L’etica
nell’economia. Da Parmalat a Finmatica
14-02-04
La storia imprenditoriale italiana è caratterizzata da casi simili a
quello odierno della Parmalat: la Ferruzzi, Olivetti, la Giacomelli, la
nostra Finmatica o, per chi vuole andare indietro, la Banca Privata di
Michele Sindona o il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Durante lo
scandalo Enron negli Stati Uniti ci fu chi, dalle parti nostre, amava
ripetere che un simile caso da noi era praticamente impossibile che
succedesse. I fatti gli hanno dato torto. Dal caso Giacomelli a quello
Parmalat, passando per la Cirio e finendo alla Finmatica, l’imprenditoria
italiana si sta spostando dalle storie di successo alle cronache
giudiziarie. Il dato che emerge è che per far soldi non serve produrre
qualcosa: basta prenderli da chi ce li ha.
Ma prima di tutto i fatti: cos’è lo scandalo Parmalat? E’ semplicemente
una storia di fumo con personaggi bravi a venderlo. Tutto inizia quando
qualcuno incomincia a domandarsi come mai una società che vanta liquidità
per miliardi di euro va sul mercato a chiedere i soldi ai risparmiatori.
Per un comune mortale sarebbe come avere 250.000 euro in banca e chiedere
un mutuo per comprarsi la casa. Strano. Tanto strano che a forza di
domandarsi il perché di questo comportamento il signor Tanzi è costretto
ad ammettere che forse tutti quei soldi che dichiaravano di avere in
realtà non ci sono. Che i bilanci erano stati un po’ pitturati. Scoppia il
caso Parmalat. Si scopre che il latte si vende, ma con il latte non si
diventa ricchi. Si scopre che le Cayman sono delle bellissime isole
esotiche ma anche bellissimi luoghi dove nascondere i soldi altrui. Si
scopre che i soldi che i risparmiatori avevano dato alla Parmalat sono
spariti chissà dove. Che il pio e devoto Calisto Tanzi la domenica andava
alla messa ma durante la settimana amava giocare con i risparmi delle
vecchiettine e dei proletari comunisti senza dio.
Tutto il castello cade, la banda del buco (Tanzi & Co.) e in una patria
dove mai nessuno avrebbe pronosticato una Enron si è verificato un caso
che ne può essere l’analogo europeo. Non tocca a chi scrive indagare le
responsabilità per quello che è accaduto. Per questo c’è una giustizia.
Dove ci si sofferma ben poco, se non per aspetti morbosi, è su chi
veramente ha messo in piedi una enorme macchina che produceva debiti e
truffe: gli amministratori. Nella mente di tanti le aziende private
rappresentano solo ed esclusivamente una gioiosa macchina per far soldi.
C’è modo e modo, però, di far soldi. Vediamo perché. L’azienda opera in un
ambiente che è formato innanzitutto dalle persone che ci lavorano dentro e
poi da tutte quelle persone che, invece, ci gravitano attorno (ad esempio
i consumatori, i risparmiatori, i cittadini). Questi soggetti, che vengono
definiti stakeholders, sono tutte quelle persone che entrano in contatto
con l’impresa e che, dai comportamenti di questa, ne traggono o meno
benefici. Se l’azienda va bene, si assumono operai, impiegati, i
risparmiatori vedono restituiti i propri soldi, i piccoli azionisti
ricevono un dividendo. Viceversa se una azienda non funziona tutto
l’ambiente che gli sta attorno ne può risentire.
E’ interessante notare un fatto: le grandi multinazionali hanno avuto,
negli anni passati, dei problemi perché utilizzavano i bambini nelle
proprie linee produttive, non rispettavano i diritti dei lavoratori, ecc…
A seguito di questi scandali molti consumatori smisero di comprare i
prodotti delle aziende incriminate. Per evitare di perdere quote di
mercato queste aziende furono costrette ad adottare un codice etico di
impresa, eliminando il lavoro nero, lo sfruttamento minorile, ecc.. Altro
dato interessante è quello relativo alla finanza etica. Alcune banche
hanno creato dei fondi di investimento che investono in azioni e
obbligazioni di imprese “etiche”, cioè imprese, non necessariamente del no
profit, che si sono dati dei criteri etici nella gestione. Negli ultimi
anni questi fondi hanno avuto rendimenti superiori ai fondi “normali”.
Esistono poi imprese che elaborano, oltre al bilancio di esercizio, il
bilancio sociale: un documento che descrive ciò che l’azienda dà
all’ambiente che la circonda. Un esempio di questo tipo di bilancio può
essere quello dell'UNIPOL oppure quello della COOP, o di tante cooperative
sociali e del terzo settore. Tutto ciò dimostra che adottare una morale
nella gestione dell’impresa non fa male al portafoglio. L’arricchimento
personale non è una malattia. Se questo viene fatto creando valore,
producendo qualcosa, allora è un vantaggio che ricade su tutta la
collettività. Se invece viene fatto fregando tutti gli altri, allora è un
male: ma nel paese dei condoni per gli onesti non c’è spazio.
Margheritanews