Zastava - Brescia per la solidarietà internazionale - Onlus    

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Archivio
Kragujevac Resoconti di Viaggio
indice 12/2002 05/2003 11/2003 12/2004 Gli orfani della Yugoslavia 12/2005
06/2006 11/2006 11/2007 spacer 10/2008 spacer 05/2009 spacer 10/2009 spacer 10/2010 spacer 11/2011

VIAGGIO A KRAGUJEVAC 31 MAGGIO – 3 GIUGNO 2003

Resoconto ed impressioni di Riccardo Pilato

Solito orario ( un quarto alle sei del mattino ), solito posto ( il parcheggio Esselunga della Volta, a Brescia ), ci ritroviamo in sei, Francesca, Domenico, Lory, Ugo, Luciano, e Riccardo ( lo scrivente ).

I primi tre affrontano per la prima volta questa avventura (non esagero, vedrete che lo sarà veramente ).
Il giorno prima abbiamo lavorato sodo per costringere i nostri due furgoni ad accettare quello che a noi sembrava un enorme quantitativo di materiale : 2 motorini, 42 biciclette, 2 computers, 31 scatole di vestiti usati, 25 pacchi di alimenti vari, 12 pacchi di materiale scolastico, 1 calcolatrice, 3 giochi, 5 sacchi di scarpe. Alla fine l’ abbiamo spuntata e solo poche scatole e qualche bici attenderanno un altro viaggio ( furgoni permettendo ).
Già, i furgoni. Abbiamo tanto penato per riuscire ad averli ed infine, grazie all’ interessamento del Comune di Brescia e alla tenacia di Domenico, siamo riusciti ad ottenere uno Scudo e un Daily da Brescia Trasporti e dall’ ASM.

Ho partecipato ad altri viaggi , ma questa volta aleggia intorno a noi una diversa atmosfera, dovuta sicuramente alla consapevolezza che un fatto è andare in macchina, magari circondati da pacchi e pacchetti, un conto è presentarsi in frontiera, in tre frontiere, con due furgoni stracarichi, dai quali crollano scatoloni ogni qualvolta apri una porta del vano di carico. Abbiamo cercato di prendere delle precauzioni facendoci accompagnare da alcune dichiarazioni relative agli scopi umanitari del nostro trasporto, una del Comune di Brescia, un’ altra della CGIL di Brescia con l’ elenco del materiale, un’ altra ancora della nostra Associazione ( con traduzione in serbo-croato ); inoltre Rajka ha predisposto presso la frontiera serba un passaggio morbido: tutto questo ci conforta e ci tranquillizza un po’.

Dopo una breve sosta presso l’ area di servizio di Duino dove da più di un’ ora ci attende il buon Gilberto con i nostri passaporti vistati gratuitamente dal console jugoslavo di Trieste, suo amico, ripartiamo sicuri di volare dritti a Kragujevac.
Poveri illusi! Giunti alla frontiera tra Slovenia e Croazia, già provati da lunghe code a Mestre e alla frontiera tra Italia e Slovenia, si presenta la realtà in maniera netta e cruda. La guardia croata non vuole sentirne di farci passare nella corsia delle macchine, dice ( giustamente ) che abbiamo troppa roba e ci fa tornare indietro a fare la fila con i camion; inoltre ci fanno capire che dobbiamo affidarci ad uno spedizioniere per compilare il documento di viaggio: non valgono a nulla le nostre raccomandazioni, i nostri visti, il nostro appellarci ai motivi del viaggio; noi continuiamo a ripetere a tutti le poche parole che in tante altre occasioni hanno aperto tutte le porte, "Zastava " e " Humanitaria Pomoc ", ma sono irremovibili.

Cominciamo a comprendere che dietro una rigida applicazione delle norme c’ è la volontà di arrecare danno a quegli strani rompiscatole che si ostinano ancora a portare aiuto ai “ serbi “ . E allora non ci resta altro da fare che accettare la realtà e affrontare, cercando di tenere i nervi saldi, le richieste al rialzo dei vari spedizionieri i quali, resisi conto della trappola in cui ci troviamo, continuano ad alzare il prezzo della loro “ prestazione “.

Fin qui i “ cattivi “ . Per fortuna, come in ogni storia d’ avventura, ci sono anche i buoni e trovo giusto menzionarli per l’ importante ruolo che hanno avuto nel farci uscire dai guai. E proprio quei camionisti che tante volte stramalediciamo per i loro sorpassi a dir poco azzardati, ci hanno commosso per l’ interesse dimostrato nei confronti di sei colleghi un po’ imbranati, per quanto riguarda il disbrigo di pratiche di spedizione internazionale, e molto demoralizzati. In particolare un croato si è dato molto da fare e, in coppia con l’ infaticabile Ugo, le ha tentate tutte. Alla fine, vista la irremovibilità dei finanzieri, ci ha consigliato di aspettare le 19, il cambio turno, affidandoci all’ unica via d’ uscita rimasta, l’ ottimismo. Ed è successo l’ inaspettato: proprio nel momento in cui Ugo reagiva in maniera a dir poco rumorosa ad una ennesima richiesta di ben 1500 € di uno spedizioniere, il cambio di guardia si dimostrava effettivo, anche nel modo di pensare e di agire. Difatti, entrati in contatto con il responsabile dei finanzieri croati, questi si dimostrava sensibile al nostro problema e alla fine, dopo un colloquio telefonico con Rajka, tutto si risolveva con un documento costato pochi euro.

E via, di gran carriera, o quasi, sicuri che nulla ormai avrebbe potuto farci perdere dell’ altro tempo. Eravamo già abbastanza dispiaciuti per aver perso una cena di benvenuto, con tanto di musica serba, offerta dal proprietario dell’ albergo dove Rajka ci aveva prenotato le stanze, volevamo almeno arrivare in un orario tale da garantirci qualche ora di buon sonno prima della giornata impegnativa che sapevamo aspettarci.

Frontiera croato – serba, i croati non fanno problemi, i serbi invece cominciano con la solita storia del documento di spedizione. In piena notte ci mettiamo a svegliare tutti gli spedizionieri alla ricerca del documento che sappiamo essere già presso questa frontiera. Naturalmente al primo giro niente, tanto nervoso e dopo una telefonata a Rajka ( ore 1.30 ! ) che teniamo in linea, torniamo presso un’ agenzia dove stavolta l’ impiegato si decide a svegliare il capo il quale, penso, si prenda un cattivo buongiorno da Rajka. Dopo “soltanto” due ore, giusto il tempo per battere al computer la spedizione e far apporre i sacri timbri dalla finanza serba, si va e non ci sembra ancora vero.

Arriviamo a Kragujevac quasi alle 8, dopo quasi 26 ore dalla partenza, e Rajka e Dora ( una sua ospite italiana ) ci conducono in albergo dove, dopo un breve racconto e una veloce colazione riusciamo ad andare a riposare. Alle 12, dopo avere inutilmente atteso di poter sprofondare in un sonno ristoratore, ma dopo aver fatto una doccia per svegliarmi, mi reco in sala ad aspettare gli altri che alla spicciolata arrivano più o meno assonnati. Non abbiamo molto tempo; alle 13 siamo attesi a pranzo presso la famiglia di Kristina, la bambina che ho in adozione e che non vedo da 18 mesi. E’ la prima volta che sono ospite a casa loro e questa novità mi da un grande senso di gioia ed anche una grande emozione. So già che sono una bella famigliola, le bambine sono tre e le riconosco subito nel vederle attenderci al cancelletto di casa. Dopo un grande pranzo con tantissime portate e tanta allegria ( come sempre si fanno in quattro per cercare di dimostrare il massimo di ospitalità e di gratitudine nei confronti degli ospiti che in queste contrade sono ancora sacri ) ci accorgiamo che il tempo è volato, che sono le 15 e che alle 15.30 abbiamo la consegna delle adozioni nel salone del palazzo Zastava. In tutta fretta inseriamo nelle buste i 155 € previsti e poi via di corsa. Noto con soddisfazione che c’ è ancora un posto dove si tiene alla puntualità e sogno di importarla dalle nostre parti. Infatti alle 15.30 in punto sono già tutti dietro il grande portone, aperto il quale saliamo tutti ordinatamente al primo piano. In tutta fretta finisco di allestire la sala con la bandiera bilingue “pace-mir” e, subito dopo gli interventi di saluto del Presidente del sindacato Zastava, Delko, e mio, Milija comincia a chiamare i nomi dei bambini.

Quella che potrebbe sembrare una operazione abbastanza monotona, è invece per noi che la viviamo direttamente, la parte finale di tutto il lavoro svolto, un momento di grande tensione. Ognuno di noi immagina alla propria maniera i sentimenti che albergano negli animi di questi padri e madri di famiglia.
Io li ho sempre visti costretti, da un giorno all’ altro, a dover tendere la mano per prendere la busta che un lavoratore più fortunato gli porge. Non ho mai notato in alcuno né un segno di rabbia ( ne avrebbero ben ragione visto che gli abbiamo tolto la speranza nel futuro ) né di sottomissione. Questo lo abbiamo notato sempre tutti e per fortuna è così. Veniamo trattati per quello che realmente siamo, uomini e donne solidali che cercano di mettere in pratica i principi in cui credono, alla pari, da lavoratori a lavoratori.

Il problema vero è un altro: veniamo spesso assaliti da un senso di frustrazione in quanto, oltre alla limitatezza dell’ aiuto che portiamo, ci rendiamo conto che non c’ è ancora il minimo segno di rinascita per questa martoriata terra. E allora ci viene spontaneo chiederci cosa di tanto grave possono aver compiuto questi lavoratori, queste madri, questi bellissimi bambini, questi anziani che tanto hanno lottato, per meritare un castigo così immenso. E allora chiedo a coloro che hanno preso le decisioni di aggredire la Jugoslavia, distruggendole i nodi essenziali per la vita, se mai possono dormire sonni tranquilli, se mai gli compaiono davanti questi occhi tristi di persone che da un momento all’ altro sono passati da una condizione normale di vita ad una condizione di miseria, quasi sicuramente senza ritorno, almeno nel tempo del volgere della loro vita.

Quanto tempo è che nelle loro case non si ride spensieratamente, perché altri pensieri gravano su di loro, la casa non finita, le esose bollette della luce da pagare, gli oggetti per la scuola da comprare, la roba da mettere in pentola tutti i giorni e via dicendo; quanto tempo è che i sorrisi dei bambini si spengono all’ improvviso al ricordo delle nottate passate in rifugi precari, sobbalzando e singhiozzando ad ogni scoppio di bomba, quanti di loro soffrono oggi di disturbi nervosi, di asma, e di altre malattie più gravi( derivanti direttamente dagli effetti dei bombardamenti sulla loro psiche e sul loro fisico ), che si ha paura e pudore a nominarle, soprattutto quando riguardano delle piccole creature inconsapevoli dei grandi giochi che si stanno compiendo sopra le loro teste.
E questi pensieri ci accompagnano sempre mentre centinaia di mani stringono con vigore e con vero piacere le nostre. Arrivano le brutte notizie, non è vero che anno dopo anno tutto rimanga come prima. Un bambino muore in un incidente di lavoro nei campi, tragedia a cui purtroppo siamo abituati anche dalle nostre parti, ma il padre subito dopo scompare nel nulla, forse perché straziato dal dolore; non se ne sa più niente da tre mesi, chissà. La madre disperata, rimasta sola con l’ altro figlio, non sa più dove sbattere la testa, lo stato sociale è stato smantellato, come farà a tirare avanti?

Sento chiamare un nome che mi porta alla memoria una ragazzina bella, vivace, che voleva sempre mandare i saluti al suo adottante di Brescia, un bambino. L’ aspetto, voglio vederla, fotografarla, ma all’ improvviso, solo per un attimo, mi si presenta una persona che io stento a riconoscere, tanto l’ ha ormai trasformata, in pochissimo tempo, una tremenda malattia della quale solo adesso vengo a conoscenza. E gli adulti? Abbiamo già avuto notizia di quella madre che si è lasciata spegnere dopo una non lunga vita di stenti e che, presumiamo, non abbia retto all’ ennesima tragedia della malattia del marito; visitiamo la loro casa, incompiuta come migliaia di altre, disperata come tante altre. Ci accolgono due bambini, stupiti dal fatto che delle persone venute da lontano possano interessarsi a loro, il padre col buco in gola si sforza di comunicarci tutta la sua gratitudine. E domani ? Resterà domani qualcosa di quei sentimenti che abbiamo cercato di trasmettere loro, avrà un valore la nostra presenza per tutti loro e per i bambini in particolare? Che fine faranno questi ragazzi che nonostante la condizione di massima disperazione riescono ad essere bravi a scuola, nella purtroppo non lontana eventualità che il padre già così gravemente malato dovesse venire a mancare?
E l’ altro caso del timido omino, giovane, con appresso una bellissima bambina che ci comunica di essere malato di tumore al cervello nello stesso momento in cui ci porge in regalo una boccia contenente il miele da lui stesso prodotto: non pressa, non chiede, si limita a stare lì in attesa di un miracolo che noi non possiamo fare!

E noi, come ci sentiamo? Il cuore continua ad avere sobbalzi e crolli di fronte a questi fatti e a tutti quelli che sappiamo esistere pur non avendone diretta conoscenza. La società jugoslava ha subito uno stop tremendo da questa guerra, dall’ embargo e dalle precedenti guerre contro la Croazia e la Bosnia. Chi colpevolmente pensa alla guerra come ad un fenomeno passeggero dovrebbe venire con noi, a sentire, a vedere le conseguenze di decisioni insensate. Sempre di più ci rendiamo ben conto che nessuna guerra finisca con la fine dei bombardamenti, e, soprattutto se non stai dalla parte dei potenti, chissà quanto tempo dovrai aspettare prima di poter dire “ è finita “.

La manifestazione si conclude con l’ acquisto di prodotti dell’ artigianato locale, pizzi e ricami, che alcune donne di Kragujevac hanno esposto nella sala; bei lavori a prezzi molto onesti che noi venderemo questa estate sulla nostra bancarella. Alla fine un piccolo gruppo di bambine dietro la bandiera della pace rivolge un saluto - che io videoregistro - ai bambini che il 16 giugno a Roma parteciperanno alla prima edizione della manifestazione canora organizzata dall’ Associazione “ NON BOMBE MA SOLO CARAMELLE “ .

In serata per la cena siamo attesi a casa del ragazzo adottato da Francesca, una famiglia montenegrina numerosa e molto unita che, come tutte le famiglie in cui siamo stati o andremo, ci fanno mille feste con tanta allegria. E’ in queste occasioni che noi abbiamo modo di avvicinarci ad un mondo che, molto simile al nostro di 50 anni fa, non credevamo esistesse più, in Europa. Non è solo apparenza, ma realmente l’ ospitalità è considerata sacra, figuriamoci nei confronti di coloro che si sono presi la briga di aiutarli a non perdere la fiducia nel genere umano. E non l’ hanno persa!
Apprendiamo così i significati culturali della loro elaborata cucina, ammiriamo le fotografie esposte nelle loro case, in una al posto della foto di Tito, fino a pochi anni fa onnipresente, compare la foto della famiglia di Domenico. Case modeste, fatte come da noi con tanti sacrifici, non finite nella maggior parte dei casi, perché con la guerra e con la mancanza di lavoro sono finiti sia i materiali e soprattutto i soldi, ma case con tanta umanità e, chissà, forse anche un po’ di speranza di riprendere a palpitare di vita serena, come una volta.

Lunedì finalmente affrontiamo lo spinoso problema della dogana di Kragujevac, dove le nostre merci dovranno passare vari controlli prima di essere consegnate.
Rajka si sta facendo in quattro per cercare di trovare una strada per evitare che le cose vadano per le lunghe; noi riflettiamo e pensiamo che se i controlli fossero sempre così accurati chissà quante cose si scoprirebbero. Ma sappiamo di essere in regola, non abbiamo nulla da nascondere e le scatole contengono veramente quei prodotti che abbiamo fretta di consegnare alle varie famiglie: c’ è molta Nutella e cioccolata e dolciumi vari che aiuteranno tanti bambini ad osservare il mondo con meno amarezza e temiamo che il grande caldo che sta facendo possa danneggiarli. Rajka trova la strada, ci presenta ad una responsabile dell’ ufficio di sdoganamento, Marija, una bella croata sposata ad un serbo in tempi in cui questo non era peccato. In pochissimo tempo abbiamo il controllo alimentare consistente nel controllare che i prodotti di alcune scatole di alimentari non siano scaduti. Tutto in ordine, naturalmente. Alla fine però Marija ci chiederà un piccolo favore, riportare a Brescia un pacchetto di medicinali scaduti che non sa come scaricare dalla contabilità della dogana. Noi sappiamo che le medicine sono sempre grane, ma lei ci assicura che il documento che le accompagnerà sarà sufficiente a superare tutte le difficoltà e poi, con quegli occhi e il favore che ci ha fatto, come si fa a dire di no.

Finalmente possiamo scaricare i furgoni presso il magazzino della Zastava dove subiranno altri controlli e purtroppo qualche stupida manomissione da parte di qualche controllore zelante e morto nell’ anima. Ci comunicano che alle 17 potremo prendere i pacchi di cibi e vestiario, il resto, bici, motorini e computers resta dove si trova e purtoppo ho appena appreso che a tutt’oggi, 8 giugno, non è stato ancora sdoganato. Ci riesce difficile capire quanti e quali appetiti possano aver mosso quelle che per noi sono delle modeste merci, ma li, per i tanti profittatori, esse hanno un grande valore economico. No, non così per la nostra gente che aspetta fiduciosa e speranzosa di avere in dono una bici con cui percorrere i 10, 20 o più chilometri che la separano dal precario posto di lavoro: questa ha imparato ad avere la massima fiducia in noi e in Rajka e Milija che gestiscono correttamente la solidarietà a Kragujevac.

Si va a conoscere la famiglia del bambino adottato da Ugo e Lory dove ci fermeremo per il pranzo. Anche qui, come sempre, la stessa accoglienza festosa; ci sentiamo accuditi senza essere serviti, siamo come in casa nostra. Alla fine delle visite, di tutte le visite, il sentimento del distacco si fa vivo, sappiamo che per molto tempo, minimo sei mesi, non vedremo più queste splendide persone, ma sicuramente il reciproco ricordo si manterrà molto forte.
Il pomeriggio del lunedì, prima della consegna dei pacchi, riesco ad avere un breve incontro con la mia famiglia, a casa loro, con l’ aiuto di Dejan che ha imparato l’ italiano andando avanti e indietro da Bergamo dove il piccolo figlio è stato operato qualche anno fa dopo essere stato dato per spacciato a Belgrado: doppio trapianto di fegato e reni, reso possibile dall’ interessamento del gruppo Zastava di Lecco ( quali miracoli non riesce a fare la solidarietà! ). Si parla del più e del meno, dei problemi del lavoro, di quando si presentano in fabbrica e vengono rispediti indietro perché non c’ è nulla da fare, e, naturalmente, senza paga. Gli ex proprietari della fabbrica - perché questo erano i lavoratori in Jugoslavia, avendo acquisito negli anni quote importanti di proprietà delle aziende - costretti quasi a mendicare il lavoro!
Il lavoro è poco e i soldi ancora meno: alla fine una famiglia di 5 persone ha a disposizione 5 euro al giorno per tutto l’ occorrente, dal cibo all’ energia. E’vero che i soldi non contano, ma quando non ne hai neanche uno da contare ……
Alle 17 accompagnato da parte della mia famiglia, siamo davanti alla sede del sindacato dove si stanno già distribuendo i pacchi dal furgone. Si è fatta una piccola folla composta dalle famiglie che sono state avvertite di venire a ritirare il pacco ed anche da altre venute a vedere nella speranza che ci sia stata una dimenticanza da parte di Milija ( vana speranza perché Milija non sbaglia mai! ).

La sera si va dalla famiglia di Domenico; l’ ultima cena del viaggio è di solito quella in cui ci si rilassa un po’ e comprendiamo subito che questa è la famiglia giusta, molto affabili tutti, arrivano a tenerci compagnia anche le sorelle della padrona di casa, due belle figliole ( una è medico a 300 € al mese ) che attraggono le nostre attenzioni , tanti brindisi e fanno scattare tante foto.
L’ indomani mattina, per nulla provati dalla sostanziosa cena e dalle abbondanti libagioni, alle 8 colazione. Rajka e Vladan, il papà della mia bambina, si assentano per 10 minuti. Tornano con due sacchetti pieni di ciliegie che non so dove hanno preso . Rajka si deve essere ricordata che io le ho detto che quest’ anno non le avevo ancora assaggiate a causa del prezzo ( 7 euro ca al kg ) ed ha provveduto. Aspettiamo inutilmente fino alle 10 che qualcuno della dogana ci porti il pacchetto di medicinali ( in cuor nostro speriamo che non arrivi nessuno ) e infatti ci mettiamo in marcia preceduti dalla macchina di Raiko , Milija e Rajka. Quando siamo sul rettilineo che porta verso l’ ingresso dell’ autostrada, ci salutiamo, baci, abbracci, ultime foto ( le più belle! ) e proprio in questo momento siamo raggiunti dal tipo che ci consegna un pacchetto piombato. Facciamo buon viso a cattiva sorte, del resto siamo stati rassicurati da un capo ufficio delle dogana, e poi…. Marija ….non ci farebbe mai un brutto scherzo!

Iniziamo il viaggio di ritorno alle 10.30 di martedì 3 giugno e subito sbagliamo direzione di marcia: ce ne stiamo andando a Nis, a sud, altro che Belgrado. Altra ora persa così, per tornare indietro ma dopo va tutto liscio,….fino alla frontiera tra Croazia e Slovenia. Qui i finanzieri sloveni non ne vogliono sentire di farci passare con quel pacchetto di medicinali accompagnato da un documento della dogana serba, per loro senza valore. Ce ne vuole un altro, di uno spedizioniere sloveno che ci chiede un sacco di soldi. Siamo disperati, stramalediciamo tutto il possibile ma alla fine, dopo due ore di tira e molla, decidiamo di pagare 190 € sudati e tolti letteralmente di bocca ai nostri lavoratori serbi per far passare un pacchetto senza valore. E non è finita, in quanto temiamo che la finanza italiana possa fare ancora più storie degli sloveni perché in teoria si tratta di far entrare in Italia dei rifiuti considerati speciali. Non sappiamo se sia meglio disfarcene oppure nasconderli da qualche parte (dove?). Alla fine li infiliamo sotto il sedile di Ugo, obbligandolo a non schiodarsi da li. Alla frontiera italiana, stanchi e tesi, la finanza sente odore di grappa, letteralmente, perché in viaggio si è rotta una bottiglia dentro il mio zaino, vuol sapere quanta ne trasportiamo; all’ inizio nicchiamo, non lo sappiamo bene e allora cominciano ad aprire, squarciandoli, tutti i pacchi dono che trasportiamo per le nostre famiglie adottanti di Brescia. Alla fine si contano ben 25 bottiglie di grappa, e non basta. Infatti il maresciallo che sta eseguendo la visita intima ad Ugo di scendere dal furgone e trova il famoso e maledetto pacchetto di medicinali. Diamo le nostre spiegazioni, obietta che non si può trasportare quei prodotti, ma per fortuna non la mette giù dura. Per la grappa invece temiamo che le cose possano mettersi male, ma alla fine, dopo una ramanzina che inizia con “ pur apprezzando gli scopi meritevoli delle vostre iniziative …..” ecc. ecc. , ci lascia andare con tutti i pacchetti rotti e qualche ulteriore ora di ritardo. Anche stavolta siamo riusciti ad arrivare fuori tempo limite, ma dopo solo 19 ore.

Ah, dimenticavo, voglio dire a tutti gli adottanti che riceveranno i pacchetti dono che possono stare tranquilli: con un pomeriggio di certosino lavoro sono riuscito a ricomporre i pezzi, tutt’al più potrà risultare scambiata qualche bottiglia di preziosa grappa!

 

 

Associazione Zastava Brescia per la solidarietà internazionale - ONLUS
c/o Camera del Lavoro Territoriale di Brescia Via Folonari, 20 - 25100 - BRESCIA