Giovanni Vianney

La lotta

Santi Il Nemico, non sopportava le innumerevoli conversioni dei penitenti e mal sopportava che quelle anime fossero sottratte al suo potere, cercava con tutti i mezzi di far desistere don Vianney dal suo straordinario amore per i peccatori.

Tuttavia la sua fede nel nostro Signore fu sigillo e muro di difesa

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Tormentato dal demonio

"Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti".
(Ef. 6,11-12)

Dal 1824 al 1858, per un periodo di circa trentacinque anni, il Curato d'Ars fu in preda alle ossessioni esterne del Maligno. Le lotte di don Vianney col demonio contribuirono a rendere la sua carità più viva e più disinteressata.

Il povero Curato sentiva ogni notte lacerare le cortine del letto, questo brutto scherzo durò un po' di tempo. Lui non era un credulone e difficilmente prestava fede a cose straordinarie.

Udiva, nel silenzio della notte, grida e battere colpi di mazze alle porte nel cortile della canonica, mentre all'interno rimbombava un fragore di tuono, come se rotolassero parecchie vetture o rumori simili a lame di coltello con colpi rapidi su dei secchi.

Si trattò di un vero combattimento, e, per sostenerlo, il sant'uomo non aveva altra risorsa che la sua pazienza e le sue preghiere. "Qualche volta - ha raccontato il suo confessore - "gli chiedevo come faceva a respingere gli attacchi. Mi rispose: Mi rivolgo al buon Dio, faccio il segno della croce e rivolgo qualche parola di disprezzo al demonio. Del resto, ho notato che il rumore è più forte e gli assalti più insistenti, quando, il giorno dopo, deve venire qualche grande peccatore." "Nei primi tempi, avevo paura - confidava a mons. Mermod, uno dei suoi amici e penitenti più fedeli - non sapevo che cosa era, ma ora ne sono contento: vuoi dire che la pesca del giorno dopo è sempre eccellente. Il demonio mi ha molto disturbato questa notte, domani ci sarà molta gente."

Quindi, steso sul povero pagliericcio, cercava di riposare. Finalmente stava per assopirsi. Improvvisamente sobbalzava, strappato dal sonno da grida, da richiami lugubri, da colpi formidabili. Si sarebbe detto che un martello da fabbro sfondasse le porte della canonica. Subito, senza che si muovesse il saliscendi della porta, il Curato d'Ars si accorgeva con orrore di aver vicino il demonio. «Io non lo invito a entrare, diceva don Vianney tra il faceto e il seccato, ma egli entra lo stesso!».

Rovesciava le sedie, scuoteva i pesanti mobili della camera e gridava con voce terrificante: Vianney, Vianney! Mangiapatate! Ah! Non sei ancora morto! Un giorno ti avrò! Oppure, mandando grida d'animali, imitava i grugniti di un orso, le urla di un cane e si slanciava sulle coperte del letto, che agitava furiosamente.

Il demonio imitava il rumore di un martello che conficca chiodi nel pavimento o legava una botte con cerchi di ferro; batteva il tamburo sul tavolo, sul camino, sul secchio oppure cantava con voce stridula, e il Curato più volte ha sentito una mano che gli sfiorava il viso o come dei topi che gli correvano su tutto il corpo.
Una notte, udito il rumore come di uno sciame di api, si alzò, accese la candela, andò a scostare le tendine per scacciarle, ma non vide niente.

Un'altra volta, il demonio tentò di rovesciarlo dal letto, tirandogli il pagliericcio. Nella camera, un sozzo volo di pipistrelli rasentava le travi, si aggrappavano alle tendine del letto. Altre volte sul solaio, per ore intere, si udiva lo scalpiccio continuo esasperante di un gregge di pecore. Sotto la camera, nella sala da pranzo, rintronavano i calci di un cavallo che si levava fino al soffitto, per ricadere, con le quattro zampe, sul pavimento. Queste farse infernali spossarono il povero Curato d'Ars, ma non riuscirono ad abbatterlo.

Verso il 1820, don Vianney aveva trasportato dalla chiesa in canonica una vecchia tela, rappresentante l'Annunciazione. Il quadro era appeso a una parete della scala. Ora, il diavolo si accanì su quell'immagine e la coprì d'immondizie. Si dovette levarla da quel posto.

Margherita Vianney, una notte, passando dalla canonica, udì il Curato d'Ars uscire dalla camera prima dell'una, per recarsi in chiesa. "Pochi minuti dopo - racconta - scoppiò vicino al mio letto un rumore violentissimo, come se cinque o sei uomini avessero battuto forti colpi sul tavolo o sull'armadio. Ebbi paura. Mi alzai e accesi una lampada, ma vidi che tutto era perfettamente in ordine. Perciò mi ricoricai, ma appena fui a letto si ripeté lo stesso rumore. Mi vestii in fretta e corsi in chiesa. Quando mio fratello tornò in casa, gli raccontai ciò che era accaduto, mi disse che era il demone. Talvolta tormenta anche me, qualche volta, mi afferra per i piedi e mi trascina per la camera."

Un giorno del 1838, Dionigi Chaland, di Bouligneux, un giovane studente di filosofia, si confessò nella camera del Curato d'Ars. A metà confessione, come lui stesso racconta, uno scompiglio generale sconvolse la camera, anche l'inginocchiatoio si scosse come tutto il resto. Si alzò spaventato. Il Curato lo trattenne per un braccio. "Non è nulla, disse, è solo il diavolo!".

Era il 23 febbraio 1857. Quella mattina don Vianney aveva incominciato a confessare. Qualche minuto prima delle sette, le persone che passarono vicino alla canonica videro delle fiamme che uscivano dalla camera del Curato. Si corse ad avvisarlo, quando già lasciava il confessionale per andare a celebrare la santa Messa. Il Curato consegnò la chiave, perché si andasse a spegnerlo e rispose senza scomporsi: Quel villano di un demone.

Le ossessioni diaboliche diminuirono di numero e d'intensità, quanto più il Santo invecchiava. Lo spirito delle tenebre, non avendo potuto diminuire il coraggio di quest'anima eroica, disanimato, abbandonò la lotta; o, forse meglio, Dio dispose che questa vita così bella, così pura, così calma in apparenza, nonostante le prove interne, si chiudesse in una profonda pace.

Dal 1855 fino alla sua morte, don Vianney non fu quasi più tormentato dal demonio durante la notte. Il sonno gli era però ugualmente assai difficile, perché cessati gli assalti del "grappino" lo colse una tosse persistente, che da sola bastava a tenerlo sveglio. Ciò non gli fece tuttavia interrompere le sue interminabili prestazioni per il ministero della confessione. «Purché io possa dormire un'ora o mezz'ora, durante il giorno, diceva, mi sento di ricominciare il mio lavoro». Quest'ora o questa mezz'ora, la passava nella sua camera, subito dopo il pranzo. Disteso sul pagliericcio, cercava di addormentarsi, ma anche di questi brevi momenti il demonio approfittò, talvolta, per dargli noia.
Infine il Maligno non ritornò più, e non fu certo con rincrescimento che don Vianney, vide allontanarsi un «compagno simile» Neppure lo turbò nella sua agonia, ciò che fece invece con altri Santi. Ancora prima di finire la sua prova terrestre, il Curato d'Ars aveva inflitto a Satana una disfatta definitiva.