La Corte dei Conti boccia la finanza
creativa...
29-01-04
Sprechi di
risorse con consulenze esterne che aumentano del 50%, conti poco
trasparenti, coperture di spesa inesistenti, troppe misure temporanee,
evasione fiscale ed economia sommersa troppo «pesanti», poca cultura dei
controlli. La Corte dei Conti apre il 2004 demolendo la finanza creativa di
Giulio Tremonti. E non solo. La magistratura contabile evidenzia - in un
documento allegato alla relazione del procuratore generale Vincenzo Apicella
- la posizione di un ministro «con discrezionalità senza riscontri in
Occidente». Non si tratta tanto della concentrazione di poteri che la
riforma (dell’Ulivo) ha creato con il nuovo super-ministero dell’Economia.
In Via Venti Settembre si è andati oltre. Secondo la Corte, Tremonti ha
«travolto le procedure parlamentari» in occasione della Finanziaria 2004,
inserendo le misure più corpose in un decreto.
Per di più si è proseguito sulla strada delle misure temporanee,
dell’estensione delle voci escluse dai conti pubblici, della provvista
mediante cartolarizzazioni e condoni. Inoltre con il decreto taglia-spese
della fine del 2002 ha «spostato l’asse decisionale dal Parlamento al
governo e alla Ragioneria, indebolendo la resistenza della decisione
parlamentare del bilancio e delle leggi di spesa e di entrata». Insomma, in
Via Venti Settembre si è insediato una sorta di Direttorio, che non risponde
a controlli esterni né accetta indicazioni parlamentari.
L’attacco è tanto frontale da imbarazzare quasi Apicella. «Mi dispiace per
Tremonti. Quegli appunti non sono nella mia relazione ma nell’allegato»,
spiega al termine della cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario. Il
documento in questione è comunque stato redatto dalle sezioni riunite della
Corte. Il procuratore tenta di smussare i toni con un comunicato diffuso nel
pomeriggio. Ma a guardar bene l’accusa viene ribadita. Nel testo infatti si
esprime apprezzamento sulle «finalità della legge (taglia-spese, ndr)»,
anche se si rileva l’opportunità «che la discrezionalità del governo
nell’adozione delle misure di contenimento trovi un limite».
L’allarme della Corte non si ferma qui. Riprendendo un tema già affrontato
l’anno scorso (Apicella parlò di Finanza parallela) le sezioni riunite
denunciano «seri problemi di trasparenza e significatività dei conti
pubblici». Come dire: il bilancio dello stato sta diventando sempre più
opaco. «Resta di difficile lettura il raccordo tra bilancio e conto delle
pubbliche amministrazioni - sostengono i magistrati - Le misure assunte in
materia di patrimonio e di privatizzazioni immobiliari e il crescente
ricorso di operazioni poste al di fuori del bilancio e dei conti della
pubblica amministrazione (l’ultima quella della nuova Cassa depositi e
prestiti, ndr) hanno reso ancora più opaca la conoscibilità ex ante e la
trasparenza del rendere conto ex post». Difficile anche valutare le
coperture di grandi leggi di riforma del fisco e del welfare (lavoro,
istruzione e ancora in itinere previdenza), espresse con «formule nuove e
inconsistenti, fondate su quantificazioni-manifesto degli oneri e sul mero
rinvio a successive decisioni di bilancio». Come dire: i grandi annunci di
novità non sono sostenuti da solidi investimenti. Un fallimento (annunciato
dal centrosinistra e dalla Cgil) sia la lotta al sommerso, sia il condono
tombale, da cui si attende un incasso di circa 12,6 miliardi di euro. Ma
«dai dati attualmente disponibili sembrerebbe configurarsi per le entrate
straordinarie da condono un ruolo solo in parte aggiuntivo rispetto alle
entrate ordinarie». Tradotto: aumenta l’evasione.
La relazione del procuratore, ascoltata da Gianfranco Fini e Giulio Tremonti
seduti in prima fila accanto al presidente Carlo Azeglio Ciampi, si
concentra invece sulla cultura dei controlli, «strumento di civile
garanzia», e sulla «necessità di restaurare una generale cultura della
responsabilità». Apicella dal palco non nomina mai il caso Parmalat, ma
sembra fare dei riferimenti quando auspica «nuove procedure di controllo
anche nel settore privato». Dopo la cerimonia rivela che la Corte aveva già
fatto dei rilivi sul gruppo di Collecchio nel 2001. «Da cittadino penso che
non ci sia bisogno di un nuovo organismo di controllo che si andrebbe a
sovrapporre a quelli già esistenti. - aggiunge Apicella - Oggi c'è una
ripartizione di competenze tra Antitrust, Consob e Banca d'Italia. Si tratta
di farla funzionare». Le cause più frequenti di denunce di danno pervenute
nel 2003 alla Corte «ancora riguardano casi di generico spreco di risorse -
prosegue il procuratore - In particolare sono alti gli interventi nella
materia contrattuale e in quella fiscale, dove continua a riscontrarsi una
forte evasione, anche per comportamenti colposi o dolosi di dipendenti
pubblici. In più tale evasione trova di fatto un’ulteriore occasione nelle
omissioni che si verificano in sede esattoriale». In base alle sentenze
relative al 2003, i danni maggiori alla finanza pubblica sono stati causati
da erogazioni e finanziamenti, seguono i danni da attività contrattuali e al
terzo posto figurano i danni al patrimonio immobiliare. Altra segnalazione
della Corte, la ridotta attività del Secit, il «braccio armato» delle
finanze per i controlli sulle entrate fiscali. Poi il dato, allarmante,
sull’esplosione delle consulenze esterne. Nel 2003 aumentano del 50% sia in
termini numerici che di costi «Se si risparmia da una parte, si spende di
più dall’altra» commenta Apicella. Ma per il leghista Roberto Castelli le
consulenze sono una ricchezza. A proposito di «Roma ladrona».