|
|
5.2) Un mondo nuovo possibile Ecopolis cerca di erigersi su nuove forme di
“produttività”, fondate sulla riproducibilità del sistema urbano, sulla
qualità dell’ambiente, sulla specificità delle forme produttive e degli
stili di vita; nuove “forme” che destabilizzano l’impianto rigido e
cementificato di metropoli. Nel reticolo di nodi urbani abbiamo individuato la
città per l’abitare, un’utopia, un progetto, una forma nuova di
pianificazione…ma soprattutto una dimensione alternativa alla forma
metropoli; Ecopolis “parte” da metropoli, ma si spinge ben oltre: produce
territorio, si sviluppa sulla valorizzazione delle risorse ambientali. Un progetto che mira all’abolizione delle
periferie, della loro dipendenza verso i centri di una città di frammenti;
Ecopolis vuole essere un “arcipelago di isole, ognuna dotata di un centro,
di un’individualità socio-economica e urbanistica, di un suo ruolo
peculiare rispetto al sistema urbano[1]. Ecopolis, si è detto, è un sistema di “villaggi
locali”, un’utopia che si contrappone alla realtà del “villaggio
globale”, omologante, che tende ad appiattire le diversità, a creare un
deserto di cemento su cui costruire una pace “fittizia”, un benessere per
pochi. Ecopolis vuol essere anche un progetto capace di
adattarsi sulle differenze locali del territorio ed esaltarne la forma. Una
rete tra i progetti locali, costituita dalle infinite eterogeneità di cui è
parte; la base di ciò che si è chiamato “locale di ordine superiore”,
l’avanguardia di un nuovo modello di sviluppo[2]. Qualcosa di più di un’utopia; mediatore e
regolatore dei rapporti multipolari delle comunità locali, il progetto
Ecopolis dovrà reinventare linguaggi di comunicazione delle realtà dei nuovi
protagonisti, riuscendo ad amplificare la voce del locale ritrovato. |