Michelangelo
scrittore di
W. BINNI
L'esperienza letteraria michelangiolesca si colloca al centro della crisi della civiltà cinquecentesca, nell'urto drammatico tra gli ideali dell'età rinascimentale e la coscienza di un'instabilità dei valori e dell'ostilità della fortuna. Michelangelo vive con accento personale questa crisi, alimentata dalle vicende politiche e da una continuamente insoddisfatta esigenza di rinnovamento religioso. Tale drammatico contrasto si esprime nella tensione stilistica, in una poesia che resiste alle suggestioni dell'armonia e della melodia per un linguaggio aspro ed essenziale, ma anche fatto di antitesi e di concetti. Anche le lettere vanno considerate non come mero documento biografico, ma come testimonianza di poetica e di stile.
Apparirà anzitutto essenziale ribadire che Michelangelo rappresenta nettamente una forma estrema di coscienza drammatica del tempo in cui visse e che la sua esperienza poetica non può intendersi e seguirsi senza inserirla nel ritmo-drammatico della sua esperienza vitale e storica, senza rilevarne la qualità di necessaria espressione di una fondamentale intuizione drammatica (fino a forme metafisiche ed emblematiche del suo contrasto interno che a questa nel suo concreto atteggiarsi van continuamente riportate per sentirne il valore tensivo e concreto) in cui le spinte di superamento, di spiritualizzazione e sublimazione attraverso lo stesso energico e inquieto platonismo e concettismo metaforico trovano scatto in quanto rispondono, fra polemica ed aspirazione positiva, ad un più profondo sentimento di scacco e di malinconia, di delusione e frustrazione. Sentimento che è certo in rapporto con un sentimento più generale che va allargandosi entro la civiltà cinquecentesca, dopo l'umanesimo civile e letterario e dopo la cresta non molto ampia del Rinascimento (quando la caducità è compensata dall'idillio e dalla voluttà intensa dell'attimo felice interamente goduto e, poi, da un sentimento di pienezza creativa e realisticamente operante e da una aspirazione all'armonia in tutti i suoi aspetti fino a forme di edonismo che dallo spirito passano ai caratteri del linguaggio), nella sensazione crescente di una instabilità dei valori, di una erroneità delle forze umane, di una casualità e ostilità della fortuna, appoggiate alla coscienza più o meno chiara delle drammatiche vicende storiche italiane (caduta delle libertà cittadine e regionali, guerre e sterminii, scacco della esigenza di riforma spirituale e religiosa).
Michelangelo è al centro di questa linea di sentimento confermato dalle sue stesse vicende personali ingigantite dal raccordo a questo motivo interno e generale (le vicende della difficile lotta di affermazione economica e sociale, dell'ostilità degli altri artisti, la delusione del cittadino fiorentino nella caduta della Firenze repubblicana, la delusione del savonaroliano e dell'uomo della fallita riforma cattolica di fronte al concreto agire del potere ecclesiastico) da cui egli risale drammaticamente attraverso l'attività creativa e la spinta platonica e religiosa senza mai effettivamente trovare una vera pacificazione, un vero placamento: ché la stessa spinta platonica e religiosa si colora drammaticamente della lotta con la sua sensualità e con il sentimento del peccato, sì che la stessa prospettiva verso il divino e l'eterno non giunge mai alla sicurezza del possesso e del porto raggiunto.
Grande personalità tragica (e le lettere ne sono rivelazione più immediata e fulminea), Michelangelo poeta trae la sua forza da questo dramma storico-personale che si apre ad un dramma esistenziale e che incoraggia la sua tendenza ad una espressione tormentata, sofferta, la più lontana possibile (nei suoi centri più intensi) dalle vie facili e dall'edonismo e dall'idillio, e inasprita da un forte attrito con la realtà fino al deformato e al grottesco.
Donde anche l'irrequietezza della esperienza poetica, la sua insistenza spesso più sui centri e gli avvii che non sulla compiutezza, l'incapacità spesso di giungere ad una fusione intera e superiore delle sue tensioni.
Donde (nella consonanza con aspetti preminenti della sua formazione letteraria, fra l'altro senza « latini », senza Virgilio, Orazio, Cicerone) il rifiuto dell'armonia e, più della melodia, e la ricerca di forme in tensione e in contrasto dinamico. Poesia senza esplicito « canto » e senza appoggio di paesaggio, la cui volontà di essenzialità conduce anche al rischio di un'eccessiva fiducia nella forza del concetto da cui a volte Michelangelo cade nel virtuosismo, difficilmente però privo di implicazioni poetiche.
Donde anche il carattere risentito e deformante, fino al grottesco più drammatico, della sua linea di esperienza più realistica, che è forma di per sé espressiva (e mal assimilabile al semplice bernismo) e riserva di inasprita realtà per le linee più centrali della sua poesia. Donde lo sesso predominio delle antitesi la cui forza vera va però cercata nelle ragioni interne che, di volta in volta, nelle varie fasi la giustificano.
È soprattutto da questa posizione drammatica che deriva il carattere della sua poesia e spesso la sua stessa difficoltà di organizzazione píù intera e «perfetta» , anche se, come vedremo, non manca una fase di organizzazione più sicura e a suo modo equilibrata, ma con il rischio forte del prevalere del concettismo e del virtuosismo.
In una prospettiva storico-critica che cerchi di intendere e di far valere concretamente nel sorgere della poesia tutte le forze della personalità creativa (e senza dunque il disprezzo puristico dei nessi fra vita ed arte) acquistano grande valore le lettere michelangiolesche cui si usa, a volte, accennare con frettolose parole e quasi per dovere di completezza descrittiva, quando non ce se ne allontana subito delusi come di fronte a documenti pratici privi di ogni vero interesse e rafforzanti l'impressione di un artista tutto chiuso nel segreto della sua arte e magari rivelante un'umanità gretta e impoetica: il borghese della vita pratica che è altra cosa dall'eroe dell'arte.
Impressione profondamente sbagliata (come è quella, del resto piuttosto superata, del contrasto fra un «titano» e un uomo debole, chiuso e magari vile che è cosa assai diversa dalla realtà drammatica e alta della situazione storico-personale di Michelangelo), come è sbagliata la trattazione frettolosa, e, quasi per dovere d'ufficio, delle lettere a cui non sempre i critici hanno concretamente reagito con l'energia dovuta.
Non si tratta in realtà di contrapporre lettere a rime (anche se le prime hanno una loro forza immediatamente e facilmente più convincente), ma di considerare le prime sia come mezzo di miglior comprensione del fondo spirituale e di esperienza da cui nascono le stesse rime (incoraggiando
così a quell'approfondimento del mondo interiore di Michelangelo che è sempre essenziale a capire le rime senza con ciò degradarne la lettura su puro piano biografico e psicologico), sia come riserva di realismo a cui agganciare la linea realistica di molte rime, sia come fatto scrittorio, che, se non ha l'impegno artistico delle rime, è sempre certamente su di un piano intenso ed alto di espressione, ben al di sopra del puro piano veramente pratico di quei « ricordi » che erano come un taccuino di «cose da ricordare» (spese, ricevute, ecc.).
Non ingannino certe dichiarazioni di Michelangelo come quella della lettera a Domenico Buoninsegni, che scusa con la fretta qualche possibile costruzione imperfetta del periodo: «Quand'io vi scrivo, se non scriverò cosí rettamente come si conviene o se io non ritrovassi qualche volta il verbo principale, abbiatemi per
iscusato, perch'io ò appiccato un sonaglio agli orecchi, che non mi lascia pensare cosa che io voglia ». Perché la stessa fretta invocata (e cosí efficacemente risolta nella immagine incalzante e viva del sonaglio appiccato agli orecchi) stimola molto spesso in realtà una velocità e fertilità intensa di immagini, di movimenti sintattici, spregiudicati ed efficacissimi, una violenza concentrata di espressioni pregnanti, che è fra gli aspetti più rilevanti di una capacità espressiva sempre desta e alacre, e una tensione all'essenziale che è certo assai diversa dalla sommarietà goffa di un uomo davvero incolto e rozzo.
Tensione di scrittore che mira a tradurre sulla pagina volontà, decisione, affetti, con forte impegno comunicativo ed impressivo-espressivo abolendo ogni lungaggine ed ogni amplificazione oziosa.
E il linguaggio, la sintassi, il ritmo si costituiscono efficaci e validi sotto la pressione interna dello scrittore che esprime rapidamente ed energicamente una situazione, un moto dell'animo, una decisione, e attraverso questi, tutto il moto impaziente di una forte vita intima sorretta da maturata moralità e cultura, ricca di istinto ma non rozza. Riprova anzi della vocazione espressiva michelangiolesca che si esercita in ogni occasione, anche quando l'argomento trattato può apparire di per sé insignificante e
banale. |