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Approfondimento sulla
'ndrangheta
Da La Repubblica del 19 febbraio 2008
Arrestato dopo quasi 20 anni di latitanza era l'ultimo capo
di Reggio
Sempre al centro di faide e operazioni che hanno provocato mille morti in sei
anni
Condello, leader pacato e spietato
Boss con una lunga scia di sangue
di GIUSEPPE BALDESARRO
REGGIO CALABRIA - E' considerato l'ultimo capo della 'ndrangheta reggina.
L'ultimo boss di vecchio stampo. L'ultimo ancora in circolazione dopo la guerra
di mafia della fine degli anni novanta. Il "Supremo", lo definiscono
gli uomini dei clan. Padrone indiscusso della città
dello Stretto e uomo "di peso" nell'intera regione. Pasquale Condello
non era un padrino come tutti gli altri. Era un leader riconosciuto e temuto.
Pacato e spietato. Intelligente e feroce.
Braccato da un ventennio, lo hanno trovato a Pellaro nella periferia sud di
Reggio Calabria. In un appartamento ben arredato, ma sobrio. Dove l'unica
concessione che si faceva era quello dell'immancabile champagne e di qualche
buona bottiglia di cognac. Abiti firmati e il borsello con il necessario per la
toilette. Poi i pizzini, e le lettere ricevute dalla moglie... "mi manchi,
ti voglio bene ...". Il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, lo
ha definito il Bernardo Provenzano calabrese. Assassino durante la guerra di
mafia e uomo d'affari subito dopo. Un "vero capo", ha detto il
coordinatore della Dda reggina Salvatore Boemi.
Alle spalle una lunga scia di sangue. Mille morti ammazzati in poco più di sei
anni. Condello aveva determinato la vittoria di un cartello che grazie a lui
poteva contare su killer spietati. Da una parte i Condello-Imerti e una serie di
altre famiglie mafiose. Dall'altra i De Stefano-Tegano.
Inizialmente il boss era legato ai De Stefano. Il "Supremo" aveva
cementato l'alleanza con la cosca di Archi grazie le sue stesse nozze. Accanto a
Pasquale, sull'altare avevano preso posto i "compari d'anello" (nella
tradizione calabrese così si chiamano gli amici che donano l'anello nuziale
alla sposa) Paolo De Stefano e Giovanni Fontana. Una saldatura arrivata a
seguito del primo scontro di mafia che si trascinò fino alla fine degli anni
'70. Tutto Cambia nel febbraio del 1985 con un altro matrimonio, quello dello
stesso Antonino Imerti con una cugina di Pasquale Condello.
La seconda guerra di mafia iniziò con i due tentativi di assassinio di Imerti,
ma Condello uscì indenne anche da questo terremoto. Poi l'autobomba che fece
saltare in aria il capo degli avversari, Paolo De Stefano.
Condello in quegli anni comandava un gruppo di fuoco imponente. Al punto da
spostare gli equilibri tra i due casati che si affrontarono per le strade della
città a colpi di bazooka. Anni terribili, di morte. A Reggio le squadre di
killer si affrontavano per strada. E per diventare un obiettivo era sufficiente
un rapporto di parentela anche lontana, o una semplice conoscenza sbagliata.
Il "supremo" offriva anche un'efficiente rete di protezione e di
riciclaggio, potendo contare su appoggi che erano riusciti a mettere in campo un
impero stimato in 50 milioni di euro tra beni mobili e immobili, attività
commerciali sia a Roma che in altre città italiane. Un capo potente, che il 27
agosto del 1989 ordina l'omicidio di Lodovico Ligato, democristiano ed ex
presidente delle Ferrovie dello Stato. La pistola che sparo su suo ordine era
impugnata da Peppe Lombardo, killer di fiducia di Condello, che lo inchiodò
pentendosi all'inizio degli anni '90.
Per Francesco Mollace, uno dei Pm del processo Ligato, "Pasquale Condello
non è stato solo la punta avanzata della guerra di mafia che ha insanguinato
Reggio Calabria alla fine degli anni '80, ma è anche uno spaccato della
'ndrangheta che sta cambiando marcia". L'uomo arrestato dai carabinieri del
Ros "ha il nuovo volto delle cosche che trattano con politica ed
economia".
Era latitante dal 1988 dopo essere stato scarcerato dietro il pagamento di una
cauzione di 100 milioni delle vecchie lire. All'epoca il boss era stato
arrestato per associazione mafiosa, ma uscì dal carcere sfruttando l'istituto,
allora in vigore, della scarcerazione per cauzione. Da allora aveva fatto
perdere ogni traccia.
L'ultimo di padrini della vecchia generazione era ricercato dalla fine dal 18
novembre del 1990 e il 7 luglio del 1993 le sue ricerche erano state diramate
anche in campo internazionale. Deve scontare quatto ergastoli e 22 anni di
reclusione per omicidio, associazione mafiosa ed altro. Sentenza definitiva.
(
19 febbraio 2008
)
Da IL Giornale del 18 febbraio 2008
Reggio Calabria - Lo inseguivano da
18 anni, ma lui, "il supremo", era sempre riuscito a sfuggire. Fino
a ieri sera, quando gli sforzi dei carabinieri del Ros, ulteriormente
intensificati negli ultimi mesi, hanno dato il risultato tanto atteso:
l'arresto del super boss della 'ndangheta Pasquale Condello.
Il super latitante della 'ndrangheta
Condello, inserito nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi d'Italia, come
nella migliore tradizione dei latitanti di 'ndrangheta, non si era trasferito
altrove, stava nella sua Reggio Calabria, protetto da una rete di
fiancheggiatori che fino ad oggi gli aveva consentito di sfuggire a blitz ed
operazioni. Ma ieri sera la protezione e' stata violata da un centinaio di
carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale, e del Goc, il
Gruppo operativo Calabria.
L'arresto L'operazione è scattata
intorno alle 20. Al termine di lunghe ed estenuanti attività di osservazione,
controllo e pedinamento, i carabinieri hanno avuto la certezza che il super
latitante si nascondesse in un appartamento in un palazzo del rione Pellaro,
alla periferia sud di Reggio Calabria. I carabinieri si sono avvicinati in
zona a bordo di furgoni: alcuni hanno circondato due edifici, gli altri - due
squadre - hanno fatto irruzione. Condello è stato trovato al secondo piano di
uno degli stabili insieme al nipote, Giandomenico Condello, di 28 anni; al
genero, Giovanni Barillà, di 30 e un'altra persona. I tre sono stati
arrestati. Anche con i carabinieri che gli stavano mettendo le manette ai
polsi, Condello si è comportato da boss. "Ha reagito da capo - ha
spiegato il comandante del Ros, il gen. Giampaolo Ganzer - da vecchio capo
della 'ndrangheta quale è". Il boss é rimasto freddo, distaccato e
"pur avendo un'arma - ha detto Ganzer - non l'ha usata. Non ha opposto
alcuna resistenza e alle persone che si trovavano con lui ha ordinato di non
reagire. Un comportamento probabilmente dettato anche dal fatto che in un
attimo si è trovato circondato da trenta carabinieri".
Il ritrovamento dei pizzini
Numerosissimi pizzini sono stati trovati dai carabinieri
del Ros nell’appartamento dove si nascondeva Condello. Il superboss
utilizzava in maniera metodica il sistema della comunicazione scritta con gli
affiliati per impartire ordini e dare disposizioni. "Bernardo Provenzano
- ha commentato un investigatore - in confronto era un dilettante". Già
durante la fase delle indagini, i Ros dei carabinieri avevano intercettato
alcuni di questi pizzini. Il boss utilizzava una terminologia che i
carabinieri stanno cercando di decifrare nel dettaglio, associando ai
soprannomi utilizzati da Condello nomi reali di persone, e ad alcune
terminologie il vero significato inteso dal boss. Nell’appartamento nel
rione Pellaro di Reggio è stata trovata anche numerosa documentazione adesso
al vaglio degli investigatori.
Numero uno della 'ndrangheta
Condello era a capo di una cosca attiva soprattutto soprattutto nel
narcotraffico, negli stupefacenti, nelle estorsioni e nei subappalti. I suoi
affari spaziavano dalle tangenti alle estorsioni, dagli appalti al controllo
di un'intera filiera economica che interessava non solo la Calabria, ma anche
Roma ed altre città italiane. Condello, però, non era solo il boss
indiscusso della sua cosca. A lui, evidenziava la Direzione nazionale
antimafia nell'ultima sua relazione, era stata consegnata "la direzione
strategica delle attività illecite di maggiore rilievo a Reggio
Calabria". Un ruolo che testimonia la considerazione di cui godeva
"il supremo" negli ambienti criminali calabresi e che, scrivono i
Ros in una relazione, "proveniva dalla sua accertata presenza nella
conduzione di alcune attività economiche nella città di Reggio". Non c'é
da stupirsi, quindi, se il ministro dell'Interno, Giuliano Amato ed il vice
ministro, Marco Minniti, hanno ricordato che "gli investigatori lo
definivano il Provenzano della Calabria e come Provenzano è finito anche lui
in manette. Per la Calabria e per la lotta alle organizzazioni mafiose - hanno
aggiunto - è un gran giorno".
Latitante dal 1990 (il 7 luglio
1993 le sue ricerche erano state diramate anche in campo internazionale),
Pasquale Condello deve scontare quattro ergastoli (uno dei quali per
l'omicidio dell'ex presidente delle Fs, Lodovico Ligato, ucciso a Reggio
Calabria nel 1989) e 22 anni di reclusione per omicidio, associazione mafiosa
ed altro. La notizia dell'arresto di Condello, visto anche l'imponente
schieramento di forze messo in campo dal Ros, si è rapidamente diffusa nel
quartiere e una folla di curiosi si è radunata nelle vicinanze della
palazzina in cui si nascondeva. Nessun problema, comunque, si è verificato
quando Condello, a bordo di una automobile dei carabinieri, è stato
trasferito nella scuola allievi dell'Arma dove i magistrati della Dda reggina,
con in testa il coordinatore Salvatore Boemi, gli hanno notificato i tanti
provvedimenti restrittivi per i quali era ricercato.
18 febbraio 2008
Approfondimento sulla
'ndrangheta
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