“La scuola di Atene”

Raffaello, Urbino 1483 – Roma 1520
Se non ci fosse stato Michelangelo, sarebbe stato il primo


di Giovanni Battista Del Brocco

Per un innamorato dell’arte come me, non potevo non toccare questo tema affascinante e complesso nello stesso tempo. Questa sensibilità artistica, unita a pura passione divinale, l’ha fatta maturare poco a poco Francesco Bartoli, noto pittore in Ceccano, con la frequenza decennale del suo studio, insieme ad altri amici quali: dott. Antonio Masi, Filippo Tiberia, Dario Micheli. In questo articolo vi voglio illustrare una delle più straordinarie elaborazioni artistiche che sia mai stata dipinta, che si trova nei Musei Vaticani, visitati con i Fabraterni. Nella “Stanza detta della Segnatura”, questa meraviglia si chiama “La Scuola di Atene”, dove Raffaello celebra la ricerca razionale del vero con personaggi immortali, e sembra radunare in sé tutte le qualità degli antichi filosofi e matematici del classicismo greco. Disponendoli all’interno di un edificio di forme solenni, grandiose proporzioni e stupende prospettive, forse nella mente di Raffaello riviveva l’idea di un tempio della filosofia. Il quadro a forma di lunetta misura alla base cm. 770 e fa parte di un trittico che comprende “Il Parnaso” e “ La Disputa del Sacramento”, da intendersi come trionfo della fede cristiana. La descrizione de “La Scuola di Atene”, opera d’arte raffaellesca, inizia con un’architettura centrale ad arco. Nell’arcone più grande l’elemento ornamentale simile alle greche con angoli retti e consecutivi, che si intersecano e decorano tutta la volta, l’arcone fa quasi da arcobaleno nell’esplosione magica e coloristica dei personaggi in movimento. Dietro all’arcone stanno le statue, incastonate nelle due nicchie, di Apollo, dio della musica e della divinazione, e Minerva dea della sapienza. I personaggi centrali sono: Platone, il perfetto, l’originale, con il dito rivolto in alto, che regge il Timeo, con le sembianze di Leonardo; a fianco Aristotele, con il volume dell’Etica e con il volto di Bastiano Sangallo, distende in avanti il braccio, la mano rivolta in basso. Platone e Aristotele riassumono con sobri misuratissimi gesti l’essenza del loro pensiero, l’uno additando il cielo, sede delle idee, l’altro indicando un punto tra cielo e terra, a significare l’importanza della conoscenza sensibile. Degli altri personaggi sono identificati Socrate, a sinistra delle due figure centrali, in atto di conversare con un gruppo di giovani, tra i quali Alcibiade o Alessandro con l’armatura. Senofonte. Eschine all’estrema sinistra. In basso Zenone, con un bambino che tocca il libro, che legge Epicuro. Pitagora è seduto più a destra, in primo piano, mentre scrive su un grosso volume e Telange suo discepolo gli regge una lavagnetta. Alle sue spalle Averroè che indossa un turbante bianco e si china su di lui. Eraclito è Michelangelo, che poggia il gomito su un blocco di marmo e scrive appunti. I critici ritengono che Michelangelo sia stato aggiunto in un secondo tempo, per rendere omaggio all’artista, dopo l’inaugurazione della maestosità pittorica della cappella Sistina, avvenuta l’1/11/1512, ben 495 anni fa. L’uomo in piedi, con un libro aperto e poggiato sul ginocchio, è identificato in Senocrate o Aristosseno. Diogene è sdraiato sulla scalinata, intento a leggere. A destra sempre in primo piano, Euclide con le sembianze del Bramante, e si china fra i discepoli a costruire con il compasso una figura geometrica. Alle sue spalle Zoroastro, con il volto del Bembo, che regge una sfera azzurra trapunta. Di spalle, con la corona in testa, Tolomeo che regge il globo. L’evocazione del Tempio della Sapienza, attraverso uomini illustri del passato, è strettamente collegato al Rinascimento, in una grandiosa prospettiva storica, mediante corrispondenze contemporanee di Raffaello. Le figure che affollano il Tempio sono ritratti di artisti, umanisti e principi della corte pontificia. Il fanciullo alle spalle di Epicureo è Federico Gonzaga. Il giovane biancovestito dietro il gruppo di Pitagora è Francesco Maria Della Rovere. Raffaello stesso è raffigurato dietro il Sodoma. Raffaello esprime in tal modo la concezione rinascimentale dell’opera artistica, intesa come discorso mentale. Nell’affresco è stata vista anche una rappresentazione delle Sette Arti Liberali. In primo piano a sinistra, Grammatica, Aritmetica e Musica; a destra, Geometria e Astronomia; in cima alla scalinata, Retorica e Dialettica. I due gruppi simboleggiano la scienza dei numeri nei suoi due aspetti: musicale e astronomico. La lavagnetta sostenuta da Telange ai piedi di Pitagora reca i segni simbolici, schemi delle concordanze musicali e l’armonia del numero dieci. Dalla scienza dei numeri alla musica, dalla musica all’armonia cosmica, da questa all’ordine divino delle idee. L’affresco è giudicato autografo, ed eseguito dalla fine del 1509 al 1510. Nei segni dorati che decorano il collo della tunica di Euclide, le lettere R U S M sono interpretate come le iniziali della firma: Raphael Urbinas Sua Manu. Per concludere, Raffaello è il solo pittore che sia mai esistito che ha dipinto anche da morto.

G.B. Del Brocco