il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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In alto: la chiesa come appariva, nell’essenzialità delle sue linee, fino all’agosto 2009

Sopra: la chiesa dopo la carnevalata di

pessimo gusto che è stata imposta

ad essa e alla città in occasione della festività di san Matteo dello stesso anno

 

 

Emil Hoffmann, 19 aprile 1894

San Gregorio Magno

 

La notizia più antica giunta fino a noi è del marzo 1058. Una lite fra Giovanni, sacerdote della chiesa di San Matteo e San Tommaso, e Leone di Atrani, è risolta nell’atrio della chiesa ad honorem sancti Gregorii, sita lungo la via che conduce alla porta di Elino. Nel 1172 è ricostruita dall’abate Roberto Guarna, fratello dell’arcivescovo Romualdo.

Fra il 1340 e il 1366 troviamo che è tenuta a corrispondere alla badia di Cava censi nei giorni di Natale e Pasqua; consuetudine che troviamo limitata al solo Natale fra il 1478 e il 1482. L’origine di tali diritti non appare chiaro; e forse ciò indusse i monaci al tentativo di giustificarli, per San Gregorio come per altre chiese, con la produzione di un falso, forse nel XIV secolo, relativo ad una presunta donazione del duca Ruggiero del maggio 1087.

Risulta parrocchia nel 1503, come da bolla di nomina del parroco. Nel 1549 si precisa che sia la nomina del cappellano che del rettore spettano all’arcivescovo. Negli atti del Sinodo Colonna è elencata fra le chiese parrocchiali della città. Il 12 marzo 1613 l’arcivescovo Lucio Sanseverino ne unisce al Seminario il simplex beneficium della rettoria.

Fra il 1618 e il 1625, sopprimendosi la parrocchia di Santa Maria della Neve, detta anche di Portanova, parte del suo territorio, comprendente il monastero di Santa Maria della Pietà, viene annessa a quello di San Gregorio; ne sarà dismembrata quando nella stessa chiesa di Santa Maria della Pietà sarà trasferita, da San Benedetto, la sede parrocchiale del Santissimo Crocifisso.

Nel 1712 il parroco d. Matteo Gaeta, insieme a d. Vincenzo Riccardo, parroco dei Santi XII Apostoli, d. Pompeo Acito, cappellano curato della parrocchiale di San Pietro in Camerellis extra mœnia, d. Nicola Gallo, parroco di San Felice di Pastena e procuratore della Parrocchiale chiesa che olim fu di S. Maria di Portanova, attesta che nella festività del 5 maggio offrono i fiori, in primo luogo il parroco di Sant’Eufebio, in secondo il parroco di Sant’Andrea de Lavina, in terzo il parroco di San Gregorio, poi gli altri per appello.

Il 27 aprile 1857 l’arcivescovo Marino Paglia, con la bolla Laudatissima et vetusta ecclesia, trasferisce la parrocchia dalla chiesa di San Gregorio Magno, in via dei Mercanti, alla Cattedrale e il 12 maggio successivo ne nomina il primo parroco, d. Modestino Carbone, con il titolo di San Matteo Apostolo e San Gregorio Magno. Il 12 gennaio 1860 si dichiara la chiesa succursale della Cattedrale. Il parroco, però, rimane di fatto nell’antica sede fino al 12 luglio 1939, amministrandovi tutti i sacramenti escluso il battesimo e svolgendovi anche le funzioni parrocchiali. Il 12 giugno 1880 l’arcivescovo Valerio Laspro chiede alla Congregazione del Concilio di essere autorizzato ad eliminare la succursale restringendo la cura delle anime alla sola Cattedrale. La Santa Sede risponde: Archiepiscopus utatur jure suo. Il 17 gennaio 1888 il parroco è annoverato fra i canonici onorari del Capitolo metropolitano. Il 12 luglio 1939 la parrocchia, anche di fatto, è definitivamente trasferita nella Cattedrale.

 

La facciata presenta un portale i cui stipiti lisci sono sormontati da un architrave in marmo dalla cornice finemente scolpita, forse elemento di reimpiego. Nella parte alta, alla destra del timpano che la conclude, sorge un piccolo campanile a vela.

L’interno è a pianta rettangolare ad unica navata con volta a botte. I lati dell’aula sono scanditi da arconi; da quelli del lato sinistro si accede a due ambienti coperti l’uno con volta a botte, l’altro a crociera. Alla parete del presbiterio è addossata un’edicola a nicchia semicircolare fiancheggiata da due lesene con capitelli dorici e sormontata da un timpano curvilineo spezzato nel quale è inserita una finestra.

 

Per saperne di più. G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione postuma a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, edizioni Gutenberg 2001, I, pp. 53-56.

 

Nella prima immagine, gli scugnizzi salernitani l’avevano deturpata con bombolette spray, ma si sa come sono gli scugnizzi, smaniosi di protagonismo, attivi per noia e ignoranza, comunque passibili di sanzioni, se colti sul fatto, e, forse proprio per questo, smaniosi di mostrare la loro insofferenza alle regole del comportamento civile.

Nella seconda immagine, le istituzioni cittadine, smaniose di mostrare la loro maggiore capacità di intervento nei confronti di quanto realizzato degli antagonisti scugnizzi, l’hanno deturpata ben più indelebilmente con ceramiche di gusto vietrese, assolutamente incoerenti con la storia e l’identità del luogo, ma di sicuro effetto, poiché si sa che le carnevalate più sono vistose più suscitano sentimenti di ammirazione. Purtroppo queste istituzioni, anch’esse smaniose di protagonismo e attive se non per noia certamente per ignoranza, anche se colte sul fatto, non sono passibili di sanzioni, e, forse proprio per questo, un po’ vigliaccamente, si accaniscono, come gli scugnizzi, anzi in modo maggiore, su monumenti impossibilitati a reagire.