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Caro Servjey ero lì, nella mia capanna davanti al lago Aral, ed osservavo insieme ai miei figli la catastrofe ecologica provocata dalla polvere di sale che penetrava nei polmoni, negli occhi e nella gola di molte persone e uccideva centinaia di pesci. La polvere era sprigionata dal disseccamento del lago salato d’Aral, posto tra l’Uzbekistan e il Kazakistan.

Il disastro fu provocato soprattutto dalla coltivazione del cotone che, per crescere, aveva bisogno di molta acqua. Con il passare dei giorni mi accorsi che l’ONU era arrivato, non per salvare il lago, ormai perso, ma per salvare il resto dell’ambiente e la gente sopravvissuta. Tra le vittime del disastro c’era anche mia moglie e, come lei, molte persone (3milioni e mezzo per l’esattezza) si erano trasformate in vere e proprie “statue di sale”. Con questo disastro scomparve l’industria della pesca e dei pescatori che si trasformarono in contadini o meglio coltivatori di uno strano arbusto che da una decina di anni cresce lungo le rive del lago e che impedisce alla polvere salata di volare via perché se ne ciba. Ne sono stati piantati per 550 kmq ma, non sono niente a confronto di quelli perduti del lago. Io riuscii a salvarmi perché in pochi anni se ne piantarono altre migliaia e migliaia quindi continuai ad abitare nella mia capanna pensando a mia moglie e alle vittime di questo disastro…

Con affetto Pedrack

La foto panoramica del lago d’Aral,scattata dal satellite americano Endeavour,mostra chiaramente il restringersi del bacino di acqua salata e l’avanzare della riva. Dal 1960 la superficie del lago si è ridotta del 50% perché il corso dei fiumi che vi si immettevano è stato deviato per favorire l’irrigazione dei campi. Il lago un tempo si estendeva fino al margine sinistro della fotografia, e il piccolo Aral, nell’angolo in basso a sinistra,era unita al Grande Aral da una sorta di istmo. La zona scura che si vede sopra il lago è il delta del fiume Amu Darya.