Breve
cronaca e appunti sul viaggio a Kragujevac
(1 - 4 giugno 2006)
di Dino Greco
Preziosa questa consuetudine di affidare, ogni volta
ad un compagno/a diverso/a, l’opportunità di raccontare
le sensazioni, le emozioni suscitate da un viaggio, da incontri,
da un’esperienza che non possono scivolare addosso, ma che
“segnano” e caricano di responsabilità.
È capitato anche a me, come - ne sono sicuro - a quanti in
questi anni hanno attraversato la ex Iugoslavia per raggiungere
il cuore della Serbia, conoscere le famiglie che hanno beneficiato
delle adozioni da quel momento un po’ meno “a distanza”,
vivere da dentro e condividere il dramma di un popolo fiero ma tramortito
da una catena di eventi tragici ed ora anche amputato dell’identità
territoriale e culturale.
C’è una dimensione umana, emozionale, che non può
essere raccontata, ma solo vissuta: è il rapporto con le
famiglie dei lavoratori, donne e uomini cassaintegrati, disoccupati
o ancora, sia pur saltuariamente, al lavoro per un salario o un
sussidio del tutto insufficienti a soddisfare le esigenze primarie;
e con i loro figli nei cui volti leggi spesso tristezza e sofferenza.
Ti rendi subito conto di quanto sia importante quel modesto aiuto
che viene da noi, ma capisci altrettanto che lo sono ancor di più
il contatto personale, la lettera, il piccolo pacco che si dona
o si riceve, il sapore della solidarietà che rende meno soli.
Il lungo embargo prima, i bombardamenti poi, infine il processo
selvaggio di liberalizzazione capitalistica hanno ridotto allo stremo
la popolazione in una società nella quale la forbice della
disuguaglianza si è allargata paurosamente e in cui gran
parte delle persone vive in condizione di vera povertà.
Pur mantenendo le adozioni, credo che abbiano ragione quanti di
noi sostengono che dovremmo tentare di proiettare la solidarietà
su un terreno più sociale.
A questo proposito, abbiamo visitato l’edificio (una settantina
di metri quadri) che il comune di Kragujevac si è impegnato
a mettere a disposizione perché possa ospitare un centro
per bambini autistici.
Toccherà a noi ottenere dal Comune di Brescia un impegno
per finanziare ristrutturazione e attrezzature.
La novità di questo viaggio è stata tuttavia l’incontro
con i dirigenti del sindacato
Samostalni della Zastava e di quello regionale metalmeccanico.
Il sindacato sta vivendo - in una situazione incredibilmente difficile
- un complesso processo di riorganizzazione in forza sociale autonoma
e direttamente rappresentativa dei lavoratori.
Un sindacato che lotta e che contratta, fuoriuscendo dal vecchio
ruolo collaterale che ad esso era riconosciuto nel socialismo reale.
Un sindacato che deve ad un tempo dare risposte ai lavoratori e
reggere l’urto di una privatizzazione confusa e violenta che
sta lasciando sul campo migliaia di lavoratori senza lavoro e senza
tutele.
È paradossale constatare come in questo sforzo Samostalni
sia stato sin qui lasciato solo insieme ai lavoratori che tenta
di riorganizzare. C’è anche da noi, evidentemente una
diffidenza unita a un pregiudizio e alla scarsa conoscenza della
realtà, che fa si che tutto ciò che di sociale si
muove in Serbia venga fatalmente ricondotto ad un residuo nostalgico
del vecchio regime o addirittura associato alla pulizia etnica.
Totalmente rimossa è la guerra, scatenata dalla NATO - giova
ricordarlo - senza alcuna autorizzazione da parte delle nazioni
unite e alla quale l’Italia ha partecipato attivamente.
Non si guarda al nuovo che nasce nel vecchio bozzolo e si rischia
di lasciare nell’isolamento lavoratori che si battono collettivamente
per il proprio riscatto e per la propria dignità.
Ne ho parlato con Gianni Rinaldini perché la FIOM stabilisca
un contatto diretto. Lo farò anche con Benzi che segue i
rapporti internazionali in Europa per conto della Cgil.
La situazione della Zastava, le possibilità di ripresa sono
alquanto precarie perché il governo serbo - dopo avere smembrato
la fabbrica in 36 unità produttive autonome - non ha ancora
assunto seri impegni di investimento per un vero rilancio industriale
e produttivo di quella che fu la “FIAT dei Balcani”.
Allego di seguito, per quanti non l’avessero letto, l’articolo
che sullo stato delle cose abbiamo inviato al Manifesto e che il
giornale ha pubblicato e firmato con uno pseudonimo.
Un’ultima considerazione. Dovremo trovare il modo - non solo
come associazione Zastava ma anche direttamente come Camera del
Lavoro - di far conoscere quanto avviene in quel pezzo dimenticato
d’Europa sulla cui situazione portiamo tanta responsabilità.
La Zastava
marcia su Belgrado
( dal Manifesto dell’ 8 / 6 / 2006 )
I lavoratori della Zastava di Kragujevac, nel cuore della Serbia,
guidati dal sindacato Samostalni, sono protagonisti in questi giorni
di una durissima lotta per tenere aperta una speranza di sopravvivenza
dell’ azienda e di difesa dei posti di lavoro. La “
Fiat dei Balcani “, che ancora alla fine degli anni ’80
produceva più di 220 mila vetture l’ anno e occupava
oltre 36 mila lavoratori a Kragujevac e 180 mila con l’ indotto
in tutta la Serbia, è oggi in ginocchio. Dopo lo smembramento
della Jugoslavia, dopo 10 anni di embargo, dopo le devastazioni
prodotte nel ’99 dai bombardamenti della Nato e a seguito
di un confuso quanto violento processo di liberalizzazione che ha
investito l’ intera economia del paese, l’ azienda di
Kragujevac è stata smembrata in ben 36 unità produttive
indipendenti, 16 mila lavoratori sono stati licenziati, 17 mila
sono al lavoro, sia pure in modo discontinuo, altri 5 mila sono
in cassa integrazione a 60 euro al mese.
Il processo di privatizzazione si realizza con fatica e senza garanzia
per i lavoratori, in un contesto generale segnato dalla frantumazione
dell’ intero sistema sociale. Salari di 150 euro e prezzi
al consumo di dimensioni “ occidentali “ hanno abbattuto
drasticamente il tenore di vita di una larghissima fetta della popolazione.
Sanità, assistenza, istruzione tornano ad essere un privilegio
di chi può pagare, mentre la stessa sussistenza è
un problema per aree di disoccupazione operaia ormai cronicizzate.
La “ Torino serba “ si è trasformata, dicono
a Kragujevac, in una “ pianura di fame “. La Fiat, azionista
della Zastava-Iveco e partner di Zastava-auto fino al ’99,
ha riscosso dall’ azienda un debito di 11 milioni e mezzo
di euro, ottenuti con l’ alienazione della rete delle concessionarie
in Croazia e Macedonia e delle case-vacanza al mare dei lavoratori
in Croazia. Verso la fine dello scorso anno è stato raggiunto
con la Fiat un accordo che prevede l’ assemblaggio, presso
la Zastava, della vecchia Punto per 15 mila vetture l’ anno
per 5 anni e la produzione, negli anni successivi, dei pezzi di
ricambio. La condizione posta è che il livello qualitativo,
in particolare alla verniciatura, sia conforme agli standard del
Lingotto. Peccato che il reparto verniciatura, nuovo di zecca, sia
stato raso al suolo nei bombardamenti del ’99 che hanno provocato
una catastrofe ecologica, per la fuoriuscita di PCB con gravissime
conseguenze per i lavoratori che furono impegnati, senza alcuna
precauzione, nelle opere di bonifica.
Così il sindacato Samostalni ha aperto una vertenza con il
governo per ottenere gli investimenti necessari a ricostruire l’
impianto di verniciatura e ristrutturare le linee di montaggio,
per ottenere il prolungamento della cassa integrazione, un aumento
dell’ indennità e della “buonuscita” per
quanti decidano volontariamente di interrompere il rapporto di lavoro.
La domanda che pone il sindacato è semplicissima: il governo
è intenzionato a mantenere nel paese una fabbrica di automobili?
Lunedì (5 giugno) e ancora ieri(8 giugno) i lavoratori della
Zastava, insieme ai cassintegrati, hanno dato vita a uno sciopero
e a un imponente manifestazione e hanno inviato al Governo - che
avrebbe dovuto incontrarsi con il sindacato nella giornata di oggi
- un inequivocabile messaggio: se agli impegni tante volte proclamati
e mai onorati non corrisponderanno i fatti, il sindacato Samostalni
- che nelle recenti elezioni nelle fabbriche Zastava ha ottenuto
il 75% dei consensi - organizzerà la mobilitazione in tutta
la Serbia e da Kragujevac partirà una marcia di lavoratori
su Belgrado. Nelle manifestazioni di questi giorni il sindacato
ha rivolto un invito a tutta la cittadinanza a stringersi intorno
ai suoi operai.
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