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3.3) Scuola territorialista e recupero della forma territoriale La valorizzazione del territorio, la sua
“ricostruzione”, l’attivazione delle identità locali, sono tutte parti
integranti del complesso processo di riterritorializzazione, comprese quelle
pratiche di valorizzazione delle identità dei luoghi, dei diversi “tipi” di
sviluppo, delle infinite culture emergenti, tese a costruire uno sviluppo
durevole e sostenibile per le generazioni presenti e future. La scuola territorialista, partendo dalle fondamenta
concettuali dello sviluppo sostenibile come i basic needs, la self
reliance e l’ecosviluppo, è andata oltre la visione strettamente
ambientale della sostenibilità; la distanza dall’approccio ambientalista allo
sviluppo è tanto più evidente, se consideriamo la visione multidisciplinare e
multisettoriale che questo nuovo tipo di approccio assume rispetto alle realtà
locali[1]. Nell’approccio territorialista l’orientamento
dello sviluppo ai bisogni umani fondamentali, il contare sulle risorse locali,
l’attenzione per la qualità ambientale convergono in una visione innovativa:
la valorizzazione delle specificità locali e la produzione durevole di
ricchezza (anche) ambientale attraverso la riscoperta della qualità
territoriale. La rilevanza strategica che assume il territorio
nell’affrontare i problemi della sostenibilità rende necessaria una
ridefinizione della tipologia territoriale, troppo spesso relegata in ambiti
“spaziali”, “dimensionali”, che, forse, ne rappresentano solo la parte
esteriore, marginale. Il territorio è indicato come il prodotto storico
dei processi di coevoluzione di lunga durata tra insediamento umano e ambiente,
natura e cultura, e, quindi, come l’esito della trasformazione dell’ambiente
da parte di successivi cicli di civilizzazione; il territorio è un organismo
vivente ad alta complessità, un ecosistema in continua evoluzione[2]. In quest’ottica il problema della sostenibilità
dello sviluppo va ben oltre l’ottimizzazione a ogni costo della qualità
ambientale (approccio ambientalista-ecologista) e il riduzionismo funzionalista. Tra le cause principali del degrado ambientale
abbiamo identificato l’insostenibilità del modello di sviluppo classico,
incentrato sulla crescita quantitativa della produzione; la scuola
territorialista vede nel processo di deterritorializzazione una rottura delle
relazioni tra le tre componenti fondamentali del territorio: ambiente naturale,
ambiente costruito, ambiente antropico[3]. La produzione di territorio, in quanto azione della
comunità insediata, passerà necessariamente per la ri-attivazione delle
sinergie tra le tre componenti principali, ma anche per l’elaborazione di
nuovi modelli e delle nuove regole dell’insediamento umano, che siano in grado
di produrre qualità territoriale. |