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4.3) Deterritorializzazione e degrado: la costruzione di cosmopoliNella città post-industriale, così come in quella
contemporanea, sono state identificate molte tipologie di
deterritorializzazione, diverse tra loro, ma simili per quanto attiene alle
conseguenze che producono: rottura dei cicli naturali, perdita di identità
delle complessità locali, senso di smarrimento dei luoghi. La deterritorializzazione “moderna” ha, in più,
una caratteristica particolare: prodotto di una fiducia eccessiva e mal riposta
nelle nuove tecnologie, e di un sistema socio-economico “naturalmente”
deterritorializzato, manca di quel carattere di transizione che ha avuto in
passato. Le varie forme di deterritorializzazione prodotte, infatti, non si
traducono in forme nuove di territorializzazione (come produzione di
territorio), rendono, invece, strutturale il fenomeno della distruzione
territoriale[1]. Gli effetti di medio e lungo periodo sull’ambiente,
di solito identificati con il termine degrado, si concretizzano nella rottura
degli equilibri ambientali e nel conseguente disagio sociale, dando forma a
un’unica, grande metropoli mondiale, omologante, distruttrice delle diversità:
cosmopoli. Il problema, nella sua forma più visibile, si
concretizza nella “crisi del paesaggio” indotta dall’invasione di nuove
tipologie edilizie, urbane, e di modelli omologanti rurali: una perdita
d’identità dei luoghi attraverso la nascita di un unico paesaggio globale,
uniforme. Nel termine degrado deve essere ricompresa anche la
perdita di sapienza ambientale della comunità insediata, vale a dire, per
esempio, la distruzione di risorse non rinnovabili, l’inquinamento di acqua,
aria e suolo. Il degrado ambientale sembra diventare “strutturale” nella
metropoli contemporanea, i cui abitanti vanno abituandosi a nuove forme di
emergenze e stili di vita “insostenibili”. E’ tra gli strati della popolazione più poveri che
si manifesta una particolare forma di degrado, spesso invisibile agli occhi
delle città globali: il degrado sociale. Il peggioramento delle condizioni di vita della parte
più debole della città, porta a marginalità, disagio sociale, perdita
d’identità, e con il tempo, all’esclusione dalla città di diritto[2]. Purtroppo le varie forme di degrado evidenziate,
sembrano diventare la caratteristiche della metropoli contemporanea, di
cosmopoli, una forma unica, pervasiva e omologante che si moltiplica in tutto il
mondo. Se la storia del capitalismo può essere vista come
“una storia di deterritorializzazione che produce sradicamento e perdita
d’identità” (Deleuze e Guattari, 1987), la forma cosmopoli è una sua degna
creatura, che ha già diramato i suoi tentacoli in ogni parte del mondo. E’ possibile arrestare la deterritorializzazione, e
con essa le varie forme di degrado che genera ogni giorno in un mondo tanto
“globale” e tanto diverso? Oppure dobbiamo abituarci all’idea di
un’unica metropoli mondiale, cosmopoli, che produrrà categorie di uomini in
sequenza, obbedendo alle regole di una grande catena di montaggio industriale? |