Storia: Dal 1700 ad oggi Nel 1767 il governo decise di inviare i carcerati piemontesi per dare una mano ai contadini sardi "comandati". I carcerati piemontesi , che col tempo arrivarono a raggiungere il numero di duecentosessanta, vivevano rinchiusi nella "Casa delle Salinette". Alcuni tentarono la fuga alla fine di agosto del 1767, ma, riacciuffati, vennero puniti con sessanta bastonate a testa. Da Torino il ministro Bogino si lamentò col vicerè per la scarsa produttività dei carcerati e per la punizione troppo mite delle sessanta bastonate. Il vicerè, conte don Vittorio Lodovico d' Hallot des Hayes e di Dorsano, spiegò a Bogino che i forzati, incatenati e sotto il sole d'estate non potevano lavorare più di sei ore al giorno. Molti morivano di malaria e per "il colpo di sole". Qualche anno più tardi, il 12 marzo del 1777, i forzati piemontesi scrissero al ministro Chiavarina, successore di Bogino, una lettera ora conservata nell'archivio di stato di Cagliari, in cui descrivono le loro misere condizioni. Nel 1836 re Carlo Alberto abolì le "comandate" e affidò il lavoro delle saline esclusivamente ai forzati le cui condizioni di vita non erano molto diverse da quelle dei galeotti del settecento. I tempi mutavano e l'organizzazione delle saline di Cagliari doveva adeguarsi alle nuove esigenze capitalistiche legate ai bassi costi di produzione e all'alta produttività. Intorno al 1830 ci fu una riorganizzazione tecnologica e idraulica delle saline: furono introdotte le viti di Archimede, mosse da cavalli, che trasferivano l'acqua da una casella salante all'altra; si iniziò lo scavo dei canali, fu fondato il centro abitato di San Bartolomeo che sarebbe diventato poi lo stabilimento penale. La proprietà delle saline restava nelle mani pubbliche, e, prima il ministro Cavour, poi Sella, decisero di affidarne la gestione a privati. Nel 1852 venne stipulata una convenzione trentennale con la società Franco-Italiana, francese. Questa si impegnò di incrementare la produzione, che arrivò 52 mila tonnellate nel 1860 con l'aumento delle superfici salanti. La Sardegna assunse un ruolo centrale nei traffici europei del sale. Una innovazione tecnologica fu l'installazione nel maggio 1851, a Molentargius, di un potente motore a vapore per la circolazione delle acque in sostituzione delle viti di Archimede, mosse dall'uomo o dai buoi, e delle catene di secchi trasportati da uomini e bambini. Si arrivò a produrre nel 1858 un milione di quintali di sale . Nel 1890 la gestione delle saline venne affidata con una concessione alla Società di Navigazione Generale Italiana, mentre nel 1898 lo Stato decise di assumere la gestione diretta delle saline abolendo nel 1929 l'utilizzo dei "dannati del sale". Ristrutturati gli impianti, il lavoro manuale fu suddiviso tra il personale dipendente , specializzato e qualificato, e la manovalanza generica, assunta nel periodo di raccolta. Nel 1919 un ingegnere toscano, Luigi Contivecchi, presentò un progetto per la bonifica dell'intera laguna. Gli fu dato parere favorevole nel 1921 dalla Commissione Centrale Bonifiche, con una concessione di sfruttamento della salina della durata di 90 anni. Con dieci milioni di lire di capitale, fu costituita la Società Anonima Ing. Luigi Contivecchi che iniziò i lavori nel 1926. Nel 1927, Luigi Contivecchi morì e l'azienda passò al figlio Guido, che la diresse fino al 1949, anno della sua morte. Furono anni di grande attività sia per le saline dei Monopoli, Molentargius e Carloforte, che per quelle private come quelle di Santa Gilla. Negli anni '20 si formarono le prime cooperative di salinieri a Cagliari, Quartu, Quartucciu e Monserrato, che si cosociarono per evitare la concorrenza nella assegnazione dei lotti di lavoro. Erano utilizzati anche i bambini, per lo più figli di salinieri, che portavano acqua da bere, perciò chiamati "acquaderisi" o per togliere il fango depositato insieme al sale nei cumuli, o "politterisi". La seconda guerra mondiale bloccò la produzione di sale che riprese alla fine della guerra con mezzi più moderni: il lavoro manuale fu sostituito dal trasporto su rotaia, e la raccolta fu migliorata con l'impiego di pale meccaniche. Negli anni '60 la superficie della salina Molentargius La-Palma era di 832 ha. La salina di Contivecchi, negli anni '70 venne ceduta dai proprietari, la famiglia Galimberti, all'impianto chimico di Macchiareddu, per la produzione di PVC. La gestione statale avrebbe dovuto essere dismessa dal 1 gennaio 1974, data di entrata della legge n.10 del 16 febbraio 1973, che ha sancito la cessazione del regime di Monopolio per la vendita del sale. L'Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) ha interrotto la produzione di sale delle saline di Cagliari a causa dell'inquinamento nel 1985. La circolazione delle acque è stata comunque garantita per permettere la sopravvivenza dello stagno di Molentargius e di tutto l'ecosistema. Oggi le saline si chiudono ufficialmente e passano alla Regione Autonoma della Sardegna che ne farà un parco. Saline di Cagliari |
|