La Repubblica
IL COLLOQUIO Il presidente di Banca Intesa "smonta" le ragioni di chi
chiede l´abbandono della valuta comune
"Un vero suicidio economico per Stato,
imprese e famiglie"
04-06-2005
ROMA - "Un suicidio economico". Giovanni Bazoli sfoglia sconsolato le pagine
di Repubblica dalle quali il ministro Maroni chiede il ritorno della lira.
Appena tre giorni fa, nel suo intervento all´assemblea di Bankitalia, il
presidente di Banca Intesa aveva sottolineato - ribadendo l´opportunità
delle fusioni cross border tra istituti di credito - che "la creazione di un
vero mercato unico deve prevalere sugli interessi nazionali e particolari".
Niente di più distante dal rigurgito antieuropeista seguito all´esito dei
referendum francese e olandese. Il cammino della Costituzione europea
sembrerebbe compromesso, ma Bazoli esclude che possa essere messa in
discussione addirittura la moneta unica: "E´ molto improbabile che l´uscita
dall´euro acquisisca credibilità politica. In tutti i Paesi dell´area euro
il tema dell´uscita dall´unione monetaria è rimasto confinato nell´ambito di
forze politiche estreme o marginali". Quelle forze politiche, però, in
Italia sono parte consistente dell´esecutivo e se a parlare, poi, è un
ministro della Repubblica inevitabilmente si scatenano fantasmi e polemiche
in tutta Europa. "L´unico Paese in cui un esponente di governo caldeggia
l´uscita dall´euro - riconosce Bazoli - è proprio l´Italia, affetta da molte
delle caratteristiche che i mercati finanziari andrebbero a penalizzare se
fosse privata dall´ombrello della valuta unica. Insomma, secondo la logica
economica e di mercato l´addio alla moneta unica potrebbe anche trasformarsi
in un suicidio economico, come ha giustamente osservato anche il capo
economista della Bce Otmar Issing". Il presidente di Banca Intesa smonta,
una dopo l´altra, tutte le ragioni sostenute da chi vuole il ritorno alla
lira, a cominciare dalla possibilità di rendere più competitive le
esportazioni attraverso la svalutazione del cambio. Inaccettabile per Bazoli,
inoltre, l´opportunità di sottrarsi alle regole di politica fiscale
percepite come un limite alla capacità di stimolare l´economia. "In realtà -
spiega il banchiere - l´uscita dell´Italia dall´euro avrebbe un effetto
netto sulla crescita negativo. Lo sganciamento dalla moneta unica e la
svalutazione del cambio spingerebbero i tassi di interesse verso l´alto,
rendendoli sensibili alla disciplina fiscale perseguita dal Paese". Come
dire che, qualora il governo decidesse di usare appunto la leva fiscale per
stimolare la crescita economica, verrebbe punito dai mercati finanziari con
un aumento dei tassi di interesse: "E questa risposta - aggiunge Bazoli -
sarebbe particolarmente feroce nei confronti di un Paese, come il nostro, la
cui credibilità è inferiore a causa dell´elevato livello del debito
pubblico. Qui non ci si rende conto dei forti rischi che corriamo e di
quanto siamo esposti al giudizio dei mercati... ". E forse non si dà il
giusto valore agli effetti benefici dell´euro sul costo del debito dello
Stato, con la spesa per interessi scesa dal 1998 ad oggi dall´8 al 5,3%. Chi
chiede il ritorno alla lira, peraltro, esterna tutta la sua nostalgia per le
stagioni delle svalutazioni che sembravano garantire vantaggi competitivi
all´export delle imprese italiane. Ma c´è un rovescio della medaglia che
Bazoli considera ben più decisivo: "Non tutte le aziende trarrebbero
beneficio dalla svalutazione della lira. Pensiamo, ad esempio, a quelle che
importano molte materie prime e che dovrebbero pagarle di più. Anche per
loro, inoltre, si avrebbe un aggravamento degli oneri finanziari, aspetto
non di poco conto visto che le imprese italiane sono mediamente meno
patrimonializzate e più indebitate di quelle francesi e tedesche". Infine le
famiglie, alle prese sì con un´inflazione "percepita" che dopo l´euro ha
preso il volo, ma anche beneficiate fino ad adesso da tassi più contenuti e
quindi con accesso più agevole al credito e al mercato della casa. Secondo
Bazoli, il deprezzamento del cambio determinerebbe un aumento dell´inflazione,
"e un´inflazione più elevata danneggerebbe i consumatori e l´economia nel
complesso, rendendo meno efficiente l´allocazione delle risorse. Anche dal
punto di vista strettamente finanziario - prosegue il presidente di Banca
Intesa - non vedo vantaggi per le famiglie. Negli ultimi anni è fortemente
cresciuto il ricorso al credito al consumo ed è aumentato l´indebitamento
per l´acquisto di abitazioni: un rialzo dei tassi avrebbe quindi un effetto
negativo e finirebbe per tradursi in una perdita di potere d´acquisto. Senza
contare che sullo stock di titoli a tasso fisso, le famiglie si troverebbero
a registrare perdite in conto capitale significative". Insomma, un vero
"suicidio economico" per lo Stato, le imprese e le famiglie.
MARCO PATUCCHI