Leopoldo Mandic
Santo della Riconciliazione
Papa Pio XII disse che il più grande peccato del nostro tempo era "aver perso ogni senso del peccato", Leopoldo Mandic aveva, viceversa, un profondo senso del peccato e un senso ancora più solido della grazia di Dio.
Fu un confessore dalla continua preghiera, un confessore che viveva abitualmente assorto in Dio, in un’atmosfera soprannaturale.
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Sacramento della riconciliazione
Il ministero del sacramento della Riconciliazione è per lui una penitenza dura. Lo esercita in una stanzetta di pochi metri quadrati, senza aria né luce, un forno d'estate, una ghiacciaia d'inverno. Vi rimane chiuso da dieci a quindici ore al giorno. "Come fai a resistere tanto a lungo nel confessionale?" gli chiede un giorno un confratello.
"È la mia vita, capisci", risponde sorridendo. L'amore per le anime lo rende prigioniero volontario del confessionale, poiché sa che "morire in stato di peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati da Lui per sempre, per una nostra libera scelta", e che "le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, "il fuoco eterno".
Per procurare l'immenso beneficio del perdono di Dio a tutti coloro che si rivolgono a lui, Padre Leopoldo si mostra aperto e sorridente, prudente e modesto, consigliere spirituale comprensivo e paziente. L'esperienza gli insegna quanto sia importante mettere il penitente a proprio agio e ispirargli fiducia.
Uno di essi ha riferito un fatto rivelatore: "Non mi ero confessato da anni. Finalmente, mi decisi e andai a trovare Padre Leopoldo. Ero molto inquieto, imbarazzato. Non appena entrato, egli si alzò e mi abbordò, tutto lieto, come fossi un amico atteso: "Prego, si accomodi".
Nel mio smarrimento, andai a sedermi sulla sua poltrona. Senza dir nulla, egli si inginocchiò per terra ed ascoltò la mia confessione. Quando essa fu terminata, e soltanto allora, mi accorsi della mia storditaggine e me ne volli scusare; ma lui, sorridendo: "Di nulla, di nulla, disse. Vada in pace". Questo tratto di bontà rimase impresso nella mia mente. Facendo così, mi aveva totalmente conquistato".
Padre Leopoldo si preoccupa di suscitare nei penitenti le disposizioni volute per ricevere fruttuosamente il sacramento. Esso comporta "da una parte, gli atti dell'uomo che si converte sotto l'azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall'altra parte, l'azione di Dio attraverso l'intervento della Chiesa". Fra gli atti del penitente, la contrizione viene in primo luogo.
È un dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire. La contrizione comporta l'odio per i disordini della vita passata ed un intenso orrore del peccato, secondo le seguenti parole: Liberatevi da tutte le colpe che avete commesso contro di me, formatevi un cuore e uno spirito nuovo.
(Ez. 18, 31)
Essa include pure "il serio proposito di non commetter più peccati in avvenire. Se tale disposizione dell'anima mancasse, in realtà non vi sarebbe pentimento... Il fermo proposito di non peccare più deve fondarsi sulla grazia divina che il Signore non manca mai di dare a colui che fa del suo meglio per agire onestamente" (Giovanni Paolo II, 22 marzo 1996). Per ricevere l'assoluzione, non basta dunque l'intenzione di peccare meno, ma è indispensabile esser decisi a non commetter più peccati gravi.
Leopoldo: "Padre, come capisce lei le parole del Signore: Che colui che vuol seguirmi, prenda tutti i giorni la sua croce? Dobbiamo per questo fare penitenze straordinarie? – Non è il caso di fare penitenze straordinarie, rispose. Basta che sopportiamo con pazienza le tribolazioni ordinarie della nostra misera vita: le incomprensioni, le ingratitudini, le umiliazioni, le sofferenze occasionate dai cambiamenti di stagione e dell'atmosfera in cui viviamo.
Dio ha voluto tutto questo come mezzo per operare la nostra Redenzione. Ma perché tali tribolazioni siano efficaci e facciano bene alla nostra anima, non bisogna sfuggirle con tutti i mezzi possibili... La preoccupazione eccessiva delle comodità, la ricerca costante degli agi, non ha niente a che vedere con lo spirito cristiano.
Non è certamente questo prendere la propria croce e seguire Gesù. È piuttosto evitarla. E colui che soffre soltanto quel che non ha potuto evitare non avrà molti meriti". "L'amore di Gesù, non si stanca di ripetere, è un fuoco che viene alimentato con la legna del sacrificio e l'amore della croce; se non viene nutrito così, si spegne".