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La crisi di un modello economico e di un impero!
25/10/2010
Di F. Allegri
Oggi mi sono riletto l’articolo del Terzo libro del De Reditu Suo titolato “Note sulla morte del vecchio mondo umano e sul nuovo” che su Empolitica pubblicherò prima di questo e che in questo sito trovate nell’apposita rubrica dedicata al De Reditu.
In quello scritto, il professor Nappini constata la morte del vecchio modo di vivere nel Belpaese e la crisi stessa del consumismo che era stato il primo distruttore di tante tradizioni secolari, ma nello scritto approfondisce la questione a livello politico.
Anche il consumismo muta in finzione e illusione, si aggrappa al digitale terrestre, ai sussidi statali, ai quiz e alle grandi lotterie dove spesso vince solo il banco.
Per il professore, il vecchio mondo aveva un passato comune, una sua storia. Oggi viviamo in un modello di società che è quello dei grandi imperi decadenti e di quelli piccoli emergenti.
Fin qui io concordo, poi (come ho anticipato sopra) il professore si concentra sui PARTITI POLITICI DELLA PRIMA REPUBBLICA visti come un agente di dissoluzione del sistema sociale italiano.
Qui sono tornato indietro nel tempo, ai tempi dell’università quando per preparare la tesi studiai la società italiana degli anni precedenti all’anno santo, il 1948 e il 1949.
Fu uno studio seminariale e collettivo; a noi studenti interessava il fenomeno religioso, ma guardammo anche la società e la politica. Era il 1997 e con il professor Margiotta Broglio guardammo vari comizi, del PCI della DC e del PSI. Mi ricordo che i livelli di partecipazione mi impressionarono e che feci dei confronti con quella contemporaneità fatta di crisi dei partiti e del Berlusconismo nascente.
Oggi, rileggendo l’articolo 49 della costituzione, mi sono chiesto: “Ma i partiti del 1949 associavano liberamente i cittadini per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale?”.
Certamente in quegli anni la politica era organizzata, ma quanta libertà c’era? Quale cultura politica avevamo? Eravamo un regime democratico? La libertà era poca, non avevamo culture realmente democratiche e il regime si basava già su un mercanteggiare quotidiano detto “Consociativismo”. Gli unici tentativi di riforma furono detti di centro sinistra poi tutto naufragò nel triennio della “Solidarietà nazionale”. Scusate la sintesi, ma io faccio attualità politica, a modo mio!
Qui prendo le distanze da quanto emerge dallo scritto del professore: PER ME NON ABBIAMO MAI AVUTO UN’EPOCA D’ORO DELLA POLITICA IN ITALIA. Non c’è da rimpiangere qualche governo buono, magari guidato da santi che si contrapponevano a dei geni! Tangentopoli non fu un regno estemporaneo e breve, era l’Italia rinata nel 1946 e concordo con la descrizione dell’Italia fatta dal professore solo dandole un’ampiezza storica maggiore.
Credo anche che i partiti politici siano sempre stati corrotti, finanziati in modo subdolo e/o illegale. Sono convinto anche che essi siano da sempre degli ascensori sociali, soprattutto nel sud del paese!
Partendo da questa mia convinzione provo a spiegare meglio la crisi che viviamo e perché il nostro paese è coinvolto e lo sarà ancora di più in futuro.
Noi viviamo la crisi economica e politica del grande impero che vinse la seconda guerra mondiale e poi amministrò il mondo con un consorzio di forze statali locali e secondarie fingendo di contrastare seriamente una dittatura euro asiatica, l’URSS. L’URSS fu l’avversario di comodo e bastò veramente poco per batterlo, oggi si può cominciare a dirlo senza l’ambizione di fare storia contemporanea.
Tutto comincia dal constatare che gli USA, dopo aver battuto l’URSS, non hanno trovato una loro missione e si sono sottomessi ai potentati economici e ad ideologie più vecchie e sballate del comunismo. Tutto è degenerato con la presidenza di Clinton e di Bush figlio! Sono almeno 12 anni disastrosi e snaturati, ma a livello filosofico il problema nacque nel secondo dopoguerra, proprio negli anni cinquanta.
Oggi resterò agli USA contemporanei: confusi e aggressivi in politica estera, disarticolati a livello economico nazionale.
A questo punto dobbiamo chiederci: “Chi siamo noi?” Certamente alla fine degli anni quaranta eravamo una creatura adottata ed educata al modello USA, ma anche un discolo che spesso non faceva quanto veniva ordinato o chiesto.
Il grande immorale (l’oligarchia capitalista) ha ideato una nuova degenerazione: brucia se stesso e come la fenice spera di rigenerarsi (producendo a costo zero e annullando la partecipazione politica) e rinnovarsi (in piccoli stati e società ancora più anonime, diverse e smarrite).
Qui concordo con il professore quando dice che “MILIONI D’ITALIANI SI SONO AUTO-ESCLUSI DALLA VITA POLITICA, QUESTO AIUTA LA DECOMPOSIZIONE”.
Eccoci al problema del miliardario apolide che un tempo era anche italiano. Il problema ha natura politica, ma a livello economico l’apolide suddetto brama la globalizzazione produttiva e la libera circolazione dei suoi prodotti realizzati in qualche inferno asiatico.
Questo avviene mentre l’Americanismo crolla a livello produttivo, finanziario e forse anche a livello militare. Sta fallendo una gestione della cosa pubblica di tipo aziendale e succube del privato e del mercato non regolato o meglio asservito ad un’entità aliena detta SPA.
Si dovrebbe sperare nella scelta delle gestioni rigorose? Anche dopo i salvataggi miliardari! Io resto convinto che ci vorrebbe un’economia dei dazi!
Si spera di vincere la missione di pace, ma in USA si parla di exit strategy dalla GUERRA Afgana. Gli altri stati sanno di essere in guerra e di combattere su più fronti!
Per la crisi italiana vale in parte quanto ha sostenuto in estate Naomi Klein: “Nessun mezzo e nessuna montagna di denaro può sostituire una cultura che ha perso le proprie radici”.
In realtà, noi non le abbiamo mai trovate e le cerchiamo da oltre un secolo, oggi dovremmo chiedere pace e dazi, ma soprattutto dobbiamo chiederci: “chi salverà noi e gli USA?”.
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