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a cura di Vincenzo de Simone

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La pagina riporta le schede dei vescovi e degli arcivescovi di Salerno secondo la serie cronologica ricostruita da V. de Simone in occasione della 2a edizione (2000) di Salerno Sacra di Generoso Crisci, adottata ufficialmente dalla diocesi di Salerno-Campagna-Acerno, integrata con le schede dei presuli succedutosi posteriormente al 2010.

 

i vescovi (dal V secolo al 983)

 

 

1 - San Bonosio

Ritenuto il primo vescovo di Salerno dalla tradizione dovuta al Liber confratrum. È riportato dalla lapide fatta scolpire da Alfano I nel 1081 in occasione della ricognizione delle reliquie dei vescovi salernitani, venuta alla luce nel 1958.

La Chiesa locale, fino alla riforma del 1975, gli rese l’onore del culto il 14 maggio; attualmente se ne ha memoria il 15 dello stesso mese fra i santi vescovi della città.

 

2 - San Grammazio († 490)

Nel 1026 esisteva in città una chiesa dedicata al suo culto. In essa, il 29 marzo 1670, l’arcivescovo Carafa, che ne aveva decretato la demolizione, rinvenne una lapide che indicava la sua morte  al 25 gennaio 490, all’età di 41 anni.

La tradizione lo indica immediato successore di Bonosio, salernitano, di nobili origini. La Chiesa locale gli rese l’onore del culto il 12 ottobre.

Salerno, cripta della Cattedrale,

sculture settecentesche raffiguranti i santi vescovi.

 

3 - San Vero

È chiamato Ursus dal Liber confratrum, forse per un errore di trascrizione. La Chiesa salernitana gli rese l’onore del culto il 15 ottobre. Il martirologio romano lo commemora il 23 dello stesso mese: Presso Salerno San Vero Vescovo.

 

4 - San Valentiniano

Tradizionalmente santo, è variamente appellato: Valerius, Valentinus, Valentinianus. Con quest’ultimo nome è riportato dalla lapide di Alfano I e nel breviario salernitano del 1443. La liturgia locale lo commemorava il 3 novembre. A lui è dedicata la parrocchia di San Valentiniano vescovo a Banzano di Montoro, ove la ricorrenza liturgica si celebra il 15 maggio.

 

 

Gaudenzio non risulta

essere stato canonizzato, quindi il suo inserimento fra

i santi vescovi salernitani deve ritenersi un eccesso

di zelo settecentesco.

 

 

5 - Gaudenzio (499)

Partecipa al sinodo generale del marzo 499 celebrato a Roma, in San Pietro, da papa Simmaco e lo sottoscrive: Gaudentius episcopus ecclesiae salernitanae subscripsi.

 

6 - Sant'Asterio (536-555)

Gli atti del sinodo di Costantinopoli, nella sentenza emessa nel 536 contro il patriarca Antimo e i vescovi Severo, Pietro, Zoara e altri, furono sottoscritti anche da Asterio, vescovo di Salerno. Dopo circa vent’anni, nel 555, lo si incontra ancora in quanto papa Pelagio gli invia una lettera che lo autorizza a consacrare l’oratorio edificato dall’abate Vindimio in onore dei santi Crisante e Daria nel monastero dal medesimo fondato iuxta muros civitatis salernitanae.

Il Liber confratrum riporta: sanctus Austerius episcopus. La lapide di Alfano I ha inciso, sebbene scalpellato, S. Austerii. Il martirologio romano lo commemora il 19 ottobre, così come faceva la liturgia locale. Nel 1331 esisteva in Roma la chiesa di Sant’Eusterio, vescovo salernitano.

 

Fra le sculture dei santi vescovi presenti nella cripta della Cattedrale c'è sia quella di S. Asterius (in alto) che quella di S. Eusterius (a lato). Difficile stabilire se si trattò di un solo presule citato in modi alternativi o di due succedutosi, magari anche a distanza di decenni, fra VI e VII secolo.  

 

 

7 - Gaudioso (640)

Sembra sia stato vescovo fra la fine dell’occupazione greca e la conquista longobarda, intorno al 640. Compare nel Liber confratrum, non sulla lapide di Alfano I.

Tradizionalmente, avrebbe evitato lo scontro armato fra i salernitani e gli invasori longobardi e avrebbe avuto il dono di essere inteso, nelle rispettive lingue, da greci e barbari adunati insieme. Il martirologio romano lo commemora il 26 ottobre come santo, ma, forse, per confusione con san Gaudioso vescovo di Bitinia; infatti, l’Ufficio napoletano ignora Gaudioso di Salerno e festeggia san Gaudioso Africano, nonostante il Nostro, da fonti tarde, sia detto oriundo napoletano.

 

8 - Luminoso (649)

Gli atti del sinodo romano, celebrato dal 5 al 31 ottobre 649 da papa Martino I, registrano la sua presenza.

 

Fra il 649 e il 774 non esiste documentazione circa i vescovi di Salerno. In questo periodo, secondo una lista dell’XI secolo, si incontrerebbero sette Pastori: 9 - Zaccaria; 10 - Colombo; 11 - Lupo; 12 - Renovato; 13 - Benedetto I; 14 - Talarico; 15 - Andemario.

 

16 - Rodoperto (774-oltre il 787)

Dal Chronicon salernitanum risulta vescovo al tempo di Arechi II: per idem tempus sanctae ipsius ecclesie Rodopertus episcopus preerat. Da questa indicazione piuttosto vaga non si può dedurre che l’episcopato di Rodoperto abbia compreso l’intero arco di tempo del duca; quindi non se ne può precisare l’anno di inizio. Certo è che nel 774 lo troviamo impegnato, con Davide, vescovo di Benevento, e con altri Pastori del ducato, nella trattativa che convinse Carlo Magno, giunto fino a Capua, a rinunciare a marciare su Benevento e Salerno. Durante il suo episcopato, Arechi erige il palazzo con l’annessa chiesa dei Santi Pietro e Paolo, il che determina il trasferimento de facto della corte longobarda nella nostra città.

L’epoca della sua morte non è precisabile, poiché il Chronicon è generico: longeva etate [...] huius vite corsus explevit. Certo è che sopravvisse allo stesso Arechi, morto il 26 agosto 787, poiché, ab amore tanti viri, sulla tomba sua e del figlio Romoaldo, morto il 21 luglio precedente, fece elevare un monumento.

17 – Rodoalto

Durante il suo governo pastorale si svolsero avvenimenti che prepararono l’avvento del suo successore: l’invasione e la presa di Canosa da parte degli agareni, seguite dall’esilio di quel vescovo, Pietro, che con non pochi suoi fedeli raggiunse Salerno.

La morte di Rodoalto sarebbe avvenuta dopo qualche tempo dall’arrivo di Pietro in città, poiché il Chronicon riporta: dum vero Salernum aliquod tempore cum suis [Pietro] remansisset, Rodoalt iam dictum episcopum diem clausit extremum.

 

18 - Pietro I

Cognato del principe Grimoaldo, costretto a lasciare la propria sede di Canosa per l’invasione degli agareni, si rifugia a Salerno. La scelta si spiega sia con la parentela di cui sopra, sia con la posizione raggiunta dalla nostra città, ormai capitale consolidata del principato. Appare evidente che Pietro dovette essere ospite gradito al clero e alla plebe Dei della Chiesa salernitana; infatti, alla morte di Rodoalto, fu eletto con suffragio unanime. Resse la diocesi con saggezza e prudenza: ipsam iam dictam ecclesiam moderantissime gubernaret. Fece costruire de suo sumptu una chiesa dedicata a san Giovanni Battista iuxta predictam sedem sanctam, ossia presso l’antica Cattedrale, chiesa che non poté portare a termine perché divina vocante potentia de hac luce extractus.

 

19 - Ractolo

Il Chronicon si limita ad una scarna nota: quo [Pietro] defuncto, Ractolus quidam episcopus ordinarunt.

 

20 – Mainaldo

Alla morte di Ractolo, riferisce il Chronicon, Magnaldus episcopus ordinarunt.

 

21 – Teupo

Il Chronicon lo dice immediato successore di Mainaldo: dum ipse de hac luce migrasset, idipsum Teupus episcopus elegerunt.

 

22 - Aione (841)

Il documento che ci permette di fissare un riferimento temporale per questo episcopato è un diploma del principe Siconolfo dell’agosto 841, con il quale egli concede ad Aione, vescovo di Salerno, il monastero di San Pietro de Palatio, con terre e mulini sul fiume Irno. Il Chronicon ne attesta la successione a Teupo, la statura morale, l’opera svolta: Quo mortuo [Teupo] preclarissimum quidem Alorem episcopum ordinarunt. [...] Fuit autem vir bonus ecclesieque reparator [...] fecit autem mire pulchritudinis lectorium ex gipso.

 

23 – Landemario

Il Chronicon riferisce soltanto che fu oriundo della zona nocerina: ex Nucerie finibus fuerat ortus e successore di Aione.

 

24 - Bernaldo (843-855)

Il Chronicon dice Bernaldo Ex civitate Latiniana ortus, eletto al tempo del principe Siconolfo. Ne evidenzia le qualità morali, coangelicus presul, e l’attività pastorale, ecclesie reparator. Egli completa con affreschi e campanile la chiesa di San Giovanni Battista, lasciata incompiuta dal predecessore Pietro, e nella stessa trasporta, dalla chiesa posta sulla riva occidentale del fiume Irno, i corpi dei santi martiri Fortunato, Caio e Anthes.
Al tempo dei principi Sicone e Pietro viene gravemente offeso dall’ospitalità da questi accordata ad un capo musulmano proprio nella casa ove egli era solito dimorare. A seguito di ciò lascia la città e raggiunge Roma, ove si trattiene per un periodo non precisabile. Pregato prima dagli stessi principi, quindi dal clero e dal popolo, ritorna a condizione che venga costruita una nuova sede vescovile, quamvis exigua. Al tramonto della vita Bernaldo fa costruire una chiesa dedicata al Salvatore, decorata nella pavimentazione, nella volta e nelle pareti, arricchendola delle reliquie di san Felice e altri santi collocate nell’altare.

 

25 - Pietro II (855-861)

Il Chronicon riferisce: Mortuo [...] bone memorie Bernaldus statim suum filium [del principe Ademario] Petrum electum sublimarunt. Sembra che Pietro non sia stato prescelto per elezione del clero e del popolo, ma imposto dal padre, che mirava ad ingerirsi negli affari della Chiesa.

Guaiferio coglie il momento del massimo scontento popolare. Assale il palazzo e imprigiona Ademario. Il vescovo Pietro riesce a fuggire e si rifugia nel castello di Sant’Angelo a Monteauro, presso Olevano. Dopo breve resistenza, spontanea voluntate, si arrende. Come sia finito non è dato sapere.

 

26 - Rachenaldo (862-872?)

Il Chronicon indica, anche se con approssimazione, l’epoca di inizio dell’episcopato di Rachenaldo quando lo dice prescelto da Guaiferio: erat episcopus ab ipso Guaiferio preordinatus. Evidentemente, il vincitore si affrettò a sostituire il figlio dello sconfitto; e ciò dovette avvenire nell’862 o, al più tardi, nell’863.

Il suo è un governo episcopale travagliato, turbato dalla presenza continua e minacciosa dei saraceni nei dintorni di Salerno, sottoposta ad assedio per circa un anno. Indelebile rimane nella memoria storica del cronista la profanazione della chiesa dei Santi. Fortunato, Caio e Anthes, ove gli assedianti commettono ogni sorta di nefandezze. Forte si insinua nel presule un senso di frustrazione, fino al desiderio di abbandonare il ministero. Oltre al Chronicon, un solo documento fra quelli giunti fino a noi, dell’866, lo ricorda vescovo. Lo stesso Chronicon è vago circa la fine del suo episcopato.

 

27 - Pietro III (874?-888?)

Salerno risulta sede vacante nel febbraio-marzo 873, quando papa Giovanni VIII indirizza una lettera al clero et ordini salernitano per prescrivere che il presbitero Lupenardo sia giudicato dal nuovo presule, cum fuerit consacratus, e da altri sei vescovi.

Il primo documento che ci tramanda il nome di Pietro è dell’880. Nel marzo 882, a richiesta del principe Guaimario e della madre Landelaica, concede il decreto di esenzione dalla giurisdizione vescovile alla chiesa di San Massimo. Nell’886 Stefano V scrive a Petro eletto salernitano  invitandolo a recarsi a Roma per farsi ordinare vescovo. Successivamente l’invito si trasforma in ingiunzione perentoria, con la minaccia di ritenerlo sanctorum canonum transgressor et apostolicae censurae violator, poiché deteneva la Chiesa salernitana, tot retroactis temporibus, come invasore. Contemporaneamente il Papa scrive al principe Guaimario per informarlo ufficialmente della resistenza di Pietro e per comunicargli che se questi ancora si ostina a resistere all’invito, il clero e il popolo della Chiesa salernitana dovranno procedere ad eleggere statim altra persona idonea e ad sedem apostolicam pro sacrando deferre.

Ignoriamo se Pietro cedette a quest’ultimo invito e alle pressioni che, forse, Guaimario gli fece o si ostinò nel rifiuto e, quindi, decadde dal ministero episcopale. Così come ignoriamo i motivi della sua singolare ostinazione.

 

28 - Pietro IV (917)

Un istrumento per la permuta di un terreno in loco Felline con una corte in Quarracano ci presenta Petrus gratia Dei episcopus sancte sedis salernitane ecclesie nel 917. Il Liber confratrum riporta due vescovi di nome Pietro fra di loro succedutisi fra l’880 e il 917.

 

29 - Giovanni I (918)

L’unico atto di questo prelato giunto fino a noi è quello con il quale, nel 918, esenta dalla giurisdizione vescovile la chiesa di Santa Lucia di Balnearia, in territorio di Cava.

 

30 - Pietro V (936-949)

Il vescovo Pietro compare in un documento del 936 riguardante una lite sorta fra l’avvocato dell’episcopio e Mauro per il possesso di terreni con vigneti; chiamato a giudicare, egli definisce la vertenza a favore di Mauro. Nel 940 rivela le sue sollecitudini pastorali nell’atto con il quale concede a tre fratelli amalfitani una proprietà dell’episcopio in cui è edificata una torre con la chiesa di San Felice. Le condizioni di affidamento prevedono il restauro della chiesa e dello stabile annesso, la ripresa del culto con la residenza dei sacerdoti addetti, un dignitoso sostentamento offerto ad essi, la continuità nella dipendenza della chiesa da lui e dai vescovi suoi successori. In questo documento si ha una indiretta biografia del vescovo Pietro: non solo pastore vigilante del culto, dell’assistenza spirituale dei fedeli, della cura per il clero, ma anche attento custode del patrimonio della Chiesa. Nel 946 Gisulfo I, a sua richiesta, concede alla Cattedrale i beni degli ecclesiastici defunti senza eredi siti ovunque nel territorio del principato. L’ultimo documento che lo ricorda è del maggio 949: in un contrasto per diritti di proprietà su beni siti in Aiello fra Maione e Maria, coniugi, e l’abate di San Massimo viene esibito un suo decreto.

 

31 - Bernardo (954)

Il vescovo Bernardo è tradizionalmente associato al trasporto in Salerno del corpo di san Matteo, che sarebbe avvenuto il 6 maggio 954. Il primo documento che compie tale operazione è l'elenco dei vescovi salernitani redatto in appendice alle costituzioni del Sinodo Colonna del 1579 che, per altro, gli assegna il numerale II, evidentemente considerando primo il presule di cui al n. 24: Bernardus secundus A. D. 954 die 6 maji translatum fuit Corpus beati gloriosissimi Apostoli et Evangelistae Matthaei in Ecclesia Salernitana. Le narrazioni dell’evento anteriori al 1579 tacciono sul nome del vescovo in carica al 954. Documenti coevi che lo citino non sono giunti fino a noi.

 

32 - Pietro VI (958-974)

Caro a Gisulfo I, da cui ebbe fiducia e stima, fu suo consigliere e, molto probabilmente, medico personale. Nel 958 lo stesso principe, a sua richiesta, concede all’episcopio salernitano le proprietà che possiede nella zona del Trauso, verso i fiumi Cornea e Tusciano. Nel 968 Gisulfo, prima di intraprendere il viaggio per incontrarsi a Capua con l’imperatore Ottone I, si reca a pregare nell’antica Cattedrale e si accomiata dal vescovo: at sic commeato accepto a sanctissimo Petro. Poche parole sufficienti a farci intendere non solo le virtù del presule, ma anche la venerazione che ha per lui il principe. Nel 974 una controversia sorta fra il chierico Alfano e Leone di Atrani per il possesso di terreni a vigne siti in località Felline viene definita alla presenza del vescovo Pietro.

 

33 - Giovanni II (977-982)

Nel 977 Giovanni, divina favente clementia presule salernitano, dichiara che avendo la Mensa vescovile terreni in varie località, incolti, con scarsa o nessuna rendita, intende cederli all’amalfitano Lupeno con metà della chiesa di San Felice sita a Fonti, ricevendo in cambio dieci libbre d’argento. Il 23 aprile 978 è indicato: Johannes episcopus salernitane ecclesie datarius apostolicus. Nello stesso anno, in alcuni atti del 979 e l’8 novembre 980 si firma: Johannes episcopus salernitane ecclesie substitutus bibliotecarius s. sedis apostolice. L’ultimo documento che ricorda Giovanni è il diploma con il quale l’imperatore Ottone II, da Taranto il 18 aprile 982, conferma alla Chiesa salernitana donazioni e privilegi elargiti dagli antichi principi della città.

 

34 - Amato I (982-993)

Il ministero di Amato va distinto in due periodi: il primo come vescovo, il secondo come arcivescovo.
L’imperatore Ottone II, dopo la disastrosa battaglia di Stilo contro bizantini e saraceni, prima di rientrare a Roma, il 18 agosto 982 incontra a Capaccio Amato, nuovo vescovo di Salerno e suo amico. Con diploma che sarà promulgato da Capua il successivo 2 novembre, gli concede conferme e nuovi privilegi, fra cui quello della immunità. Non è giunto fino a noi il documento della promozione di Amato a primo arcivescovo. Tuttavia, elementi indiretti ci orientano fra il giugno e il 10 luglio 983. Infatti, in giugno, in un atto di permuta di terre, Amato è detto ancora vescovo; il 10 luglio muore Benedetto VII, al quale si deve la elevazione di Salerno a sede metropolitana.

 

gli arcivescovi (dal 983 ad oggi)

Dopo che Capua (14 agosto 966) e Benevento (26 maggio 969) erano state elevate a sedi metropolitane, probabilmente i principi di Salerno esercitarono pressioni per ottenere alla loro capitale la stessa dignità; ma dovettero essere soprattutto considerazioni di carattere politico ad indurre il papato al passo. Infatti, alla metropoli di Salerno vengono sottoposte, quali suffraganee, accanto a Pesto e Conza, tre diocesi poste nella valle del Crati: Cosenza, Malvito e Bisignano; una nella Puglia bizantina: Acerenza; una nel territorio conteso a Napoli: Nola.

L’ultimo documento che cita l’arcivescovo Amato è del giugno 992. Il Liber confratrum, nel frammento del calendario, pone al 3 marzo Amatus primus salernitanus archiepiscopus per la celebrazione dell’anniversario.

 

35 - Dauferio (993)

Il Liber confratrum lo dice presbiter e electus, collocandolo fra Amato e Grimoaldo.

 

36 - Grimoaldo (994-1011)

Il 25 marzo 994 Giovanni XV gli conferma tutti i diritti e privilegi della Chiesa salernitana, fra cui quello di ordinare i vescovi delle diocesi suffraganee. Nel 1005 consacra a Vietri sul Mare la chiesa in honore sancte Dei genitrix et in honore sancti Johannis baptiste, ricostruita dopo la distruzione da parte dei saraceni. Il Liber confratrum lo ricorda per l’anniversario il 26 maggio. Ove ciò fosse corretto, sarebbe morto tale giorno del 1011, poiché nel maggio 1012 Sergio IV conferma il successore.

 

37 - Michele (1012-1015)

Il 3 gennaio 1015 l’arcivescovo Michele partecipa al sinodo lateranense celebrato da Benedetto VIII e ne sottoscrive un documento riguardante il monastero di San Fruttuoso di Genova. Il Liber confratrum lo ricorda per l’anniversario il 29 maggio. Ove ciò fosse corretto, sarebbe morto tale giorno del 1015, poiché il 25 aprile 1016 Benedetto VIII conferma il successore.

 

38 - Benedetto II (1016-1019)

Il 25 aprile 1016 papa Benedetto VIII conferma confratrem nostrum Benedictum in ordine archiepiscopatus, quem ab eadem salernitana plebe regulariter electum esse comperimus. Nell’aprile 1019, a sua richiesta, i principi Guaimario III e Guaimario IV confermano alla Chiesa salernitana donazioni e privilegi concessi da imperatori, re, duchi e principi predecessori. Muore il 7 giugno 1019.

 

39 - Amato II (1019-1031)

È confermato arcivescovo di Salerno da Benedetto VIII con bolla del 27 dicembre 1019. Gli sono riconosciute le diocesi suffraganee di Pesto, Nola, Conza, Acerenza, Bisignano, Malvito e Cosenza. Gli è conferito il pallio con l’invito a recarsi a Roma per riceverlo insieme alla consacrazione episcopale.

Amato viene a trovarsi in una ostica situazione per l’atteggiamento del principe Guaimario, il quale, seguendo l’esempio del cognato Pandolfo di Capua, indulge in favore dei greci abitanti in Salerno, dando l’impressione di subire l’influenza bizantina. Tanto provoca l’intervento dell’imperatore Enrico II, che nel 1020 assedia la città. Il 31 maggio dello stesso anno, da Troia, l’imperatore concede all’arcivescovo il riconoscimento rituale di donazioni e privilegi. Allontanatosi dall’Italia Enrico, Amato non mancherà di chiedere al restaurato principe Guaimario una nuova conferma, che viene concessa nel maggio 1023.

Il Liber confratrum elenca Amato II arcivescovo e come successore un altro Amato prima di Giovanni; per l’anniversario lo ricorda il 12 giugno, che deve essere quello del 1031, poiché del marzo 1032 è la conferma del successore.

 

40 - Amato III (1032-1046)

È confermato arcivescovo di Salerno con bolla di Benedetto IX del marzo 1032. Nel maggio dello stesso anno giunge il rinnovo rituale di donazioni e privilegi da parte di Guaimario IV.

Gisulfo II avrebbe concesso all’arcivescovo Amato III e alla Chiesa salernitana diritti feudali su casali e castelli con un diploma di cui sono giunte fino a noi soltanto copie alquanto sospette. Infatti, esse ignorano Guaimario IV, cui Gisulfo fu associato fino al 1052, e risultano datate V anno del suo principato, marzo X indizione. Ora, nel corso del ministero di Amato III, la X indizione ricorse fra il settembre 1041 e l’agosto 1042, quando, però, nel marzo, Gisulfo non era stato ancora associato al trono. D’altronde, ove si volesse ipotizzare un errore nell’indizione, nel marzo del V anno di principato di Gisulfo (1047), non era più arcivescovo Amato, ma il suo successore Giovanni.

 

41 - Giovanni III (1047-1057)

Clemente II, con bolla del 18 febbraio 1047, conferma la promozione di Giovanni, vescovo di Pesto, alla sede arcivescovile di Salerno. Egli dovette essere molto stimato dal popolo, dal clero e dal principe Guaimario IV, poiché la sua nomina avviene col concorde suffragio di tutti. Leone IX, successore di Clemente II, con bolla del 22 luglio 1051, nell’elargire le solite conferme, aggiunge a favore degli arcivescovi salernitani la prerogativa di poter istituire nuove diocesi nell’ambito del territorio metropolitano.

Amato di Montecassino riferisce che Giovanni, infermo, il 5 maggio 1054 avrebbe avuto una visione di san Matteo e una premonizione riguardante lui stesso, papa san Leone IX, i normanni e la fine del principato longobardo. Lo stesso autore colloca la morte dell’arcivescovo all’8 settembre 1054; ma nel 1057 egli risulta ancora vivente.

 

Secondo alcuni autori, fra Giovanni e Alfano I vi sarebbe stato un altro arcivescovo di nome Pietro; di lui unica traccia è la nota dorsale di una pergamena dell’archivio diocesano: Petrus Archiepiscopus Salernitanus electus a. 1054, ma si tratta di una annotazione tarda, mentre fori e macchie di umidità impediscono la lettura proprio ove dovrebbe essere il nome del presule. Il Liber confratrum elenca soltanto Giovanni fra Amato III e Alfano I.

 

 

Salerno, cripta della Cattedrale. Curiosamente

la scritta recita: S. Alfanus Archiepiscopus

Salernitanus

42 - Alfano I (1058-1085)

Di nobile lignaggio, coltiva la musica, la poesia, la medicina nella Scuola cittadina. Conosce Desiderio, venuto in città in cerca di cure mediche. Esposto a pericoli, forse perché i suoi fratelli sono coinvolti nella congiura che porta all’uccisione del principe Guaimario IV (1052), parte per Benevento, ove rimane qualche tempo nel monastero di Santa Sofia. Dopo aver raggiunto, con Desiderio e l’arcivescovo di Benevento, Vittore II a Firenze, ottiene di entrare nel monastero di Montecassino. Nel 1057 torna a Salerno richiesto da Gisulfo II nel ruolo di abate di San Benedetto. Stefano IX, suo amico e confratello nell’abbazia di Montecassino, lo promuove arcivescovo l’8 marzo 1058; con bolla del 24 seguente gli conferma diritti e privilegi; per la prima volta compare come suffraganea di Salerno la diocesi di Martorana e per l’unica volta quella di Cassano. Nel marzo 1066 erige la diocesi di Sarno, di cui nomina Riso primo vescovo. Nel 1067 farà altrettanto per Nusco e fra il 1070 e il 1080 per Acerno. Il 1° ottobre 1071 interviene alla consacrazione della basilica di Montecassino, eretta dall’amico Desiderio.
Il 13 dicembre 1076, dopo un assedio che durava da maggio, Roberto il Guiscardo entra in città; dovrà lottare ancora fino agli inizi di giugno prima che Gisulfo II, rifugiato nel castello, sia convinto ad arrendersi dalla promessa di lasciare incolume la città; si recherà prima a Napoli e Capua, quindi a Roma. Alfano si ritrova con il duca Roberto colto dalla scomunica fin dal 1074, rinnovata dal sinodo romano del 24-28 febbraio 1075. La vicenda si conclude felicemente con l’incontro di Ceprano fra il Guiscardo e Gregorio VII del 29 giugno 1080.
Nel settembre successivo sono già in corso i lavori per l'edificazione del duomo normanno e in ottobre Roberto conferma alla Chiesa salernitana beni, prerogative e quant’altro. Nel giugno 1084 avviene la consacrazione della nuova Cattedrale da parte di Gregorio VII, che morirà il 25 maggio 1085 e vi troverà sepoltura. Alfano muore il 9 ottobre successivo.

 

43 - Alfano II (1086?-1121)

Forse eletto fin dal 1086, è ordinato arcivescovo di Salerno il 21 marzo 1087, a Capua, da Vittore III. Il 20 luglio 1098 Urbano II gli conferisce la dignità primaziale con bolla emessa a Salerno per mano del cancelliere cardinale diacono Giovanni. Nel documento, il Papa spiega le ragioni che lo hanno indotto ad onorare la Chiesa salernitana: perché detiene i corpi di san Matteo; dei martiri Fortunato, Caio e Anthes; di Gregorio VII. Vengono sottoposte alla sede primaziale di Salerno gli arcivescovi di Conza e di Acerenza, già sue diocesi suffraganee. Muore il 28 agosto 1121.

 

44 - Romualdo I, cardinale (1121-1137)

Il 15 settembre 1121 Callisto II, che si trova a Salerno, consacra arcivescovo Romualdo, figlio di Boccone, nativo di Benevento, cardinale diacono del titolo di Santa Maria in via Lata. Nell’ottobre successivo il duca Guglielmo concede a lui e alla Chiesa salernitana la Giudaica della città, con giurisdizione sui suoi abitanti. A Romualdo si deve il pavimento del transetto della Cattedrale nello stile decorativo proprio del XII secolo, con mosaici policromi e grandi dischi di porfido e marmo alabastrino.

Con la morte del duca Guglielmo e la successione di Ruggiero, l’arcivescovo Romualdo viene a trovarsi in una difficile posizione: ligio ai normanni, si mantiene loro amico anche quando sorge il conflitto fra lo stesso Ruggiero e Onorio II, che si rifiuta di riconoscerlo perché Guglielmo avrebbe donato il ducato al patrimonio di San Pietro. Alla morte di Onorio II sono eletti (1130) Innocenzo II e l’antipapa Anacleto. Quest’ultimo viene a Salerno nel marzo 1131 ove sostiene l’arcivescovo Romualdo, che evidentemente a lui aveva aderito, in una vertenza che lo opponeva a Roberto di Capua. Romualdo muore il 21 gennaio 1137. Non risulta si sia sottoposto al Papa legittimo prima di morire.

 

45 - Guglielmo (1137-1152)

Originario di Ravenna, già arcivescovo eletto di Capua, il suo nome è legato alla costruzione del poderoso campanile del Duomo, come si rileva dall’epigrafe murata sul lato che guarda a mezzogiorno; inoltre cinge l’altare maggiore con ricche balaustre marmoree con decorazioni musive. Muore il 7 luglio 1152.

 

Stemma della famiglia Guarna. Elaborazione dal Manoscritto Pinto, Biblioteca provinciale di Salerno.

46 - Romualdo II Guarna (1153-1181)

Figlio del conte Pietro, oltre che Pastore zelante e munifico, fu letterato, medico e politico.

In data imprecisata arricchisce il Duomo del prezioso ambone che da lui prende il nome, artisticamente rilevante per la parte scultorea e le decorazioni musive, più piccolo del posteriore di Nicola d’Aiello, ma certamente di maggiore eleganza. Scrive il Chronicon sive annales, testo fondamentale per la conoscenza di personaggi e avvenimenti a lui coevi e antecedenti, molti dei quali assenti in altre fonti.

Nel 1166, nella chiesa di Santa Maria in Palermo, unge e incorona re di Sicilia il dodicenne Guglielmo II; quindi rimane presso la corte quale familiare e consigliere in aiuto alla regina Margherita, che cura l’amministrazione del regno ob Willelmi secundi infantiam. L’anno successivo il Re dona alla Chiesa salernitana il feudo di Montecorvino. Nel 1177 concorre alla firma del trattato di pace di Venezia fra l’imperatore Federico Barbarossa e Alessandro III. In riconoscenza, e anche per riverenza verso le tombe di san Matteo e di Gregorio VII, il pontefice concede a lui e ai suoi successori il privilegio, all’epoca singolare, di farsi precedere, in città e nella provincia ecclesiastica, dalla croce inalberata; precedentemente, nel 1156, aveva mediato per il trattato di Benevento che chiudeva un periodo di aspre incomprensioni tra Guglielmo I  di Sicilia e Adriano IV. Secondo il Necrologio Romualdo muore il 1° aprile 1181, XIII indizione; ma l’aprile XIII indizione era 1180.

 

Alcuni storiografi sostengono che mons. Romualdo II Guarna fu sepolto nello stesso sarcofago che aveva accolto il corpo di mons. Romualdo I (1121-1137, si veda al numero 44), poiché anche a questi è attribuito il cognome Guarna e quindi si ritiene che nella stessa sepoltura, quale proprietà di quella famiglia, possano essersi susseguiti i due presuli. Ma ciò è falso, intanto perché nessun documento cita il primo Romualdo con un cognome; poi perché l’autore del Manoscritto Pinto, oltre a non porre un Romualdo I arcivescovo nella genealogia della famiglia, narra che fu il padre di mons. Romualdo II, il conte Pietro († 1157), il primo ad usare il cognome Guarna, mentre il nonno dello stesso arcivescovo, il conte Romualdo, aveva usato il cognome Crasso; infine perché al foglio 29 (tergo) della relazione della Visita pastorale del 1613, trattando delle presunte sepolture dei due Romualdo, mentre in modo implicito si smentisce l'immaginaria successione nello stesso sarcofago in quanto se ne indicano due diversi, una nota fra le righe avverte: d.s Romualdus P.mi non Guarna, sed d.ni tum.q Rom. 2. Guarna, facendoci intravedere come l’equivoco sul cognome del primo presule fosse già corrente agli inizi del Seicento. Gli stessi storiografi riconoscono questa presunta doppia sepoltura in un sarcofago strigilato posto nell’atrio della Cattedrale, immediatamente a destra dell’ingresso centrale, sul quale furono scolpiti due stemmi tagliando il motivo ornamentale originale. Si tratterebbe di quelle insegne che il Manoscritto Pinto narra essere state fatte scolpire da Ettore Santomango che aveva acquisito l'ex sepoltura di Romualdo I per porvi il corpo di fra Vespasiano Santomango, cavaliere di San Giovanni. In realtà, gli stemmi scolpiti sul sarcofago non presentano le quattro bande che lo stesso Manoscritto esplicitamente narra aver composto le insegne fatte scolpire dal Santomango, ma soltanto tre. 

 

1

 

1, stemma della famiglia d'Aiello. Elaborazione

dal Manoscritto Pinto, Biblioteca provinciale

di Salerno.

2, mons. d'Aiello.

Lastra tombale,

Salerno, Cattedrale.

2

47 - Nicola d’Aiello (1182-1222)

Figlio di Matteo, cancelliere del Regno di Sicilia, risulta arcivescovo il 21 febbraio 1182. Nel 1189 muore Guglielmo II. I normanni proclamano re Tancredi, conte di Lecce, che viene riconosciuto da Clemente III. L’imperatore Enrico VI, che ritiene il Regno di Sicila spettante alla moglie Costanza, figlia di Ruggiero II, scende in Italia. Costretto a rientrare in Germania, lascia l’imperatrice a Salerno; ma i salernitani, favorevoli a Tangredi, la traggono da Castel Terracena e la inviano a Palermo. La vendetta di Enrico VI si sviluppa nel 1194; arriva a Salerno il 17 settembre, riesce ad entrare in città, la pone a sacco e fuoco e imprigiona molti eminenti cittadini, fra cui l’arcivescovo. Nicola è condotto prima a Palermo, ove Enrico VI si fa incoronare re, quindi in Germania, ritenendolo l’imperatore fra i maggiori fautori dell’opposizione al suo potere in Italia Meridionale. Rimarrà prigioniero ben oltre la morte dello stesso Enrico, nonostante le scomuniche minacciate da Innocenzo III e la mobilitazione di vescovi italiani e tedeschi. Nel 1199 il presule è dichiarato libero, anche se si ritarda ancora il suo ritorno in diocesi.

Il suo nome è tradizionalmente legato alla edificazione nella Cattedrale dell’ambone maggiore, ma secondo la critica storica più recente, l’opera, insieme ad altri allestimenti liturgici del massimo tempio cittadino, sarebbe stata commissionata dal padre Matteo ed eseguita dalle maestranze che avevano lavorato nella Cattedrale di Monreale.

Il Necrologio riporta: A.D.I. MCCXXI indictionis X decimo die intrante mensis februarii ob. dominus Nicolaus Salernitanus archiepiscopus. Si tratta di datazione ab incarnatione corrispondente al 10 febbraio 1222; infatti l’indizione X ricorse dal settembre 1121 all’agosto 1222. Il Manoscritto Pinto (Biblioteca Provinciale di Salerno, manoscritto 19), ff. 6-11, famiglia Aiello, lo dice morto nel 1223 citando proprio il Necrologio (?) e aggiunge: fu sepolto in terra avanti l’ingresso del coro con sepoltura in marmo.

 

1

 

Mons. de Alagno.

1, stemma elaborato da F. Ughello, Italia Sacra, vol VII, 1722.

2, sigillo, 1256, Salerno, Museo diocesano.

2

48 - Cesario de Alagno (1225-1263)

Dopo la morte dell’arcivescovo d’Aiello la diocesi di Salerno rimane a lungo sede vacante. Federico II tenta di bloccare le nomine legittime dei Pastori di Aversa, Brindisi, Capua, Conza e Salerno, arrivando a disporre affinché il clero e il popolo di tali diocesi respingano i prelati nominati dal Papa chiudendo loro non solo le porte delle chiese, ma delle stesse città.

Onorio III, finalmente, il 25 settembre 1225, promuove arcivescovo di Salerno Cesario de Alagno, amalfitano, vescovo di Famagosta dal 1213.

Egli si adopera per restaurare le prerogative della Chiesa salernitana depauperate prima dalle vicende del suo predecessore, poi dalla vacanza della sede; incoraggia il sorgere del francescanesimo in diocesi e in città; emana norme per il rafforzamento del culto di san Matteo, in particolare nella cripta della Cattedrale. Muore il 31 agosto 1263.

 

49 - Matteo della Porta (1263-1273)

Il 17 novembre 1263 Urbano IV designa arcivescovo di Salerno Matteo della Porta, patrizio salernitano, figlio di Giovanni, nato nella famiglia ascritta al sedile di Porta Rotese che vantava origini longobarde e parentela con Gisulfo II, suo cappellano e familiare; ma egli dovrà attendere la morte di re Manfredi (1266) prima di poter accedere in diocesi.
Nel 1272, compie uno degli atti più rilevanti del suo episcopato: la donazione nelle mani del cugino Eufranone, priore di San Domenico Maggiore a Napoli, della chiesa di San Paolo de Palearea con gli immobili ad essa pertinenti, affinché l’ordine dei predicatori possa disporre di una adeguata sistemazione in città. Morirà il 25 dicembre 1273.

 

Stemma della famiglia della Porta. Elaborazione dal Manoscritto Pinto, Biblioteca provinciale di Salerno.

 

50 - Filippo Capuano (1286-1298)

Con la morte di Matteo della Porta, la diocesi di Salerno rimane sede vacante per dodici anni. Divisioni nel clero e difficoltà per la successione di sei papi nel giro di nove anni ritardano la nomina, nonostante la elezione del successore avvenga ancora regnante Gregorio X († 10 gennaio 1276). Onorio IV, finalmente, il 7 marzo 1287 conferma l’eletto Filippo Capuano affidandone la consacrazione al vescovo di Ostia.
Nel 1288 l’arcivescovo è coinvolto in una triste vicenda che vede un acceso conflitto, anche a mano armata, opporre i canonici della Cattedrale ai frati minori; citato a presentarsi davanti al pontefice (Niccolò IV), si rifiuta. Ancora il 18 marzo 1296 Bonifacio VIII scrive al legato apostolico nel Regno di Sicilia per invitare Filippo a presentarsi a lui entro quindici giorni essendo sorti nuovi inconvenienti. Chiude il suo tormentato episcopato nel 1298.

 

Sigilli di monsignor Filippo Capuano dal Liber Familiarum, Archivio della Badia di Cava.

 

51 - Guglielmo de Godonio (1298-1305)

Dopo le vicende che avevano caratterizzato l’elezione e l’episcopato di Filippo, la Santa Sede avoca a se il diritto di elezione del successore sottraendolo al clero e al Capitolo. La prima designazione cade su Pietro, cancelliere del Re, ma egli rifiuta. Allora Bonifacio VIII, con bolla da Rieti del 3 ottobre 1298, elegge Guglielmo de Godonio, francese della Provenza, cancelliere di Roberto duca di Calabria. Con lo stesso documento, il Papa dichiara inutile qualsiasi tentativo di nomina da parte di altri. Ma Guglielmo non raggiungerà la diocesi, che nel 1302 troviamo amministrata dal suo procuratore Pagano Sicardo; nel 1304 egli non risulta ancora consacrato, ma soltanto eletto. Finalmente, la sua consacrazione episcopale avviene il 29 giugno 1304. Muore il 4 settembre 1305.

 

52 - Guido de Collemedio (1306)

Fu notaio apostolico, nominato vescovo di Cambrai il 21 ottobre 1296 e promosso alla Chiesa salernitana, che non raggiungerà mai, il 22 gennaio 1306. Muore ad Avignone quello stesso anno, a circa quattro mesi dalla nomina.

 

53 - Berardo (1306-1307)

Viene eletto il 4 giugno 1306. Probabilmente era semplice chierico, poiché il Papa gli prescrive di ricevere tutti gli ordini minori, i maggiori e l’ordinazione episcopale da un vescovo di sua scelta. Il 9 dicembre dello stesso anno risulta ancora soltanto eletto. Il 2 agosto 1307 Berardo si qualifica electus consacratus e ricorda che, per consuetudine della Chiesa salernitana, l’arcivescovo, in una festività a sua scelta, offre il pranzo al Capitolo e soddisfa a ciascun chierico de choro mezzo tareno, a quelli de stallo cinque grana e a quelli di scannello due grana e mezzo; egli fissa alla festività di tutti i santi tale adempimento da parte sua. Non avrà modo di adempiere alla consuetudine, poiché muore il successivo giorno 7.

 

54 - Isarno Morlane (1310)

Il Capitolo, a scrutinio segreto, fa convergere i propri voti su Francesco Caranzio e Giovanni de Ruggiero. Il primo rinuncia, il secondo risulta quale eletto il 16 aprile 1309, ma non sarà mai consacrato. Il 12 giugno 1310 Clemente V trasferisce a Salerno, dalla sede metropolitana di Lunden, in Danimarca, l’agostiniano Isarno Morlane, prima vescovo eletto di Carcasson, quindi arcivescovo di Riga. Ancora una volta la Santa Sede avoca a se la provvista della diocesi, anzi stabilisce il principio generale che nel futuro ciò avverrà per tutte le cattedrali resesi vacanti. Il 14 luglio il Papa lo ammonisce ad indossare il pallio soltanto nei giorni indicati nei privilegi concessi alla Chiesa salernitana. Non raggiungerà mai Salerno: muore ad Avignone qualche mese dopo la nomina.

 

55 - Roberto Arcofate de Malovicino (1310-1313)

Il 14 ottobre 1310 Clemente V nomina arcivescovo di Salerno il suo cappellano e tesoriere Roberto Arcofate.

La Santa Sede continua a lamentare lo stato di abbandono della diocesi che, fra sede vacante, repentine morti e arcivescovi trattenuti altrove, non riesce a ritrovare una continuità nell’opera dei suoi Pastori. In realtà, i pontefici non si adoperano effettivamente alla soluzione del problema, poiché continuano ad eleggere prelati distratti da altre incombenze, a queste deputati dalla stessa Sede apostolica. Il 26 febbraio 1311 Roberto ottiene una proroga fino al Natale per l’ordinazione episcopale e la ricezione del pallio. Il 2 agosto successivo è in Francia inviato di Clemente V. Il 16 dicembre gli viene accordata una ulteriore dilazione dell’ordinazione fino all’ottava di Pentecoste, essendo ancora impegnato nella missione pontificia. Finalmente è lordinato nella Pentecoste del 1312 da Umberto, arcivescovo di Napoli. Il 6 agosto 1312 è in sede e chiede al Pontefice la facoltà di poter effettuare la visita pastorale della città e della diocesi. Esattamente un anno dopo è trasferito alla sede di Aix in Provenza.

 

56 - Onofrio (1313-1320)

Il 6 agosto 1313 Clemente V, avendo trasferito quello stesso giorno Roberto, nomina arcivescovo di Salerno Onofrio, suo cappellano, ancora suddiacono. Il 28 marzo 1314 affida la consacrazione a Nicola, vescovo di Ostia, e gli conferisce il pallio. È il primo arcivescovo, oltre un secolo dopo la prigionia di Nicola d’Aiello, a risiedere stabilmente in sede e per un tempo sufficiente a svolgere un impegno pastorale. Con bolla del 18 novembre 1314 passa in rassegna gli inconvenienti, gli arbitri, i soprusi accumulatisi negli ultimi trent’anni. Denuncia le usurpazioni di immobili, le sottrazioni di istrumenti e altre scritture, la depredazione di paramenti e argenteria, la manomissione di censi e rendite della Chiesa. Ancora nel 1318 lo troviamo ricorrente al principe Carlo, vicario del Regno, contro i governanti della terra di Eboli che impediscono alla mensa arcivescovile di esercitare il libero dominio su un fondo denominato Pecta. Muore ad Avignone nel 1320.

 

57 - Bertrando de la Tour, cardinale (1320) beato

Francese, nato a Camboulit forse nel 1265, francescano, il 3 settembre 1320 è nominato arcivescovo di Salerno da Giovanni XXII. Il 21 ottobre è ordinato dal presule di Frascati Berengario e riceve il pallio. Il 20 dicembre è creato cardinale presbitero del titolo di San Vitale. Non raggiungerà mai la diocesi, poiché si dimette alla fine di quello stesso anno. Dal 1323 sarà vescovo di Frascati. Morirà, forse, nel 1333. Il martirologio francescano lo ricorda come beato il 30 luglio.

 

A sinistra: immagine dal sito Araldica Vaticana. A destra: stemma del casato de la Tour.

 

58 - Arnaldo Royard (1321-1330)

Francese della provincia di Aquitania, francescano, il 30 aprile 1321 è nominato da Giovanni XXII arcivescovo di Salerno. Il 31 maggio riceve le lettere testimoniali dell’ordinazione episcopale e il 9 giugno il pallio. Nel 1324 Roberto d'Angiò, re di Sicilia, gli riconosce, quale prelato pro tempore della Chiesa salernitana, il possesso dei feudi di Montecorvino e Olevano. Il 27 giugno 1330 è trasferito alla sede di Sarlat, in Francia. Il 12 dicembre successivo ottiene dal metropolita e dal Capitolo di Bordeaux, di cui era divenuto suffraganeo, di conservare l’uso del pallio di cui godeva quando era arcivescovo di Salerno. Morirà, forse, nel 1334.

 

 

Mons. Minutolo.

Stemma elaborato da F. Ughello, Italia Sacra, vol VII, 1722.

59 - Orso Minutolo (1330-1333)

Canonico diacono della Chiesa napoletana, è designato arcivescovo di Salerno il 30 giugno 1330. Riceve l’ordinazione episcopale il 30 settembre seguente presso la Sede apostolica. Con bolla del 3 novembre 1331 ricorda le consuetudini della Chiesa salernitana, fra le quali quella dell’offerta ai chierici di un pranzo annuale in un giorno da scegliersi dall’arcivescovo, che egli individua nella festività di san Geronimo. Il 21 dicembre dello stesso anno riceve dal Papa, che si sofferma ad esprimergli la propria stima lodandone la saggezza e la prudenza, il mandato di immettere Lorenzo, vescovo eletto e ordinato, nel possesso della diocesi di Ariano, essendo stata dimostrata la sua innocenza in relazione ad accuse che gli erano state mosse. Muore trovandosi a Napoli presso la famiglia il 3 dicembre 1333 ed è sepolto in quella Cattedrale.

 

60 - Benedetto de Palmiero (1334-1347)

Arcidiacono di Capua, originario di Napoli, è designato arcivescovo di Salerno il 18 febbraio 1334, pur non essendo ancora sacerdote. Riceve il pallio il 17 marzo. Precedentemente era stato nominato, con scrutinio fatto presso la Sede apostolica, Riccardo de Ruggiero, arcidiacono della Chiesa salernitana, che rinuncia essendogli offerta la sede di Capua.

Il 3 febbraio 1335, benché eletto e consacrato da circa un anno, Benedetto non è ancora a Salerno; lo sarà il 27 settembre successivo. Nel 1336 la sua buona fede è sorpresa da alcuni ecclesiastici, che propalano la notizia della morte di Giovanni Guglielmo, canonico di Tour, titolare di alcuni benefici nella città e nella diocesi, ove era stato vicario generale dell’arcivescovo Arnaldo. Benedetto provvede di nuove nomine per tali benefici provocando l’intervento del Papa, che incarica il vescovo di Cassino e il canonico napoletano Gerardo de Valle di reintegrare nei benefici il legittimo titolare. Dopo circa 13 anni di governo pastorale, muore nei primi mesi del 1347.

 

 

Stemma dei

Sanseverino

conti di Marsico.

61 - Ruggero Sanseverino (1347-1348)

Canonico napoletano, figlio di Tommaso, conte di Marsico, e della sua terza moglie Sveva d'Avezzano, cappellano del Papa, eletto arcivescovo di Bari il 24 marzo 1337 con dispensa per difetto di età e di ordini, è trasferito a Salerno il 23 maggio 1347 da Clemente VI. Il 17 luglio il Capitolo cattedrale chiede per lui il pallio.

Il 29 ottobre 1347 il Papa gli conferisce la facoltà di assolvere dalla scomunica, insieme al vescovo di Cassino, quei chierici e prelati che avevano consigliato o favorito il matrimonio fra Giovanna I, regina di Sicilia, e Ludovico d'Angiò Taranto. Muore, forse, intorno alla metà del 1348, poiché il 2 ottobre di quell’anno la Chiesa salernitana è sede vacante per mortem [...] domini Rogerii.

 

62 - Bertrando de Castronovo (1349-1364)

Francese della diocesi di Mende, designato arcivescovo di Taranto nel 1348, il 7 gennaio 1349 è trasferito a Salerno, prima ancora di essere ordinato. I quindici anni del suo episcopato sono segnati da una lotta tenace contro la piaga dell’usurpazione dei beni arcivescovili e del possesso illegittimo di chiese e benefici da parte di alcuni ecclesiastici. Il 22 aprile 1350 il Papa si rivolge a Tommaso e Ruggiero Sanseverino esortandoli ad assistere Bertrando nel recupero di alcuni beni; evidentemente, l’arcivescovo era stato costretto a chiedere l’appoggio pontificio e l’efficace intervento dei potenti Sanseverino affinché, dopo anni di manomissioni, sia restituito il possesso di cespiti appartenenti alla Chiesa salernitana. L’8 gennaio 1364 è trasferito alla diocesi di Embrun, in Francia. Morirà, forse, nel 1374.

 

63 - Guglielmo Sanseverino, cardinale (1364-1378)

Il 15 gennaio 1364 Urbano V, escludendo qualsiasi tipo di designazione che non sia quella pontificia,  nomina arcivescovo di Salerno Guglielmo Sanseverino, suddiacono, prevosto di Aix in Provenza. Nel maggio 1366, aderendo alla richiesta del Capitolo, concede la facoltà di costruire, nella navata destra della Cattedrale, una cappella sotto il titolo della Santissima Trinità con sepoltura per i canonici. Guglielmo è creato cardinale il 18 settembre 1378 del titolo di Sant’Eusebio. Muore il 24 novembre dello stesso anno.

 

Stemma della famiglia Acquaviva.

64 - Giovanni Acquaviva (1378-1382)

La figura di Giovanni appare sulla scena in un momento molto difficile per la storia della Chiesa: l’inizio dello scisma d’occidente. In questo periodo doloroso si ha il triste spettacolo di vedere in molte diocesi due vescovi, in parecchi monasteri due abati, in tante parrocchie due parroci, dei quali l’uno fedele al papa di Roma, l’altro all’antipapa di Avignone. A Bartolomeo Prignano, eletto l’8 aprile 1378 con il nome di Urbano VI, un gruppo di cardinali oppone, con designazione del 20 settembre, Roberto dei Conti di Ginevra con il nome di Clemente.
Alla fine di quell'anno, Giovanni, napoletano, arcivescovo di Amalfi, è trasferito a Salerno dall’antipapa Clemente. Nello stesso momento Guglielmo de Altavilla (per il quale si veda al n. 66) è designato da papa Urbano VI arcivescovo della nostra città.

Quasi immediatamente Giovanni è inviato in Ungheria pro certuis arduis negotii dalla regina Giovanna e dallo stesso antipapa, mentre in diocesi sono costituiti due vicari scismatici. Giovanni muore prima del luglio 1382. 

 

F. Ughello, Italia Sacra,

vol VII, 1722, attribuisce a mons. Acquaviva uno stemma inquartato:

in 1° e 4° Aragona,

in 2° e 3° Acquaviva,

ma si tratta di un errore, essendo la concessione alla famiglia del quarto Aragona solo del 1479.

 

 

 

65 - Roberto de Illice (1382)

Il 2 luglio 1382 l’antipapa Clemente trasferisce a Salerno Roberto, vescovo di Valva-Sulmona. Sembra sia rimasto soltanto eletto.

 

66 - Guglielmo de Altavilla, cardinale (1378-1389)

Alla fine del 1378 papa Urbano VI lo nomina arcivescovo di Salerno. Nel febbraio dell’anno successivo depone Pietro, abate della Santissima Trinità di Cava che aveva aderito all’antipapa, facendolo sostituire, quale amministratore, dal canonico Riccardo de Ruggiero.

Nel corso del suo episcopato è costretto a subire ingerenze da parte dell’antipapa Clemente tramite prelati a lui fedeli, quali l’arcivescovo di Benevento e i vescovi di Sarno e di Caserta.

Nel 1382 è creato cardinale diacono d Santa Maria in Cosmedin e nel 1384 cardinale presbitero del titolo di Santo Stefano al Celio. In quegli anni si firma commendatario e amministratore della Chiesa salernitana, come nella bolla di nomina del rettore e cappellano di San Nicola di Ornito. Muore a Roma il 23 luglio 1389.

 

Immagine dal sito Araldica vaticana.

 

67 - Ligorio Maiorino (1394-1400)

Fra il 1389 e il 1394 Salerno rimane sede vacante. La diocesi è retta dal vicario canonico diacono Filippo Grillo, che il 23 giugno 1392 provvede alla rettoria e alla cappellania di San Biagio di Lanzara a seguito della rimozione del precedente titolare seguace dell’antipapa.

Ligorio Maiorino, napoletano, benedettino, abate della Santissima Trinità di Cava dal 1383, il 7 agosto 1394 è promosso arcivescovo di Salerno da papa Bonifacio IX. Il 15 febbraio 1400 è trasferito alla sede metropolitana di Colossi, nell’isola di Rodi, ove morirà nel 1406.

 

Mons. Maiorino. Stemma elaborato da F. Ughello, Italia Sacra, vol VII, 1722.

 

 

 

 

68 - Bartolomeo de Aprano (1400-1414)

Patrizio napoletano del sedile di Capuana, arcivescovo di Taranto, viene trasferito a Salerno da Bonifacio IX il 7 marzo 1400. Nel 1405 segnala a papa Innocenzo VII i meriti e la fedeltà di Riccardo d’Aiello, primo vescovo di Cava, già chierico e canonico salernitano, eletto a quella sede il 13 agosto 1394.

Muore il 9 settembre 1414 ed è sepolto in Cattedrale: In hoc tumulo iacet corpus reverendissimi in Christo Patris et domini Bartholomaei de Apriano de Neapoli, decretorum doctoris permissione divina Archiepiscopi salernitani, qui obiit ann. dom. MCCCCXIV die VIIII mensis septembris, VIII indict. cuius anima requiescat in pace Amen, si legge sul retro del sarcofago.

Mons. de Aprano. Sarcofago, Salerno, Cattedrale.

 

 

Stemma della

famiglia Piscicelli.

I de Aprano ebbero quale capostipite Marino Piscicelli, detto Aprano († 15 luglio 1323).

Essi aggiunsero allo stemma di origine varie brisure, quali una stella, un crescente, un'aquila.

 

 

Mons. Piscicelli I.

Lastra tombale,

Salerno, Cattedrale.

69 - Niccolò Piscicelli I (1415-1440)

Cistercense, figlio di Berardo, patrizio napoletano del sedile di Capuana, arcivescovo di Acerenza, viene trasferito a Salerno il 21 febbraio 1415 dall’antipapa Giovanni. Dopo qualche mese ripudia lo scisma e aderisce a papa Gregorio XII. Il 20 giugno dello stesso anno la regina Giovanna II ordina a giustizieri, capitani e altri ufficiali del Regno di assistere l’arcivescovo noviter ordinato contro ogni vessazione o molestia nell’amministrazione dei beni della mensa e nell’esercizio del governo episcopale.

Nel 1417 vede la fine dello scisma, causa principale di disordine nel ministero dei suoi predecessori, con l’adesione della Regina a papa Martino V. Il 26 settembre dello stesso anno Giovanna, con un secondo diploma, consolida il prestigio e l’autorità di Niccolò anche con la conferma del possesso feudale dello stato di Montecorvino, già donato alla Chiesa salernitana da re Guglielmo nel 1167. Con bolla de 5 maggio 1422 il Papa lo nomina collettore generale della Santa Sede per esigere le decime nel Regno di Napoli. Muore nel primo bimestre del 1440.

 

 

70 - Barnaba Orsini (1440-1449)

Non ancora sacerdote, ma solo in minoribus dumtaxat ordinibus constitutus è designato arcivescovo di Salerno da Eugenio IV l’8 marzo 1440.

Il suo nome è legato ai primi interventi, di cui prove sono giunte fino a noi, di consolidamento delle strutture del Duomo. Essi sono di rafforzamento del muro meridionale con l'edificazione dei due contrafforti di sostegno dalla parte esterna, lungo l’attuale via Roberto il Guiscardo, che conservano suoi stemmi. Lo stesso stemma compare su un pilastro di rinforzo del lato meridionale della navata centrale e su un capitello in pietra appartenente ad una delle colonne interne alla Cattedrale che furono rimosse durante i lavori settecenteschi, oggi nell'atrio, lato occidentale.

Non sono giunti fino a noi documenti che ci permettano di conoscere la data della sua morte. L’8 febbraio 1449 emette la bolla Universis et singulis con la quale sancisce che alla frateria della Cattedrale spetta una voce e mezza del diritto di patronato della chiesa parrocchiale di Santa Lucia de Giudaica; il 21 aprile è nominato il successore.

 

 

71 - Niccolò Piscicelli II (1449-1471)

Figlio di Giacomo, patrizio napoletano del sedile di Capuana e signore di Sant'Angelo, nipote dell'omonimo predecessore, vescovo di Bisignano dal 1445, viene promosso arcivescovo di Salerno il 21 aprile 1449 favore Alfonsi Regis.

Affronta il problema del diritto di patronato, largamente diffuso, chiedendo agli interessati il titolo originario del possesso; ne esige la funzionalità in modo che possa costituire un aiuto allo sviluppo della vita religiosa, non ostacolo, come spesso accadeva. Sua preoccupazione è l'incremento delle vocazioni ecclesiastiche, provvedendo i chierici di sufficiente base economica, come nel caso di Luigi Guardato, al quale, nell’aprile 1470, conferisce in beneficio semplice lo arbusto de lo monaco in Filetta perché possa continuare gli studi.

Muore nel primo quadrimestre del 1471, forse in aprile, ed è sepolto in Cattedrale.

Mons. Piscicelli II. Sarcofago, Salerno, Cattedrale.

 

72 - Pietro Guglielmo de Rocha (1471-1482)

Spagnolo, è eletto arcivescovo di Salerno il 30 agosto 1471 da Sisto IV.

A lui si devono ulteriori lavori di consolidamento della Cattedrale, con la costruzione di un poderoso barbacane esterno al cantone sud-orientale del transetto, come testimonia la presenza del suo stemma.

Nel 1481 la diocesi è amministrata da un procuratore e da un vicario generale in assenza dell’arcivescovo: infatti, l’8 dicembre di quell’anno Pietro Guglielmo celebra a Roma la messa solenne alla presenza del pontefice. Muore il 18 ottobre 1482 senza essere rientrato in diocesi ed è sepolto in Santa Maria del Popolo.

  

73 - Giovanni d’Aragona, cardinale (1483-1485)

Figlio di Ferrante, re di Napoli, e di Isabella di Chiaromonte, nato nella città partenopea il 25 giugno 1456, destinato fin dall’infanzia alla carriera ecclesiastica per divenire strumento di pressione politica presso la corte papale, ancora bambino, nel 1465, è nominato da Paolo II abate commendatario della badia di Cava e nel 1467 di quella di Montevergine. Sisto IV vi aggiunge, nel 1471, Montecassino; nel 1472, Monte Aragon nella diocesi di Huesca in Spagna; nel 1475, San Benedetto di Salerno. Nel 1477 è creato cardinale diacono del titolo di Sant’Adriano, titolo che mantiene nel 1480 divenendo cardinale presbitero; sarà trasferito a quello di Santa Sabina nel 1483 e di San Lorenzo in Lucina nel 1484.

Il 15 gennaio 1483 è designato amministratore apostolico della diocesi di Salerno; già detiene quelle di Taranto, di Patti, di Cosenza, di Esztergom in Polonia; nel 1484 vi aggiungerà Huesca. Ancora, è protonotario apostolico e legato pontificio alla corte di Ungheria, ove regna il cognato Mattia Corvino, e in Germania. A Salerno indice un sinodo, al quale probabilmente non partecipa e di cui non redige le costituzioni. Fa costruire l’organo in Cattedrale. Muore il 17 ottobre 1485 per la peste che imperversa a Roma.

 

74 - Ottaviano Bentivoglio (1486-1500)

Alla morte di Giovanni d’Aragona, il principe di Salerno, Antonello Sanseverino, con il consenso del Re, si arroga il diritto di presentazione dell’arcivescovo da eleggere. La scelta cade su Ottaviano Bentivoglio, di Urbino, vescovo di Melfi dal 1480, che viene trasferito da Innocenzo VIII il 10 maggio 1486.

Dal 1496 il presule si assenta dalla diocesi per circa un biennio: forse segue Antonello Sanseverino, di cui è segretario, a Senigallia, dopo lo scontro di questi con Federico d’Aragona. Muore nel secondo trimestre del 1500.

 

75 - Giovanni de Vera, cardinale (1500-1507)

Nato il 25 novembre1453 ad Alcira (o Alzira), nella diocesi spagnola di Valencia, è eletto da Alessandro VI arcivescovo di Salerno il 10 luglio 1500; il 28 agosto riceve il pallio; il 28 settembre è creato cardinale presbitero del titolo di Santa Balbina. Il 28 marzo 1501 prende possesso della diocesi per mezzo di un procuratore, essendo impegnato quale legato pontificio presso i Re di Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. Forse non fu mai a Salerno, ove si susseguono suoi vicari. Muore il 4 maggio 1507 a Roma ed è sepolto nella chiesa di Sant’Agostino.

 

Immagine dal sito Araldica vaticana.

 

 

76 - Federico de Campo Fregoso, cardinale (1507-1533)

Nobile genovese, figlio di Agostino, capitano generale della Repubblica, e di Gentile, figlia naturale di Federico da Montefeltro, nato forse nel 1480. rettore della chiesa parrocchiale di San Michele in Mantova, segretario e commensale abituale del Papa. Non ancora sacerdote, è eletto arcivescovo di Salerno il 5 maggio 1507. Si aggiunge alla lista dei presuli che non furono mai in diocesi.

Nello stesso anno della sua elezione raggiunge Bologna per incarico di Giulio II. Nel 1513 è a Roma, ove la sua casa a doctis hominibus mirifice frequentatur. Successivamente ritorna a Genova presso il fratello Ottaviano, governatore della città, schierandosi a favore di Francesco I di Francia contro Carlo V di Spagna e il Papa; tale gesto provoca un decreto di Leone X del 3 agosto 1521 che lo priva dell’amministrazione della Chiesa salernitana. Nel 1522, all’invasione di Genova da parte dell’esercito spagnolo, ripara in Francia, ove il Re gli conferisce in commenda la badia di Digione.

Intanto la diocesi di Salerno è affidata prima a Ludovico Arrivabene, già vicario dello stesso Fregoso, poi al procuratore apostolico Lorenzo Gattinara. Il 15 aprile 1528 l’arcivescovo è reintegrato nell’amministrazione della Chiesa salernitana; vi rinuncerà nel 1533 per ritirarsi a Gubbio, di cui era stato nominato vescovo fin dal 1508. Muore l’11 novembre 1541, dopo che, il 19 dicembre 1539, era stato creato cardinale presbitero del titolo dei Santi Giovanni e Paolo; è sepolto nella Cattedrale di Gubbio.

 

Immagini dal sito Araldica vaticana.

 

In assenza dell'arcivescovo Fregoso, il procuratore apostolico Lorenzo Gattinara interviene, nel 1525, sulle fabbriche della Cattedrale costruendo un quarto contrafforte di sostegno al muro meridionale, dopo i due posti da monsignor Barnaba Orsini e quello poderoso di monsignor Pietro Gugliemo de Rocha innalzato a sostegno del cantone sud-orientale del transetto. Su questo quarto barbacane (il primo lungo l'attuale via Roberto il Guiscardo, dal campanile verso le absidi), monsignor Gattinara lascia il proprio stemma.  

 

 

77 - Nicolò Ridolfi, cardinale (1533-1548)

Nato a Firenze il 16 luglio 1501 da Pietro e da Contessina dei Medici, nipote di Leone X per parte della sorella, protonotario apostolico, è creato nel 1517 cardinale diacono del titolo di San Vito in Macello; sarà trasferito nel 1534 a quello di Santa Maria in Cosmedin e nel 1540 all’altro di Santa Maria in Via Lata.

Nel 1520 è amministratore della diocesi di Orvieto. Nel 1524 è eletto arcivescovo di Firenze e vescovo di Vicenza. Nel 1526 riceve l’amministrazione apostolica di Forlì; nel 1532 quella di Viterbo; nel 1533 l’altra di Imola. Alcune di queste diocesi lascerà per poterle poi riprendere, in ogni caso trattenendo per sé rendite e benefici.
Il 7 febbraio 1533 Clemente VII, altro suo consanguineo, lo nomina amministratore perpetuo in spiritualibus et temporalibus dell’archidiocesi di Salerno; il 9 aprile il viceré d. Pietro de Toledo autorizza l’esecuzione della bolla pontificia. L’arcivescovo non sarà mai in città. Come il suo predecessore Fregoso, indice visite pastorali condotte da vicari che si avvicendano rapidamente. Muore a Roma il 31 gennaio 1550, avendo lasciato l’amministrazione della Chiesa salernitana nel 1548, nel corso del conclave che porterà all’elezione di Giulio III.

 

Immagini dai siti Araldica ecclesiastica e Araldica vaticana.

 

78 - Ludovico de Torres (1548-1553)

Spagnolo di Malaga, viene in Italia al seguito di Carlo V quale membro del suo Supremo consiglio. Il 19 dicembre 1548 è eletto arcivescovo di Salerno.

Nel corso del suo episcopato non rimane in sede che per brevi periodi, valutabili in non più di un anno complessivamente. Fa rafforzare il muro meridionale della Cattedrale; restaura, nel 1550 la parte anteriore dell’atrio; nello stesso anno fa fondere la grande campana che ad multa passuum millia sonum emittit. Muore a Roma il 13 agosto 1553, all’età di 58 anni, ed è sepolto provvisoriamente in Santa Caterina dei Funari. Successivamente la salma viene trasportata nella città natale, ove è tumulata nella Cattedrale.

 

Stemma come si vede al sito Il portale del sud - I cognomi del sud.

 

 

79 - Girolamo Seripando, cardinale (1554-1563)

Napoletano del sedile di Capuana, nato probabilmente il 6 ottobre 1492 da Giovanni Ferrando e da Isabella Luisa Galeota, è battezzato col nome di Troiano; prenderà quello di Girolamo il 6 maggio 1507 nell'atto di entrare nel cenobio agostiniano di San Giovanni a Carbonara, dopo essere stato nel convento domenicano di Santa Caterina a Formello. Nel 1513 è ordinato sacerdote. Dal 1523 al 1538 è a capo della provincia napoletana di Carbonara. Fra il 1539 e il 1551 è generale dell’ordine degli eremitani. Partecipa alla prima fase del Concilio di Trento.
Il 30 ottobre 1553 è proposto arcivescovo di Salerno da Carlo V, presso la cui corte si trovava dall’agosto precedente. È eletto nel concistoro del 30 marzo 1554. Il 15 maggio riceve a Roma l’ordinazione episcopale; il 21 settembre, nella Cattedrale di Napoli, il pallio. Il 23 settembre entra a Salerno; non si allontanerà dalla diocesi se non per partecipare, quale legato di Pio IV, alla fase successiva del Concilio.

Immediatamente intraprende una serie di iniziative in linea con i dettati emersi nella prima fase del Concilio: indice un sinodo e una visita pastorale; intraprende la riforma dei monasteri femminili e degli statuti del Capitolo cattedrale. È costretto ad abitare per il primo biennio del suo ministero nel palazzo dei Guarna, stante l’inabitabilità dell’archiepiscopio. Provvede al restauro di questi e della Cattedrale.

Il 26 febbraio 1561 è creato cardinale presbitero del titolo di Santa Susanna. Muore a Trento il 17 marzo 1563 ed è sepolto in San Marco degli agostiniani.

 

80 - Gaspare Cervantes de Gaeta, cardinale (1564-1568)

Spagnolo, nato nel 1511 a Trujillo nell'Estremadura, arcivescovo di Messina dal 1561, è trasferito a Salerno il 1° marzo 1564, tre mesi dopo la chiusura del Concilio di Trento, al quale aveva partecipato dal 1562.
Immediatamente in sede, pone in atto le riforme volute dallo stesso Concilio con i mezzi prescritti: sinodo, visita pastorale, istruzione religiosa per il popolo e adeguata cultura per il clero, istituzione del seminario. Il 13 luglio 1568, nominato da Filippo II di Spagna, è trasferito alla sede metropolitana di Terragona: Salerno perde un presule illuminato successore del riformatore Seripando; come nella nostra città, nella nuova sede tiene immediatamente un sinodo e istituisce il seminario.

È creato cardinale il 17 maggio 1570. Muore il 17 ottobre 1575.

 

81 - Marco Antonio Colonna, cardinale (1568-1574)

Figlio di Camillo, duca di Zagarolo, e di Vittoria Colonna, nacque a Roma nel 1523. Abate commendatario dell'abbazia territoriale di Subiaco nel 1559, arcivescovo di Taranto dal 1560, prende parte attiva al Concilio di Trento dal 1561 al 1563. Il 12 marzo 1565 è creato cardinale e il 15 maggio assume il titolo presbiterale dei Santi XII Apostoli, poi di San Pietro in Vincoli il 5 dicembre 1580, infine quello di San Lorenzo in Lucina il13 ottobre 1586.

Il 13 ottobre 1568 è nominato arcivescovo di Salerno; ma rimane a Roma, facendo parte della commissione istituita dal Papa nel 1569 per la cura di una edizione critica della versione latina delle Sacre Scritture. L’11 gennaio 1570 riceve il pallio. Nella nostra diocesi, nell’ottobre successivo apre una visita pastorale, cui parteciperà personalmente soltanto fra il 2 e il 10 aprile 1573.

Nel 1574 rinuncia alla diocesi a favore del cugino Marco Antonio Marsili Colonna, riservandosi una pensione di quattromila ducati e il diritto di nomina sui benefici in mensibus apostolicis. Morirà nel castello di Zagarolo il 12 maggio 1597 e sarà seppellito in Santa Maria dei frati minori.

 

Immagini dal sito Araldica vaticana.

 

82 - Marco Antonio Marsili Colonna (1574-1589)

Nato a Bologna nel 1542 da Cornelio Marsili e da Lavinia Colonna, cugino per parte di madre del suo predecessore, cappellano e consigliere di Filippo II, su proposta del Re è eletto arcivescovo di Salerno da Gregorio XIII il 25 giugno 1574.

Affronta il difficile problema della riforma dei monasteri femminili, ma sarà il successore a vedere i frutti del suo impegno perseverante. Visita alcune badie della diocesi, superando qualche resistenza da parte degli abati commendatari. Incrementa le attività del seminario. Indice un importante sinodo e ne pubblica le costituzioni ancora oggi studiate quale testo fondamentale per la conoscenza delle problematiche dell’epoca. Il 30 giugno 1578 compie la prima ricognizione del corpo di Gregorio VII; lo trova sacris amictum ac fere integruum.  Nel 1588 papa Sisto V lo nomina governatore di Camerino, ove muore il 24 aprile 1589. I cugini cardinali Marco Antonio e Ascanio Colonna ne fanno trasportare la salma a Roma, ove trova sepoltura nella chiesa dei Santi XII Apostoli.

 

Mons. Marsili Colonna. Stemma elaborato da una colonnina di acquasantiera della Cattedrale di Salerno.

 

 

 

Mons. Bolognini. Monumento funebre, Salerno, chiesa della Santissima Addolorata.

 

 

 

 

 

 

 

83 - Mario Bolognini (1591-1605)

Con la morte di monsignir Marsili Colonna, la diocesi rimane sede vacante per circa due anni. In tale periodo, il 10 giugno 1589, Sisto V emette l’atteso decreto per la riforma dei monasteri femminili, frutto anche del lungo lavorio del defunto arcivescovo; il 27 novembre 1589, Filippo d’Aragona dà l'assenso agli atti per l’apertura di una casa gesuitica in città; infine le autorità civili e il Capitolo avviano ulteriori lavori di consolidamento e restauro della Cattedrale.

Mario Bolognini, figlio di Giovanni Carlo e di Andreana del Tufo, nato a Caiazzo nel 1541, arcivescovo di Lanciano dal 1579, di Crotone nel 1588, nunzio apostolico in Francia di Sisto V nel 1590, è trasferito da Gregorio XIV alla sede metropolitana di Salerno il 7 gennaio 1591.

Sua prima preoccupazione è quella di garantire al seminario entrate adeguate, apparendo insufficiente la rendita annua corrente di mille ducati; prima incombenza è quella di dare efficacia al decreto del Papa per la riforma dei monasteri femminili, che non pochi problemi gli causerà; inconvenienti incontra anche nei rapporti con gli ordini monastici maschili. Per direttiva del Santo Padre, fatta pervenire a tutti i presuli del Regno, si preoccupa del riordino degli archivi della diocesi. Si adopera affinché si costituisca un convento carmelitano nell'antica sede monastica di San Lorenzo de Strada, di cui oggi rimane l'oratorio della confraternita alla via del Carmine.

Muore a Napoli il 23 febbraio 1605. Il corpo, trasportato a Salerno, è tumulato nel convento dei carmelitani; portatisi questi, dopo circa due secoli, nell’ex complesso dei gesuiti, le ossa sono traslate in quella chiesa, oggi detta della Santissima Addolorata.

 

 

 

Stemma del

casato de Guevara

84 - Giovanni Beltran de Guevara y Figueroa (1606-1612)

Dopo la morte di mons. Bolognini la diocesi rimane sede vacante per poco meno di ventidue mesi. In tale periodo, il 25 dicembre 1605, i canonici, con l'autorizzazione di Paolo V, aprono la tomba di Gregorio VII e ne tolgono il braccio destro che invieranno, nell'estate dell'anno successivo, come reliquia alla chiesa di Sovana, su richiesta avanzata da tempo dal vescovo di quella diocesi e dal granduca di Toscana.

Giovanni Beltran de Guevara y Figueroa, spagnolo, nato nel 1540, figlio di Pedro Velez e di Maior de Figueroa, su proposta del Re cattolico è nominato arcivescovo di Salerno il 4 dicembre 1606; riceve il pallio il successivo giorno 6. Nel corso del suo ministero assume iniziative atte a migliorare le condizioni e il livello del culto: nelle chiese prescrive restauri, rifacimento delle immagini sacre, forse anche con qualche inopportuna distruzione di antichi affreschi, pavimentazioni; indice un esame personale del clero avente lo scopo di accertare la legittimità del possesso dei benefici, le rendite, le dispense ottenute per la pluralità dei possessi; entra in conflitto con i religiosi, in particolare con i verginiani, cui vieta di predicare ritenendoli inabili ad illustrare al popolo le Scritture.
Il 13 gennaio 1612 è trasferito alla diocesi di Badaioz, in patria, e il 12 gennaio 1615 alla sede metropolitana di San Giacomo di Compostella. Morirà il 22 giugno 1622.

 

85 - Lucio Sanseverino, cardinale (1612-1623)

Nato a Napoli nel 1564 da Giovanni Giacomo, conte di Saponara, e da Cornelia Pignatelli, arcivescovo di Rossano dal 1592, è trasferito il 19 novembre 1612 alla sede metropolitana di Salerno. Nunzio apostolico nelle Fiandre fra il 1619 e il 1621, Il 21 luglio dello stesso 1621 è creato cardinale da Gregorio XV e il 30 agosto successivo riceve il titolo di Santo Stefano al Monte Celio; sarà trasferito il 27 settembre 1623 all'altro di Sant'Eusebio.

La sua attività pastorale si esplica soprattutto in accurate visite pastorali e nella definizione delle annose problematiche legate ai monasteri femminili. Esegue la terza ricognizione del corpo di san Gregorio VII  il 4 maggio 1614.

Ammalatosi a Roma nel corso del conclave che porterà all’elezione di Urbano VIII, ritorna a Salerno e muore il 25 dicembre 1623.

 

Mons. Sanseverino, stemma, Salerno, chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti.

 

 

 

86 - Gabriele Trejo y Paniagua, cardinale (1625-1627)

Spagnolo, nato a Casas de Millán nell'Estremadura nel 1562, creato cardinale il 2 dicembre 1615, il 2 giugno 1617 è investito del titolo presbiterale di San Pancrazio; il 29 novembre 1621 opta per quello di San Bartolomeo all’Isola. È nominato arcivescovo di Salerno il 9 giugno 1625 su presentazione di Filippo IV di Spagna e di Napoli.

Forse non venne mai in diocesi.

Il 28 aprile 1627 Urbano VIII lo trasferisce alla diocesi di Malaga.

Muore il 2 febbraio 1630.

 

Immagini dal sito Araldica vaticana.

 

 

 

 

87 - Giulio Savelli, cardinale (1630-1642)

Della nobile e antica famiglia romana, ramo di Palombara, nasce nel 1574 da Bernardino, duca di Castel Gandolfo, e da Lucrezia dei conti dell'Anquillara. Come il suo predecessore, è creato cardinale il 2 dicembre 1615; l’11 gennaio successivo riceve il titolo di Santa Sabina, che cambia con quello di Santa Maria in Trastevere il 10 novembre 1636. Vescovo di Ancona dal 1616, rinuncia nel 1622. Il 28 gennaio 1630 succede al cardinale Trejo quale arcivescovo di Salerno. Nel 1635 affida il seminario alla cura dei padri gesuiti.

Nel 1639 è eletto vescovo amministratore della diocesi di Frascati, ritenendo il titolo di arcivescovo di Salerno fino al 1642, quando rinuncia a favore del nipote Fabrizio.

Muore a Roma il 6 luglio 1644.

Immagini dal sito Araldica vaticana.          

 

 

88 - Fabrizio Savelli, cardinale (1642-1658)

Nato nel 1607 da Paolo, principe di Albano, e da Caterina Savelli di Ariccia, succede nella diocesi salernitana allo zio cardinale Giulio il 15 settembre 1642. Riceve il pallio il 10 novembre. Al momento della nomina aveva ricevuto soltanto gli ordini minori. Il 7 ottobre 1647 è creato cardinale da Innocenzo X; il 16 dicembre successivo riceve il titolo presbiterale di Sant’Agostino. Il 15 gennaio 1648 il Papa lo nomina legato pontificio a Bologna; solo nel settembre 1652 rientra in città. Nel corso del suo ministero vengono effettuati in Cattedrale lavori di riparazione del tetto e di consolidamento dell’area absidale; nel palazzo arcivescovile lavori di restauro.

Alla morte di Innocenzo X (7 gennaio 1655) raggiunge Roma per il conclave; non tornerà più a Salerno, poiché Il 1° aprile 1658 papa Alessandro VII accoglie la sua rinuncia alla diocesi.

Muore a Roma il 26 febbraio 1659.

Immagini dal sito Araldica vaticana.

 

89 - Giovanni de Torres (1658-1662)

Di origini spagnole, nipote del cardinale Cosimo de Torres, nasce a Roma nel 1618. Rimane semplice chierico fino alla promozione ad arcivescovo di Adrianopoli, in Tracia, nel 1645. Lo stesso giorno della rinuncia del suo predecessore è nominato arcivescovo di Salerno.

In diocesi compie due visite pastorali e celebra un sinodo. Muore nel settembre del 1662.

 

Stemma come si vede al sito Il portale del sud - I cognomi del sud, confrontato con quello del cardinale Cosimo al sito Araldica vaticana.

 

1

 

Mons. Carafa.

1, immagine da

Biagio Aldimari,

Historia genealogica della famiglia Carafa, 1691.

2, monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

 

 

2

90 - Gregorio Carafa (1664-1675)

Salerno rimane sede vacante fino al 27 maggio 1644, quando è nominato arcivescovo Carlo Marcello Carafa della Stadera del ramo dei baroni di Sessola, nato a Napoli nel 1588, che aveva assunto il nome di Gregorio il 18 ottobre 1606 entrando nella congregazione dei chierici regolari teatini; figlio di Marzio, patrizio napoletano, e di Faustina Sammarco dei baroni della Rocca d'Evandro, sacerdote nel 1611, era stato eletto vescovo di Cassano nel 1648.

Nonostante l’età avanzata (76 anni alla nomina) svolge in modo dinamico la missione pastorale, indicendo in undici anni cinque visite pastorali, parte condotte personalmente. Nel corso di una di queste, il 29 marzo 1670, decreta la demolizione della chiesa parrocchiale di San Grammazio, il che porta al rinvenimento del sepolcro del santo vescovo salernitano morto nel 490. In Cattedrale, fra altro, fa costruire il pulpito, poi spostato nel 1723 al posto attuale di fronte al trono, e fa sostituire la scalea d’ingresso all’atrio con l’attuale in due rampe; nel 1668 si fa innalzare un monumento con la sua immagine presso la cappella di Gregorio VII.

Muore il 23 febbraio 1675.

 

91 - Alfonso Alvarez Barba Ossorio (1675-1688)

Spagnolo, nato a Valderas il 28 giugno 1619, carmelitano scalzo, arcivescovo di Lanciano dal 1669, di Brindisi dal 1672, è nominato a Salerno il 4 agosto 1675.

Il 10 gennaio 1677 inizia la prima delle sei visite pastorali che effettuerà, a volte di persona, altre per alios. Nel giugno 1679 chiede a Roma una proroga per la visita ad limina, essendo di pochissima salute. Nel 1684 affida la quarta visita pastorale a mons. Girolamo Prignano, vescovo di Campagna, ob eius notoriam infirmitatem. Nel 1686 la sua infermità assume più gravi proporzioni, con paralisi al braccio e alla gamba del lato sinistro.
Il suo ministero pastorale si esplica soprattutto nella diffusione dell’insegnamento religioso, che prescrive venga effettuato nell’ora che sarà più comoda al popolo, nella lingua materna paisana volgare. Nel maggio 1686 celebra un sinodo diocesano, le cui costituzioni sono andate purtroppo perdute.

Muore il 28 ottobre 1688, all’età di 68 anni, ed è sepolto nella chiesa di Santa Maria di Porto Salvo annessa al convento del suo ordine, sorto anche per sua volontà.

 

Mons. Alvarez Barba Ossorio. Stemma elaborato da quello che si vede in Archivio di Stato di Salerno, Archivi privati, 72-1.

 

92 - Girolamo Passarelli (1689-1690)

Nato a Catanzaro il 20 dicembre 1637 nella famiglia dei baroni di Placanica, della Motta e Brognatore, è ordinato sacerdote nel 1661 e vescovo di Isernia nel 1673. È trasferito a Salerno il 14 novembre 1689; il 28 successivo riceve il pallio da papa Alessandro VIII; prende possesso della diocesi il 3 dicembre. Il 2 febbraio 1690 indice la visita pastorale che inizia nel marzo.

Muore il 14 novembre dello stesso anno senza aver avuto la possibilità di avviare i restauri necessari alla Cattedrale dopo il terremoto del 5 giugno 1688.

 

93 - Marco de Ostos (1692-1695), venerabile

Spagnolo della diocesi di Siviglia, nasce il 1° maggio 1644 nel castello di Ecija. Mercedario, designato arcivescovo di Salerno l’11 settembre 1691 dal Re di Spagna, è confermato dal Papa soltanto il 25 giugno 1692; il 30 è ordinato vescovo.

Intanto, nel 1691, in sede vacante, il Capitolo aveva provveduto a dare inizio ai lavori di consolidamento e di restauro della Cattedrale, che l’arcivescovo continua.

Il 13 agosto 1694 Salerno vive un avvenimento insolito: l’arcivescovo concede licenza a monsignor Timoteo Siro, arcivescovo di Mandiu nella Mesopotamia, di passaggio nella nostra città, di poter celebrare la messa in lingua e rito caldeo.

Il 9 novembre 1695, impegnato nella visita pastorale, si ferma a Calvanico stante sua indisposizione et infirmitate. Il giorno 17 un notaio testimonia d’aver trovato in casa del signor Donato Antonio Leone l’arcivescovo in letto iacentem infirmum corpore.

Muore il 19 seguente ed è sepolto in Cattedrale.

L'Ordine Mercedario lo commemora come venerabile lo stesso giorno 19 novembre.

 

Mons. de Ostos. Lastra tombale, Salerno, Cattedrale.

 

 

 

Mons. Poerio.

Monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

94 – Bonaventura Poerio (1697-1722)

Dopo la morte dell’arcivescovo de Ostos la diocesi rimane sede vacante per un biennio. In tale periodo la Chiesa salernitana è retta dal vicario capitolare Biagio de Vicariis. Egli aveva ricoperto la stessa carica già dopo la morte dell’arcivescovo Passarelli; la ricoprirà ancora dopo la scomparsa di monsignor Poerio e dopo quella di monsignor de Vilana Perlas.

L’8 novembre 1697 si completa il processo informativo avviato, a seguito di designazione regia, a favore di Bonaventura Poerio, francescano, al secolo Biagio Ottavio Annibale, nato a Taverna (Catanzaro) e battezzato il 3 febbraio 1648. L’11 seguente è proclamato dal Papa; il 17 è ordinato arcivescovo; il 20 riceve il pallio. Appena giunto a Salerno, compie il munifico gesto di devolvere per la fabbrica della Cattedrale i 1.000 ducati offertigli: 400 dal clero, come sussidio caritativo, e 600 dalla città, come contributo per l’ingresso.

Il 20 gennaio 1698 inizia la prima delle dieci visite pastorali che compirà nel corso del suo ministero. Questo è caratterizzato soprattutto dagli importanti lavori che daranno alla Cattedrale l’aspetto che attualmente vediamo; dalla sistemazione dell’archivio diocesano; dalla compilazione, fra il 1712 e il 1716, da parte del cancelliere della Curia arcivescovile Matteo Pastore della Platea di tutti i beni e diritti della Chiesa salernitana.
Muore il 18 novembre 1722 ed è sepolto in Cattedrale.

 

 

95 – Paolo de Vilana Perlas (1723-1729)

Spagnolo di Barcellona, Paolo Giuseppe Francesco Raymundo y Camerasa de Vilana Perlas è battezzato il 28 gennaio 1669. Sacerdote nel 1694, nel 1715 è eletto arcivescovo di Brindisi. Il 5 febbraio 1723 è nominato per Salerno dal Re; il 12 maggio successivo è confermato con bolla pontificia; riceve il pallio il 30 agosto.
A Salerno compie tre visite pastorali; completa la ricostruzione della Cattedrale; demolisce gli angusti locali del piccolo seminario per iniziare la costruzione di una più ampia sede degna della città e adeguata al numero degli alunni.

Nel 1726 riceve una supplica da parte dei produttori di manufatti in lana dei casali della Foria affinché faccia costruire una o più valchiere negli stabili che la mensa possiede lungo il fiume Irno, essendo per loro oneroso recarsi fuori dei confini cittadini per la lavorazione dei loro prodotti. A seguito di tale supplica, l’arcivescovo fa erigere sette strutture anche su terreni appositamente acquistati.

A coronamento delle tre visite pastorali intende celebrare un sinodo diocesano, da restare quale codificazione e sintesi di tutte le direttive impartite. Ne compila le costituzioni divise in due parti e ventidue capitoli. Purtroppo non sarà tenuto; delle costituzioni è giunta fino a noi solo una minuta.

Muore a Napoli il 7 maggio 1729. Il giorno successivo il corpo viene trasportato in città e sepolto in Cattedrale.

 

Mons. de Vilana Perlas. Monumento funebre, Salerno, Cattedrale. 

 

Stemma della famiglia de Capua.

96 – Fabrizio de Capua (1730-1738)

La diocesi rimane sede vacante fino al 19 dicembre 1730. In realtà, Carlo VI aveva designato arcivescovo di Salerno, nel novembre 1729, Giuseppe Maria Positano, già vescovo di Acerra, al momento arcivescovo di Acerenza e Matera dal 1723; ma egli muore nel marzo 1730 prima della conferma pontificia.

Il 17 novembre dello stesso anno avviene la designazione regia di Giovanni Fabrizio Francesco Carmine Antonio Nicola de Capua, dei principi della Riccia Altavilla, figlio di Giovanni Battista, conte di Montuori, e di Antonia Caracciolo, nato a Portici il 14 aprile 1685. Sacerdote nel 1719, abate commendatario di San Nicola di Controne, nel 1727 era stato nominato arcivescovo di Taranto. L’11 dicembre 1730 è confermato da Clemente XII alla Chiesa salernitana.

Nel corso del suo ministero continua l’edificazione del nuovo seminario, cui vengono aggiunte ulteriori rendite. Compie due visite pastorali e pone mano ad una serie di riforme degli ordinamenti del seminario stesso, del chiericato, del Capitolo. Sua preoccupazione costante è l’elevazione del tono spirituale e culturale del clero e della popolazione; a tale fine incrementa la predicazione in tutta la diocesi, specialmente durante l’Avvento e la Quaresima, inviando nelle parrocchie sacerdoti qualificati, iscritti alla congregazione missionaria costituita nella Cattedrale.

Nel terremoto, come san Carlo Borromeo, con una corona di spine sul capo e una fune al collo attraversa ritu penitentiali le vie della città, seguito dal clero e da numeroso popolo edificato e commosso da tanto esempio. Ammirevole per la vita penitente, dirà di lui il maestro di frateria, canonico Gesualdo de Vicariis, il 4 marzo 1738 dopo la morte avvenuta il precedente giorno 1. È sepolto in Cattedrale.

 

 

 

97 – Casimiro Rossi (1738-1758)

Patrizio napoletano del ramo dei Rossi del Barbazzale, nato nel 1685 nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Capodimonte, arcivescovo di Taranto dal 1733, è designato per Salerno da Carlo VI il 16 marzo 1738 mentre si trova a Napoli convalescente da una grave malattia. Il 3 maggio riceve la nomina pontificia e il 7 luglio fa l’ingresso in città.

Nel corso del suo ministero compie otto visite pastorali. Affresca la galleria del palazzo arcivescovile, pianifica il pavimento della Cattedrale, completa la costruzione del nuovo seminario. Richiama particolarmente l’attenzione del clero sul dovere dell’istruzione religiosa dei fanciulli, ricordando che i parroci possono comminare l’interdetto all’ingresso in chiesa a quei genitori che si mostrano negligenti nel mandare i figli al catechismo; agli stessi parroci ricorda anche la necessità di spiegare il Vangelo al popolo.

Nel dicembre del 1758, secondo il solito, si trattiene a Napoli, ove abitualmente domicilia per sei mesi l’anno. Muore il giorno 27 ed è sepolto nella chiesa dei carmelitani.

  

 

98 – Isidoro Sanchez de Luna (1759-1783)

Al secolo Antonio, benedettino, patrizio napoletano, nato nella città partenopea il 16 novembre 1705 da Gabriele, duca di Gagliati, regio consigliere, e da Beatrice d’Anna, sacerdote nel 1728, vescovo di Ariano dal 1748, arcivescovo di Taranto dal 1754, è proposto dal Re per la Chiesa di Salerno il 14 gennaio 1759. Il 28 maggio è confermato da Clemente XIII.

Sua cura principale è il seminario, cui dedica buona parte del ministero pastorale. Rinnova l’ordinamento scolastico distribuendo alunni e convittori razionalmente nelle diverse classi, secondo le varie discipline: grammatica, lettere greche e latine, retorica, teologia morale, filosofia, diritto canonico e civile. Istituisce la cattedra di geometria incoraggiando lo studio delle scienze matematiche. Mantiene la distinzione dei seminaristi in due categorie: semialunni e convittori, in numero di settanta (che nel 1772 saliranno a centoventi), che pagano una retta mensile; alunni, ventiquattro, mantenuti gratis.

Nel 1761 restaura il campanile con danaro ricavato dai beni lasciati alla Cattedrale dal suo predecessore monsignor Rossi. Ne provvede alla ricostruzione del frontespizio, iniziata nel settembre 1767 e terminata nel 1768: una lapide marmorea sulla facciata ne tramanda il ricordo. Fra il 1769 e il 1770 fa costruire la nuova scalinata esterna d’ingresso all’atrio. Nel 1771 si erige la tomba con l’effige di marmo, cinta da un’inferriata, per la spesa di 600 ducati; ma non l’occuperà mai, poiché nel 1782 è nominato Cappellano Maggiore del Re, per cui rinuncia alla sede di Salerno con atto notarile del 17 febbraio 1783.

Muore il 17 ottobre 1786 ed è tumulato nella chiesa dei Santi Severino e Sossio in Napoli.

 

Mons. Sanchez de Luna. Monumento funebre, Salerno, Cattedrale.

 

99 – Giulio Pignatelli (1784 -1796)

Benedettino, al secolo Giovanni Michele, patrizio napoletano, nato nella città partenopea il 2 marzo 1732 da Antonio, principe di Belmonte e marchese di San Vincenzo, e da Anna Maria Francesca Pinelli Ravaschiero, nel 1740 entra nel monastero dei Santi Severino e Sossio, sacerdote dal 1755, arcivescovo di Otranto dal 1766, è proposto alla Chiesa di Salerno da Ferdinando IV il 20 maggio 1784. Il 25 giugno è confermato da Pio VI.

Nel corso del suo ministero effettua cinque visite pastorali, la prima delle quali inizia il 29 marzo 1785, e celebra un sinodo diocesano. Come il suo predecessore, cura particolarmente il seminario, il quale raggiunge, per il suo zelo, una posizione preminente nel Regno, fino a superare, per organizzazione e prestigio, tutti gli altri istituti, tanto da accogliere anche alunni extradiocesani. Altre cure particolari riserva all’archivio diocesano, per il quale fa predisporre nuovi locali più consoni alla custodia del prezioso materiale, di cui affida il riordino al sacerdote Carlo Perrone; intanto p. Luigi Cavallo compila la Rubrica delle Bolle Pontificie, imperiali diplomi, regi privilegi, concessioni di Principi e Duchi [...] della Mensa Arcivescovile di Salerno e l’Indice universale destinato a facilitarne la consultazione. Realizza il rifacimento della pavimentazione del quadriportico della Cattedrale nel 1789.

Muore il 26 agosto 1796 ed è sepolto in Cattedrale.

 

100 – Salvatore Spinelli (1797-1805)

Benedettino, patrizio napoletano del sedile del Nido, nato nella città partenopea il 9 giugno 1746 da Giuseppe, duca di Cariati, e da Anna Doria dei marchesi di Fuscaldo, sacerdote dal 1769, arcivescovo di Catanzaro dal 1779, trasferito a Lecce nel 1792, è nominato per Salerno il 24 ottobre 1797 e confermato con bolla pontificia del 18 dicembre successivo ricevendo il pallio di metropolita.

Nel marzo del 1798 inizia la prima delle quattro visite pastorali che condurrà. Chiede ai parroci che vengano inviati in Curia gli elenchi dei luoghi pii che si trovano nei territori delle rispettive parrocchie e dei sacerdoti e di altri ecclesiastici residenti.

Nel primo anno del suo ministero conferma a d. Carlo Perrone l’incarico di riordinare l’archivio nei nuovi locali già predisposti dal suo predecessore e di compilarne i necessari repertori, compiti portati a termine con oltre un anno di impegno costante.

L’11 ottobre 1798 propone al Capitolo la ristampa dell’Officio Proprio della Chiesa Salernitana; proposta che viene accolta con la decisione che se ne faccia una tiratura di 1300-1400 copie da vendersi agli ecclesiastici cittadini e diocesani per otto carlini e cinque grana; una copia gratis è offerta ai mansionari, ai sagristi ed ai curiali.

Nel 1799, a richiesta del Capitolo, assistito dai canonici Luigi Mazza e Scipione Bassi, tenendo presente antiche costanti consuetudini, pone mano alla riforma degli statuti capitolari, da sottoporre al regio assenso, come prescritto; ma, per le vicende politiche dell’epoca, tale assenso sarà concesso soltanto il 1° marzo1804.
Nel maggio 1799 le accennate vicende politiche travolgono anche l’arcivescovo Spinelli: ritenuto il principale fautore dell’insurrezione di Salerno contro i francesi, è arrestato e tradotto a Napoli, in castel Sant’Elmo; sarà rilasciato nel luglio successivo. Passata l’anarchia repubblicana, Salerno attende a sanare i danni subiti nel sacco del 27 aprile da parte dei francesi; come avevano festeggiato l’avvento della repubblica, i salernitani ne festeggiano la fine con ringraziamenti a san Matteo.

Il 1° marzo 1803 si celebra un sinodo diocesano che l’arcivescovo era stato più volte costretto a dilazionare per le contingenze politiche. Le costituzioni, in venti capitoli, richiamano il clero alla difesa dell’integrità della fede con l’aperta professione, l’insegnamento della dottrina cristiana, la predicazione.

Monsignor Spinelli muore l’8 gennaio 1805 nel castello di San Iorio presso Ercolano; trasportato a Salerno, è sepolto in Cattedrale.

 

 

 

101 – Fortunato Maria Pinto (1805-1825)

Nato a Salerno il 7 settembre 1740 da Matteo, patrizio salernitano del sedile di Portanova, e da Laura Fusco, patrizia di Ravello, canonico della Cattedrale dal 1762, sacerdote dal 1763 con dispensa pontificia per difetto di tredici mesi di età, vescovo di Tricarico dal 1792, è proposto da re Ferdinando per Salerno nel febbraio 1805 e confermato dal Papa il 26 giugno; riceve il pallio il successivo giorno 28.

Nel corso del suo ministero, fra il 1806 e il 1812, subisce il doloroso calvario della soppressione napoleonica di quasi tutti i monasteri e conventi della città e della diocesi. Con perseveranza, tenta ogni via per ridurla di estensione. Esorta, supplica, scongiura le autorità locali e centrali, alle quali non disdegna di umiliarsi. Quando non può salvare le comunità religiose, tenta almeno di ottenere che rimangano aperte al culto le rispettive chiese, scontrandosi con il potere civile che tende, invece, anche alla riduzione del numero delle parrocchie. Dopo la dominazione francese, al ritorno dei Borbone, moltiplica le sollecitudini per riaprire almeno alcuni monasteri e ricostituire alcune parrocchie.

Per il concordato del 7 marzo 1818 fra la Santa Sede e il Regno di Napoli si ha una ristrutturazione delle diocesi, per cui a Salerno viene assegnata in amministrazione la sede vescovile di Acerno. Nel 1822 la commissione dei vescovi presso il ministero del Culto, trattando il piano della restrizione delle sedi vescovili, sta per prendere la risoluzione di ridurre l’arcivescovado di Salerno a vescovado. Si tratta di una nuova tenzone per l’arcivescovo Pinto, ottantaduenne, che si reca immediatamente a Napoli rivolgendosi direttamente al Re fino ad ottenere, non senza traversie, che rimanesse immutato lo status della diocesi salernitana.
Il 1° ottobre 1819 aggiorna lo statuto del seminario perseguendo una migliore formazione degli alunni, rispondente alle esigenze del tempo. Il 2 agosto 1824, a richiesta della segreteria di Stato degli affari Ecclesiastici, dichiara che la retta dei seminaristi è di sessanta ducati annui per i diocesani e di settantadue per i forestieri, pagabili in due rate: a novembre e ad aprile; informa, inoltre, che ai diocesani si concedono riduzioni secondo le finanze delle famiglie.

Muore il 20 novembre 1825 ed è sepolto nella cappella di famiglia in Cattedrale.

 

 

Mons. Alleva. Sigillo come vescovo di Ugento.

 

102 – Camillo Alleva (1825-1829)

Nato a Napoli, nel vicolo della Pignasecca, il 12 marzo 1770 da Antonio e da Prudenza Maldacena, sacerdote dal 1793 con dispensa pontificia per difetto di tredici mesi d’età, vescovo di Ugento dal 1818, alla quale diocesi rinuncia nel 1824 essendo eletto componente della giunta dei vescovi e poi membro della consulta di Stato, il 9 dicembre 1825 è promosso arcivescovo di Salerno con l'amministrazione di Acerno con bolle pontificie e consegna del pallio a seguito di proposta regia del 22 novembre precedente. Contestualmente è invitato a ricostruire il palazzo vescovile nella sede in amministrazione e ad erigere monti di pietà nelle due diocesi.

Il 23 luglio 1826 indice una visita pastorale; dedica quattro giorni ad un esame minuzioso della Cattedrale, dell’atrio, del campanile: per quest’ultimo prescrive la costruzione di una gradinata in muratura in luogo di quella di legno.

Nel 1828 approva il nuovo statuto del Capitolo metropolitano. Nello stesso anno la rivolta antiborbonica del Cilento è soffocata con la condanna a morte di tanti cittadini, fra cui due sacerdoti: il canonico Antonio de Luca di Celle di Bulgaria e il nipote d. Giovanni de Luca, curato di Abatemarco. Il maresciallo di campo del Carretto intende far fucilare subito i due, desidera, però, ottenere prima la dissacrazione, che deve essere fatta da un vescovo. Si rivolge a monsignor Speranza, vescovo di Capaccio, che oppone un reciso rifiuto; si esime anche monsignor Laudisio, vescovo di Policastro; miglior fortuna non trova con monsignor Lupoli, arcivescovo di Conza e amministratore di Campagna. Non rimane che l’arcivescovo di Salerno, il quale acconsente alla triste bisogna. L’indomani, 24 luglio 1828, i due condannati sono fucilati alle spalle. Nell’ottobre 1829 monsignor Alleva riceve a Napoli la gran croce dell’ordine cavalleresco di Francesco I.

Muore improvvisamente il 30 dello stesso mese senza essere rientrato in diocesi ed è sepolto nella chiesa dello Spirito Santo.

 

103 – Michelangelo Lupoli (1831-1834)

Nato a Frattamaggiore (Napoli) il 22 settembre 1765 da Lorenzo e da Anna de Rosa, sacerdote dal 1789, vescovo di Montepeloso dal 1797, arcivescovo di Conza con l’amministrazione di Campagna dal 1818, è trasferito alla Chiesa salernitana con l'amministrazione di Acerno il 30 settembre 1831 da Gregorio XVI su proposta di Ferdinando II, dopo quasi due anni di vacanza della sede. In realtà, monsignor Lupoli era già stato proposto per Salerno da Francesco I a Pio VIII nel 1830; ma per la morte di entrambi nel novembre di quello stesso anno (il giorno 8 per il Re, il 30 per il Papa), gli atti canonici per la nomina non furono perfezionati. Nel 1816, quando era vescovo di Montepeloso, Raffaele, suo fratello minore, che sarà vescovo di Larino dal 1818 al 1827, gli aveva dedicato la sua opera Conoscimento di Gesù Cristo; mentre nel 1797, Lorenzo Giustiniani, nella suo lavoro Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, lo aveva più volte citato, definendolo suo amico, quale autore del volume Iter Venusinum.

Nel corso del suo ministero a Salerno, come già aveva fatto per il palazzo episcopale di Campagna, apporta migliorie strutturali al seminario con la costruzione di un altro piano su parte del secondo; con il rinnovo del frontespizio, su cui pone un’iscrizione con il suo stemma; con il restauro dell’atrio. Per disposizione testamentaria lascerà all’istituto la sua ricca biblioteca.

Muore a Napoli il 28 luglio 1834 e, trasportato a Salerno per sua espressa volontà, viene sepolto in Cattedrale, ove, nella navata centrale, a destra della porta di bronzo, il nipote Giuseppe gli erige un monumento.

 

Mons. Lupoli. Monumento funebre, Salerno, Cattedrale.

 

 

 

Mons. Paglia.

Monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

104 – Marino Paglia (1835-1857)

Nato a Sternatia (Lecce) il 12 ottobre 1781 da Giuseppe e da Lazzara Fenzella, sacerdote dal 1805, parroco della Cattedrale di Otranto e vicario capitolare in sede vacante, è presentato da Ferdinando II il 18 novembre 1834 per essere elevato ad arcivescovo di Salerno e amministratore di Acerno. Il 22 marzo 1835 è nominato da Gregorio XVI con la facoltà di farsi ordinare fuori Roma da un vescovo di sua scelta; riceve il pallio il 6 aprile. Il 15 maggio è nominato amministratore apostolico della diocesi di Nusco e il 19 aprile 1836 assistente al soglio pontificio.

Nella primavera dello stesso anno inizia la prima delle sei visite pastorali che effettuerà nel corso del suo ministero. Questo è caratterizzato da particolare sollecitudine per lo stato e la condotta del clero: fra l’altro, egli auspica che i sacerdoti celebrino ogni giorno; più tardi il Concilio Vaticano II raccomanderà caldamente la celebrazione quotidiana anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli. Altra sua sollecitudine riguarda una nuova sistemazione delle parrocchie: di alcune trasferisce le sedi in chiese più convenienti; altre dismembra o sopprime unendole alle convicine per renderle più adatte alle esigenze della popolazione.

Nel 1848 monsignor Paglia saluta con soddisfazione la costituzione di Ferdinando II, come già quella di Pio IX, con un Te Deum di ringraziamento; ma, con dolore, è costretto ad assistere al coinvolgimento di non pochi sacerdoti cittadini e diocesani negli eccessi delle passioni politiche. Il suo atteggiamento è di grande prudenza, tuttavia non tralascia di ricorrere a sanzioni canoniche contro quelle posizioni esasperate che creano sbandamento fra i fedeli.

L’8 ottobre 1849 riceve in città Pio IX, in esilio nel Regno di Napoli, che dal settembre dimorava presso la reggia di Portici. Il Papa visita la Cattedrale, il seminario, il monastero di San Giorgio e si trattiene a colazione nell’episcopio, servito dall’arcivescovo stesso.

Il 27 ottobre 1856 dispone testamentariamente dei suoi beni; fra gli altri legati, lascia alla Cattedrale tutti i suoi arredi e gli argenti per le sacre funzioni; ai suoi successori, gli arredi e i calici che si trovano nella cappella arcivescovile; al seminario, tutti i suoi libri. Muore a Lanzara il 5 settembre 1857. Lo stesso giorno il corpo è trasportato in città e esposto nella sala dell’episcopio rivestito degli abiti pontificali. Il successivo giorno 6 si svolgono le esequie lungo le strade cittadine; il 7 è sepolto nella cappella della Purificazione in Cattedrale.

 

 

 

Mons. Salomone.

Monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

105 – Antonio Salomone (1858-1872)

Nato ad Avellino il 15 aprile 1803 da Vincenzo e da Giuseppina Catalano, sacerdote dal 1827, vescovo di Mazara del Vallo dal 1845, è proposto il 10 dicembre 1857 dal Re quale arcivescovo metropolita di Salerno con l'amministrazione di Acerno; è eletto canonicamente nel concistoro di Natale.

Il 23 maggio 1858 inizia la prima delle visite pastorali che effettuerà nel corso del suo ministero. L’11 settembre 1860 inizia una pagina tragica nelle vicende personali dell’arcivescovo e nella storia della Chiesa salernitana. La mattina del giorno 7 era passato in città Garibaldi. Qualche giorno dopo si chiede all’arcivescovo di cantare, la sera del giorno 11, un Te Deum di ringraziamento per il mutamento politico. Ma quel pomeriggio monsignor Salomone è indisposto, essendo tornato in mattinata febbricitante dalla visita pastorale a Calvanico; la funzione è tenuta dall’arcidiacono Ignazio Gaudiosi, con la partecipazione del Capitolo. In serata una folla, interpretando maliziosamente l’assenza del presule, inscena una manifestazione sotto il palazzo arcivescovile, con insulti e minacce di morte. Monsignor Salomone è costretto a fuggire passando per l’ingresso del seminario; ripara prima a Napoli, poi, espulso nel 1865, a Roma, ove rimane fino al 7 settembre 1866. Nel corso del suo esilio sono soppressi conventi e monasteri, chiuso il seminario, occupato l’episcopio, sequestrati i beni della mensa arcivescovile per l’assenza non canonica del titolare dalla sede.

Fra il 19 dicembre 1861 e il 31 gennaio 1863 l’arcivescovo è sottoposto ad un primo processo inquisitorio sulla base di denuncie presentate dal tenente della guardia nazionale Alfonso Orilia, che lo accusa di malversazioni, cospirazione, indegnità nell’esercizio del ministero pastorale; la sentenza è di non luogo a procedere. Una seconda inquisizione viene intentata fra 1864 e il 1865 in relazione all’intrattenimento di una presunta corrispondenza borbonica; anche in questo caso la conclusione è che non rilevasi alcun fatto che costituisca reato.

Il 20 dicembre 1866, dopo essersi trattenuto ad Avellino dal settembre precedente, ritorna a Salerno. Nel 1869 si tenta per la terza volta di condurlo davanti al tribunale. Il pretesto immediato è dato da alcuni passaggi della lettera pastorale da lui diretta ai Capitoli e al clero delle diocesi di Salerno e di Acerno in preparazione del Concilio Vaticano II, in cui si scorgerebbero i sentimenti più ostili ai nuovi ordinamenti e alle leggi dello Stato. Il 24 aprile il procuratore generale di Napoli comunica al prefetto che l’arcivescovo è stato rinviato a giudizio a piede libero; gli manifesta anche la preoccupazione per una possibile fuga del presunto reo verso Roma, invitandolo a negargli la carta di passaggio e a farlo sorvegliare. In realtà l’arcivescovo non sarà sottoposto ad alcun processo, né gli sarà impedito di recarsi a Roma per il Concilio.

Tornato in diocesi, pubblica i decreti del Concilio. Alla fine del 1871 si trasferisce a Napoli per curarsi dalla grave malattia polmonare che l’aveva colto già durante il soggiorno romano. Muore il 9 marzo 1872. Nel pomeriggio dell’11 la salma è portata nella chiesa della confraternita di San Michele Arcangelo; il 13 giunge a Salerno per ferrovia ed è tumulata in Cattedrale.

 

 

 

Mons. Guadalupi.

Monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

106 – Domenico Guadalupi (1872-1877)

Nato a Brindisi il 17 settembre 1811 da Domenico e da Caterina Lopez, sacerdote dal 1837, vescovo designato di Lecce nel 1868 (designazione che rifiuta ritenendosi non pronto al compito), riceve la nomina ad arcivescovo primate di Salerno con l'amministrazione di Acerno il 6 maggio 1872 e l’ordinazione il successivo giorno 9.

Nel corso del suo ministero fa oggetto di particolari sollecitudini il seminario, ridotto in pochi locali e sconvolto negli ordinamenti per l’applicazione delle leggi eversive. Perfeziona programmi, indirizzi e metodi per renderli atti alla formazione culturale e spirituale di sacerdoti destinati al confronto con l’imperante anticlericalismo. Ama che almeno i più dotati conseguano la laurea in teologia e diritto canonico a Napoli o a Roma. Nell’ultimo periodo del suo governo pastorale riprende il progetto già ideato dal predecessore: la posa di un pavimento marmoreo nella basilica superiore. L’asta per l’aggiudicazione dell’opera è bandita il 26 febbraio 1877 e tenuta l’11 marzo successivo nella Curia arcivescovile. L’opera, pur lodevole nelle intenzioni, porta alla rimozione delle lapidi poste sulle sepolture davanti alle cappelle patronali; invano tenta di opporsi il Capitolo, che il 4 maggio 1877 deplora l’iniziativa perché alcune di queste lapidi sono monumentali e presentano ricordi storici che non si possono né si debbono distruggere. Ma monsignor Guadalupi, che pur pagava del proprio circa cinquantamila lire, dall'8 marzo aveva rinunciato all'arcidiocesi e giaceva infermo, mentre il suo successore, in sede dall’11 giugno, non seppe o non volle intervenire nella questione, o forse fu posto davanti al fatto compiuto, nonostante il Capitolo gli significasse tempestivamente le proprie perplessità.
Monsignor Guadalupi muore l’11 maggio 1878. I funerali si svolgono il giorno 14 nella chiesa del Carmine Nuovo, oggi Santissima Addolorata; la salma è deposta nella tomba gentilizia della famiglia Vairo. Trascorsi i termini di legge per l’esumazione, le ossa sono trasportate in Cattedrale ove si erige un monumento a spese del nipote.

 

 

 

 

Mons. Laspro.

Monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

107 – Valerio Laspro (1877-1914)

Nato a Balvano (Potenza) il 22 luglio 1827 da Emmanuele e da Camilla de Robertis, sacerdote dal 1850, vescovo di Gallipoli dal 1860, trasferito a Lecce nel 1872 mantenendo l’amministrazione apostolica della precedente diocesi, il 4 marzo 1877 è promosso arcivescovo primate di Salerno con l'amministrazione perpetua di Acerno; il 20 successivo riceve il pallio.

Immediatamente è costretto ad affrontare il problema dell’exsequatur regio che gli viene negato. Anzi, il 24 ottobre è costretto a presentarsi davanti al tribunale civile di Salerno per sentire dichiarare come non avvenuta la nomina di lui ad Arcivescovo di Salerno con Bolla Pontificia e con la di lui condanna; la ragione che si adduce è che lo Stato vanta sulla Chiesa di Salerno il diritto di presentazione come dal concordato fra l’imperatore Carlo V e papa Clemente VII del 29 giugno 1529. La difesa sostiene, invece, che quel diritto era appannaggio della corona di Napoli di cui lo Stato italiano non può ritenersi erede essendo stati abrogati i concordati con l’unificazione della nazione. La causa si protrae fino al 13 marzo 1879, quando avviene il riconoscimento da parte dello Stato della legittimità dell’elezione di monsignor Laspro ad arcivescovo primate di Salerno e con la concessione del sospirato exequatur regio alla bolla pontificia di oltre un biennio prima; in tale periodo, impedito ad occupare il palazzo arcivescovile, monsignor Laspro aveva abitato un quarto nel palazzo Natella, al largo Campitello.

Nel corso del suo ministero cura particolarmente l’insegnamento della dottrina cristiana; allo scopo, nel 1884 organizza l’Opera del catechismo; del 1888 è un testo catechistico di cui è giunto un frammento fino a noi; un aggiornamento è curato nel 1899. Sotto i suoi auspici sorgono anche l’Associazione Giovanile San Matteo e quelle delle Dame di Carità, delle Madri Cristiane, delle Giovani Econome. Richiama in vita la Congregazione della Missione, già esistente nella Chiesa salernitana, per la predicazione al popolo. A tali iniziative si affiancano l’Opera della Biblioteca Circolante e quella dei Libretti per le operaie e apprendiste fondata l’8 dicembre 1890 sulla Cassa di Risparmio di Salerno.

Nel 1885 tenta l’istituzione di un organo di stampa cattolica: La Buona Novella; ma, come precedenti esperienze dell’epoca del suo predecessore monsignor Salomone (Il Papato e Il Progresso Cattolico), il tentativo non ha fortuna. Ripete la sfida nel 1897 con Il Buon Senso, che avrà migliore fortuna: da quindicinale diverrà settimanale nel 1911 e continuerà le pubblicazioni fino al 1916.

Ammalatosi il 18 ottobre, muore il 22 novembre 1914; i funerali si svolgono il giorno 24. La salma è tumulata nel cimitero cittadino, nella fossa della cappella di San Filippo Neri. Trascorsi i termini di legge per l’esumazione, nel 1922 iniziano le pratiche presso il Ministro segretario di Stato e la presidenza del Consiglio per trasferire le ossa in Cattedrale; il 12 maggio 1923 è emesso il decreto favorevole. Il 18 luglio 1929 è inaugurato nella Cattedrale il monumento al lato destro della cappella del Redentore.

 

 

 

 

Mons. Grasso.

Monumento funebre,

Salerno, Cattedrale.

108 – Carlo Gregorio Maria Grasso (1915-1929)

Benedettino, nato a Genova il 22 aprile 1869 da Giovanni e da Veronica Boerio, abate del convento di Prada presso Padova dal 1907, di Montevergine dal 1908, amministratore apostolico di Amalfi nel 1910, di Cava e Sarno nel 1914, il 7 aprile 1915 è nominato arcivescovo primate di Salerno con l'amministrazione di Acerno.

Una delle principali cure del suo ministero è la formazione del clero; collegata ad essa vi è l’ansia per il seminario. Nel 1922, dopo accenni del 1921, la conferenza episcopale regionale ufficialmente esprime il desiderio che sorga a Salerno un istituto regionale; simile voto viene rinnovato nel 1927. Il 7 marzo 1929 si accenna al fatto che l’ex convento di San Domenico possa essere adibito a seminario regionale.

Nel difficile momento politico si mostra rispettoso dell’autorità costituita, non mancando di far visita di felicitazioni al prefetto e intonare Te Deum di ringraziamento in occasione del fallimento di attentati contro Benito Mussolini; tuttavia si astiene dal benedire gagliardetti e dal presenziare a manifestazioni chiaramente partitiche.
Fra le opere sociali e culturali di monsignor Grasso, molte accolte nel palazzo arcivescovile, si ricordano le Colonie marine e montane, la Casa dello studente, le Scuole serali per operai, la sezione cittadina degli Esploratori Cattolici. Fin dal 1924 quest’ultima è fatta bersaglio da parte dei fascisti, che vi scorgono antagonismo nei confronti dei loro Balilla; l’associazione sarà sciolta con decreto del 13 aprile 1928.

Nel corso del suo ministero iniziano le pubblicazioni il settimanale a diffusione regionale Il Piccolo Corriere (1917) e il Bollettino del Clero (1923).

Muore il 30 marzo 1929. Il giorno successivo, domenica di Pasqua, la salma rimane esposta nella cappella privata. Il lunedì viene collocata nella sala degli stemmi per la visita del popolo. Martedì 2 aprile il corteo funebre muove per le vie della città, quindi raggiunge la Cattedrale ove la salma è tumulata nella navata di sinistra, davanti alla cappella di Santa Maria degli Angeli.

 

 

109 – Nicola Monterisi (1929-1944)

Nato a Barletta (Bari) il 21 maggio 1867 da Angelo e da Maria Decorato, sacerdote dal 1893, vescovo di Monopoli dal 1913, arcivescovo di Chieti dal 1919, il 5 ottobre 1929 è promosso alla Chiesa salernitana con l'amministrazione di Acerno.

Nei primi tre anni del suo ministero, coadiuvato da autorità e popolo, cura i restauri della Cattedrale, che aveva trovato chiusa al suo ingresso in diocesi per la necessità di urgente manutenzione, quelli del palazzo arcivescovile e del seminario, quest’ultimo danneggiato gravemente dal terremoto del 1930. Nel 1932 vede l’entrata in funzione del seminario regionale Pio XI.

Fonda l’Opera San Gregorio VII per le vocazioni ecclesiastiche. Nel 1941 tiene un sinodo diocesano, a 138 anni dall’ultimo dell’arcivescovo Spinelli.

Una fitta corrispondenza intrattenuta con le autorità civili mostra la sua ferma opposizione al fascismo. In due occasioni, nel 1938, gli vengono contestate prese di posizioni dalle pagine del Bollettino del Clero in materia di razzismo e di matrimonio; il 6 aprile 1940, rispondendo ad una lettera del vice segretario del fascio che lamentava il rifiuto del parroco di benedire la sede di un gruppo rionale sita in via Duomo perché adibita a sala da ballo nel sabato santo, argutamente rileva che nella datazione di quello scritto era stata indicata l’era fascista e omessa quella di Nostro Signore, il che appariva singolare per chi lamentava una mancata benedizione cristiana; nel 1942 protesta vivamente per un articolo apparso su Il Popolo Fascista, che auspica la distruzione del cattolicesimo da parte del fascismo.

Nelle tragiche giornate del 1943, quando le incursioni aeree gettano distruzione e morte sulla città, unico fra le autorità cittadine, rimane al proprio posto con i parroci urbani, condividendo con i miseri le ansie e i pericoli.
Muore il 30 marzo 1944. Un decennio dopo è inaugurato il monumento in Cattedrale, sul luogo che conserva le sue ossa.

 

 

Mons. Moscato. Stemma,

Salerno, sagrestia

del Santissimo Rosario.

110 – Demetrio Moscato (1945-1968)

Figlio di Domenico e di Caterina Cardea, nacque a Gallina (Reggio di Calabria) il 4 febbraio 1888, sacerdote dal 1912, cappellano militare pluridecorato durante la prima guerra mondiale, vescovo di San Marco e Bisignano dal 1932, è promosso arcivescovo di Salerno con l'amministrazione di Acerno il 22 gennaio 1945.

Il suo ministero episcopale è caratterizzato dall’impulso alle opere assistenziali e di apostolato, al seminario, alla ricostruzione degli edifici sacri distrutti o danneggiati dalla guerra. Arricchisce la Cattedrale del mosaico dell’abside maggiore, del pavimento, del nuovo altare maggiore, della ricostruzione del trono, di un nuovo organo; restaura il quadriportico, gli affreschi della cripta, il campanile.

Fra il 7 e il 9 luglio 1954 accoglie in Cattedrale il cardinale Schuster, inviato del Papa per la ricognizione delle reliquie di san Gregorio VII. Nello stesso anno, nella tragica mattina successiva all’alluvione abbattutasi su Salerno il 25 ottobre, è fra i primi ad accorrere sui luoghi colpiti, collaborando con le autorità civili, all’assistenza agli alluvionati.

Muore il 22 ottobre 1968.

 

 

111 – Gaetano Pollio (1969-1984)

Nato a Meta (Napoli) il 30 dicembre 1911, sacerdote del Pontificio istituto Missioni Estere dal 1934, arcivescovo metropolita di Kaifeng (Cina) dal 1947, ove è trattenuto in durissima prigionia, arcivescovo di Otranto dal 1960, è promosso alla Chiesa primaziale di Salerno con l'amministrazione di Acerno il 5 febbraio 1969. Il 28 ottobre 1971 vi aggiungerà l’amministrazione di Campagna, di cui avrà la titolarità vescovile il 4 agosto 1973.

Volge la sua attenzione alla conservazione del patrimonio artistico della diocesi, istituisce nuove parrocchie nelle zone di espansione urbana del capoluogo e di altri comuni della diocesi, promuove nuovo fervore per il culto mariano.

Il 29 aprile 1973 inizia una visita pastorale. Il 14 dicembre 1980, nella basilica dei Santi XII Apostoli in Roma, con l’arcivescovo di Bamgalore (India), consacra il sacerdote salernitano Renato Raffaele Martino arcivescovo titolare di Segerme, pro nunzio apostolico in Laos, Malaysia e Singapore. Il 2 agosto 1981, nella Cattedrale cittadina, ancorché in fase di restauro per i danni del sisma dell’anno precedente, assiste alla consacrazione episcopale di monsignor Pierro, eletto vescovo di Tursi-Lagonegro. Il 19 maggio 1984, autorizzato dalla Santa Sede, consente ad una ricognizione delle reliquie di san Gregorio VII.

Purtroppo, fu costretto ad assistere all’inesorabile tramonto del seminario regionale, ormai impossibilitato a reggersi per la diminuzione dei seminaristi, per l’abbandono di qualche docente che lasciò l’abito, per l’entità delle spese da sostenere.

Sottoposto a dialisi dal 1981 dopo una lunga degenza già nel 1973 presso gli ospedali riuniti Santa Chiara di Pisa, già affiancato da monsignor Guerino Grimaldi quale coadiutore dal 2 luglio 1982, il 16 ottobre 1984 monsignor Pollio lascia la Chiesa salernitana. Muore a Lecco il 13 marzo 1991. La salma giunge a Salerno, ove espressamente aveva chiesto di essere sepolto, la sera del giorno 15; l’indomani si tiene la messa solenne di requiem e si procede alla tumulazione.

 

112 – Guerino Grimaldi (1984-1992)

Nato a Roccapiemonte (Salerno) l’11 settembre 1916 da Raffaele e da Maria Polichetti, sacerdote dal 1941, vescovo titolare di Salpi e ausiliare di Salerno-Acerno con mons. Moscato nel 1968, vescovo di Nola dal 1971, ausiliare di mons. Pollio dal 2 luglio 1982, è eletto  arcivescovo metropolita di Salerno con l'amministrazione di Acerno e vescovo di Campagna il 20 ottobre 1984 a seguito della rinuncia del suo predecessore. Il 30 settembre 1986 sarà titolare della nuova arcidiocesi primaziale di Salerno-Campagna-Acerno.

Nel corso del suo ministero ha particolare attenzione ai problemi dei sacerdoti. Trasferisce i seminaristi alla colonia San Giuseppe in modo da dare spazi più ampi e ambienti più confortevoli ai giovani orientati al sacerdozio. Nell’antico seminario trasferisce il museo, la biblioteca e l’archivio diocesani. Cura la comunicazione sociale con il potenziamento di Agire e di Radiostella e la istituzione del canale Telediocesi. Promuove due congressi internazionali di studi, l’uno su san Gregorio VII, l’altro su Alfano I. Nel corso del suo ministero, il 26 maggio 1985, la città riceve la visita di papa Giovanni Paolo II.

Muore il 12 aprile 1992, improvvisamente, dopo la celebrazione in Cattedrale per la domenica delle palme.

 

113 – Gerardo Pierro (1992-2010)

Nato a Mercato San Severino (Salerno) il 26 aprile 1935 da Raffaele e da Agata Senatore, sacerdote dal 21 dicembre 1957, vescovo di Tursi-Lagonegro dal 1981, trasferito nel 1987 alla Chiesa di Avellino, è eletto arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno il 25 maggio 1992, con presa di possesso della cattedra del 4 luglio successivo.

Segnato da non pochi problemi con la Giustizia per questioni legate alla ristrutturazione di una ex colonia, lascia l'arcidiocesi il 10 giugno 2010 per raggiunti limiti di età .

In previsione del suo abbandono della carriera ecclesiastica, si è fatto erigere una statua nel cortile del seminario di Pontecagnano, alla cui base si legge: A monsignor Gerardo Pierro, arcivescovo primate metropolita di Salerno Campagna Acerno, al compiersi del suo 75° anno di età, con viva gratitudine l'arcidiocesi eresse.

 

114 – Luigi Moretti (2010-2019)

Nato a Cittareale (Rieti) il 7 febbraio 1949, ordinato sacerdote il 30 novembre 1974, eletto alla Chiesa titolare di Mopta e nominato ausiliare di Roma il 3 luglio 1998 con ordinazione vescovile del 12 settembre successivo, arcivescovo vice gerente di Roma dal 17 ottobre 2003, incaricato per il settore est della Diocesi il 2 aprile 2004, è promosso a Salerno-Campagna-Acerno il 10 giugno 2010 prendendo possesso dell'arcidiocesi il 12 settembre successivo.

Chiamato a ristabilire l'etica della Chiesa cittadina dopo le venture del predecessore, dovrà lottare contro le interferenze di politici e di lobbisti nella gestione dei riti relativi alla solennità patronale, che, fermamente, riporterà a canoni più consoni allo spirito religioso.

Si dimetterà nel dicembre 2018 per motivi di salute, rimanendo in carica fino al 4 maggio successivo.

 

115 – Andrea Bellandi (dal 2019)

Nato a Firenze il 22 ottobre 1960, riceve l'ordinazione sacerdotale il 4 aprile 1985. Canonico della Cattedrale fiorentina dal 2010, vicario generale della stessa arcidiocesi dal 2014, è nominato arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno il 4 maggio 2019, con ordinazione vescovile nella Cattedrale della sede cittadina e presa di possesso dell'arcidiocesi del 6 luglio successivo.

In controtendenza al suo predecessore, nel 2021, in occasione delle celebrazioni in onore di san Matteo, ha coinvolto il cardinale Parolin, segretario di Stato di papa Francesco, in uno spot elettoralistico, a tredici giorni dal voto amministrativo, a favore del sindaco uscente, accettando di celebrare il pontificale sulla discussa piazza della Libertà, incompiuta e sotto indagine della Magistratura, appena inaugurata da Vincenzo De Luca.