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I lavori del quarto seminario del Forum Alternativo dell’Acqua

21 marzo 2003

 

La pace passa attraverso una gestione dell’acqua intesa come un bene comune e non come merce. Dalla Bolivia ad Israele, dalla Turchia all’India, dal Kurdistan alla Palestina, sono molte le zone del mondo in cui il possesso della risorsa acqua è causa di guerre e conflitti.

Per Ignacio Ramonet, direttore de Le Monde Diplomatique “La guerra in Iraq sta provocando lo smantellamento del diritto internazionale e della verità. Ecco alcune delle menzogne che ci racconta il presidente Bush: Saddam rappresenta una minaccia per il mondo, l’Iraq ha legami con Al Quaeda e possiede armi di distruzione di massa.

La guerra ha come vero obiettivo il petrolio, ma anche l’acqua. Quest’ultima avrà una grande importanza per l’organizzazione dell’immediato futuro della regione medio orientale”. Ramonet conclude il suo intervento con parole che pesano come pietre: “Bombardano perché non hanno argomenti, la violenza è la loro debolezza; hanno la forza ma non hanno il diritto. Vinceranno, ma non ci convinceranno”.

“Considerare l’acqua una merce, vuol dire andare incontro a conflitti e guerre”. Larbi Bouguerra, tunisino della Fondazione France Libertès sottolinea le problematiche che emergono da una distribuzione ineguale delle risorse idriche. “L’acqua è vita ed è sempre stata considerata un bene essenziale per la cultura umana, basti pensare ai precetti religiosi sia del cristianesimo sia dell’Islam. Il battesimo è dato con l’acqua e la religione musulmana non è pensabile senza l’acqua: cinque volte il giorno prima della preghiera i fedeli si devono purificare attraverso le abluzioni”. C’è un detto islamico, continua Bouguerra, che recita: “l’acqua non può essere rifiutata neanche al tuo peggior nemico”. Ciò presuppone di considerare l’acqua un bene essenziale non negoziabile che può diventare fonte di pace, ma solo se viene considerata come un bene comune.

 

Belal Mustafa,