VIAGGIO A KRAGUJEVAC 31 MAGGIO –
3 GIUGNO 2003
Resoconto ed impressioni di Riccardo Pilato
Solito orario
( un quarto alle sei del mattino ), solito posto ( il parcheggio
Esselunga della Volta, a Brescia ), ci ritroviamo in sei, Francesca,
Domenico, Lory, Ugo, Luciano, e Riccardo ( lo scrivente ).
I primi tre
affrontano per la prima volta questa avventura (non esagero, vedrete
che lo sarà veramente ).
Il giorno prima abbiamo lavorato sodo per costringere i nostri
due furgoni ad accettare quello che a noi sembrava un enorme quantitativo
di materiale : 2 motorini, 42 biciclette, 2 computers, 31 scatole
di vestiti usati, 25 pacchi di alimenti vari, 12 pacchi di materiale
scolastico, 1 calcolatrice, 3 giochi, 5 sacchi di scarpe. Alla
fine l’ abbiamo spuntata e solo poche scatole e qualche
bici attenderanno un altro viaggio ( furgoni permettendo ).
Già, i furgoni. Abbiamo tanto penato per riuscire ad averli
ed infine, grazie all’ interessamento del Comune di Brescia
e alla tenacia di Domenico, siamo riusciti ad ottenere uno Scudo
e un Daily da Brescia Trasporti e dall’ ASM.
Ho partecipato
ad altri viaggi , ma questa volta aleggia intorno a noi una diversa
atmosfera, dovuta sicuramente alla consapevolezza che un fatto
è andare in macchina, magari circondati da pacchi e pacchetti,
un conto è presentarsi in frontiera, in tre frontiere,
con due furgoni stracarichi, dai quali crollano scatoloni ogni
qualvolta apri una porta del vano di carico. Abbiamo cercato di
prendere delle precauzioni facendoci accompagnare da alcune dichiarazioni
relative agli scopi umanitari del nostro trasporto, una del Comune
di Brescia, un’ altra della CGIL di Brescia con l’
elenco del materiale, un’ altra ancora della nostra Associazione
( con traduzione in serbo-croato ); inoltre Rajka ha predisposto
presso la frontiera serba un passaggio morbido: tutto questo ci
conforta e ci tranquillizza un po’.
Dopo una
breve sosta presso l’ area di servizio di Duino dove da
più di un’ ora ci attende il buon Gilberto con i
nostri passaporti vistati gratuitamente dal console jugoslavo
di Trieste, suo amico, ripartiamo sicuri di volare dritti a Kragujevac.
Poveri illusi! Giunti alla frontiera tra Slovenia e Croazia, già
provati da lunghe code a Mestre e alla frontiera tra Italia e
Slovenia, si presenta la realtà in maniera netta e cruda.
La guardia croata non vuole sentirne di farci passare nella corsia
delle macchine, dice ( giustamente ) che abbiamo troppa roba e
ci fa tornare indietro a fare la fila con i camion; inoltre ci
fanno capire che dobbiamo affidarci ad uno spedizioniere per compilare
il documento di viaggio: non valgono a nulla le nostre raccomandazioni,
i nostri visti, il nostro appellarci ai motivi del viaggio; noi
continuiamo a ripetere a tutti le poche parole che in tante altre
occasioni hanno aperto tutte le porte, "Zastava " e
" Humanitaria Pomoc ", ma sono irremovibili.
Cominciamo
a comprendere che dietro una rigida applicazione delle norme c’
è la volontà di arrecare danno a quegli strani rompiscatole
che si ostinano ancora a portare aiuto ai “ serbi “
. E allora non ci resta altro da fare che accettare la realtà
e affrontare, cercando di tenere i nervi saldi, le richieste al
rialzo dei vari spedizionieri i quali, resisi conto della trappola
in cui ci troviamo, continuano ad alzare il prezzo della loro
“ prestazione “.
Fin qui i
“ cattivi “ . Per fortuna, come in ogni storia d’
avventura, ci sono anche i buoni e trovo giusto menzionarli per
l’ importante ruolo che hanno avuto nel farci uscire dai
guai. E proprio quei camionisti che tante volte stramalediciamo
per i loro sorpassi a dir poco azzardati, ci hanno commosso per
l’ interesse dimostrato nei confronti di sei colleghi un
po’ imbranati, per quanto riguarda il disbrigo di pratiche
di spedizione internazionale, e molto demoralizzati. In particolare
un croato si è dato molto da fare e, in coppia con l’
infaticabile Ugo, le ha tentate tutte. Alla fine, vista la irremovibilità
dei finanzieri, ci ha consigliato di aspettare le 19, il cambio
turno, affidandoci all’ unica via d’ uscita rimasta,
l’ ottimismo. Ed è successo l’ inaspettato:
proprio nel momento in cui Ugo reagiva in maniera a dir poco rumorosa
ad una ennesima richiesta di ben 1500 € di uno spedizioniere,
il cambio di guardia si dimostrava effettivo, anche nel modo di
pensare e di agire. Difatti, entrati in contatto con il responsabile
dei finanzieri croati, questi si dimostrava sensibile al nostro
problema e alla fine, dopo un colloquio telefonico con Rajka,
tutto si risolveva con un documento costato pochi euro.
E via, di
gran carriera, o quasi, sicuri che nulla ormai avrebbe potuto
farci perdere dell’ altro tempo. Eravamo già abbastanza
dispiaciuti per aver perso una cena di benvenuto, con tanto di
musica serba, offerta dal proprietario dell’ albergo dove
Rajka ci aveva prenotato le stanze, volevamo almeno arrivare in
un orario tale da garantirci qualche ora di buon sonno prima della
giornata impegnativa che sapevamo aspettarci.
Frontiera
croato – serba, i croati non fanno problemi, i serbi invece
cominciano con la solita storia del documento di spedizione. In
piena notte ci mettiamo a svegliare tutti gli spedizionieri alla
ricerca del documento che sappiamo essere già presso questa
frontiera. Naturalmente al primo giro niente, tanto nervoso e
dopo una telefonata a Rajka ( ore 1.30 ! ) che teniamo in linea,
torniamo presso un’ agenzia dove stavolta l’ impiegato
si decide a svegliare il capo il quale, penso, si prenda un cattivo
buongiorno da Rajka. Dopo “soltanto” due ore, giusto
il tempo per battere al computer la spedizione e far apporre i
sacri timbri dalla finanza serba, si va e non ci sembra ancora
vero.
Arriviamo
a Kragujevac quasi alle 8, dopo quasi 26 ore dalla partenza, e
Rajka e Dora ( una sua ospite italiana ) ci conducono in albergo
dove, dopo un breve racconto e una veloce colazione riusciamo
ad andare a riposare. Alle 12, dopo avere inutilmente atteso di
poter sprofondare in un sonno ristoratore, ma dopo aver fatto
una doccia per svegliarmi, mi reco in sala ad aspettare gli altri
che alla spicciolata arrivano più o meno assonnati. Non
abbiamo molto tempo; alle 13 siamo attesi a pranzo presso la famiglia
di Kristina, la bambina che ho in adozione e che non vedo da 18
mesi. E’ la prima volta che sono ospite a casa loro e questa
novità mi da un grande senso di gioia ed anche una grande
emozione. So già che sono una bella famigliola, le bambine
sono tre e le riconosco subito nel vederle attenderci al cancelletto
di casa. Dopo un grande pranzo con tantissime portate e tanta
allegria ( come sempre si fanno in quattro per cercare di dimostrare
il massimo di ospitalità e di gratitudine nei confronti
degli ospiti che in queste contrade sono ancora sacri ) ci accorgiamo
che il tempo è volato, che sono le 15 e che alle 15.30
abbiamo la consegna delle adozioni nel salone del palazzo Zastava.
In tutta fretta inseriamo nelle buste i 155 € previsti e
poi via di corsa. Noto con soddisfazione che c’ è
ancora un posto dove si tiene alla puntualità e sogno di
importarla dalle nostre parti. Infatti alle 15.30 in punto sono
già tutti dietro il grande portone, aperto il quale saliamo
tutti ordinatamente al primo piano. In tutta fretta finisco di
allestire la sala con la bandiera bilingue “pace-mir”
e, subito dopo gli interventi di saluto del Presidente del sindacato
Zastava, Delko, e mio, Milija comincia a chiamare i nomi dei bambini.
Quella che
potrebbe sembrare una operazione abbastanza monotona, è
invece per noi che la viviamo direttamente, la parte finale di
tutto il lavoro svolto, un momento di grande tensione. Ognuno
di noi immagina alla propria maniera i sentimenti che albergano
negli animi di questi padri e madri di famiglia.
Io li ho sempre visti costretti, da un giorno all’ altro,
a dover tendere la mano per prendere la busta che un lavoratore
più fortunato gli porge. Non ho mai notato in alcuno né
un segno di rabbia ( ne avrebbero ben ragione visto che gli abbiamo
tolto la speranza nel futuro ) né di sottomissione. Questo
lo abbiamo notato sempre tutti e per fortuna è così.
Veniamo trattati per quello che realmente siamo, uomini e donne
solidali che cercano di mettere in pratica i principi in cui credono,
alla pari, da lavoratori a lavoratori.
Il problema
vero è un altro: veniamo spesso assaliti da un senso di
frustrazione in quanto, oltre alla limitatezza dell’ aiuto
che portiamo, ci rendiamo conto che non c’ è ancora
il minimo segno di rinascita per questa martoriata terra. E allora
ci viene spontaneo chiederci cosa di tanto grave possono aver
compiuto questi lavoratori, queste madri, questi bellissimi bambini,
questi anziani che tanto hanno lottato, per meritare un castigo
così immenso. E allora chiedo a coloro che hanno preso
le decisioni di aggredire la Jugoslavia, distruggendole i nodi
essenziali per la vita, se mai possono dormire sonni tranquilli,
se mai gli compaiono davanti questi occhi tristi di persone che
da un momento all’ altro sono passati da una condizione
normale di vita ad una condizione di miseria, quasi sicuramente
senza ritorno, almeno nel tempo del volgere della loro vita.
Quanto tempo
è che nelle loro case non si ride spensieratamente, perché
altri pensieri gravano su di loro, la casa non finita, le esose
bollette della luce da pagare, gli oggetti per la scuola da comprare,
la roba da mettere in pentola tutti i giorni e via dicendo; quanto
tempo è che i sorrisi dei bambini si spengono all’
improvviso al ricordo delle nottate passate in rifugi precari,
sobbalzando e singhiozzando ad ogni scoppio di bomba, quanti di
loro soffrono oggi di disturbi nervosi, di asma, e di altre malattie
più gravi( derivanti direttamente dagli effetti dei bombardamenti
sulla loro psiche e sul loro fisico ), che si ha paura e pudore
a nominarle, soprattutto quando riguardano delle piccole creature
inconsapevoli dei grandi giochi che si stanno compiendo sopra
le loro teste.
E questi pensieri ci accompagnano sempre mentre centinaia di mani
stringono con vigore e con vero piacere le nostre. Arrivano le
brutte notizie, non è vero che anno dopo anno tutto rimanga
come prima. Un bambino muore in un incidente di lavoro nei campi,
tragedia a cui purtroppo siamo abituati anche dalle nostre parti,
ma il padre subito dopo scompare nel nulla, forse perché
straziato dal dolore; non se ne sa più niente da tre mesi,
chissà. La madre disperata, rimasta sola con l’ altro
figlio, non sa più dove sbattere la testa, lo stato sociale
è stato smantellato, come farà a tirare avanti?
Sento chiamare
un nome che mi porta alla memoria una ragazzina bella, vivace,
che voleva sempre mandare i saluti al suo adottante di Brescia,
un bambino. L’ aspetto, voglio vederla, fotografarla, ma
all’ improvviso, solo per un attimo, mi si presenta una
persona che io stento a riconoscere, tanto l’ ha ormai trasformata,
in pochissimo tempo, una tremenda malattia della quale solo adesso
vengo a conoscenza. E gli adulti? Abbiamo già avuto notizia
di quella madre che si è lasciata spegnere dopo una non
lunga vita di stenti e che, presumiamo, non abbia retto all’
ennesima tragedia della malattia del marito; visitiamo la loro
casa, incompiuta come migliaia di altre, disperata come tante
altre. Ci accolgono due bambini, stupiti dal fatto che delle persone
venute da lontano possano interessarsi a loro, il padre col buco
in gola si sforza di comunicarci tutta la sua gratitudine. E domani
? Resterà domani qualcosa di quei sentimenti che abbiamo
cercato di trasmettere loro, avrà un valore la nostra presenza
per tutti loro e per i bambini in particolare? Che fine faranno
questi ragazzi che nonostante la condizione di massima disperazione
riescono ad essere bravi a scuola, nella purtroppo non lontana
eventualità che il padre già così gravemente
malato dovesse venire a mancare?
E l’ altro caso del timido omino, giovane, con appresso
una bellissima bambina che ci comunica di essere malato di tumore
al cervello nello stesso momento in cui ci porge in regalo una
boccia contenente il miele da lui stesso prodotto: non pressa,
non chiede, si limita a stare lì in attesa di un miracolo
che noi non possiamo fare!
E noi, come
ci sentiamo? Il cuore continua ad avere sobbalzi e crolli di fronte
a questi fatti e a tutti quelli che sappiamo esistere pur non
avendone diretta conoscenza. La società jugoslava ha subito
uno stop tremendo da questa guerra, dall’ embargo e dalle
precedenti guerre contro la Croazia e la Bosnia. Chi colpevolmente
pensa alla guerra come ad un fenomeno passeggero dovrebbe venire
con noi, a sentire, a vedere le conseguenze di decisioni insensate.
Sempre di più ci rendiamo ben conto che nessuna guerra
finisca con la fine dei bombardamenti, e, soprattutto se non stai
dalla parte dei potenti, chissà quanto tempo dovrai aspettare
prima di poter dire “ è finita “.
La manifestazione
si conclude con l’ acquisto di prodotti dell’ artigianato
locale, pizzi e ricami, che alcune donne di Kragujevac hanno esposto
nella sala; bei lavori a prezzi molto onesti che noi venderemo
questa estate sulla nostra bancarella. Alla fine un piccolo gruppo
di bambine dietro la bandiera della pace rivolge un saluto - che
io videoregistro - ai bambini che il 16 giugno a Roma parteciperanno
alla prima edizione della manifestazione canora organizzata dall’
Associazione “ NON BOMBE MA SOLO CARAMELLE “ .
In serata
per la cena siamo attesi a casa del ragazzo adottato da Francesca,
una famiglia montenegrina numerosa e molto unita che, come tutte
le famiglie in cui siamo stati o andremo, ci fanno mille feste
con tanta allegria. E’ in queste occasioni che noi abbiamo
modo di avvicinarci ad un mondo che, molto simile al nostro di
50 anni fa, non credevamo esistesse più, in Europa. Non
è solo apparenza, ma realmente l’ ospitalità
è considerata sacra, figuriamoci nei confronti di coloro
che si sono presi la briga di aiutarli a non perdere la fiducia
nel genere umano. E non l’ hanno persa!
Apprendiamo così i significati culturali della loro elaborata
cucina, ammiriamo le fotografie esposte nelle loro case, in una
al posto della foto di Tito, fino a pochi anni fa onnipresente,
compare la foto della famiglia di Domenico. Case modeste, fatte
come da noi con tanti sacrifici, non finite nella maggior parte
dei casi, perché con la guerra e con la mancanza di lavoro
sono finiti sia i materiali e soprattutto i soldi, ma case con
tanta umanità e, chissà, forse anche un po’
di speranza di riprendere a palpitare di vita serena, come una
volta.
Lunedì
finalmente affrontiamo lo spinoso problema della dogana di Kragujevac,
dove le nostre merci dovranno passare vari controlli prima di
essere consegnate.
Rajka si sta facendo in quattro per cercare di trovare una strada
per evitare che le cose vadano per le lunghe; noi riflettiamo
e pensiamo che se i controlli fossero sempre così accurati
chissà quante cose si scoprirebbero. Ma sappiamo di essere
in regola, non abbiamo nulla da nascondere e le scatole contengono
veramente quei prodotti che abbiamo fretta di consegnare alle
varie famiglie: c’ è molta Nutella e cioccolata e
dolciumi vari che aiuteranno tanti bambini ad osservare il mondo
con meno amarezza e temiamo che il grande caldo che sta facendo
possa danneggiarli. Rajka trova la strada, ci presenta ad una
responsabile dell’ ufficio di sdoganamento, Marija, una
bella croata sposata ad un serbo in tempi in cui questo non era
peccato. In pochissimo tempo abbiamo il controllo alimentare consistente
nel controllare che i prodotti di alcune scatole di alimentari
non siano scaduti. Tutto in ordine, naturalmente. Alla fine però
Marija ci chiederà un piccolo favore, riportare a Brescia
un pacchetto di medicinali scaduti che non sa come scaricare dalla
contabilità della dogana. Noi sappiamo che le medicine
sono sempre grane, ma lei ci assicura che il documento che le
accompagnerà sarà sufficiente a superare tutte le
difficoltà e poi, con quegli occhi e il favore che ci ha
fatto, come si fa a dire di no.
Finalmente
possiamo scaricare i furgoni presso il magazzino della Zastava
dove subiranno altri controlli e purtroppo qualche stupida manomissione
da parte di qualche controllore zelante e morto nell’ anima.
Ci comunicano che alle 17 potremo prendere i pacchi di cibi e
vestiario, il resto, bici, motorini e computers resta dove si
trova e purtoppo ho appena appreso che a tutt’oggi, 8 giugno,
non è stato ancora sdoganato. Ci riesce difficile capire
quanti e quali appetiti possano aver mosso quelle che per noi
sono delle modeste merci, ma li, per i tanti profittatori, esse
hanno un grande valore economico. No, non così per la nostra
gente che aspetta fiduciosa e speranzosa di avere in dono una
bici con cui percorrere i 10, 20 o più chilometri che la
separano dal precario posto di lavoro: questa ha imparato ad avere
la massima fiducia in noi e in Rajka e Milija che gestiscono correttamente
la solidarietà a Kragujevac.
Si va a conoscere
la famiglia del bambino adottato da Ugo e Lory dove ci fermeremo
per il pranzo. Anche qui, come sempre, la stessa accoglienza festosa;
ci sentiamo accuditi senza essere serviti, siamo come in casa
nostra. Alla fine delle visite, di tutte le visite, il sentimento
del distacco si fa vivo, sappiamo che per molto tempo, minimo
sei mesi, non vedremo più queste splendide persone, ma
sicuramente il reciproco ricordo si manterrà molto forte.
Il pomeriggio del lunedì, prima della consegna dei pacchi,
riesco ad avere un breve incontro con la mia famiglia, a casa
loro, con l’ aiuto di Dejan che ha imparato l’ italiano
andando avanti e indietro da Bergamo dove il piccolo figlio è
stato operato qualche anno fa dopo essere stato dato per spacciato
a Belgrado: doppio trapianto di fegato e reni, reso possibile
dall’ interessamento del gruppo Zastava di Lecco ( quali
miracoli non riesce a fare la solidarietà! ). Si parla
del più e del meno, dei problemi del lavoro, di quando
si presentano in fabbrica e vengono rispediti indietro perché
non c’ è nulla da fare, e, naturalmente, senza paga.
Gli ex proprietari della fabbrica - perché questo erano
i lavoratori in Jugoslavia, avendo acquisito negli anni quote
importanti di proprietà delle aziende - costretti quasi
a mendicare il lavoro!
Il lavoro è poco e i soldi ancora meno: alla fine una famiglia
di 5 persone ha a disposizione 5 euro al giorno per tutto l’
occorrente, dal cibo all’ energia. E’vero che i soldi
non contano, ma quando non ne hai neanche uno da contare ……
Alle 17 accompagnato da parte della mia famiglia, siamo davanti
alla sede del sindacato dove si stanno già distribuendo
i pacchi dal furgone. Si è fatta una piccola folla composta
dalle famiglie che sono state avvertite di venire a ritirare il
pacco ed anche da altre venute a vedere nella speranza che ci
sia stata una dimenticanza da parte di Milija ( vana speranza
perché Milija non sbaglia mai! ).
La sera si
va dalla famiglia di Domenico; l’ ultima cena del viaggio
è di solito quella in cui ci si rilassa un po’ e
comprendiamo subito che questa è la famiglia giusta, molto
affabili tutti, arrivano a tenerci compagnia anche le sorelle
della padrona di casa, due belle figliole ( una è medico
a 300 € al mese ) che attraggono le nostre attenzioni , tanti
brindisi e fanno scattare tante foto.
L’ indomani mattina, per nulla provati dalla sostanziosa
cena e dalle abbondanti libagioni, alle 8 colazione. Rajka e Vladan,
il papà della mia bambina, si assentano per 10 minuti.
Tornano con due sacchetti pieni di ciliegie che non so dove hanno
preso . Rajka si deve essere ricordata che io le ho detto che
quest’ anno non le avevo ancora assaggiate a causa del prezzo
( 7 euro ca al kg ) ed ha provveduto. Aspettiamo inutilmente fino
alle 10 che qualcuno della dogana ci porti il pacchetto di medicinali
( in cuor nostro speriamo che non arrivi nessuno ) e infatti ci
mettiamo in marcia preceduti dalla macchina di Raiko , Milija
e Rajka. Quando siamo sul rettilineo che porta verso l’
ingresso dell’ autostrada, ci salutiamo, baci, abbracci,
ultime foto ( le più belle! ) e proprio in questo momento
siamo raggiunti dal tipo che ci consegna un pacchetto piombato.
Facciamo buon viso a cattiva sorte, del resto siamo stati rassicurati
da un capo ufficio delle dogana, e poi…. Marija ….non
ci farebbe mai un brutto scherzo!
Iniziamo
il viaggio di ritorno alle 10.30 di martedì 3 giugno e
subito sbagliamo direzione di marcia: ce ne stiamo andando a Nis,
a sud, altro che Belgrado. Altra ora persa così, per tornare
indietro ma dopo va tutto liscio,….fino alla frontiera tra
Croazia e Slovenia. Qui i finanzieri sloveni non ne vogliono sentire
di farci passare con quel pacchetto di medicinali accompagnato
da un documento della dogana serba, per loro senza valore. Ce
ne vuole un altro, di uno spedizioniere sloveno che ci chiede
un sacco di soldi. Siamo disperati, stramalediciamo tutto il possibile
ma alla fine, dopo due ore di tira e molla, decidiamo di pagare
190 € sudati e tolti letteralmente di bocca ai nostri lavoratori
serbi per far passare un pacchetto senza valore. E non è
finita, in quanto temiamo che la finanza italiana possa fare ancora
più storie degli sloveni perché in teoria si tratta
di far entrare in Italia dei rifiuti considerati speciali. Non
sappiamo se sia meglio disfarcene oppure nasconderli da qualche
parte (dove?). Alla fine li infiliamo sotto il sedile di Ugo,
obbligandolo a non schiodarsi da li. Alla frontiera italiana,
stanchi e tesi, la finanza sente odore di grappa, letteralmente,
perché in viaggio si è rotta una bottiglia dentro
il mio zaino, vuol sapere quanta ne trasportiamo; all’ inizio
nicchiamo, non lo sappiamo bene e allora cominciano ad aprire,
squarciandoli, tutti i pacchi dono che trasportiamo per le nostre
famiglie adottanti di Brescia. Alla fine si contano ben 25 bottiglie
di grappa, e non basta. Infatti il maresciallo che sta eseguendo
la visita intima ad Ugo di scendere dal furgone e trova il famoso
e maledetto pacchetto di medicinali. Diamo le nostre spiegazioni,
obietta che non si può trasportare quei prodotti, ma per
fortuna non la mette giù dura. Per la grappa invece temiamo
che le cose possano mettersi male, ma alla fine, dopo una ramanzina
che inizia con “ pur apprezzando gli scopi meritevoli delle
vostre iniziative …..” ecc. ecc. , ci lascia andare
con tutti i pacchetti rotti e qualche ulteriore ora di ritardo.
Anche stavolta siamo riusciti ad arrivare fuori tempo limite,
ma dopo solo 19 ore.
Ah, dimenticavo,
voglio dire a tutti gli adottanti che riceveranno i pacchetti
dono che possono stare tranquilli: con un pomeriggio di certosino
lavoro sono riuscito a ricomporre i pezzi, tutt’al più
potrà risultare scambiata qualche bottiglia di preziosa
grappa!