Il Corriere della Sera
Italia, come si può evitare il declino
Il rischio
Disneyland
di Francesco Giavazzi
03-02-2005
Quando leggo di « declino dell'Italia » penso agli studenti che arrivano
nella mia università dal Mezzogiorno, non dalle città, ma dai paesi della
Piana del Sarno o dai borghi marinari della Calabria. Sono ragazzi molto
intelligenti: l'università può solo cercare di non recare loro danno. Penso
alle grandi banche d'affari di Londra: in sala cambi e nel comitato
direttivo si parla inglese, ma uno su tre è italiano. Quando Vittorio
Grilli, il ragioniere generale dello Stato e ideatore dell'Istituto italiano
di tecnologia, si recò a Boston per illustrare il suo progetto ai
ricercatori di Harvard e del Mit, ad ascoltarlo si presentarono in cento:
chimici, biologi, medici, astronomi, ingegneri, tutti italiani. Penso al
nuovo Museo d'arte moderna di New York: la sezione dedicata al design è una
rassegna di nostri architetti; ristorante e toilette sono citazioni continue
dei nostri prodotti. Come fa un Paese così ad essere sulla via del declino?
Allora osservo i lavoratori pendolari che lunedì mattina, esasperati,
occupavano i binari nella stazione di Vignate, vittime di un Paese che ha
accumulato il debito pubblico più grande d'Europa, ma non ha trovato i soldi
per raddoppiare la linea ferroviaria Torino- Venezia. Osservo Eurostar con
90 minuti di ritardo e vagoni di seconda classe incrostati di sporcizia.
Penso ai professori che arrivano tardi a lezione, rinviano gli appelli
d'esame e non rispondono alle email dei loro studenti. Tribunali civili che
chiudono il 15 luglio e riaprono a metà settembre e intanto le cause si
accumulano: negli Stati Uniti chiudono il lunedì di Labor Day. Osservo
banchieri che considerano Roma il centro del mondo perché lì c'è
un'istituzione che li protegge. Mai che pensino di assumere un italiano che
abbia avuto successo a Citibank, al Crédit Suisse o a Goldman Sachs, e se lo
fanno subito si pentono e lo rispediscono a Londra. Due secoli fa Ricardo
scriveva che le nazioni devono cominciare col chiedersi quale sia il loro
vantaggio comparato. Le nostre straordinarie risorse sono storia, natura,
capitale umano. Se non vogliamo diventare Disneyland — scelta fatta dagli
amministratori pubblici di Venezia — dobbiamo smetterla di cementificare le
coste, imparare a valorizzare le risorse naturali e puntare sulle
intelligenze. Purtroppo i neuroni del cervello umano iniziano a morire poco
oltre i vent'anni. L'età media dei nostri professori universitari è 57,
quella dei ricercatori 47. Fra poco più di un anno andremo a votare: è
probabile che la scelta sarà tra due candidati entrambi, con tre anni di
differenza, prossimi ai 70 anni. Bill Clinton fu eletto presidente degli
Stati Uniti a 46; Tony Blair premier inglese a 44; Nicolas Sarkozy,
l'aspirante presidente francese, ne ha 50; John Reed, il banchiere che
ricostruì Citibank negli anni Ottanta, si ritirò a 60 anni. Ciò che consente
agli anziani di tenere a bada i giovani è la scarsa concorrenza. Il maggior
beneficio di una fine dell'autarchia del credito sarebbe il rientro di molti
giovani banchieri italiani che oggi lavorano a Londra. Eliminiamo il valore
legale delle lauree e le famiglie cominceranno a chiedersi se il professore
dell'università locale è veramente bravo. Siamo il Paese con uno dei tassi
di fertilità più bassi d'Europa. L'unica speranza per evitare la sclerosi è
aprire le porte come hanno fatto Spagna e Stati Uniti. La legge 27/ 12/ 04
consentirà nel 2005 l'ingresso in Lombardia di 120 ( sic!) indiani: è noto
che alcuni dei migliori matematici e informatici al mondo lavorano in India.
giavazzi- f@ yahoo. com