattina, il curatore di questo sito, seguendo la visita guidata di Luca Borsa, che trattava delle mura medievali della città, con il folto gruppo di appassionati che seguiva il relatore, si è ritrovato in piazza Sant’Agostino. Al cospetto dell’elemento architettonico (?) che riproduciamo a lato, uno degli astanti, dopo aver notato il suo richiamare i pilastri del casermone di fondo, si chiedeva cosa rappresentasse quel Patibolo. Non sappiamo se la definizione piacerà al signor Massimo La Rocca, che lo definì semplicemente Coso, ma l’episodio ci conforta sul fatto di non essere i soli paranoici critici sulla riqualificazione in corso del Centro storico.

L’episodio richiama alla mente che quando, nel 2006, si procedette al restauro della facciata dell’ex chiesa di Sant’Antoniello, sede della pasticceria Pantaleone, l’ufficio stampa del Comune emise un comunicato che nelle intenzioni di chi questa città amministra avrebbe dovuto rendere edotti i cittadini sull’identità dell’antico luogo di culto. In esso si leggeva che la chiesa era stata la sede della confraternita che accompagnava i condannati a morte nel loro penoso cammino verso il patibolo eretto in piazza Sant’Agostino. A parte il fatto che quella confraternita aveva sede non in Sant’Antoniello, ma in Sant’Antonio dei Nobili, il patibolo in piazza Sant’Agostino mai vi fu, per il semplice fatto che la piazza non esisteva fino ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale che la crearono demolendo le case ivi esistenti.

Che l’erezione testé posta in essere del Patibolo sia un tentativo di dare senso a quel comunicato stampa?

 

Notizia precedente sull’argomento, 19 settembre 2009.


 

 

 

 

 

 

6 dicembre 2009, Barbuti.

Quando, in giugno, attiravamo l’attenzione dei distratti amministratori e cittadini di questa ex capitale (che tutto dimentica e trasforma) sul fatto che i principi Guaimario IV e Gisulfo II sono divenuti nella toponomastica cittadina Guaimaro e Gisolfo, alla nostra mente, pur costantemente (e troppo spesso inutilmente) vigile sulle problematiche del Centro storico, colpevolmente sfuggì l’analoga sorte, che pur conoscevamo, toccata alla principessa Adelperga, figlia di re Desiderio e consorte di Arechi II, divenuta sulla targa del vicolo a lei dedicata Adelberga.

Per pietà, una prece a suffragio di queste tre povere anime private della loro identità, affinché, se dobbiamo dar credito agli antichi egizi, per tale circostanza non siano private della vita eterna (se possibile, per la principessa anche un po' di pulizia).

 

Nota precedente sull’argomento.


 

 

 

 

 

6 dicembre 2009, Barbuti.

Sembrano conclusi (si spera) i lavori di ripavimentazione ai Barbuti. L’ultimo intervento ha interessato il vicolo Siconolfo, ove la situazione era intollerabile per la presenza dell’asfalto. Il 3 novembre ci chiedevamo quale genialata avrebbero escogitato fra Comune e Soprintendenza. Per fortuna lor signori hanno lasciato riposare le menti e, pare, esaurite le scorte di mattoncini rossi tipo Gubbio, si sono limitati a far porre in opera i blocchi già visti altrove. Certamente meglio dell’asfalto, ma insufficienti, a nostro avviso, in relazione alle caratteristiche generali del nostro Centro storico.

 

Notizia precedente sull’argomento, 3 novembre 2009.

 


 

 

 

 

 

15 novembre 2009, macchina del tempo o ignoranza?

Che Peppe l’Incompetente (al secolo Giuseppe Zampino, architetto, soprintendente per i Beni Architettonici di Salerno e Avellino) agisse nel modo che conosciamo in cattiva fede era un nostro sospetto, ma abbiamo fatto bene a non esplicitarlo, poiché l’ultima tavanata sua e della sua équipe di scienziati ci illumina sul fatto che all’Ente che egli dirige (speriamo ancora per poco) non si agisce in cattiva fede, ma in buona e sana ignoranza.

Il nostro Peppe si produce in questi giorni quale curatore di una mostra di pittura allestita presso la chiesa di San Salvatore de Fundaco. Il fatto è singolare e di grande interesse scientifico, poiché prevede l’uso di una sofisticata macchina del tempo; è, infatti, soltanto con l’utilizzo di un siffatto aggeggio che Peppe, la pittrice, i dipinti, il presentatore e la gentile Maria Gabriella, che distribuisce inviti e comunicato stampa, potranno essere in quell’ex luogo di culto scomparso dall’urbanistica cittadina sul finire del Cinquecento.

A meno che Peppe e la sua équipe di scienziati non confondano San Salvatore de Drapparia (della quale effettivamente danno l’indirizzo a chi volesse visitare la mostra) con la scomparsa San Salvatore de Fundaco, nel qual caso non si tratterebbe dell’utilizzo di un sofisticato aggeggio, ma dell’esibizione di una buona dose di sana ignoranza.

Ma come fanno a soprintendere se non sanno su cosa soprintendono?


 

 

 

 

 

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2

 

3

9 novembre 2009, piazza Sant’Agostino.

Al di là dello strano coso di ispirazione cimiteriale innalzato al centro e dell’utilizzo degli ultimi (speriamo) scampoli di mattoncini rossi tipo Gubbio, la pavimentazione di piazza Sant’Agostino poteva dirsi accettabile nel riutilizzo dei basoli strappati ai Barbuti, una cui rimanenza ancora giace in loco (immagine 1) e di sampietrini. A completare l’opera, nel complesso non ignobile, le acute menti dei tecnici comunali hanno pensato di ripavimentare con sampietrini anche i due passaggi coperti, l’Arco dei Pinto e la via Santa Maria de Domno, che collegano la piazza alla via dei Mercanti.

Ecco, però, l’immancabile caduta (di gusto e di buonsenso) che guadagna la citazione su questa pagina: la via Giuseppe Vigorito, che da via Roma sale dividendo piazza Sant’Agostino dal largo Dogana Regia, è riasfaltata, per cui un orrido nastro nero corre a separare i basoli appena posti in opera sull’attraversamento della piazza da quelli del largo (immagine 2). Tale orrore si arresta a circa un metro dalla strettoia di via Santa Maria de Domno e da raccordo fra l’asfalto e i sampietrini posti in questa appare un tratto in cemento (immagine 3).

Ma li pagano per queste genialate?

Notizia precedente sull’argomento, 19 settembre 2009.


 

 

 

 

 

3 novembre 2009, Barbuti.

Sono ripresi i lavori di ripavimentazione ai Barbuti, precisamente al vicolo Siconolfo. Qui la situazione era intollerabile per la presenza dell’asfalto. Quale genialata avranno escogitato fra Comune e Soprintendenza?

Fra qualche giorno sapremo.

Notizia precedente sull’argomento, 4 settembre 2009.


 

 

 

 

 

 

Guido Reni, San Matteo e l’angelo, 1630-1640

Roma, Pinacoteca Vaticana

19 settembre 2009, Ma san Matteo protegge ancora Salerno?

Il periodo immediatamente antecedente la festività di san Matteo, per tradizione deluchiana, è il momento in cui si inaugurano opere pubbliche o pezzetti di esse (la Cittadella giudiziaria è stata inaugurata a pezzetti un numero immemorabile di volte). Quest’anno, il Centro storico, in onore del Santo patrono, si è arricchito di un numero straordinario di eccentriche stramberie di gusto pacchiano e carnevalesco, quasi non fosse il cuore dell’antica capitale dei principi longobardi, ma un carrozzone da caravanserraglio.

I Barbuti sono stati violentati da mattoncini rossi di gusto tosco-umbro che nulla c’entrano con il loro contesto storico-ambientale; piazza Sant’Agostino ha avuto anch’essa la sua razione di mattoncini e, pare, i basoli  strappati ai Barbuti, prima di essere arricchita da un Coso indecifrabile, che molto richiama architetture cimiteriali e che, forse, vuole essere un omaggio ai porticati dei casermoni che, responsabili le amministrazioni Menna e compagnia, deturpano il luogo; il massimo è stato raggiunto lungo le pareti esterne della chiesa di San Gregorio (prima citazione marzo 1058) deturpate dalla posa in opera di ceramiche di gusto vietrese, assolutamente incoerenti con la storia e l’identità del luogo, ma di sicuro effetto, poiché si sa che le carnevalate più sono vistose più suscitano sentimenti di ammirazione. Il tentativo di arricchire via Masuccio Salernitano di uno spiazzo al posto di Casa d’Avossa, oggi Palazzo Sabbetta, per il momento è andato frustrato, ma al Comune sperano di condurlo in porto per il san Matteo del prossimo anno.

Allora la domanda: Ma san Matteo protegge ancora Salerno?


 

 

 

 

 

19 settembre 2009.

 

Il signor Massimo La Rocca scrive:

Stamani il sindaco De Luca, da quel gioiello artistico che è l'antica CHIESA DELL'ANNUNZIATA restaurata grazie alle sollecitazioni del cardinale Martino, è passato ad inaugurare quel brutto Coso rivestito di travertino al centro di PIAZZA SANT'AGOSTINO; De Luca non ha capito che un brutto monumento puoi ricoprirlo anche di diamanti, ma resta un brutto monumento. Giusto un anno fa lo stesso De Luca impedì all'arcivescovo Pierro di erigere sul sagrato del Palazzo Arcivescovile un monumento a PAPA GREGORIO VII, questo sì un bel monumento; l'Arcivescovo fu poi costretto a traslocare tale monumento al Seminario di Pontecagnano, e in tal modo Salerno ha perso la possibilità di arricchirsi di una piccola opera d'arte e al tempo stesso piccola meta turistica; infatti i turisti diretti al Duomo si sarebbero sicuramente fermati a fotografare il monumento a Gregorio VII; in compenso però abbiamo De Luca che ci arricchisce di schifezze, come il Coso di Piazza Sant'Agostino, spacciandole per opere STRAORDINARIE, opere che mai nessun turista perderà tempo a fotografare; chissà perché poi di ogni opera che inaugura, De Luca dice che è straordinaria, anche se si tratta di un banale marciapiede! Il progettista del Coso di Sant'Agostino non ha fatto un grande sforzo mentale per partorire il Coso stesso; una piazza come Piazza Sant'Agostino meritava invece un monumento di qualità di gran lunga superiore. E' strano che un Sindaco che demolisce manufatti di un certo valore storico e architettonico come PALAZZO SABBETTA, la Palazzina liberty delle Terme Campione, i Magazzini Generali del Molo Manfredi, il Palazzo della Dogana del Porto Antico, incoraggia la realizzazione di tali schifezze, potenzialmente destinate alla DEMOLIZIONE in un futuro si spera non lontano.

 

Notizia precedente sull’argomento, 1° settembre 2009.

 

 

 

 

 

 

 

Ma, al di là di quanto scrive il signor La Rocca, questa città si arricchisce ogni giorno di belle cose di pessimo gusto, come si può vedere percorrendo via dei Mercanti. Grande genialata carnevalesca è stata posta in opera lungo i muri dell’antichissima chiesa di San Gregorio (prima citazione marzo 1058 - scheda in i luoghi di culto) decorandola con improprie ceramiche di gusto vietrese che evidentemente con la storia e l’identità del luogo c’entrano come i classici cavoli a merenda. C’è da chiedersi se tale intervento non costituisca deturpamento di immobile di interesse storico, ma non chiederlo alla dirigenza della Soprintendenza, potresti svegliarla dal suo beato sonno (o è quello stesso ente che ha promosso l'opera?).


 

 

 

 

 

 

7 settembre 2009, acquedotto medievale.

È notizia della Polizia Municipale che la notte scorsa raffiche di vento hanno causato la caduta di detriti dall’acquedotto medievale su via Arce, per cui i vigili sono intervenuti a tutela dell’incolumità pubblica. Stamani, però, l’area non appare transennata né si nota il materiale caduto, con ogni evidenza prontamente rimosso.

Questo monumento cittadino, già depauperato dalle amministrazioni Menna e compagnia con la demolizione, a favore dei palazzinari di turno, di una parte consistente sul rione Mutilati e a monte di via Michele Vernieri (ma un altro pezzo è caduto anche con l’apertura del trincerone), è lasciato da decenni senza interventi di manutenzione.

Ci auguriamo di essere cattivi profeti, ma provocatoriamente avanziamo l’ipotesi che in un futuro non lontano residenti e commercianti del luogo, a tutela della propria esistenza in vita, invocheranno la demolizione di questi inutili archi, che hanno il torto di non condurre acqua, né a mulini né a fontane.

 


 

 

 

 

 

4 settembre 2009, Barbuti.

A latere della questione ripavimentazione in rosso, è notizia che il consigliere comunale Giuseppe Zitarosa (Forza Italia) ha chiesto l’inserimento nel prossimo consiglio comunale del punto all’ordine del giorno redazione ed adozione del piano del colore per il centro storico di Salerno. L’idea che il Centro storico debba avere colori uniformi (ma và!) è venuta all’esponente politico visitando Ostumi, il che pone in evidenza il provincialismo della classe dirigente (sia di destra che di sinistra) di questa città definita europea, pronta ad accogliere suggerimenti provenienti dall’esterno e a snobbare quelli provenienti dall’interno: il Nostro, come tutti i consiglieri e gli assessori comunali, ricevette, il 24 marzo scorso, una mail dal curatore di questo sito con la quale si sollecitava un intervento teso a bloccare la posa in opera dei mattoni rossi davanti Santa Maria dei Barbuti. Ovviamente non vi fu risposta. Ora, con il piano del colore, l’egregio consigliere si ripropone la realizzazione di una riqualificazione urbanistica grazie alle indicazioni di un progetto unitario di fondo, studiato e calato nella specifica realtà di Salerno, tenendo cura dell’ambientazione storica preesistente ed indirizzando le esigenze dei privati verso una armonica realizzazione degli interventi non contrastando ma valorizzando l’esistente realtà estetica.

Ma mi faccia il piacere!..., direbbe il principe de Curtis.

 

Notizia precedente sull'argomento, 1° settembre 2009.


 

 

 

 

 

1° settembre 2009, dai cantieri nel Centro storico.

 

Barbuti.

Sembrano ultimati (o sospesi?) i lavori di manutenzione straordinaria che, secondo il cartello a suo tempo posto in loco, avrebbero dovuto interessare le vie Botteghelle, Giovanni Guarna, Siconolfi, Guaimano e Barbuti.

La sorte peggiore è toccata al vicolo Barbuti, che si è visto strappare i tradizionali blocchi di pietra lavica sostituiti in piccola parte da anonimi blocchetti imitativi degli originali e in gran parte dall’orrore costituito dagli ormai tristemente famosi mattoncini rossi. Una sorte intermedia è toccata al vicolo che i progettisti dell’intervento chiamano Guaimano, che il Comune chiama Guaimaro IV e che in realtà dovrebbe chiamarsi Guaimario IV, ripavimentato con altri anonimi blocchetti grigi, ma diversi da quelli posti in opera all’inizio del vicolo Barbuti, lungo Palazzo Fruscione, tanto per fare campionario. Un velo pietoso è da stendersi sull’intervento operato sull’area che ospita il teatro estivo, ove sono stati posti in opera blocchetti grigi, mattoncini rossi e marmi che con l’ambiente del nostro Centro storico c’entrano come i classici cavoli a merenda. La sorte migliore è toccata a via delle Botteghelle, con un intervento limitato alla sola area estrema settentrionale che ha salvato la pavimentazione originale. E la via Giovanni Guarna e il vicolo Siconolfo, che i progettisti dell’opera chiamano Siconolfi? Pare abbiano fortunosamente evitato qualsiasi intervento conservando il loro deprecabile asfalto; deprecabile, ma senz’altro meglio dell’orrore rosso.

 

Piazza Sant’Agostino.

Lasciata dalla Soprintendenza al suo destino (dopo scavi condotti in maggio-giugno alla ricerca di mura urbane che lì non furono mai), la riqualificazione è in esecuzione: pare che i marciapiedi avranno i mattoncini rossi non utilizzati ai Barbuti, tanto per esaurire le scorte, mentre il fondo stradale avrà i classici blocchi di pietra lavica caratteristici del nostro Centro storico (evviva!). Saranno gli stessi strappati al vicolo Barbuti o, portati quelli in discarica, ne sono stati acquistati altri ex novo, tanto per movimentare le casse comunali? Alla luce di questa scelta, quale logica ha quanto operato scelleratamente davanti Santa Maria dei Barbuti?

 

a lato: marciapiede lungo il fronte posteriore di Palazzo Sant'Agostino

in basso: blocchi di pietra lavica pronti per essere posizionati

 

 

Notizia precedente sull’argomento, 30 luglio 2009;

 


 

 

 

 

 

30 luglio 2009.

 

a sinistra: inaugurato il nuovo largo dei Barbuti. Si tratta di un’opera del tutto estranea al contesto storico-urbanistico nel quale è stata inserita. L’area di risulta dell’antico complesso abitativo, parte del monastero di Santa Maria della Mercede, parte della famiglia Verta, lungi dall’essere recuperata alla memoria storica, è stata semplicemente ricoperta da una pavimentazione in cui non mancano gli ormai famosi mattoncini rossi. La buona notizia è che si sono salvati i resti dei muri perimetrali dell’antico edificio lungo il vicolo Gisolfo II (ma chi era questo Gisolfo?).

 

 

 

Notizia precedente sull’argomento, 13 giugno 2009.


 

 

 

 

 

7 luglio 2009, Matierno.

Il Sindaco (al quale ieri è stato assegnato il premio Campania Awards 2009 per l’impegno profuso nella trasformazione urbanistica e nella salvaguardia dell’ambiente) oggi incontra i cittadini della frazione per illustrare i Grandi lavori in progetto. Intanto gli attacchini comunali, per propagandare la visita del Primo Cittadino, un lavoro nel campo della qualità ambientale l’hanno già eseguito con affissioni abusive sulla cabina del metano (appena liberata dai manifesti elettorali), sulla centralina della Telecom, sui pilastri del Palazzetto dello sport (luogo esposto alle visite di atleti e accompagnatori extraprovinciali), addirittura (nessuno  aveva mai osato, nemmeno i più spregiudicati fra i candidati amministratori) sul muro della chiesa.

 


 

 

 

 

 

Strano destino, quello di Guaimario IV e di Gisulfo II. Padre e figlio, furono gli ultimi principi longobardi di Salerno e, nella fortuna e nella cattiva sorte, quelli che determinarono due momenti fra i più significativi nella storia di questa città, il primo portandola alla massima importanza nell’Italia dell’XI secolo, il secondo perdendola a favore dei normanni. I due principi furono accomunati dal fatto che entrambi persero, il primo la vita, il secondo il principato, ad opera dei fratelli delle rispettive mogli, essendo da questi assassinato il primo, depredato del trono il secondo. Ma la sorte, a distanza di un millennio, sarebbe stata ancora singolarmente beffarda con essi, accomunandoli anche nella perdita delle proprie identità; infatti Guaimario è divenuto Guaimaro e Gisulfo, Gisolfo.

È noto che dell’identità storica di questa città poco importa ai suoi amministratori, come si vede dalla pavimentazione stradale tipo tosco-umbra che viene posta in opera ai Barbuti (esempio di provincialismo di bassa lega, altro che città europea), ma vogliamo almeno restituire le identità ai nostri antichi principi o dobbiamo farci ridere dietro da qualche turista non balneare, magari un tedesco che quei nomi ben conosce?


 

 

 

 

 

13 giugno 2009, Barbuti.

 

al centro: ultimati i lavori in via delle Botteghelle; la buona notizia è che la strada conserva la sua pavimentazione tradizionale

 

a destra: uguale fortuna non incontra il vicolo Guaimaro IV (ma il principe non si chiamava Guaimario?), ove la pavimentazione posta in opera è costituita dai brutti blocchi già visti lungo Palazzo Fruscione, con la variante che qui sono lisci, mentre lì sono martellati

 

Al momento, l'orrore rosso sembra essere limitato all'area di Santa Maria dei Barbuti.

La domanda (che certamente rimarrà senza risposta, come d'abitudine dell'Amministrazione comunale) è: quale logica guida queste scelte? 

 

Notizia precedente sull’argomento, 4 maggio 2009.


 

 

 

 

 

8 maggio 2009, Matierno.

 

 

in basso: 9 maggio 2009, Fratte, piloni della tangenziale. Contributo di aspiranti amministratori al decoro cittadino

 


 

 

 

 

 

4 maggio 2009, Barbuti.

A due mesi dalla prima segnalazione sull'argomento, continua l'avanzata dell'orrore rosso ai Barbuti.

Intanto ho inviato proteste al Sindaco, a ciascuno degli Assessori, ai Gruppi Consiliari sia di maggioranza che di opposizione; ho segnalato la problematica agli organi di stampa, alle televisioni locali, ai giornali on-line, alla Soprintendenza ai Beni Architettonici, alla Società Salernitana di Storia Patria, a Italia Nostra, al Fai, alle Associazioni Culturali cittadine, al Dipartimento Beni Culturali dell’Università. Fra tutti, ho ricevuto riscontro soltanto dall’amico Raffaele Avallone (che ha scritto un articolo sul quotidiano Cronache) e dalla Società Salernitana di Storia Patria, il cui presidente Francesco Li Pira ha girato la denuncia a tutti i soci suscitando la reazione, però, di uno soltanto di essi, il professor Giancarlo Abamonte del Dipartimento di Filologia Classica "F. Arnaldi" dell’Università Federico II di Napoli che scive: Caro Francesco, ti ringrazio per avermi rispedito le foto e la lettera giustamente indignata del sig. De Simone. E' una scelta orribile, che ti assicuro da vicino fa ancora più impressione che nelle foto.

 

Notizia precedente sull’argomento, 28 marzo 2009.


 

 

 

 

 

28 marzo 2009, Barbuti.

 

Vita breve per un pezzo del selciato orribilis?

 

A breve sarà indetta la gara per l’appalto del recupero architettonico

di Palazzo Fruscione. I lavori prevedranno indagini archeologiche tese a recuperare la quota di impostazione dell’immobile, con

scavi nell’adiacente vicolo Barbuti;

ciò significa che il selciato appena messo in opera dal comune sarà vittima dei martelli pneumatici.

La domanda è:

ma l’amministrazione non sapeva?

La speranza invece è che la ditta vincitrice dell’appalto sia in grado

di ripristinare poi il selciato tipico del nostro centro storico, rimediando, seppure in piccola parte, allo scempio.

 

in alto: palazzo Fruscione,

al quale insigni storici cittadini hanno attribuito le più varie identità ed età: parte della reggia di Arechi? Antico archiepiscopio? Normanno? Angioino?

 

a lato: il selciato orribilis posto a spezzare la continuità ambientale

con il largo San Pietro a Corte

e con il vicolo Adelberga (Adelperga)

 

 

Notizia precedente sull’argomento, 21 marzo 2009.


 

 

 

 

 

21 marzo 2009, Barbuti. 

 

Il progetto dell'orrore rosso

Sarà lastricata in profondo rosso la zona che si vede a lato, così come recita il cartello affisso all'area del teatro dei Barbuti, ossia le vie:

Botteghelle,

Giovanni Guarna,

Siconolfi (volevano dire Siconolfo), Guaimano (povero Guaimario IV),

Barbuti.

E, naturalmente, la stessa area del teatro, dimenticata nel cartello ma

non nelle menti dei progettisti.

 

Sarà una bellissima cicatrice rossa

nel tessuto già martoriato del nostro patrimonio ambientale, ma non

disperare: fra qualche tempo una

nuova pensata geniale la sostituirà

con qualche altro orrore, poiché al

peggio non c'è mai fine.

 

 

 

 

 

a sinistra e in alto: i blocchi di pietra vulcanica tipici del selciato del nostro centro storico rimossi e sostituiti con i mattoni dell'orrore rosso

 

a destra: i lavori in via delle Botteghelle

 

 

Notizia precedente sull’argomento, 4 marzo 2009.


 

 

 

 

 

 

4 marzo 2009, Barbuti.

 

in alto: cumulo di blocchi di pietra vulcanica strappati dalla pavimentazione stradale

 

a lato: il tipico selciato del centro storico sostituito da un'anonima

pavimentazione grigia

 

a destra: orrore rosso davanti

Santa Maria dei Barbuti

 

Chi decide presso il Comune la realizzazione di questi scempi? Dove sono gli organi preposti alla conservazione del nostro patrimonio ambientale? Possibile che il carattere del centro storico debba essere così impunemente snaturato?