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Esistono aree del pianeta in cui l’acqua è al centro di conflitti. La cosiddetta idropolitica alimenta spesso i conflitti tra Stati.

Per esempio il conflitto in corso tra israeliani e palestinesi trova nell’acqua un punto di forte attrito in particolare nelle sorgenti sotterranee presenti nella Striscia di Gaza e nei Territori Occupati della Cisgiordania. In questi casi esistono dei documenti che stabiliscono la spartizione della gestione delle risorse idriche tra i due popoli, eppure la società israeliana continua a detenere il monopolio degli impianti di gestione. Questo alimenta la disparità e il consumo giornaliero procapite da parte delle due comunità: gli israeliani godono di 260 litri d’acqua mentre i palestinesi solo di 70 litri. Tensioni esistono anche con la vicina Giordania che dipende da Israele per le proprie risorse idriche. Lo Stato ebraico, di fatto, durante la guerra dei 6 giorni (1968) distrusse le opere avviate per la costruzione di una diga siro-giordana sullo Yarmuk, per timore di una riduzione della portata del fiume Giordano, oggi scarsamente utilizzato per la sua eccessiva salinità.

Lo sfruttamento delle acque del Nilo alimenta i conflitti tra Egitto, Sudan ed Etiopia, tre paesi a forte crescita demografica. Di fronte alla minaccia da parte dell’Etiopia di costruire una diga, l’Egitto ha avviato dei gruppi di lavoro che coinvolgono tutti i paesi interessati per trovare una soluzione equa alla distribuzione dell’acqua.

In Asia, la distribuzione delle acque del fiume Gange è stato, fin dalla nascita del Bangla Desh nel 1971, uno dei problemi più dibattuti con l’India, nonché il principale argomento della propaganda anti-indiana alimenta sin dal 1951 dalla costruzione della diga di Farraka. Il primo trattato che sancisce la spartizione delle acque del Gange risale al 1996 e tuttavia non ha ancora messo a tacere le dispute tra i due paesi.

Il bacino del Tigri e dell’Eufrate, infine, è al centro delle dispute tra Turchia, Siria e Iraq. Questi ultimi si sentono fortemente minacciati dall’attuale politica economica di Ankara, che mira a promuovere l’agricoltura con la realizzazione di 32 grandi dighe. Ed effettivamente se il progetto dovesse andare in porto dall’Eufrate, per esempio, verrebbe prelevato circa un terzo dell’attuale portata.

E sempre l’acqua è una delle cause del conflitto tra India e Pakistan per il Kaschmir e, ancora, delle tensioni tra Cina, dove nasce il fiume Mekong, e l'indocina, che utilizza le sue acque per la produzione di riso.

Si deve considerare l’acqua come un bene comune dell’umanità. Si deve garantire a tutti gratuitamente il minimo vitale di acqua. Ovvero secondo le stime, 1700 metri cubi per anno a persona.