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3.2.2)
Attivazione – articolazione – progettazione: adozione del
piano
L’Agenda 21, si è visto, ha rivolto la sua
attenzione alla scala locale, e in
particolar modo ai problemi dell’ambiente urbano. Si è riconosciuto a questa
dimensione un ruolo decisivo per promuovere i programmi di riqualificazione
ambientale, nella considerazione che la “forma metropoli” già oggi riesce
ad “assorbire” circa il 50% della popolazione mondiale. L’implementazione dell’Agenda 21 locale è un
processo complesso, che non può essere codificato o schematizzato
riduttivamente; un percorso che nasce dalla partecipazione volontaria di diversi
attori locali che condividono obiettivi di sostenibilità. La scala territoriale
interessata, riguarda diversi livelli di governo del territorio, partecipazione
e controllo dal basso. In Italia si fa riferimento essenzialmente a regioni,
province e comuni[1]. L’attivazione di Agenda 21 locale non spetta a
particolari organi competenti, ma può provenire tanto dalle amministrazioni
locali, quanto da altri attori locali, impegnati in un’iniziativa specifica.
Dal punto di vista “istituzionale” un notevole contributo potrà derivare
dalla sottoscrizione della Carta di Aalborg, e dunque dall’adesione alla Campagna
per le Città Sostenibili: un modo per entrare in contatto con gli
“altri” protagonisti coinvolti. Affinché il processo possa iniziare, è necessario
costituire un Forum, un contesto per discutere delle strategie da adottare e
perseguire per uno sviluppo locale sostenibile[2].
Già in questa fase embrionale i cittadini possono intervenire esprimendo il
loro punto di vista. Quando il dibattito è riuscito a individuare un ambito di
sviluppo determinato, è la messa a punto di un Rapporto che rappresenti
efficacemente la realtà locale, attraverso l’utilizzo di particolari
indicatori. Il ruolo degli indicatori (ecological footprint, Human
Development Index[3])
è sottolineato nella stessa Agenda 21 di Rio: “E’ necessario sviluppare
indicatori di sviluppo sostenibile per fornire solide basi ai processi
decisionali a tutti i livelli e per contribuire a promuovere capacità di
autoregolazione in senso sostenibile dei sistemi economici e ambientali”
[4]. L’individuazione degli obiettivi da raggiungere
rappresenta un passo successivo. I dati sullo stato dell’ambiente (in parte
raccolti attraverso gli indicatori) sono esaminati, ordinati e completati per
rispondere, in modo adeguato, alle emergenze o semplicemente alle carenze locali
individuate. Questo procedimento, definito anche come audit esterno, deve
trovare corrispondenza in una valutazione endogena delle modalità di azione
delle pubbliche amministrazioni e, in generale, di tutti coloro che operano
all’interno delle autorità locali[5]. Il momento centrale dell’intero processo di Agenda
21 locale è il Piano d’Azione: uno strumento operativo attraverso il quale
l’Amministrazione locale ed il Forum adottano obiettivi di qualità
dell’ambiente e del territorio, in base alla priorità emerse nella fase
precedente. In linea generale l’analisi riguarda tutti gli
elementi di evidente insostenibilità della realtà locale, e quindi la ricerca
di azioni mirate per un’inversione di tendenza. In pratica l’Amministrazione
Locale, attraverso il Piano d’Azione, persegue due ordini di obiettivi: 1) globali, riferiti alla tutela delle risorse a
scala nazionale o sovranazionale (limitazione dei consumi di energia e ricorso a
fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici e dei
consumi idrici); 2) locali, riferiti al raggiungimento di livelli ottimali di
qualità dell’ambiente umano (livello di inquinamento acustico, smaltimento
dei rifiuti, tutela della biodiversità urbana, conservazione del patrimonio
storico-artistico-culturale) [6]. L’adozione formale del Piano d’Azione è un
ulteriore passo verso l’attivazione di un percorso di sviluppo sostenibile
locale: in questo senso è fondamentale l’assunzione, da parte delle autorità
locali e del Forum, di obiettivi e strategie che possano incidere sul futuro
della comunità. Il Piano d’Azione, seppure adottato, dovrà diventare il
documento di riferimento di tutta l’amministrazione locale, affinché riesca a
manifestare appieno le sue potenzialità. Una scommessa difficile, se si considerano le
“resistenze”, inevitabili, di tutte le amministrazioni del mondo al
cambiamento, alla perdita di una parte del proprio potere; difficoltà che si
aggiungono alla difficile reperibilità di risorse umane e finanziarie. Per quanto riguarda la “parte”finanziaria, un
importante ruolo è stato svolto, negli ultimi tempi, dalla Comunità Europea.
Sono, infatti, numerosi i programmi europei, oltre a quelli nazionali, che
prevedono finanziamenti consistenti per l’attuazione di Agenda 21. Il flusso finanziario più consistente, in
quest’ambito, è sicuramente ricoperto dai fondi strutturali, coordinati dalla
Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, e orientati a finanziare
progetti per la riqualificazione ambientale[7]. Una
scommessa difficile, si diceva, ma si tratta della scommessa fondamentale per la
realizzazione di un progetto, Agenda 21 locale, che può diventare il luogo
adatto per quella “rivoluzione dal basso” di cui il mondo moderno ha sempre
più bisogno.
[1]
Cfr. AA.VV. (2000), op. cit.,
p. 47 – 48. [2] Ibidem pp. 94 e segg. . [3]L’ Human development index è un indicatore integrato, elaborato in seno all’U.N.E.P. composto da 3 sotto-indicatori: longevità (attesa di vita alla nascita), conoscenza (tasso di alfabetizzazione e scolarizzazione), reddito (reddito pro-capite a parità di potere di acquisto). Un sostanziale passo in avanti rispetto al P.I.L. (Prodotto Interno Lordo) come indicatore di sviluppo. [4] Cfr. Agenda 21, Rio de Janeiro 1992, cap. 40. [5] Cfr. AA.VV. (2000), op. cit., pp.108 – 109. [6] Ibidem, p.168. [7] Ibidem, pp. 215 e segg. . |