Tolleranza e convivenza sembrano camminare insieme

Un banchetto di Natale speciale

Ma tolus e convivium confliggono


di Gabriella Schiara

 La Caritas e la fondazione Migrantes hanno stipulato un “Dossier statistico immigrazione” per illustrare chi sono, da dove vengono, che mestiere fanno e in quale Dio credono gli emigranti che vivono nel nostro paese. Le stime ci dicono che oggi i cristiani rappresentano la metà dei circa 3 milioni e mezzo degli stranieri presenti nel nostro paese. Sono i cristiani venuti dalla Romania, dall’Ucraina, dalla Moldavia; sono quelli le cui donne vanno ancora in chiesa con il capo coperto. Nell’ultimo anno sono cresciuti di circa 260mila unità gli ortodossi; vengono dall’Est ed hanno raggiunto il numero considerevole di oltre 918mila unità. I musulmani rappresentano un terzo dei fedeli stranieri: sono circa 1milione e 200mila. Il 35% è rappresentato dai protestanti e l’1,6% da altre confessioni, che però stanno assumendo sempre più importanza; infatti buddismo ed induismo costituiscono comunità sempre più rilevanti. Questi numeri sono soggetti a continui mutamenti, perché continui sono i flussi migratori, i ricongiungimenti familiari e le nascite. Ho ascoltato con interesse un’intervista fatta allo scrittore-giornalista Umberto Galimberti secondo il quale non c’è alcuna possibilità di dialogo tra le religioni, perché ognuno crede che la propria fede sia verità unica e assoluta e, siccome la religione è espressione essenziale dell’identità di un popolo, la questione finisce per diventare soprattutto politica. Le feste natalizie sono prossime e, pensando a come in genere noi cristiani viviamo la nostra religione, dobbiamo ammettere quanto essa sia diventata un’abitudine legata alle feste in genere e quanto invece sia ricca di contenuti la fede vissuta dalla stragrande maggioranza degli immigrati. Oggi però non è, non può essere più la festività del Natale a riproporre buoni propositi. È la nostra quotidianità a dover cambiare, una quotidianità per la quale mi piacerebbe parlare non tanto di tolleranza quanto di convivenza. La parola tolleranza deriva dall’antico sostantivo “tolus” e significa peso, qualcosa da sostenere, da sopportare. La parola convivenza viene dal latino “convivium”, che significa vivere insieme, mangiare insieme intorno ad un gran tavolo con allegria e in pace. Sarebbe bello potersi nutrire, oltre che dei diversi cibi, anche del forte senso della tradizione dell’ortodosso, di quello della rinuncia del buddista, di quello della grandezza di Dio del musulmano o di quello dell’attaccamento alla comunità dell’africano. E noi, cristiani tiepidi e distratti, dovremmo partecipare con umiltà e impegno.

A voi tutti un sereno Natale.