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a cura di Vincenzo de Simone

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Palazzo Carrara - pagina collegata

 

Pare che nel 1770, in agosto, Giacomo Casanova fosse a Salerno, all'inseguimento di un'antica fiamma del 1743, Lucrezia Castelli, e della figlia con lei concepita, la bellissima Leonilda (sogno incestuoso del veneziano non ancora realizzato), intanto andata sposa ad un anziano marchese.

Toni Veneri, Il sogno eretico di Casanova (2013), così ricostruisce i fatti: [...] la vicenda si svolge in più tempi e risponde a una singolare simmetria: nel 1743 in una locanda di Tivoli si realizza la prima parte di un dittico, il triangolo amoroso con Lucrezia e la sorella Angelica; Lucrezia, l’anno successivo, partorisce una figlia, Leonilda, e Casanova apprende velocemente di esserne il padre; il secondo volet della vicenda si svolge nel 1761, a Napoli, quando il veneziano incontra e si innamora della sedicenne Leonilda; [...] donna Lucrezia evita l’incesto che viene celebrato simbolicamente: Casanova fa l’amore solo con Lucrezia, ma Leonilda è presente nel letto [a tale proposito, Leonardo Sciascia, L’utopia di Casanova (1998), osserva che figurativamente è la stessa scena già vista nella locanda di Tivoli]. Ma c’è un terzo tempo, per il quale bisogna attendere ancora nove anni, quando nel 1770 a Salerno Casanova ritrova Leonilda, finita in sposa a un marchese impotente, e senza scrupoli né rimorsi le regala un erede.

L'identità di questo nobiluomo, citato da Casanova come il marchese C, scatena crescenti di fantasie, fino alla confusione totale fra titoli, cognomi, epoche, feudi e luoghi dei fatti, reali o immaginari che fossero.

Giuseppe Lauriello, Giacomo Casanova a Salerno, scrive: Nell’agosto dello stesso anno [1770] Casanova raggiunge Salerno, rivede Lucrezia e Leonilde e conosce il marchese, un vero signore, che da persona perbene e generosa si premura di ospitarlo sotto il suo tetto. Il nobiluomo, identificato con un Carrara, avanti negli anni e affetto da gotta, si presenta in condizioni fisiche decisamente compromesse. Ammette infatti candidamente, riconoscendo la giovane età della moglie e la sua malferma salute, la propria scarsa attitudine ad assolvere i doveri coniugali. Di tanto approfitta il veneziano per scatenarsi in un’orgia di sesso in casa dell’anfitrione (palazzo Carrara in via dei Mercanti), che dura un paio di settimane, nel corso delle quali alterna come partner e senza alcuna remora morale Lucrezia, Leonilde e la cameriera personale di costei Anastasia. Dunque, dalla sola iniziale C e dalla città in cui si svolgono i fatti, si arriva a un Carrara e, quindi, al palazzo Carrara in via dei Mercanti.

Alessia e Michela Orlando, Il Vesuvio, Casanova e l'incesto, forse (3 gennaio 2015) scrivono: [Casanova] giunge a Salerno, a casa del marchese Giacomo Carrara, dei Baroni di San Giovanni Guarrazzano. Qui il marchese ha anche un nome e l'appartenenza ai possessori di una baronia. Effettivamente un Giacomo figlio di Domenico, barone di San Giovanni Guarrazzano, e di Anna Piccinni dei baroni di Castelsaraceno, nato il 9 febbraio 1688 a Carbone, in Basilicata, esistette, ma, oltre a non essere mai stato a Salerno, morì a Napoli il 15 novembre 1759 e il suo cognome era Castelli (casualmente omonimo di Lucrezia) e non Carrara.

Laura Piserchia, L'Occhio di Salerno (28 ottobre 2018), scrive: [...] Casanova fa ritorno a Napoli solo nel 1770 e scopre che Lucrezia ormai vedova si è trasferita a Salerno insieme alla figlia che ha sposato il Marchese Carrara, arriva nella città di Salerno nell’Agosto dello stesso anno. Casanova scrive che fu ben accolto dal marito della figlia a villa Carrara, si stabilì per alcune settimane dal genero, il Marchese Carrara. [il quale] ormai avanti negli anni soffre di gotta, si presenta in condizioni fisiche decisamente compromesse. Confessa a Casanova che per colpa dei problemi fisici non riesce ad assolvere i doveri coniugali ed è molto preoccupato per la giovane moglie Leonilde vista la sua giovane età. Sempre stando alle memorie del Casanova questo scaturì una relazione incestuosa fra lui Lucrezia e Leonilde. Qui gli avvenimenti si preferisce vederli alla villa di Pastena, luogo più consono alla circostanza che avvengono in agosto.

 

Ma esisteva a Salerno, nel 1770, un vecchio e gottoso marchese Carrara

che aveva sposato una giovane e bellissima Leonilda o Leonilde che dir si voglia?  

 

La famiglia Carrara, diramazione dei da Carrara o Carraresi, antichi signori di Padova, fatti oggetto di una feroce strage da parte veneziana nel primo decennio del Quattrocento, era stata aggregata al patriziato dello stato feudale di Montecorvino il 24 giugno 1494 da Alfonso II nelle persone di Geronimo Antonio e Giacomo e il 17 gennaio 1734 al patriziato di Salerno, nel sedile del Campo. Nello stesso 1734, era stato concesso a Domenico Nicola il titolo di conte, che sarà riconosciuto il 12 dicembre 1924 a Domenico Maria, ultimo erede della casata, cavaliere di Malta, dalla Commissione per i titoli di nobiltà del Regno d'Italia. Il titolo di marchese mai fu concesso a membri della famiglia e nessuno di essi fu barone di San Giovanni Guarrazzano. .

Nel 1770, sei mesi prima dall'arrivo in città di Casanova, il 7 febbraio, la mattina ad ore sette, moriva il signor Giacomo Carrara, che abbiamo visto comparire il 4 febbraio 1754 nell'Apprezzo del Catasto onciario come possessore del palazzo di via dei Mercanti e che era anche il possessore della villa di Pastena. Egli aveva sposato nel 1745 Cecilia Naccenna e lasciava eredi i figli Domenico Maria e Antonio, il primo dei quali, nato il 19 aprile 1752, sposerà nel 1778 Maria Celli dei duchi di Frisia e sarà sindaco di Salerno nel 1808. Quindi, in quell'agosto 1770, a Palazzo Carrara, così come alla villa di Pastena, non viveva nessun vecchio e gottoso marchese, né donna Lucrezia, né la figlia Leonilda o Leonilde che dir si voglia e neppure la sua cameriera Anastasia.