obiettivo sullo scrittore nato a Pescara nel 1910
Ennio Flaiano, il satirico
Federico Fellini lo chiamava “il cinghialotto”


di Giovanni Battista Del Brocco

 

Conversando con il mio amico, Dott. Antonio Masi, mi accorgevo che quando parlava nominava spesso Ennio Flaiano, riferendomi frasi dell’autore. Incuriosito del personaggio volli conoscerlo e cercai ogni scritto che parlava di lui. Piano piano il personaggio mi è entrato dentro e queste poche righe che scrivo è per farlo conoscere a chi non lo conosce e farlo ricordare a chi già lo conosce. Nella biografia si legge che è nato a Pescara nel 1910 e morto a Roma nel 1972. Però, come tutti i grandi, non è mai morto specialmente se consideriamo l’attualità del suo pensiero. Critico teatrale, giornalista, scrittore (Tempo di uccidere 1947-con cui vinse il primo premio Strega- Diario notturno 1956, Una e una notte 1959 ). Nelle vesti di giornalista, riporto fedelmente le sue parole per mettere in risalto il suo spirito arguto: famosa è la sua frase “ mi spezzo ma non m’impiego “. Non a caso ha contribuito al successo dei capolavori felliniani quali: I Vitelloni, La Strada, Le Notti di Cabiria e l’intramontabile “ La dolce vita “ dove più si pone in evidenza il suo “ graffio satirico “. Molto gustosa è la risposta data ad un giornalista che lo intervistava dicendogli: “forse con il tempo conoscendoci peggio”. Fellini lo chiamava affettuosamente cinghialotto ed entrambi facevano parte di un gruppo di intellettuali che egli definiva “un pugno di uomini indecisi a tutto”. Combinavano scherzi feroci come quando scrissero ad un conoscente che aveva una moglie bruttissima una lettera anonima con le seguenti parole: “in guardia vostra moglie non vi tradisce “. Ad ogni amico Flaiano dava un soprannome. Vincenzo Cardarelli era il più grande poeta morente, perché portava sempre il cappotto; Maccari il supercortomaggiore per l’esigua altezza; Moravia l’ amaro Gambarotta per la zoppia; Alberto Savinio il brutto addormentato nel basco, per il berretto; Guttuso il picazzo della contessa perché si ispirava a Picasso e amoreggiava con nobildonne. A Russo, nato a Matera, diventato prestigioso inviato del Corriere della Sera, Flaiano dedicò un epigramma: alle cinque della sera, sulla piazza di Matera, da una 1100 lusso scende Giovannino Russo. E continua con un irresistibile campionario di “Flaianite“, le fulminanti verità che lo scrittore abruzzese ci ha lasciato:
- Fra trenta anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi ma come l’avrà fatta la televisione.
- L’insucesso mi dà alla testa.
- E’ afflitto da un complesso di parità non si sente inferiore a nessuno. - Condannato alla pena di vivere, la grazia respinta.
- La vita di società ha questo di buffo, che ognuno crede di recitarvi la parte principale.
- Se non si è di sinistra a venti anni e di destra a cinquanta non si è capito nulla nella vita.
- Leggere è niente, il difficile è dimenticare ciò che si è letto.
- Il peggio che può capitare ad un genio è di essere compreso.
- Gli uomini credono di sposare la propria fidanzata poi si accorgono di aver sposato la moglie.
- Il traffico ha reso impossibile l’adulterio nelle ore di punta.
- L’italiano è mosso da un bisogno sfrenato di ingiustizia.
- Gli italiani corrono sempre in soccorso dei vincitori.
- La situazione è disperata ma non seria.

E per cogliere al meglio il suo spirito, riporto un brano in cui l’autore documenta, con ironia, l’arte di arrangiarsi degli Italiani:
“In un paese dell’Appennino calabrese sono tutti in allarme perché da qualche anno il paese sta franando a valle. Qualche centimetro al mese. Qualche casa che si spacca e qualche strada che cede. Le piogge, ma soprattutto il taglio indiscriminato dei boschi, la “causa”. Un rimedio ci sarebbe, rimboschire presto, attivamente. Il Comune non ha i soldi, la Provincia nemmeno, il Governo ha promesso aiuti, ma non manda niente. Tutta la lotta politica, da qualche anno, si sta svolgendo in quel paesetto attorno a l’unico tema del rimboschimento. Promesse, promesse, promesse. I partiti promettono, l’Onorevole Tizio accusa Caio, i comunisti accusano i signori, i signori accusano i contadini che hanno tagliato i boschi. Tutti parlano, ma in paese c’è qualcuno che pensa veramente al rimboschimento. Un bel giorno si vede infatti una donna che va a piantare un alberello, il giorno dopo le piantatrici sono due, tre, cinque. Nei giorni seguenti si vedono anche uomini. Cosa è successo?. Gli alberi piantati sono quasi un centinaio e il loro numero aumenta ogni giorno. Come mai questo cambio di rotta negli abitanti? La risposta è semplice: il vecchio parroco, un uomo poverissimo, quando confessa i suoi fedeli, invece di dar loro la penitenza ha pensato bene che era più utile impegnarli a piantare alberi. I peccati così serviranno a qualcosa, d’ora in poi tra qualche anno, dice il parroco, se i miei fedeli seguiteranno a peccare, come sempre hanno fatto, il rimboschimento sarà completato.
L’ultimo intervistatore che venne a trovare Flaiano quando era già infartuato gli chiese: maestro cosa sta scrivendo ? Sto scrivendo la mia lapide.

Giovanni Battista Del Brocco