GLI ORFANI DELLA YUGOSLAVIA
APPUNTI DI VIAGGIO DELLA DELEGAZIONE
DI UFFICIO ADOZIONI ZASTAVA
APRILE 2003
di RAJKA VELJOVIC
E' il 9 aprile, il giorno in cui 4 anni fa nel
’99 la nostra fabbrica e stata bombardata e rasa al suolo.
Partiamo al buio, alle 5 di mattina, dopo complicate
procedure burocratiche per ottenere il visto dall’ambasciata
italiana a Belgrado. Ricordo del primo viaggio nel giugno del
’99. Otenere il visto fu piu semplice di ora: stranamente
adesso, dopo 4 anni la procedura e diventata molto piu complicata,
fra l’altro con parecchie ore in attesa nel cortile dell’ambasciata
italiana a Belgrado. E per fortuna non faceva molto freddo.
Arriviamo, da Kragujevac, a Belgrado, con le
prime luci di un giorno nuovo e promettente per la mia collaboratrice
Milja, che per la prima volta parte per Italia, terra della quale
ha sentito tanto. Dopo qualche minuto di ritardo, prima di passare
ultimo cancello per l’imbarco capiamo il motivo perche tanto
staff di sicurezza. Dalla sala di attesa guardiamo l’atterraggio
degli aerei delle delegazioni ufficiali di Romania, Bulgaria,
Moldavia, Albania, Grecia, guardiamo i tappetti rossi davanti
agli aerei e ci ricordiamo degli anni in cui aeroporti erano chiusi,
e come per noi, gente comune e ancora difficile muoverci oltre
frontiera. Ricordo del periodo felice, in cui con orgoglio, portavo
passaporto yugoslavo, senza aspettare la coda per i visti, ed
in qualsiasi paese del mondo, anche in quelli piu lontani, in
cui incontravo persone che non erano sicure dove fosse la Yugoslavia
ed io spiegavo:”la Yugoslavia di Tito”e capivano subito
… e si diventava subito amici…
Le nostre frontiere sono aperte per tutti, e
ultimamente ci visitano parecchi imprenditori occidentali, le
vetrine dei negozi pian piano diventano come quelle occidentali,
con gli stessi prezzi, a fronte di un salario medio sotto i 150
euro a tempo pieno per i fortunati, non ancora licenziati. Negozi
pieni di merce, vuoti di clienti – paese pieno di merci
importate con esportazione minima.Decolliamo
“per arrivare in Europa” e per controllo dei passaporti
aspettiamo in fila non “UE”, guardo l’altra
fila che finisce in fretta e mi chiedo quando faremo, anche noi,
parte della famiglia europea…
Il primo benvenuto di Riccardo, abbracci, emozioni,
gioia perche “abbiamo vinto” (siamo riuscite) solo
grazie a loro, Zastava Brescia ad essere qui. Siamo finalmente
in Italia.
A Brescia il primo benvenuto ce lo augura il
profumo di risotto di Ugo, promessoci un’anno fa a Kragujevac.
Non ha dimenticato la promessa.Stesso pomeriggio
ci sentiamo gia a casa ospitate dalla famiglia di Alfredo le cui
due figlie meravigliose ci ospitano nella loro stanza, cosi come
con altri che pian piano arrivano, quelli che partecipano e gestiscono
progetto “Non bombe
ma solo caramelle”, progetto che porta il nome del disegno
del bambino di Kragujevac che nel ’99 ho portato, con altri
disegni, in Italia. Disegni sui quali gli adulti potrebbero imparare.
Disegni che non fanno politica, ma che portano lo stesso messaggio
delle bandiere della pace, ma con un aspetto ancora piu profondo,
poiche riflettono 78 giorni di orrore che purtroppo viene ripetuto
in molte altre parti del mondo. Sono tutte persone che gia' parrecchie
volte sono venute a Kragujevac per portare aiuti alle famiglie
dei lavoratori della fabbrica Zastava distrutta nel ’99.
Si discute del proggetto”Premiata forneria mutuo soccorso”,
delle adozioni in difficolta (non strano perche prima siamo stati
popolo di troppo, popolo invisibile – adesso popolo da dimenticare
e da accusare di nuovo. E' comodo cosi, noi, brutti, sporchi e
cattivi contiamo solo quando c’e il business del dopoguerra.
A chi vuoi che importi del monumento nel cuore di Belgrado dedicato
ai bambini vittime dell’aggressione della Nato. Le persone
che ci sono rimaste vicine, che non ci hanno dimenticato ci nutrono
di speranza …. “che davvero, un altro mondo e possibile”…
Si discute anche su quelle adozioni nuove che alcune associazioni
miracolosamente riescono a conseguire, ci ricordiamo, con molta
emozione, dell’intervento della delegazione Zastava dal
palco il 15 febbraio scorso a Roma.
Dopo l’incontro caloroso ci accompagna
pioggia e freddo, il giorno dopo, mentre andiamo a incontrare
Presidente della Provincia e il Sindaco di Brescia, parliamo della
situazione attuale nel nostro paese, ringraziamo il Sindaco che
una volta ha aderito al progetto adozioni e facciamo presente
che l’aiuto piu importante sarebbero investimenti che potrebbero
dare lavoro ai licenziati e disoccupati ( non parlo degli imprenditori
che vengono tutti i giorni a vendere la loro merce, gli scaffali
dei nostri negozi ne sono pieni. Si, il nostro mercato e grande,
pero si dovrebbe muovere qualcosa per ripristinare i clienti).
Certamente, clienti non lo sono lavoratori della Zastava, con
un salario mensile sotto la media nazionale di 150 euro ne quelli
dell’Ufficio di collocamento, con sussidio di 50 euro al
mese, non quei lavoratori che devono sostenere le spese di farmaci,
esami, chemio (malatie in continua crescita), spese per far studiare
i figli, spese per le bolle arretrate di corrente, acqua ecc….Il
Sindaco promette di aiutare associazione Zastava Brescia per trasporto
delle biciclette raccolte, riparate, diventate come nuove, grazie
ai donatori e volontari che gia fanno parte della famiglia Zastava
e donano biciclette alle famiglie operaie che abitano nella lontana
periferia. Ci salutiamo con il Sindaco ed a proposito degli striscioni
della sua avversaria alle prossime elezioni – bella donna
con occhi azzurri che dice”guarda i miei occhi e vedrai
il futuro gli dico “io non guardo solo gli occhi, ascolto
e non dimentico le promesse”. Poi gli faccio gli auguri
di vincere alle elezioni, sperando che manterra le promesse. Noi
purtroppo siamo abituati a promesse che poi non vengono mantenute.
Piove a catinelle, ed in un’ora libera
chiediamo ad Ugo di sacrificarsi e di portarci al centro commerciale,
in attesa del prossimo incontro ufficiale. Lo facciamo per Milja,
che come cittadina di un paese isolato da anni e che non e uscita
oltre frontiera, vede centro commerciale come un miracolo, come
aspetto di vita migliore (non siamo arrivati a vederlo dal punto
di vista consumistico – che cosa e' consumismo per noi ?).ma
piu delle offerte occidentali ci sono interessanti i clenti con
i carrelli pieni di roba, ed i commenti di Milja mi colpiscono
direttamente al cuore perche riconosco tutte le persone care e
quelle sconosciute che ho lasciato a pochi chilometri di distanza
ma che fanno parte di un mondo diverso. Immagino i nostri bambini
davanti a centinaia di tipi di dolci, e la nostra visita improvvisamente
diventa utile, perche Ugo mi chiede suggerimenti su che cosa e
meglio portare come regali alle famiglie. Gli spiego che non abbiamo
l’abitudine di consumare olio di oliva, parmigiano, acciughe,
che le caffettiere non ci sono e che per il nostro caffe, chiamato
caffe turco, viene usato caffe' macinato fine e che sarebbe meglio
portare Nutella (da noi un lusso), cioccolatini e dolci molto
desiderati dai bambini ma poco accessibili, vitamine, materiale
per l’igiene, materiale scolastico, qualche vestito….
Mentre la pioggia continua ad accompagnarci
andiamo alla Camera del lavoro di Brescia, la quale continua ad
appoggiare l’associazione, grazie a persone come Greco,
Fracassi… Conferenza stampa, solo un giornalista. Mi viene
di nuovo il pensiero “non siamo piu di moda”, poche
le domande, nessuna su Kosmet (Kosovo) durante tutto il viaggio
– il muro del silenzio sul protettorato in cui non hanno
portato pace. Certo, non e comodo parlare dell’insuccesso,
come si verra a giustificare (oltre alla pulizia etnica perpretata
ai danni dei non albanesi) i mezzi economici buttati …quanto
ci sarebbe da dire, ma nessuno lo chiede, e chi vorrebbe non e'
in grado di fare la domanda perche non ha le informazioni di partenza…
Subito dopo, le emozioni fortissime, all’assemblea
tutti ci conosciamo. Quanto mi piacerebbe incontrare anche le
persone nuove, sconosciute a cui parlare. Guardiamo filmato fatto
dall’associazione in occasione di uno dei viaggi a Kragujevac,
lo guardo l’ennesima volta, ascolto la bella e professionale
voce di Massimo e provo, di nuovo, quel dolore che porto dal ‘99,
il dolore di una belgradese che e arrivata a Kragujevac per rimanerci
un anno, si e innamorata di questa citta operaia sino a sceglierla
per la sua vita futura, innamorata del monumento dedicato ai piccoli
rom lustrascarpe assassinati perche rifiutarono a lustrare gli
stivali dei nazisti tedeschi, la citta' portatrice delle prime
vittorie dei socialisti, prime proteste operaie nella lotta per
i diritti, primo giornale socialista, citta' martire nella I e
II. guerra mondiale, citta' martire anche la terza volta sotto
le bombe della Nato ma anche citta' nominata dall’ONU citta'
di pace perche l’esempio di convivenza multietnica, citta
della Zastava ed infine citta' dei disoccupati con quartieri interi
di profughi. Pochi lo sanno, che le piccole profughe di Bosnia
sono ospitate nel monastero di Kragujevac, e che nel centro profughi
del Kosmet c’e l’epidemia di tubercolosi, malattia
della poverta', in Europa dimenticata.
Ci salutiamo con adottanti di Milano, Biella,
di Bolzano (che ancora aiutano bambini di Mostar), cari amici
che sono venuti a incontrarci. Siamo insieme a cena e si costruiscono
i ponti tra di loro. Ed a loro racconto delle associazioni di
Bari (Un ponte per..), dell’ABC di Roma, di Aljug di Bologna,
di Reggio, di Mir Sada di Lecco, delle associazioni Zastava di
Torino, di SOS Zastava di Torino, Trieste….. E di tanti
altri donatori singoli che fanno miracoli.
Ed infine, ultima assemblea prima di lasciare
Brescia, assemblea in fabbrica, alla Alfa Acciai. Incontriamo
lavoratori in tute, belle mani operaie, e poesie di Michele, poeta
operaio, che ha messo il cuore nelle attivita' delle adozioni,
abbracciamo Alberto, Mirko- jugoslavo di Croazia ed altri e mi
rivolgo ai lavoratori (sala piena) ricordandomi del periodo felice
della Zastava, prima dell’embargo negli anni novanta, in
cui i reparti bollivano di movimentazione, rumore degli impianti,
catene con le macchine che brillavano, entusiasmo degli operai,
progetti per un futuro promettente che offriva, loro, tutte le
possibilita di costruirsi le proprie case, di poter andare al
mare, in montagna, di far studiare i figli, di potersi curare…
Tutto cio che e' attualmente negato, anzi, negato gia' dall’inizio
dell’embargo, arma piu potente per uccidere un popolo in
silenzio (oltre i mass media naturalmente, quando serve). Parlo
ai lavoratori della Alfa Acciai, dei reparti bombardati, dell’entusiasmo
con il quale abbiamo ripulito le macerie ed iniziato la ricostruzione,
ed infine della situazione attuale, scomposizione delle fabbriche
grandi, privatizzazione, disoccupazione, delle riforme nel corso,
e di quelle future che porteranno alla crescita dei licenziati.
parlo delle leggi nuove, che negano i diritti che i nostri nonni
hanno acquisito, ed anche che la nostra terra, adesso offre mano
d’opera a basso costo. Verranno i padroni, offriranno forse,
invece di 150 euro un salario piu alto, e cosi, i padroni diventeranno
piu ricchi, lavoratori occidentali rimarranno senza lavoro, i
nostri lavoratori umiliati. questo dovrebbe essere uno dei motivi,
almeno per i lavoratori, per vivere in un’Europa davvero
unita. Ed infine, invito i lavoratori ad essere uniti, uniti nelle
lotte che sono comuni, le lotte per lavoro, un salario degno,
e prima di tutto di lottare per la pace e il futuro dei nostri
figli.
Ultimi abbracci con l’augurio di incontrarci
presto, e si parte per Trieste, tanti bagagli nelle mani, tanti
regali dai donatori, secondi genitori, da portare ai bambini della
Zastava, e tante emozioni nei cuori. Nello scompartimento, Milja
ed io ci scambiamo le impressioni, a Padova sale il caro Pernigotti
per salutarci, per consegnare anch’esso dei pensieri per
i suoi bambini, e per darci una mano a cambiare treno. Incontro
breve ma profondo ed emozionante, di cose dette in fretta…
Che hanno portato ad incontro tipo quelli brevi ma che restano
nel cuore e nella mente per tutta la vita – il passeggiero
di fronte che ci ha ascoltato in silenzio ma con interesse, mentre
scendeva dal treno si e rivolto a noi, ci ha stretto le mani e
le sue parole ci hanno portato via tutta la stanchezza…
Trieste. Abbracci con Gilberto, che gia fa parte
di famiglia Zastava e una conoscenza nuova. Mangiamo paella e
parliamo di cose diverse (un po’ di rilasso), di poesia,
dei libri e mi entusiasmo, e si riaffaccia di nuovo, l’idea
che mi muove sempre – idea dei ponti, quelli di cui scrive
Andric-di far conoscere poetessa Gaby, di Trieste, con la poetessa
Mariella di Bari, e gia le immagino insieme, ma a Kragujevac.
E guardo i quadri nella loro casa, i quadri dei pittori da me
preferiti, pittori chiamati naif nella mia terra, nelle mie ex
terre –Pavic, Laskovic. Mangiamo paella nella casa degli
italiani, parliamo della letteratura, e dai quadri, ci guardano
contadini dei villaggi yugoslavi, le case e paesaggi coperti da
neve…Il giorno dopo accompagnate da Gilberto
e solita pioggia, andiamo a incontrare Sindaco di San Dorligo
della Valle e rimaniamo subito sorprese (a dir poco) dalla ospitalita
e dalla bandiera appesa in comune, bandiera che ci porta tanti
ricordi al passato – bandiera tricolore con stella rossa
….
Assemblea con il Sindaco, che porta la sua fascia,
e con il pubblico che parla la lingua che noi conosciamo, una
delle ex nostre lingue, come ci capiamo bene !…e la sala
in cui si sente profumo di nostalgia yugo immensa, l’insegnante
di minoranza slovena che piange e le sue parole che mi aprono
ferite profonde “noi siamo orfani della Yugoslavia, abbiamo
perduto paese madre”…
Osteria di Cantonovello, gulas a tavola ed articoli
sulla Zastava sulle pareti, enorme e bellissimo mazzo di fiori,
con gli auguri di vida, che godiamo oggi e decidiamo di portarlo
il giorno dopo, alla Risiera di San Sabba, uno dei posti tragici
come parco della memoria “21 Ottobre” di Kragujevac,
uno dei luoghi”da non dimenticare”.
Pomerriggio un’altra assemblea, sono grata
a Knaip per le domande che ha fatto perche cosi sono riuscita
a dire qualcosa in piu e mi emoziona l’intervento di una
signora, partigiana, vedo in lei mio padre, mi sembra di sentire
lui mentre essa parla, capelli bianchi, signora bella, alta con
atteggiamento orgoglioso che non dimostra gli anni che deve avere,
ed un’ altra che ascolta con attenzione e dai suoi occhi
vedo che essa ha capito, ha capito perche' e' successo…
Si va alla cena di saluto, e mentre viaggiamo,
come ossessionate contiamo quante bandiere di pace si vedono sui
pallazzi e case, bellissime bandiere, molte bilingue, con colombe
o senza – per dire no alla guerra… E qualche americana…
per dire che cosa?
Cena in Casa del popolo, e prima di entrare
vedo un pezzo delle poesie di Nazim Hikmet – poeta turco
che mi hanno scoperto Mariella e Vigna “…Sopratutto
credi all’uomo…” E' una serata che ci distrugge,
inizia con il nostro desiderio che finisca presto per riposare
ed in serenita soffocare le emozioni che ci hanno portato questi
giorni, ed il posto al quale oggi ci ha portato Vlaic –
su, in alto, dal posto in cui camminava Napoleone abbiamo guardato
il mare e il confine con Slovenia. Pero', dimentichiamo la stanchezza,
ci sentiamo a casa in compagnia di persone meravigliose, parliamo
la lingua che ci collega e poi cantiamo… ragazzo del coro
con la chitarra suona e canta nella nostra lingua le canzoni delle
nostre gioventu', canzoni yugoslave. Prometto al cantante di fargli
avere la canzone di Bajaga “I miei amici sono sparsi in
tutto il mondo”…. (od Vardara pa do Triglava) Ultimo
giorno a Trieste, triste arrivederci lasciando i fiori alla Risiera
e poco dopo siamo gia nella macchina con Dora, cara amica che
in un giorno fa mille chilometri per prenderci e portarci a Milano.
E il primo giorno che si vede sole, la macchina di Dora corre,
la vedo gia stanca, passiamo Venezia e per fortuna Dora non capisce
Milja che disperata mi dice “ho sognato tutta la vita di
vedere Venezia….”.
Arriviamo a Milano, prendo caffe' offerto dalla
mamma di Dora e porto rametti di salvia e rosmarino che tengo
ancora, essicati, come ricordo di Carla e suo bel giardino.
A sera, a cena, conosciamo Giorgio e sua moglie,
lui e un collega di Dora, un segretario dalla Filcams di Milano,
con lui parliamo del presente del mio paese e sembra interessato
a capire, ma dimostra di conoscere bene il mio ex paese, quella
che fu la Yugoslavia, e cio mi commuove e mi fa soffrire. Pero',
forse un altro ponte e stato costruito.
Ultimo giorno, giorno di partenza, inizia con
la preoccupazione, dopo la notizia dello sciopero all’aeroporto.
Dora, sempre qui, a darci una mano ci accompagna all’ultimo
incontro prima di partire- pranzo con i torinesi che viaggiano
solo per incontrare noi, per portarci buone notizie sulle apparrecchiature
sanitarie e carrozzine per i malati di Kragujevac. Abbracciamo
la solita compagnia (Rosy, Fulvio, Pippo, Fabio) delle persone
che aiutano le famiglie di Kragujevac e ci salutiamo con un arrivederci
a giugno quando ci rivedremo a Kragujevac.
Arriviamo all’aeroporto ed in attesa di
notizie sul volo parliamo di tutte queste persone, che dopo 4
anni e il silenzio dei mass media, ancora non hanno dimenticato
i nostri bambini, dei ponti di amicizia costruiti con le famiglie
di Kragujevac, con noi tutti, e speriamo, crediamo che continueranno
ad esistere anche in un futuro in cui non ci sara piu bisogno
degli aiuti.
All’aeroporto aiutiamo una signora anziana
a portare le sue valigie pesanti, ci ringrazia, chiaccheriamo,
essa ha un accento particolare e si presenta yugoslava. Poi spiega
che e' di origini italiane, sposata da 30 anni con un montenegrino
e porta valigie pesanti di regali dai parenti italiani –
uovo di pasqua per nipote a Belgrado, parmigiano, pasta, salamini
– cose tipiche preferite ed io le dico “montenegrini
hanno dato all’italia una bellissima montenegrina, la regina
Elena. E come scambio Italia ci ha dato lei come sposa di un montenegrino”.
Le ore di attesa le trascorriamo con la signora yugo-italiana
e le telefonate di Riccardo e Dora preoccupati del decollo. Infine
partiamo, per arrivare in un’altro mondo..
Sara' piu facile continuare, resistere, dopo
tutti questi incontri. Vi aspettiamo tutti a Kragujevac, noi,
orfani della Yugoslavia.
RAJKA VELJOVIC