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La Repubblica


Montezemolo: "È crisi nera la più grave del dopoguerra"
Il leader della Confindustria lancia un nuovo allarme. Fassino attacca: "Governo senza strategia".
15-12-2004

L´Italia sta vivendo la crisi economica più nera dalla fine della seconda guerra mondiale. È un vero allarme quello che ha lanciato ieri il presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo chiudendo i lavori del seminario del Centro studi di Viale dell´Astronomia. Un allarme preceduto, il giorno prima, dal crollo della produzione industriale ad ottobre certificato dall´Istat: -5,6 per cento rispetto ad un anno fa. Una situazione che il leader degli industriali ha sentito il dovere di non nascondere nonostante - ha detto - «sia cominciata la campagna elettorale». Sapendo, per questa via, di correre il rischio di una strumentalizzazione politica. Ma sono i numeri che parlano e che «fotografano» la crisi italiana (il titolo scelto per il seminario del Centro studi era Rinascimento o declino?). «Senza voler essere pessimisti - ha affermato il presidente della Confindustria - dal dopoguerra ad oggi, un insieme di parametri così negativi a 360 gradi, non li ricordo». Un quadro - certo - costruito negli anni, durante i quali si sono progressivamente sedimentati i ritardi, diventati così strutturali. Ma è anche innegabile che la situazione sia peggiorata negli ultimi tempi con una crescente disattenzione del governo verso le esigenze dell´apparato industriale. Su questo punto è stato il vicepresidente della Confindustria con la delega proprio al Centro studi, Andrea Pininfarina, ad assumersi il compito della denuncia, davanti ad una platea nella quale spiccava l´assenza totale di esponenti del governo o del centrodestra: «Dobbiamo dire che il Governo non sembra aver raccolto il nostro invito per una politica di sviluppo e di attenzione alla competitività del nostro sistema produttivo. La manovra finanziaria per il 2005 ne è la prova. Né ci consola l´attesa per il tanto promesso "collegato" per la competitività e lo sviluppo di cui non si conoscono ancora i tempi e contenuti, ma che già sappiamo non potrà contare su risorse economiche di sostegno». In serata i ministri dell´Economia, Domenico Siniscalco, e quello delle Attività produttive, Antonio Marzano, hanno fatto sapere che il provvedimento arriverà a gennaio e che sarà un decreto legge. Ma annunci simili c´erano già stati, ora gli industriali chiedono i fatti concreti. Ed ecco il quadro, secondo il leader della Confindustria: un Paese nel quale da oltre 15 anni la crescita diminuisce; la produttività è la più bassa d´Europa; gli investimenti pubblici e privati restano ai minimi e le quote di mercato all´estero calano; la produzione industriale è stagnante e il costo del lavoro è superiore ai concorrenti europei. Continuiamo ad essere la nazione delle piccole aziende senza più quelle grandi. E ancora: l´Italia non è tra i primi quattro investitori in Cina e India; non abbiamo concorrenza, ma un costo della burocrazia elevato e una lentezza della giustizia clamorosa. Infine una scarsa produttività nelle università. Dall´impasse si può uscire, come hanno fatto Germania, Irlanda, Finlandia o Francia. Ma si deve mettere l´impresa al centro della politica economica. Le previsioni del Centro studi non sono ottimistiche. L´anno si chiuderà con un incremento del Pil tra l´1,4 e l´1,5 per cento. In linea con le stime di Siniscalco: «Il Pil andrà meglio dell´1,2 per cento». Ma prima si stimava il 2,1 per cento. Di «allarme non ingiustificato» ha parlato il ministro Marzano per il quale di fronte ai cambiamenti in atto nell´economia globale nessun governo avrebbe saputo fare di meglio. Ma per il segretario dei Ds, Piero Fassino «si conferma che c´è un governo che non ha una strategia». In sintonia con la Confindustria anche i sindacati. La Cgil ha parlato di «robuste coincidenze».

Roberto Mania
 


 

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