Ma la sempre più scoperta e proterva sfida allo stato iniziò a generare una serie di contromisure: nel 1962 venne istituita la prima Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia in Sicilia, nota anche come
Commissione antimafia, che tuttavia non produsse risultati apprezzabili; per rendere più efficaci le misure di prevenzione furono varate nuove leggi che introdussero il reato di "associazione di stampo mafioso" e definirono giuridicamente il delitto di mafia (1982). Strumenti più efficaci vennero forniti alle forze dell'ordine e alla magistratura, come ad esempio la possibilità di sequestrare i patrimoni dei mafiosi e di sciogliere i consigli comunali e provinciali sospettati di collusione. Venne quindi esercitato un maggiore controllo sul riciclaggio del denaro e si procedette al rafforzamento degli apparati repressivi: nacque nel 1982 l'Alto commissariato per la lotta alla mafia e nel 1983 venne istituita una nuova Commissione parlamentare antimafia, tuttora in funzione. Tutte queste misure culminarono nel 1986 nel primo “maxiprocesso” istruito da
Giovanni Falcone.
Intanto, si era scatenata la violenta offensiva mafiosa contro rappresentanti del governo statale e locale, investigatori e agenti delle forze dell'ordine, giudici, uomini politici e sindacalisti, comuni cittadini: nel corso degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta furono uccisi, tra gli altri, il deputato democristiano Piersanti Mattarella, il deputato comunista Pio La Torre, il prefetto di Palermo
Carlo Alberto Dalla Chiesa, il giudice Rocco Chinnici, il giornalista Giuseppe Fava, il giudice Rosario Livatino; infine, con l'omicidio di Giovanni Falcone e
Paolo Borsellino (1992), i due giudici che con più successo avevano combattuto il fenomeno mafioso, la sfida delle cosche raggiunse il suo apice.
Con il cambiamento del clima politico, la mafia inaugurò una serie di atti di ritorsione nei confronti di rappresentanti del potere locale e nazionale, ritenuti colpevoli di aver tradito il patto stretto in precedenza: gli omicidi "eccellenti" del deputato della Democrazia Cristiana Salvo Lima e degli esattori Nino e Ignazio Salvo confermarono l'intreccio, denunciato e indagato proprio da Falcone, tra mafia e politica, ossia la penetrazione dell’organizzazione criminale nei gangli politici, economici, amministrativi, istituzionali non solo nel Mezzogiorno, ma su tutto il territorio nazionale.
In seguito, una più stretta cooperazione a livello internazionale con gli organismi anticrimine degli altri paesi e la legislazione sui pentiti (poi sottoposta a revisione, dopo le aspre polemiche che aveva prodotto) portarono a buoni risultati, sostenuti anche da una più convinta azione repressiva da parte dello stato, con l'istituzione nel 1991 di una Direzione investigativa antimafia (DIA) e di una Direzione nazionale antimafia (DNA). Altrettanto decisiva fu la forte reazione dell'opinione pubblica italiana, e soprattutto siciliana, all'indomani degli omicidi di Falcone e Borsellino. Nel 1993, lanciando una nuova e più forte sfida allo stato, la mafia effettuò una serie eclatante di attentati contro istituzioni culturali e monumenti di fama mondiale, quali la Galleria degli Uffizi a Firenze, il Padiglione di arte contemporanea di Milano, la basilica di San Giovanni in Laterano e la chiesa di San Giovanni al Velabro a Roma.
Le rivelazioni dei pentiti, o "collaboratori di giustizia" (tra cui di determinante portata furono quelle dell'ex boss Tommaso Buscetta), e la serrata azione investigativa e giudiziaria da parte di polizia e magistratura – coordinata dal procuratore di Palermo Giancarlo Caselli – hanno condotto negli ultimi anni
all'arresto di famosi boss latitanti come Salvatore Riina e Nitto Santapaola. Il fenomeno del "pentitismo", tuttavia, è diventato oggetto di accese polemiche, soprattutto per il rischio di un suo possibile uso strumentale a fini politici.
Fallita la strategia di attacco diretto allo stato, la mafia è tornata a operare nell’ombra, cercando di far passare inosservata la continua proliferazione delle sue attività illegali.
Scuola Media Statale "Giovanni XXIII" - Pietramelara