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INDICE

 

INTRODUZIONE. 5

 

CAPITOLO PRIMO: Lo sviluppo locale autosostenibile: un percorso rivoluzionario alla riscoperta dei luoghi 9

 

1) Nascita della questione ambientale. 9

1.1) Il paradigma dello sviluppo illimitato. 9

1.2) Conferenza di Stoccolma e Rapporto del M.I.T.: nascita della “questione ambientale”. 10

1.3) Rapporto Brundtland: nascita di un nuovo modello di sviluppo. 14

 

2) Ambiente e sviluppo nell’era della globalizzazione. 17

2.1) Una globalizzazione per pochi 17

2.2) Per una globalizzazione dal basso. 20

 

3) Riscoperta del locale. 22

3.1) Una nuova dimensione strategica. 22

3.2) Agenda 21 locale. 26

3.2.1) Principali tappe istituzionali 26

3.2.2) Attivazione – articolazione – progettazione: adozione del     piano. 31

3.3) Scuola territorialista e recupero della forma territoriale. 35

3.4) La società locale: linee di un progetto attraverso la ridefinizione del concetto di  “sostenibilità”. 37

3.5) I laboratori territoriali 39

 

4) Rifondazione della città del Terzo millennio. 43

4.1) Crisi della modernità e dell’individuo. 43

4.2) Ruolo della città globale nel mondo contemporaneo. 46

4.3) Deterritorializzazione e degrado: la costruzione di cosmopoli 48

4.4) Dalla città come macchina banale alla città come ecosistema complesso. 51

 

5) Verso l’edificazione di ecopolis. 55

5.1) Una città per l’abitare. 55

5.2) Un mondo nuovo possibile. 58

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

FONTI INTERNET

Curriculum Vitae

 

2.2) Per una globalizzazione dal basso

 

La necessità di vie diverse allo sviluppo trova grande eco nell’azione congiunta di molte NGO (Non Governmental Organizations) impegnate nei paesi del Sud del mondo[1].

La reazione alla globalizzazione “calata dall’alto”, omologante, invasiva di ogni diversità proviene principalmente da enti non istituzionali, che riescono ad avere una voce tanto nei paesi ricchi, tanto in quelli poveri. Le associazioni ambientaliste, di volontariato, le organizzazioni non governative in generale, tendono a promuovere forme di cooperazione decentrata, a formare reti che oltrepassano i confini nazionali, sfuggendo, cosa particolarmente rilevante, al dominio crescente degli interessi produttivi; si tratta in definitiva di una rete globale nuova, informale, che si oppone a quella “ufficiale” governata da pochi[2].

In questo contesto di “globalizzazione dal basso”, si collocano i progetti di riqualificazione e riscoperta dei luoghi: i progetti di autosostenibilità locale.

La salvaguardia e la produzione di qualità ambientale ne rappresenteranno gli obiettivi prioritari, a partire dalla considerazione dei singoli elementi come parti di cicli vitali che si riproducono nel tempo.

L’intervento sulla nuova dimensione “locale” individuata deve quindi saper riconoscere, prima, e rispettare, poi, le sinergie dell’ecosistema locale, al fine di custodire la ricchezza del luogo. Un intervento, quindi, mirato alla valorizzazione delle risorse e delle culture locali, che riesca a trarre il massimo beneficio dall’ambiente fisico, promuovendo solo attività “sostenibili”.

Questa, per grandi linee, la “visione autosostenibile”; un progetto dinamico, che coinvolge quelle reti che i nuovi “attori” contribuiranno a formare, rinforzare e mantenere per creare un mondo in cui i Sud del pianeta non restino ai margini.



[1] Cfr. Tarozzi A. (1998), Autosostenibilità: una parola chiave e i suoi antefatti, in Magnaghi A. (a cura), Il territorio degli abitanti.Società locali e autosostenibilità, Milano, ed. Dunod, pp.28-29.

[2] Cfr. Tarozzi A. (1998), op. cit. , pp. 39-41.