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La mafia si combatte anche scrivendo.
Se ne sono accorti anche i
telegiornali che finalmente cominciano a parlare della vita blindata di Roberto Saviano .
Numerose ormai le minacce di morte, colpevole di aver acceso i riflettori sulle
" loro" losche attività.
Ma Saviano non ha paura, ha avuto il coraggio di urlare a Casale di
Principe, paese ad alta densità camorristica in faccia ai boss "Non valete
niente!"
Ho avuto il piacere di ascoltare la presentazione del suo libro “Gomorra”
alle Librerie Mondadori di Caserta.
E’ difficile se non impossibile parlare di Camorra in un territorio come
quello campano:
l’argomento Camorra è un Tabù; parlarne ad un pubblico vasto non
conviene, non conviene perchè chi ti è intorno fa terra bruciata, non conviene
perchè le persone iniziano ad insultarti, a parlare male di te, ad additarti
come “quello che parla male della zona in cui vivo”, “quello che ci ha
fatto diventare la vergogna d’Italia”, non conviene perchè se esageri puoi
anche perdere la vita
Vedendolo
dal vivo viene quasi impossibile pensare che quel ragazzo così gracile ha avuto
quel coraggio che manca a tante, troppe persone; ha avuto il coraggio di
studiare la Camorra, di far parte di un osservatorio sulla Camorra, di entrare a
contatto con la malavita organizzata locale, ha avuto il coraggio di fare i
nomi.
Ha iniziato la presentazione del libro affermando che se potesse tornare
indietro non lo scriverebbe più: i problemi che ha avuto dopo la scrittura di
questo libro come potete immaginare sono stati tanti, poi ci si mettono anche le
istituzioni: il Sindaco di Napoli vuole a tutti i costi nascondere l’evidenza,
un mese fa pur di difendere Napoli offese i Catanesi (”Catania è peggio di
Napoli”), pochi giorni fa ha criticato anche Saviano (”è un fissato,
dipinge Napoli come l’inferno”).
Durante la presentazione ha parlato dello sviluppo dell’imprenditoria
cinese nel Napoletano, delle grandi potenzialità di questo territorio che sono
sfruttate sì, ma dalla camorra. Interi palazzi a Napoli sono sventrati, cioè
fanno rimanere solo le mura esterne e all'interno, negli spazi recuperati,
vengono stipate tonnellate di mercanzie varie. Angosciante la sua denuncia:
sapete perchè a Napoli e dintorni non si vedono mai funerali di cinesi
nonostante il grosso numero? Perchè già quando partono dal lontano oriente
stipulano una sorta di contratto in cui si stabilisce che dopo morti saranno
rispediti in Cina all' interno di container. Al loro posto verranno rispediti in
Italia altri cinesi "con già tutti i documenti a posto". I documenti
del morto. Il porto di Napoli è un inferno. Ove mai si rompesse un container(ed
è capitato) all'interno si possono trovare decine di cadaveri.
Ha parlato dell’edilizia, del fatto che mezza Italia è stata costruita da
imprese edili napoletane e casertane. Una vera e propria maledizione.
Maledizione perchè il territorio non si arricchisce, resta povero, tutto nelle
mani degli imprenditori del crimine, dei veri imprenditori che non avrebbero
nulla da invidiare ai maggiori imprenditori italiani.
Ho attraversato un momento di rabbia nel momento in cui ha parlato di
rifiuti:
il territorio tra Napoli e Caserta è invaso da rifiuti tossici e nocivi che
come ha raccontato Saviano provengono dalla Toscana, dal Veneto, dal Piemonte
ecc. ecc. , persino le cicche di sigarette che si raccolgono nelle strade di
Roma, sono finite qui.
Nel territorio in cui vivo i tumori toccano punte altissime e si muore. L'ecomafia
si fa carico per quattro spiccioli di smaltire nelle campagne tra Marcianise ed
Aversa di tonnellate di rifiuti tossici e nocivi. Si va dall' amianto ai
radioattivi. Materiali che per essere smaltiti legalmente impegnerebbero le
aziende per una enorme cifra di euro.
Saviano ha spiegato anche quella che io definisco l’assuefazione da
Camorra; vi riporto una lettera presente nel libro di Saviano, lettera scritta
ad un prete da un ragazzino rinchiuso in un carcere minorile:
“Tutti quelli che conosco o sono morti o sono in galera. Io voglio
diventare un boss. Voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere
donne. Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono
rispettare, voglio avere magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma
come muore uno vero, uno che comanda veramente. Voglio morire ammazzato.”
Ed è più o meno questa la visione della camorrista per un ragazzo che vive
nelle periferie di Napoli e del casertano, la Camorra è vista come un gioco, i
ragazzi sognano di diventare camorristi e così iniziano a spacciare droga,
sanno che sicuramente verranno arrestati, ma la tentazione è troppo forte, i
500 euro al giorno sono un bene troppo prezioso, non si può rifiutare, loro già
sanno la fine che faranno ma a loro non interessa, meglio un giorno da leoni.
Gli studenti di Villa Literno non conosceranno bene le tabelline, ma potete star
certi che conoscono a memoria il giuramento di sangue del film "Il
camorrista".
Questo è Gomorra, un libro che nella prima parte ti trascina in un vortice di
sensazioni ed emozioni, mentre nella seconda parte racconta i meccanismi,
l’organizzazione, il business che c’è dietro a questa parola che da molti
è considerato un Tabù.
Saviano è parte di quello che racconta, non si arroga il diritto di
giudicare tutto dall’alto, non si arroga il diritto di sparare a zero, né
descrive superficialmente ciò che racconta, ecco perchè lo apprezzo, è facile
per il cronista di “Lucignolo Bella Vita” descrivere ciò che
succede a Napoli, un paio di luoghi comuni, qualche intervista ai balordi di
turno e tutto è apposto, share e ascolti assicurati, ma per chi ha vissuto
questa realtà è tutto molto più difficile.
Da L' Espresso 11 ottobre 2006
Politica e criminalità nessuno ne parla più
Lucio Iaccarino
Appare sempre più urgente la necessità di affrontare la questione
meridionale specchiandola in quella settentrionale, pur rischiando di
depotenziare le emergenze del Sud, la cui gravità sarebbe attutita
dalle scottanti emergenze riscontrabili al Nord. Probabilmente, Michele
Santoro, quando ha chiuso la sua contestata trasmissione televisiva
"Anno Zero", dedicata a Napoli, con l' intervista all' ex
ministro leghista Roberto Maroni, intendeva ratificare proprio questo
tipo di rappresentazione della crisi italiana. Perché, se di crisi si
deve parlare, occorre finalmente superare lo stereotipo degli anni
Ottanta e Novanta, che raffigurava la criminalità organizzata come un
fenomeno monopolizzato da talune regioni italiane, mentre, risalendo la
penisola, la presenza delle mafie tendeva a dissolversi in economie
legali e incontaminate. A spiegare l' incessante perdurare del fenomeno
mafioso, nel senso comune si sommano concause come il familismo amorale,
il clientelismo e la corruzione, intesi come fenomeni che non
risparmiano le classi dirigenti. Ma c' è tuttavia una questione che
resta senza risposta: dov' è finito il teorema che a lungo ha spiegato
l' affermarsi del malaffare attraverso la complicità tra mondo
politico, economico e criminale, ribadendo l' assunto che la politica
non poteva non sapere? Di teorema in teorema, la giustizia raramente è
riuscita nell' intento di smascherare il lato occulto del potere.
Persino "mani pulite" si è arenata dinanzi all' impossibilità
di tradurre nella realtà la sua rappresentazione del rapporto tra
politica e corruzione e politica e criminalità. Un processo riassume
emblematicamente questi temi. L'ex ministro dell'Interno Antonio Gava,
assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione camorristica, ha
finito per ribaltare il teorema, chiedendo un lauto risarcimento per il
danno subito nella sua attività politica, in conseguenza dei tempi
processuali troppo lunghi. D'altro canto, si adirano contro le
esemplificazioni massmediali, fino alla minaccia di ricorrere alla
magistratura, quanti provano ad innalzare l'immagine della città, oltre
la cortina di piombo che oscura la sua appetibilità turistica (come la
mettiamo con Napoli dalle notti bianche?) E al contempo, pullulano le
rappresentazioni che mostrano l'inesorabile passaggio dell'economia
formale nelle maglie del riciclaggio, o dell'imperante lavoro nero, come
unico ammortizzatore sociale praticabile. La confusione è così forte
che risulta davvero difficile riuscire a distinguere con certezza
l'economia buona da quella cattiva. Sarà stato forse l'impatto del
best- seller "Gomorra", che, oltre ad incrementare la
crescente popolarità del genere letterario malavitoso, sta assumendo il
valore di testimonianza imprescindibile per capire il mondo economico
che ci circonda, sempre se vogliamo osservarlo dalla Campania Felix,
naturalmente. Il Libro di Saviano è probabilmente l'opera di
antropologia economica più intensa e profonda che sia mai stata
prodotta sull'argomento. "Gomorra" ha saputo ispirare le
inchieste della programma televisivo Ballarò sui distretti del tessile
vesuviano, così come ha animato l'ennesimo affondo del settimanale
"L'espresso". Ha riproposto la frattura nord-sud, svelando
come la sostenibilità dell'impresa diffusa del mitico Nordest si
spieghi con gli sversamenti nelle discariche campane e meridionali.
Difficile è allora non pensare ad un "sistema paese",
evitando di guardare tra le reti lunghe della globalizzazione criminale.
Gomorra è un testo da leggere anche per non cadere nelle tentazioni
empatiche, a cui il libro di Saviano si espone. Il punto di vista del
"sistema" è così presente, da far leggere l'opera come una
Guida Monaci della struttura postfordista dell'economia criminale. Il
suo valore antropologico è così alto, da esporsi alla lettura
compiacente dei suoi protagonisti più illegali. Eppure lo strillo della
sua sirena è tanto acuto da animare perfino le acque più torbide,
rispedendo al mittente tutte le domande omesse. Come quelle che restano
nella mente del lettore che si chiede: quando è cominciato tutto
questo? E la politica, che cosa ha fatto e cosa avrebbe potuto fare?
Sembrerebbe quasi che l'unica sfida possibile debba essere quella
economica, rafforzando la fetta di imprese capaci di competere con il
lato oscuro del mercato. Quasi che la politica c'entri poco o niente in
questo affare. È una sensazione che attraversa anche i lettori di
un'altra pietra lanciata lungo "Le strade della violenza"
(come recita il titolo del recente libro di Isaia Sales). Ma se alla
politica locale non resta altro compito, che quello di realizzare
infrastrutture e opere pubbliche, lasciando al governo l'annoso problema
della legalità, i suoi sforzi finiranno per occultare l'ordine
primordiale che domina le strutture dei clan nella società campana e
meridionale.
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Da Repubblica del 13 ottobre 2006
Lettere, telefonate mute e anche un isolamento ambientale che mette
paura
Ora lo scrittore che con il suo best seller ha sfidato i clan deve
vivere blindato
Minacce camorriste a Roberto Saviano
finisce sotto scorta l'autore di Gomorra
di DARIO DEL PORTO
NAPOLI - Minacce allo scrittore che ha raccontato la camorra
imprenditrice e le storie della faida di Scampia. Lettere minatorie,
telefonate mute. E anche un isolamento ambientale che mette paura forse
più delle intimidazioni. Adesso dovranno essere adottate nuove misure
di protezione per Roberto Saviano, 28 anni, l'autore del libro-inchiesta
"Gomorra", edito da Mondadori, da cinque mesi in testa alle
classifiche e vincitore del premio Viareggio Repaci. Il prefetto di
Caserta, Maria Elena Stasi, ha aperto un procedimento formale che passerà
al vaglio del comitato provinciale per l'ordine pubblico.
Lo rivela il settimanale "L'espresso", con il quale Saviano
collabora, nel numero che sarà in edicola oggi. Esponenti di primo
piano della camorra campana come Michele Zagaria e Antonio Iovine, il più
celebre Francesco Schiavone soprannominato "Sandokan",
"hanno mal tollerato - si legge nel lungo servizio - il successo di
Gomorra, che ha imposto i loro traffici all'attenzione nazionale".
Non solo. I clan si sono anche "infuriati per la sfida che Saviano
ha portato nel loro feudo, nella Casal di Principe che negli anni '90
aveva il record di omicidi". Lo scrittore, ricorda
"L'espresso", si è presentato sul palco della cittadina
casertana il 23 settembre scorso, insieme al presidente della Camera
Fausto Bertinotti, nell'ultima di quattro giornate di mobilitazione
anticamorra aperta dal ministro della Giustizia Clemente Mastella.
Saviano "ha chiamato i padrini per nome - scrive il settimanale -
"Iovine, Schiavone, Zagaria, non valete nulla. Loro poggiano la
loro potenza sulla vostra paura, se ne devono andare da questa
terra"". Ma se l'ira della camorra poteva essere messa nel
conto delle reazioni che un libro coraggioso come "Gomorra" e
i reportages realizzati dal giovane scrittore avrebbero suscitato, altra
cosa è l'emarginazione seguita alle sue denunce. "Colpisce il
disprezzo delle autorità locali - accusa "L'espresso" -
testimoniato dalle bordate di Rosa Russo Iervolino. Il sindaco
partenopeo, nel consegnare a Saviano il premio Siani, lo ha definito
"simbolo di quella Napoli che lui denuncia", offendendo sia
l'autore sia la memoria del giornalista ammazzato 21 anni fa".
Ma c'è anche chi si sta mobilitando per non lasciarlo solo. Un appello
improvvisato in sostegno di Roberto Saviano ha raccolto, evidenzia il
settimanale, "firme di scrittori e lettori: tra i primi Massimo
Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Poche righe che denunciano "un
isolamento fatto da ciò che non ti fanno e che vogliono farti credere
ti faranno. Ma intanto ti fermano, creano diffidenza intorno,
screditano, insultano, allontanano tutti dalla tua vita perché mettendo
paura ti creano attorno il deserto. A questo punto devono venire fuori
altre voci".
Intanto a Napoli la camorra continua a colpire e a fare soldi. Il
Viminale lavora a un piano per la città. I firmatari dell'appello non
vogliono fermarsi alle parole. Pensano a una grande manifestazione che
dovrebbe svolgersi proprio in provincia di Caserta. Nella terra
d'origine dello scrittore, e di quella camorra che vorrebbe mettere a
tacere chi ne ha denunciato pubblicamente gli intrecci e gli inganni.
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Da Caserta News 13 ottobre 2006
Lo aveva detto durante la presentazione del suo successo editoriale
"Gomorra", a Caserta, presso la libreria Mondadori che si
sentiva solo e che se potesse tornare indietro lo avrebbe fatto. Si
sentiva minacciato Roberto Saviano che ha denunciato nel suo libro il
sistema "Gomorra", e cioè il meccanismo che muove gli interessi
economici della camorra casertana e campana. Poi si è trovato a ricevere
minacce telefoniche tanto che il Prefetto di Caserta, Maria Elena Stasi,
si è vista costretta ad affidargli una scorta.
Lo rivela un servizio dell''Espresso'. Il settimanale scrive che esponenti
di spicco della camorra come Michele Zagaria, Antonio Iovine e Francesco
Schiavone 'hanno mal tollerato il successo di Gomorra che ha imposto i
loro traffici all'attenzione nazionale'.
Lo scrittore, che collabora anche con il settimanale, ha anche parlato lo
scorso 23 settembre sul palco a Casal di Principe insieme al presidente
della Camera, Fausto Bertinotti durante l'ultima di quattro giornate di
mobilitazione anticamorra. Saviano, così come afferma
"L'Espresso", ha chiamato i padrini per nome: "Iovine,
Schiavone, Zagaria non valete nulla. Loro poggiano la loro potenza sulla
vostra paura, se ne devono andare da questa terra". Gli esponenti
camorristici soprattutto del casertano "hanno mal tollerato - dice
l'Espresso - il successo di 'Gomorra', che ha imposto i loro traffici
all'attenzione nazionale".
Intanto è iniziata una gara di solidarietà da parte di esponenti
politici, artisti ed autorità impegnate nell'antiracket che temono
l'isolamento del giovane scrittore.
"Caserta è un'emergenza nazionale, quando parliamo dei 'Casalesi'
parliamo della Corleone della Campania. il miglior modo per essere al
fianco di Roberto Saviano è condividere un'analisi ed una prospettiva che
passa proprio attraverso Terra di Lavoro". Così il presidente
onorario della Fai, Tano Grasso, in merito alle intimidazioni dalla
Camorra ricevute dallo scrittore.
Altri si stanno mobilitando. Un appello è stato improvvisato,
raccogliendo firme di scrittori e lettori: tra i primi Massimo Carlotto e
Giancarlo De Cataldo. Poche righe che denunciano "un isolamento fatto
da ciò che non ti fanno e che vogliono farti credere ti faranno. Ma
intanto ti fermano, creano diffidenza intorno, screditano, insultano,
allontanano tutti dalla tua vita perché mettendo paura ti creano attorno
il deserto. A questo punto devono venire fuori altre voci...". E
ancora: "Quando Saviano ha 'cacciato' con le sue parole i boss dalla
piazza di Casal di Principe e dalle vie di Secondigliano, quando ha
raccontato il loro potere con la letteratura, quando ha fatto i nomi,
quando accompagna il suo libro non è solo la sua voce a parlare. Lui lo
ha detto e noi con lui".
Altri si stanno mobilitando. Un appello è stato improvvisato,
raccogliendo firme di scrittori e lettori: tra i primi Massimo Carlotto e
Giancarlo De Cataldo. Poche righe che denunciano "un isolamento fatto
da ciò che non ti fanno e che vogliono farti credere ti faranno. Ma
intanto ti fermano, creano diffidenza intorno, screditano, insultano,
allontanano tutti dalla tua vita perché mettendo paura ti creano attorno
il deserto. A questo punto devono venire fuori altre voci...". E
ancora: "Quando Saviano ha 'cacciato' con le sue parole i boss dalla
piazza di Casal di Principe e dalle vie di Secondigliano, quando ha
raccontato il loro potere con la letteratura, quando ha fatto i nomi,
quando accompagna il suo libro non è solo la sua voce a parlare. Lui lo
ha detto e noi con lui". |
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