il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

home       

siti migliori

 

 

Palazzo Capasso - via Porta di Ronca, 15

 

Costruito a inizio Seicento, nel 1666 fu venduto da Felicia Alfano, figlia ed erede di Pirro, a d. Diego del Core insieme al giardino annesso, che sarà detto della Minerva. Il sedime era un lotto del frazionamento delle antiche proprietà della famiglia Galliciano, che nel Cinquecento si estendevano dalla via di porta San Nicola alla via di porta di Ronca, con il giardino con case detto il Galiziano e gli altri detti la Montagnola, San Martiniello (con la chiesa diruta di San Martino de Coriariis, prima citazione settembre 1060) e Il Galizianiello. Morto il del Core prima del 1703, l'immobile sarà prima dei del Giudice, poi dei Lauro Grotto, il cui ultimo erede, il dottor Giuseppe, lo legherà testamentariamente all'oratorio di Gesù e Maria.

Nell'Apprezzo del Catasto onciario, l'11 marzo 1754, il giardino, di passi duecento, confinante da levante col vicolo, da tramontana con Francesco Cerenza, da ponente col convento di San Giovanni di Dio (terreno fuori le mura), da mezzogiorno con Nicola Longo, è in possesso di Giovanni di Martino (foglio 522, particella 6); mentre il palazzo, in due appartamenti per venti stanze, confinante da levante con strada, da mezzogiorno e ponente con il convento di San Francesco di Paola, da tramontana con Giovanni di Martino, è detenuto da Nicola Longo (foglio 522, particella 7).

Pervenuto il complesso al professore di matematica e favolista Giovanni Capasso, lucano di Picerno trapiantato a Salerno, fondatore nel palazzo dell'ateneo privato Galileo Galilei attivo fra il 1923 e il 1934, egli, morendo settantaquattrenne celibe il 23 ottobre 1947, lo lascerà alla Pia Casa di Ricovero e, in pratica, al patrimonio del comune di Salerno.

Naturalmente, il palazzo, edificato circa due secoli e mezzo dopo la morte di Matteo Silvatico e l'estinzione della famiglia, non può essere, come da più parti si legge, quella casa a S.ta M.a delle Grazie ove, nella seconda metà del Settecento, l'autore del Manoscritto Pinto scrisse che si vedeva lo stemma dei Silvatico. Su tanto, una sapiente regia, sfruttando il fascino del contiguo Giardino della Minerva, ha creato il mito dell'orto botanico del famoso medico. Ma si tratta solo di un bellissimo falso d'autore.

 

Nel 2002, nel corso di manutenzioni, nel sottotetto di Palazzo Capasso furono rinvenute numerose tegole che presentano la faccia inferiore dipinta. Tale accorgimento serviva a decorare edifici religiosi ove il tetto di copertura restava a vista. Esempi in tal senso oggi sono visibili in chiese medioevali del centro Italia (Ostia Antica, Viterbo) e di alcune aree del nord. Nel nostro caso si potrebbe pensare a materiale di spoglio proveniente da San Martino de Coriariis, trovata diruta nel corso della visita pastorale del 1570. Da notarsi che una delle tegole presenta lo stemma della dinastia Trastamara d'Aragona, quindi dovrebbe essere databile a dopo il 1442. Alla stessa epoca, metà del XV secolo, sono ascrivibili le tegole che presentano il Trigramma di San Bernardino da Siena, inventato dal Santo toscano (1380-1444) e più tardi adottato dai gesuiti.

 

Per Matteo Silvatico si veda in questo sito alla pagina nati in città.