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a cura di Vincenzo de Simone

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Genovese

 

 

Palazzo Genovese - piazza Sedile del Campo, 3

 

Il 19 marzo 1621, i fratelli Giovanni Francesco e Tommaso del Giudice vendono a Tommaso Pinto Salvo uno immobile non completato, in diversi appartamenti terranei, mezzani e superiori, cortile in parte coperto e in parte discoperto, cellari, cantine, bottega, orto, pozzo e scorritura d'acqua proveniente dalla fonte del largo del Campo, confinante con beni a parte levante di Pietro Paolo Colesca e Dianora Barbarito e a settentrione, ponente e meridione con tre vie pubbliche. L'area sulla quale i del Giudice stavano edificando questo immobile era pervenuta loro per acquisto, fra il 1567 e il 1573, da parte di Alessandro del Giudica da Giovanni Antonio e Antonio Ruggi, che a loro volta l'avevano acquistata dagli Sciabica.

il 12 aprile 1635, si redige l'inventario dell'eredità dei fratelli Tommaso e Ferdinando Pinto, rogato ad istanza del figlio di Tommaso Francesco, tutore dei fratelli Decio e Fabrizio. (Fra l'altro): la casa al Campo, in più membri inferiori e superiori. Del palazzo, si rileva nel 1642, un cellaro era stato assegnato dal canonico Francesco e da Fabrizio, definito chierico, alla comune madre Beatrice Dennice per le sue doti. Nel 1644 si precisa che, oltre la palaziata, i Pinto possedevano una casa piccola attaccata alla grande, che confinava con le case ex Colesca intanto pervenute al monastero di San Michele Arcangelo.

Il 28 gennaio 1702, fu compilato l'inventario dell'eredità di Fabrizio Pinto. Dei beni al Campo, aveva lasciato la casa piccola ai sagrestani di San Matteo e la grande al monastero di Santa Teresa dei carmelitani scalzi.

Nel febbraio del 1744, Matteo Genovese acquista la casa del monastero di San Michele e quella dei sagrestani di San Matteo e prende in enfiteusi perpetua il palazzo del carmelitani scalzi. Demolirà il tutto e inizierà ad edificare il palazzo che oggi osserviamo. Quello stesso anno, il 27 giugno, acquista anche da d. Girolamo Maria Pignatelli, principe di Marsiconuovo, il feudo di Montecorvino con gli annessi feudi rustici di Fossa e Verdesca, sui quali otterrà il titolo di barone.

Il 1° novembre 1750, Palazzo Genovese è definito di nuovo fabbricato dalle pedamenta, posto dove si dice il Campo, consistente in più quarti, stalle, rimesse, botteghe e cantina, confinante da levante con la casa di d. Emanuele Marotta che fu di Casa Basile, e da tre parti con strade. Il 13 febbraio 1754, Matteo Genovese acquista ancora dal Marotta una parte della sua casa, ed esattamente una stalla con due stanze superiori. Tre giorni dopo, nell'Apprezzo del Catasto onciario (foglio 493, particella 2), il palazzo, posto in parrocchia di Santa Lucia de Giudaica, al Campo, è detto di nuovo fabbricato e non in tutto terminato, consistente in due stalle, due rimesse, un basso nel cortile, sette botteghe nella strada pubblica, cantina e tre appartamenti per sessantacinque stanze, confinante da tramontana, ponente e mezzogiorno con strade, da levante con beni di d. Emanuele Marotta.

Matteo Genovese muore il 26 ottobre di quello stesso anno e ne è erede il figlio Domenico, il quale, con atto del 16 agosto 1779, costituisce erede il suo unico figlio Mariano, che deteneva il titolo di marchese per eredità della zia materna donna Teresa de Ippolito. Sarà l'ultimo feudatario dello stato di Montecorvino, poiché il 16 ottobre 1789, in esecuzione della sentenza del 12 febbraio 1785 della Camera della Sommaria, che in pratica dichiarava nulle tutte le transazioni operate sul feudo fin dal 1638, Montecorvino sarà annesso al Regio demanio. Mariano Genovese muore nel palazzo, senza eredi, il 30 gennaio 1846, all'età di ottantasei anni.

Sul finire dell'Ottocento l'immobile è citato come Palazzo Siniscalchi, sede della Banca d’Italia.