Santa Caterina da Siena
“L’Amore Servile”, tratto dal Dialogo della divina Provvidenza di Santa Caterina.
- Con questo testo Santa Caterina da Siena esprime il suo profondo amore per Dio.
- La Santa esplora il concetto di "amore servile" e la sua relazione con la virtù e la salvezza eterna.
- Se questo amore servile è accompagnato dalla fede e dalla virtù, può condurre alla conoscenza di Dio e all'amore per sua Verità.
In Caterina è riconoscibile il modo di esprimersi, ardente e persino appassionato di una donna di grande sensibilità che tuttavia ha indirizzato il suo fervore amoroso alla contemplazione di Dio come sommo e unico vero bene da amare.
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L'Amore Servile
Tratto dal Dialogo della divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena
Il timore servile non è sufficiente a dare la vita eterna; ma esercitandosi in questo timore si giunge all'amore della virtù.
Ora ti dico che vi sono alcuni, i quali si sentono spronare dalle tribolazioni del mondo, che Io do affinché l'anima conosca, non solo che il suo fine non consiste in questa vita, ma che le cose di questo mondo sono imperfette e transitorie, e così desideri me, vero suo fine, prendendo le cose sotto questo aspetto.
Allora per mezzo di quella pena che già sentono, e di quella che si aspettano per via della colpa, cominciano a togliersi la nuvola del peccato.
Con questo timore servile cominciano ad uscire dal fiume, vomitando il veleno, che era stato loro gettato dallo scorpione sotto figura di oro e che essi ricevettero senza discernimento. Ma appena lo conoscono, cominciano a levarselo, e ad indirizzarsi verso la riva, per attaccarsi al ponte.
Ma non basta camminare col solo timore servile, perché lo spazzare la casa dal peccato mortale senza riempirla di virtù, fondate sull'amore e non sul solo timore, non è sufficiente a dare la vita eterna.
L'uomo deve porre sul primo scalone del ponte ambedue i piedi, cioè, l'affetto e il desiderio, i quali sono i piedi che portano l'anima all'amore della mia Verità, della quale io vi ho fatto ponte per salvarvi.
Questo è il primo scalone, sul quale io ti dissi che vi conveniva salire, quando ti spiegai come il mio Figlio avesse fatto del suo corpo una scala. È vero però che questo modo di sollevarsi dal peccato, per timore della pena, è comune in generale ai servi del mondo.
Siccome le tribolazioni del mondo fanno qualche volta venire loro a tedio se stessi, perciò cominciano a sentire dispiacere. Se si esercitano in questo timore col lume della fede, passeranno poi all'amore delle virtù.
Vi sono invece altri, i quali camminano con tanta tiepidezza, che spesse volte ritornano dentro il fiume; poiché, arrivati alla riva, e giungendo i venti contrari, vengono percossi dalle onde del mare tempestoso di questa tenebrosa vita. Se giunge il vento della prosperità, il tiepido volge indietro il capo alle delizie con diletto disordinato, poiché non è salito per sua negligenza sul primo scalone.
E se viene il vento dell'avversità, si volge indietro per mancanza di pazienza, perché non ha in odio la sua colpa per l'offesa fatta a me, ma per il timore della propria pena, che vede seguirne, col quale timore si era sollevato dal vomito.
Ogni pratica di virtù vuole perseveranza, senza la quale non va ad effetto il desiderio di giungere al fine, per il quale egli cominciò a convertirsi; e così non lo raggiunge mai. Fa dunque bisogno la perseveranza, per adempiere quel desiderio.
Ti ho detto che costoro, secondo i diversi movimenti che loro vengono, si volgono: o in se medesimi, impugnando la propria sensualità contro lo spirito; o verso le creature, volgendosi ad esse con amore disordinato al di fuori di me, oppure con impazienza per le ingiurie che ricevono da quelle, o dai demoni, in molte e diverse battaglie.
Qualche volta il demonio tenta di far venire la persona a confusione, dicendo: Questo bene che tu hai cominciato, non ti vale niente per i tuoi peccati e difetti. E questo lo fa per farla tornare indietro, e farle tralasciare quel poco di esercizio virtuoso che ha intrapreso.
Altra volta la tenta col diletto, cioè, con una speranza eccessiva della mia misericordia, dicendole: A che ti vuoi affaticare? Goditi questa vita, e nell'estremo della morte, rientrando in te, riceverai misericordia. In tal modo il demonio fa loro perdere il timore santo col quale avevano cominciato la loro conversione.
Per tutti questi motivi, e molti altri, volgono il capo indietro e non sono costanti né perseveranti. Tutto avviene, perché la radice dell'amor proprio non è punto estirpata in essi; per questo non sono perseveranti, ma accolgono con grande presunzione la misericordia insieme ad una speranza facile e smodata.
Presuntuosi come sono, sperano nella mia misericordia, che continuamente è da essi offesa.
Io non ho dato, né do la misericordia, perché con essa mi offendano, ma perché si difendano dalla malizia del demonio e dalla disordinata confusione della mente. Essi fanno tutto il contrario: col braccio della misericordia mi offendono.
E questo avviene, perché non hanno continuato ad esercitarsi nella prima mutazione che fecero, quando si rialzarono dal peccato per il timore della pena, sentendosi punti dalle spine delle molte tribolazioni e dalla miseria del peccato mortale.
Non facendo altri cambiamenti, non giungono all'amore delle virtù; e quindi mancano di perseveranza.
L'anima non può fare che non si muti in qualche maniera; se non va avanti, torna addietro. Così questi tali, è necessario che tornino indietro, perché non vanno avanti nella virtù, distaccandosi dalla imperfezione del timore della pena per giungere all'amore.