
Il rapporto tra la mafia e il mondo politico si concretizzò all'indomani del secondo conflitto mondiale, con l'infiltrazione di rappresentanti delle cosche mafiose nel potere locale e in seguito anche nazionale. In quegli anni la mafia visse un'ulteriore trasformazione, diventando un'organizzazione ramificata ed efficiente: oltre a controllare un ampio serbatoio elettorale, utilizzato per ottenere dai politici locali e nazionali attenzioni e favori, estese la propria sfera d'influenza ad altre attività, come appalti e concessioni edilizie, usura, mercato di manodopera, consorzi, dopo che in tempo di guerra aveva monopolizzato il contrabbando e la gestione delle forniture militari. Dopo aver concesso uno strumentale sostegno al separatismo siciliano, in funzione essenzialmente antistatale, la mafia scese in campo con il centro politico nazionale, interpretando efficacemente il ruolo anticomunista che gli veniva assegnato sull’isola. La mafia fu infatti in prima linea nella repressione violenta delle proteste contadine e dell’attività delle organizzazioni politiche dell’opposizione e sindacali; sua fu ad esempio l’organizzazione della strage di Portella delle Ginestre (1947), attuata dagli uomini di Salvatore Giuliano, che causò undici morti sessantacinque feriti tra i braccianti riuniti per festeggiare il Primo maggio.
Il Caso Caselli - Andreotti
In
tempi recenti fa discutere la vicenda di Caselli, giovane magistrato che
istruisce il processo Andreotti. Vicenda che è ben narrata nel libro dello
stesso magistrato "Un Magsitrato fuorilegge" Edizioni
Melampo . Dall'analisi del magistrato vine messo in luce che l' Italia è
l'unico paese in cui quando la magistratura attacca i poteri forti, la stessa
magistratura viene delegittimata. Negli USA l' impero economico di Bill Gates è
stato demolito a colpi di sentenze, lo stesso Bill Clinton ha subito sette
processi, di cui da sei riesce ad uscire non colpevole e per l'ultimo viene
condannato , ma era un processo personale e non riguardava fatti istituzionali.
In Israele, il figlio di Sharon , più che potente uomo politico, un mito
per quella nazione, viene condannato per corruzione . Ma a nessuno degli
inquisiti è mai passato per la testa la possibilità di prendersela con i
giudici. In Italia questo non avviene. E si sa , quando una menzogna viene
ripetuta centinaia di volte, e tra l'altro da persone di potere e quindi per
loro stessa definizione credibili, questa menzogna passa e per alcuni può
diventare la verità. Quando poi queste menzogne vengono avallate anche dai
Ministri della Giustizia ecco quindi che il magistrato che indaga facendo il
proprio dovere può diventare fuorilegge. Compito del Ministro della Giustizia
è invece quello di difendere i magistrati, riportare nel cittadino la fiducia
nella giurisdizione. Invece il messaggio che passa, e questo vale anche per il
giovane magistrato, è che attaccare i poteri forti alla fine non paga. Bisogna
mettere in conto un attacco massiccio , da parte dei media, da parte dei
politici, da parte di altri colleghi e da parte del Ministero. Quindi l' Italia
è davvero in una situazione anomala. Se a ciò si aggiunge che in Italia la
giustizia non funziona, si può dire che il cerchio è completo. Il Governo
Berlusconi ha effettuato tali e tanti tagli che molti tribunali saranno
costretti a chiudere per mancanza di fondi. I processi si allungano all'infinito
e molti reati cadono in prescrizione. Illuminante è proprio il caso Andreotti,
riconosciuto colpevole per i reati attribuitigli, tuttavia non è condannato,
poichè anche se è dimostrato che fino al 1980 ha fatto e ricevuto
favori da cosa nostra fino al 1980, per la lunghezza del processo, persosi in
centinaia di migliaia di cavilli, reinvii, lo statista, forse il più grande
uomo politico italiano non è stato condannato poichè i reati sono caduti in
prescrizione. Da quel momento è partita una massiccia campagna di
riabilitazione dell' uomo politico , passata attraverso la pubblicità di un
noto fornitore di servizi telefonici e culminata nel 2006 dove per poco Giulio
Andreotti non è stato eletto Presidente della Camera dei Senatori. Ma
questa delegittimazione, questo senso di sfiducia, riflette Caselli, alla fine porterà
tutti sotto un cumulo di macerie, destra, centro e sinistra. Un cittadino ha il
diritto di sapere se ha torto o ragione. Per forza di cose il mestiere del
giudice scontenta il cinquanta per cento dell' utenza. Se due persone hanno un
incidente d'auto e si recano da un giudice perchè entrambi ritengono di avere
ragione , quando il giudice emette la sentenza, necessariamente scontenterà uno
dei due. La certezza del diritto è un elemento fondamentale della
democrazia. Quindi se un giudice scontenta una parte dei poteri forti, sta all'
altra parte difendere i giudici. Spesso ciò non avviene e ne è testimonianza
la recente vicenda del caso Previti. Primo collaboratore del Premier Berlusconi,
condannato per corruzione, è stato additato come persona degnissima in quanto
si è fatto arrestare "con dignità". Il fatto che non sia scappato,
come in altri tempi ha invece fatto un altro capo di Governo incriminato, il
socialista Bettino Craxi, fa di lui una persona degna. Il fatto che due dei
collaboratori di Berlusconi, Previti e Dell' Utri siano stati condannati per
corruzione e associazione a delinquere passa in secondo piano e i giudici
assumono delle sembianze di mostri che "osano" arrestare un ultra
sessantacinquenne (che tra l'altro potrà beneficiare degli arresti
domiciliari). Questa anomalia, questa sensazione che un ladro di polli venga
messo in galera e che la chiave venga gettata nel fiume e che invece chi viene
condannato per reati di alta finanza venga trattato con i guanti bianchi,
potrebbe scoraggiare qualsiasi magistrato dal compiere il proprio dovere fino in
fondo. Questo è il risultato della severa campagna contro la magistratura
italiana. Ma il quadro non è così nero, ci sono nugoli di magistrati che non
si lasciano intimidire e che continuano a fare il loro dovere, consapevoli di
ciò che li attende.
Abbiamo assistito alla presentazione del libro ,giovedì
15 dicembre 2005 alla Casa della cultura di Milano. Presenti con l’autore, il
senatore Nando Dalla Chiesa, il magistrato Armando Spataro e il giornalista
Mario Portanova, che ha collaborato alla stesura del libro. Ecco una sintesi
degli interventi.
"Sono
l’unico magistrato italiano al quale il Parlamento ha dedicato espressamente
una legge. Una legge contra personam che mi ha espropriato di un diritto: quello
di concorrere alla pari con altri colleghi, alla carica di Procuratore nazionale
antimafia”. Questo si legge nella quarta di copertina dell’ultimo saggio di
Giancarlo Caselli, “Un magistrato fuori legge” (edizioni Melampo).
Dalla Chiesa
"La magistratura è considerata un nemico dagli attuali governanti. Non
sempre, solo quando si permette di indagare sui potenti. Alla base c’è una
concezione malata della politica, ispirata al principio del princeps legibus
solutus. Secondo tale concezione, chi è eletto dal popolo dev’essere
sottratto al controllo di legalità. La responsabilità penale e il principio di
uguaglianza non devono valere per chi è stato votato. Ecco perché la rimozione
di un magistrato come Caselli diventa necessaria: per ristabilire il primato
della politica sulla legge, il magistrato che non guarda in faccia nessuno deve
essere additato come un male.
Lo dicono esplicitamente: il processo Andreotti è la colpa di Caselli.
Ma Andreotti non è stato assolto in quanto innocente, se l’ è cavata solo
grazie ala prescrizione (e che cavolo, li salva proprio tutti questa
prescrizione?). E le sentenze documentano fatti inquietanti, che dovrebbero
suscitare un dibattito serio. Ma l’accertamento della collusione fra la
politica (al suo più alto livello) e le organizzazioni criminali non può
essere accettato dal ceto politico dominante. Ecco allora che scatta una
scientifica mistificazione: Andreotti viene beatificato come vittima della
malagiustizia, mentre Caselli viene additato come un nemico."
Spataro
"Ci lasciamo alle spalle anni tormentati, abbiamo il dovere di ricordare
tutto ciò che è accaduto. Tra le vergogne civili che abbiamo dovuto subire,
c’è anche la legge contro Caselli.
Nessuno, sia chiaro, ritiene che la magistratura sia immune da pecche. Ma
l’accanimento del potere politico è contro i magistrati che hanno fatto il
proprio dovere senza timori reverenziali: questo è l’elemento essenziale.
Parlare di Caselli significa parlare della mia stessa vita professionale. Lo
conobbi un anno dopo il mio arrivo a Milano. Erano gli anni del terrorismo, le
prime indagini si concentrarono a Torino, contro le brigate rosse. Fu
inevitabile studiare il lavoro di Caselli e del pool di cui faceva parte. Il
lavoro di squadra diede il colpo decisivo ai terroristi. Come pure la scelta di
contestare il reato di concorso esterno, anche morale, negli atti terroristici,
per colpire l’intera organizzazione, compresi gli strateghi e i
fiancheggiatori. Una scelta, quella del lavoro in pool e dell'imputazione del
concorso esterno, che ha assicurato risultati anche contro la criminalità
organizzata.
Devo riconoscere che, senza Caselli, dopo gli assassinii dei colleghi Galli e
Alessandrini, non avrei retto.
Negli anni di Palermo, Caselli con i colleghi della procura della Repubblica ha
saputo ridare slancio alla lotta alla mafia, dopo la tragica estate degli
attentati a Falcone e Borsellino. Anche in questo caso la rimozione è
necessaria: le centinaia di ergastoli inflitti agli uomini delle cosche devono
essere dimenticati."
Caselli
L’addebito che mi si fa è di non aver rispettato determinati santuari. Ma il
rispetto dei santuari non fa parte dei doveri del magistrato, che al contrario
è chiamato ad applicare la legge in modo indiscriminato. E’ davvero
vergognoso che uno sia costretto a difendere il proprio lavoro, un lavoro
pubblico, misurabile con criteri oggettivi, un lavoro che qualche risultato
l’ha dato. Certo contro di me è stata approvata una legge ad hoc. Ed è un
fatto che per certi aspetti può anche rendermi orgoglioso, ma lascia cicatrici
di sofferenza per lo stravolgimento delle regole di cui quella legge è segno.
Il discorso va oltre la mia persona, e per questo motivo ne parlo. Se si estirpa
per legge un magistrato "nemico" viene stravolta l’idea stessa di
democrazia costituzionale. La nostra Costituzione disegna una democrazia
pluralista, con poteri in equilibrio fra loro. L’emarginazione dei poteri di
controllo (giustizia e informazione) intende affermare un modello diverso,
incentrato sul primato della maggioranza politica del momento: un modello
autoritario, contrario allo spirito della Costituzione. Ecco il contesto nel
quale si iscrive il caso che mi ha riguardato. Numerosi fatti rivelano questa
concezione: le invettive dei portavoce governativi, per esempio, si sono
scagliate non solo contro i Pubblici Ministeri, ma via via contro tutte le corti
di Giustizia che hanno preso provvedimenti sgraditi, dal Tribunale di Milano
alla Corte di Cassazione. Tutte "toghe rosse" o "golpisti" o
"criminali". Siamo di fronte a una concezione profondamente
pericolosa, in quanto limita il controllo di legalità e insieme ad esso il
controllo dell’opinione pubblica sui pubblici poteri.
Una concezione che in definitiva mette in pericolo i diritti delle minoranze.
Solo estirpando le "teste storte" che ancora hanno come punto di
riferimento
la Costituzione
, ci si convince di avere ragione. Ma in questo modo si tende a cancellare la
linea di confine fra lecito e illecito, fra morale e immorale. Un rischio
terribile per una società.
Il "caso Andreotti" può esser letto come il detonatore del modo di
trattare l’informazione e la giustizia da parte di certa politica. Già una
volta è capitato che il presidente della Corte di Appello di Palermo, il dott.
Scaduti, avvertisse il dovere di smentire una dichiarazione del presidente della
Commissione Antimafia, l’on. Centaro, sull'asserita persecuzione ai danni del
senatore Andreotti. E ora si replica, con la relazione di cui parlava Dalla
Chiesa. A lui propongo di allegare alla relazione di minoranza un recente saggio
del collega Livio Pepino, dedicato all’analisi delle sentenze del processo
Andreotti.