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Il periodo della guerra determinò cambiamenti anche per altre ragioni: già dal 1943 avevano cominciato a fare rientro in Sicilia i mafiosi
italo-americani. Il fenomeno mafioso si era radicato negli Stati Uniti sulla scia delle emigrazioni di fine Ottocento, aveva prosperato durante il proibizionismo e si era strutturato in una potente organizzazione criminale con diramazioni internazionali: i legami con Cosa Nostra (il nome della mafia americana) portarono la mafia siciliana ad allargare i propri interessi e la propria sfera d'azione, trasformando successivamente l'isola nel più importante centro mediterraneo per il traffico internazionale di armi e di droga.
In Sicilia le cosche locali si radicarono nel nuovo tessuto del parastato e degli enti regionali che offrivano ulteriori occasioni di potere e ricchezza. Si moltiplicarono nel frattempo violenze e crimini di stampo mafioso e sanguinosi regolamenti di conti che testimoniavano della guerra tra le cosche per la supremazia e per il controllo del territorio. Fu in questo periodo che si parlò per la prima volta di una “commissione”, o "cupola", con compiti di coordinamento e mediazione tra le varie cosche, e che la mafia adottò una nuova e più strutturata organizzazione.
Le antiche cosche clandestine legate dal ferreo e segreto codice d'onore lasciarono il posto alla nuova "mafia imprenditrice" che operava nel commercio della droga, nella prostituzione e nei sequestri, cimentandosi in azioni criminose sempre più feroci. La mafia allungò i suoi tentacoli nell'isola e nel Mezzogiorno, fece il suo ingresso nei mercati finanziari e cercò nuovi canali di investimento per il riciclaggio del denaro sporco.
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