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Il sottosuolo italiano è ricchissimo di risorse idriche che sfruttamento abusivo e inquinamento stanno distruggendo.

 

L’associazione speleologica ha compiuto un primo studio sulle potenzialità idriche del sottosuolo carsico in Italia.

In base a tale studio è emerso che le acque italiane sono sempre più inquinate. La prima città che sta facendo i conti con questo triste fenomeno è Brescia. Qui, infatti, l’acqua dei pozzi che alimenta la rete idrica, è sempre più a rischio, pertanto gli speleologi stanno cercando altre sorgenti. Essi in più di dieci anni di lavoro, hanno censito 135 mila chilometri quadri di territorio italiano e hanno appurato che i pozzi idrici d’alcuni territori, a causa della presenza delle industrie, sono fortemente inquinati. Nella pianura Padana per esempio l’alta presenza d’allevamenti costituisce l’agente principale della cattiva qualità delle falde acquifere. Qual è l’alternativa possibile? Sfruttare, dicono gli speleologi, il patrimonio d’acqua trattenuto dalle montagne, dagli altipiani e dalle rocce carsiche, il 30 per cento circa del territorio.

Mario Chiesi, presidente dell’Associazione speleologica italiana (nata a Bologna nel 1903), è l’organizzatore. I “suoi ”soci hanno censito 34 mila grotte e prodotto una mappa di questo tesoro sotterraneo “che non è completa né vuole esserlo, ma che dà la dimensione del patrimonio acquifero sotterraneo”.

Già il 40 per cento d’Italia beve acqua “carsica” e ne conosce le qualità. Ma la potenzialità è molto più alta e, secondo la Fao, nel bacino del Mediterraneo, “nel 2025, l’80 per cento della domanda idropotabile dovrà essere soddisfatta da acque carsiche”.

Brescia ha visto lontano. Lo studio per quella città è stato coordinato da un bolognese, nonché speleologo, il professor Paolo Forti, docente di Geomorfologia e speleologia all’università. Spiega: “Lo sfruttamento delle acque carsiche richiede uno studio preliminare. Sono acque ottime, ma molto aggredibili, infatti, i percorsi carsici sono complessi, sconosciuti: dentro le rocce corrono veri fiumi, spesso di grande portata, percorrono lunghe distanze e, se si inquinano, conservano i veleni più delle acque superficiali, proprio perché più protetti”.

Un caso particolare, per ciò che riguarda l’inquinamento delle acque carsiche, è la Puglia perché è una regione interamente carsica sotto il Tavoliere. Qui le sorgenti sono compromesse dall’abitudine dei contadini di sfruttare le acque sotterranee fino al mare e mischiare le acque dolci carsiche con l’acqua salata. Tale procedimento reca gravi danni alle coltivazioni.

Sicilia, Puglia, Sardegna, zone ad alto rischio di desertificazione potrebbero utilizzare riserve sotterranee se ci fossero delle mappe dei percorsi compiuti da tali sorgenti.

Insomma il patrimonio idrico-carsico in Italia ammonta a 632 litri d’acqua il giorno; se si considera che nel nostro paese si usano 280 litri d’acqua il giorno, se ne deduce che potremmo contare il fabbisogno d’oggi.

Oggi un americano consuma intorno a 650 litri il giorno, un tedesco 125 litri e un tuareg appena un litro, mentre dei 280 litri italiani il 30 o 40 % non arriva veramente nelle case ma va sprecato negli acquedotti. Dunque le acque carsiche sono l’ultima frontiera per l’emergenza italiana.

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