il senso del Tempo che si racchiude nella vita e nel suo labirinto di rughe
Invecchiare, che passione...
Cicerone e Hillman, parlando di senilità, indagano il concetto di “carattere”


di Enza Sperduti

 

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, di isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto (Borges). Un volto che Anna Magnani, la grande Nannarella, voleva tenersi così com’era, tanto da farle raccomandare al suo truccatore “Non mi togliere nemmeno una ruga. Le ho pagate tutte care”. E per volere il proprio volto così com’è, segnato dal pathos della vita o dall’effetto del tempo che passa, ci vuole carattere. Cicerone duemila anni fa, James Hillman oggi, parlando della vecchiaia tirano fuori il concetto di carattere. Cicerone scrive che coloro che non posseggono in se stessi alcun ausilio per vivere serenamente e felicemente, subiscono il peso di tutte le età. E ancora: i vecchi sono capricciosi, carichi di ansia, irascibili, incontentabili, avari; ma questi sono difetti del carattere e non della vecchiaia. Hillman spiega che soltanto se il carattere ha affinato la propria intelligenza, ampliato le proprie conoscenze, ed è stato messo alla prova nelle crisi, i vecchi possono essere utili alla società. Nell’invecchiamento il carattere è compiuto. Come conseguenza si ha una certa faccia, un certo atteggiamento, delle abitudini, delle amicizie, degli amori; si sono raggiunti determinati traguardi e fatti determinati errori. Il carattere svela il cammino di un uomo, in che modo lo ha effettuato, e perché.
Ho preso la medicina, oppure no? E il fuoco sotto la pentola, prima di uscire, l’ho spento? E la luce delle scale? E le chiavi di casa, il borsello, gli occhiali, dove li ho messi? Più che la geografia di un volto, è l’affievolirsi della memoria a segnalare l’avvicinarsi della vecchiaia. Ma tanto Cicerone quanto Hillman, a distanza di duemila anni, concordano nel dire che nessuno dimentica le cose a cui tiene veramente. Nel vecchio avviene un fatto curioso. Si riduce la memoria del presente o di un passato assai prossimo, e si rafforza quella riguardante avvenimenti lontani. In questo c’è la saggezza della mente la quale, non potendo trattenere le informazioni e le emozioni di una vita intera, si sbarazza della zavorra e mantiene le cose più importanti. E le più importanti sono quelle che hanno fatto del vecchio ciò che lui è oggi, e sono collocate nel suo passato. I fatti attuali possono irritarlo, rallegrarlo, rattristarlo ma non incidono sulla sua formazione, quindi possono essere tranquillamente eliminati. Oltre alla debolezza della memoria, un altro tratto distintivo dell’anziano è la ripetitività. Quando egli incomincia per l’ennesima volta a raccontare un fatto, naturalmente lontano nel tempo, non c’è componente della famiglia che non sia in grado di continuare il racconto usando le sue stesse parole, che tutti ormai conoscono a memoria. Il nonno, o il vecchio zio, è forse rimbambito? O piuttosto, come il bambino che ogni sera vuole ascoltare la medesima storia con le medesime parole, cerca la rassicurazione che niente cambierà? Del resto anche la vita è una ripetizione, e lo è il tempo, e addirittura l’eternità. L’idea di carattere tocca un’altra problematica dell’anziano. Egli è per davvero, come crede e teme, un peso per gli altri a causa dell’età? No, scrive ancora Cicerone. Come i vecchi gradiscono la compagnia dei giovani che hanno un buon carattere e da essi ricevono leggerezza e sollievo, anche i giovani amano i vecchi di buon carattere e volentieri ne accettano le norme morali. L’anziano di carattere, aggiunge Hillman, viene apprezzato come si apprezzano le cose che il tempo rende più belle: la vecchia casa carica di ricordi, la vecchia comoda poltrona, la cara vecchia strada di paese, la Città Vecchia dove si ama passeggiare. Cose che mostrano carattere. Ma Hillman specifica che la persona di carattere non è necessariamente un esempio di moralità, e che un peccatore può essere di non disprezzabile carattere. E’ disprezzabile invece la persona dal carattere vuoto come una pagina bianca, priva di segni distintivi, che non s’interroga né cerca risposte, indifferente a ogni forma di conoscenza e di sentimento. Qui emerge, gigantesca, la funzione di nonno, che non è quella che comunemente si crede. E può svolgerla chiunque sia in là con gli anni, anche se non ha nipoti, perché è una funzione insita nel carattere della persona anziana. Non si è nonni perché si accudiscono i bambini mentre i genitori sono impegnati, e nemmeno perché li si ama. Altri potrebbero farlo altrettanto onorevolmente: baby-sitter, insegnanti, amiche, colf e badanti. Il nonno è tale perché ha tempo e cuore per ascoltare, rispondere, incoraggiare, pazientare. Perché è anche lui un bambino che sogna (e sogni grandiosi), conosce e inventa storie, canta filastrocche e canzoni. Perché trasmette una cultura che non si trova nei libri e non appare sullo schermo, ed è quella dei Penati. Perché ama il mondo e soffre al pensiero di perderlo, e sa comunicare questo amore. Perché scruta l’affacciarsi di potenzialità, e le facilita e sorregge. Il nonno è grande non perché accudisce ma perché scopre davanti al bambino il suo carattere, quindi il suo destino. Il vecchio si muove con un sentimento che i giovani non sospettano: la passione. Chi dice che aspira a essere saggio? La saggezza frena ed egli non ha troppo tempo. Deve fare tante cose: ridere, piangere, commuoversi; fare l’agricoltore, il montanaro, il viaggiatore; vestirsi di rosso e di giallo, ballare e sognare e amare .Non è la saggezza che vuole ma la passione.

Prego ………
…..di poter sembrare,
anche se morirò vecchio
uno sciocco appassionato.
(da Preghiera per la vecchiaia di Yeats)

Enza Sperduti